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Il framework teorico

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SALERNO (pagine 63-75)

Didattica attiva e tecnologie

4.1. Il framework teorico

Didattica attiva e tecnologie

4.1. Il framework teorico

Nella società contemporanea, caratterizzata dal dominio incontrastato dei media digitali, espressione dell’attuale razionalità scientifico-tecnologica, i saperi e le metodologie informatico-elettroniche si legano, sempre più, alla teorizzazione pedagogica. I media diventano mezzi-produttori di cultura, con la finalità di apportare cambiamenti a livello socio-educativo. Questa posizione può essere inserita in quella categoria di studiosi moderati, definita “iconodula” (Pavesi, 2002) poiché rinvia ad un sano realismo, in quanto analizza in modo critico gli effetti del medium sulle giovani generazioni, distinguendola dallo sguardo degli “iconoclasti”, i cosiddetti detrattori del mezzo, che considerano i media una vera e propria minaccia culturale. Tale polarità si coglie anche all’interno del tessuto scolastico, in cui si distinguono trame di docenti di duplice natura: da un lato coloro che si oppongono all’uso delle tecnologie in quanto sostenitori di una didattica tradizionale, fortemente ancorata a metodologie centrate sul ruolo attivo della docenza, poco avvezzi a metabolizzare il nuovo, dall’altro i fautori dell’innovazione, coloro che si fanno promotori e sostenitori delle tecnologie da inserire nelle pratiche di insegnamento.

Con il loro carattere trasversale e penetrante, i media segnano il passaggio da una società fondata sui saperi cristallizzati e statici, nella quale l’unico medium per eccellenza è il libro, ad una società post moderna che rimanda a saperi dinamici e reticolari, veicolati da più mediatori e da diversi codici comunicativi. La crescita esponenziale della comunicazione visiva e dell’informazione diventa oggetto

64 d’analisi del discorso pedagogico-educativo, che ha il compito di attivare un processo di alfabetizzazione ai media, a prescindere dal supporto tecnico utilizzato.

Ne deriva che i media assumono una connotazione assiologico/teleologica. In tal modo entra in gioco il ricettore, il quale non ha il compito esclusivo di ricevere l’informazione ma di conferire una personale interpretazione.

L’avvento dei media ha rivoluzionato la percezione e la concettualizzazione, già nel 1967 il sociologo McLuhan, in Gli strumenti del comunicare, riferisce della trasformazione apportata dalla tecnologia sulla componente strutturale ed evolutiva dell’essere umano

"nelle ere della meccanica, avevamo operato un'estensione del nostro corpo in senso spaziale. Oggi, dopo oltre un secolo di impiego tecnologico dell'elettricità, abbiamo esteso il nostro stesso sistema nervoso centrale in un abbraccio globale che, almeno per quanto concerne il nostro pianeta, abolisce tanto il tempo quanto lo spazio" (p. 9)

Tale modifica agisce in profondità, sì da rinviare ad uno stile d’insegnamento/apprendimento più autoriflessivo, creativo che attiva processi metacognitivi, in cui gli studenti non sono solo dei fruitori passivi ma diventano attori attivi, fautori di testi mediatici che prevedono componenti linguistico-strutturali innovative e si inseriscono come nuovi saperi nel processo di apprendimento.

Ricerche internazionali (Haugland, 2004; Murphy, DePasquale, & McNamara, 2003) finalizzate a cogliere la reazione esistente tra l’utilizzo delle nuove tecnologie, in un setting formativo di didattica attiva e il feedback dei giovani allievi di età prescolare e scolare, confermano la maturità e la prontezza con cui i bambini trattano i tools tecnologici e, di conseguenza, i vantaggi derivati da un contesto arricchito e multimediale che diviene motivante e favorevole all’apprendimento. Ovviamente la tecnologia non va intesa quale mero strumento di supporto alla didattica, ma incluso in una progettazione integrata, finalizzata ad un apprendimento

65 significativo, supportato dall’intervento del docente (McManis & Parchi, 2011). Se, secondo la prospettiva della New Media Education, il formando non è più visto in termini dipendenti e passivi ma attivi e creativi poiché opera in un contesto in cui i media non solo diventano oggetto dell’intervento educativo ma favoriscono quel link tra il contesto formale e informale, tra il dentro e il fuori la scuola, è necessario ri-pensare in digitale il percorso formativo.

A livello normativo, varie sono state le iniziative ministeriali che in Italia dagli anni ’80 hanno indirizzato la scuola verso un processo di integrazione della tecnologia, di seguito la tabella riporta per anno le differenti iniziative e i relativi destinatari (Tab.2).

Anno Iniziativa Destinatari

1985 Piano nazionale per l’Informatica

Docenti di matematica e fisica (scuola superiore) 1995-1997 PSTD-Programma di

Sviluppo delle Tecnologie Didattiche

191.228 docenti

2002 Por Tic- Piano Nazionale di Formazione degli Insegnati sulle Tecnologie dell’informazione e della Comunicazione

180.000 docenti (circa)

2008 Scuola digitale -LIM 64.456 docenti 2009 Scuola digitale- Cl@ssi

2.0

416 classi selezionate (secondaria di I grado) 2010 Scuola digitale- Cl@ssi

2.0

124 classi selezionate (scuola primaria)

2010 Scuola digitale –Cl@ssi 2.0 136 classi selezionate (secondaria di II grado) 2010 Scuola digitale-Editoria Digitale Scolastica 20 classi selezionate

2011 Patto per la Scuol@ 2.0

14 scuole selezionate

66 4.2. Apprendimento e tecnologie

Nel momento in cui le tecnologie vengono assorbite nella didattica tradizionale, la modalità di insegnamento-apprendimento viene modificata e con essa le azioni del docente e del discente vanno necessariamente rimodulate. Con l’ingresso dei media digitali la stessa logica comunicativa subisce una trasformazione, non è più l’oggetto che domina lo scenario culturale ma i veri protagonisti diventano coloro che si affermano in una realtà dominata dagli schermi. Le variabili socio-culturali operano una modifica nel brainframe dei nativi digitali che si rapportano con i nuovi media sin dalla primissima infanzia (de Kerkhove, 1991).

In una società multischermo, Screen Generation o Finger generation (Rivoltella, 2006) le dimensioni costitutive, che afferiscono alla sfera percettivo-individuale, alle dinamiche di apprendimento e alle logiche di localizzazione nello spazio dei soggetti impegnati nelle relazioni sociali, si ridefiniscono. Con il dominio dello sguardo e della digitazione, gli utenti da spettatori passivi diventano attivi manipolatori e costruttori, esternalizzando, attraverso lo schermo, i propri processi mentali. In maniera simultanea si compiono più operazioni che prevedono la coesistenza di disparate attività cognitive (multitasking), si afferma una visione frammentaria e segmentata del reale in cui prevale il potere incontrastato dell’interattività congiunta alla capacità di personalizzare i materiali.

In uno studio condotto da Ala Mutka, Punie & Redecker (2008) viene sottolineato l’importanza della competenza digitale e delle strategie di apprendimento permanente per tutti i tipi di lavoro e per gli studenti. Gli autori ribadiscono che l’apprendimento delle abilità digitali non deve essere affrontato come materia a sé ma va inserito all’interno dell’insegnamento di tutte le materie. Lo sviluppo della competenza digitale dovrebbe iniziare il più presto possibile, attraverso l’integrazione e l’apprendimento delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC), già a partire dal livello primario, imparando ad utilizzare gli strumenti digitali in maniera critica, con familiarità e creatività,

67 ponendo attenzione alla sicurezza e alla protezione. In uno studio successivo, Ala-Mutka (2011) individua i principali domini che concorrono a definire la competenza digitale, Messina e De Rossi (2015) riportano in maniera analitica i cinque macro-riferimenti, essi sono:

- la ICT literacy, quale dominio di base che riguarda principalmente la conoscenza tecnica e l’utilizzo del computer con i relativi software applicativi;

- l’internet litercy, una sorta di network litercy che riguarda la capacità di operare con successo in ambienti multimediali di rete;

- l’information literacy, ossia il trovare, l’organizzare ed elaborare le informazioni attraverso un atteggiamento critico che si riferisce sia alla sfera digitale che non digitale;

- la media literacy che stabilisce dei link con il dominio precedente e si riferisce alla capacità di interpretare e utilizzare i media e di produrre con essi degli effetti benefici, presuppone anche in questo caso, un atteggiamento critico ed include domini sia digitali che non;

- la digital literacy che, oltre a inglobare aspetti delle altre literacy, prevede l’utilizzo di strumenti digitali in modo responsabile ed efficace per le altre attività e lo sviluppo personale.

Dalla disamina della letteratura che affronta il nesso tecnologie-apprendimento, emergono posizioni contrastanti. Va sottolineato il modo in cui si utilizza lo strumento tecnologico, se concepito come mero supporto da utilizzare nella lezione tradizionale con l’intenzione di arricchirla, gli studi condotti da Clark et al. (2006) e Hattie (2009) confermano che il miglioramento del processo di apprendimento derivi dalla metodologia adottata dal docente non dalla tecnologia.

Volendo riprendere quanto esprime Sirchia (1994), per adeguarsi alla mutazione antropologica, che è avvenuta a seguito dell’ingresso delle tecnologie, vanno fuse la cultura dell’Alfabeto e quella dei Media, la monomedialità alfabetica va legata alla multimedialità del digitale.

Tra il processo di insegnamento e di apprendimento non esiste una relazione causa-effetto così come tra le nuove tecnologie e il processo di apprendimento non esistono rapporti deterministici: in alcuni contesti possono risultare negativi, in altri

68 le tecnologie vengono concepite quali strumenti di mero supporto da inserire nella lezione tradizionale, l’interrogativo che insorge è: esiste un contesto ideale nel quale integrare le TIC nella maniera più efficace possibile in vista di un apprendimento significativo? L’intenzione dovrebbe essere quella di creare un frame di ecologia cognitiva (Levy, 1990) avvalendosi di un approccio attivo e partecipativo che abbia come oggetto la presentazione di compiti complessi. Bisognerebbe pensare ad un setting formativo in cui vadano incluse la dimensione tecnologica e quella metodologica per sovvertire a pratiche consolidate. Innovare la qualità della didattica significa creare l’habitat favorevole per lo sviluppo di competenze altrimenti irraggiungibili con metodi obsoleti. In linea con quanto esplicitato nelle Raccomandazioni del Parlamento Europeo, tra le key competences 23 per

23 Le otto competenze chiave, così come riportate dalla Sintesi tratta della raccomandazione del Parlamento europeo sono:

la comunicazione nella madrelingua, che è la capacità di esprimere e interpretare concetti, pensieri,

sentimenti, fatti e opinioni in forma sia orale sia scritta (comprensione orale, espressione orale, comprensione scritta ed espressione scritta) e di interagire adeguatamente e in modo creativo sul piano linguistico in un’intera gamma di contesti culturali e sociali;

la comunicazione in lingue straniere che, oltre alle principali abilità richieste per la comunicazione

nella madrelingua, richiede anche abilità quali la mediazione e la comprensione interculturale. Il livello di padronanza dipende da numerosi fattori e dalla capacità di ascoltare, parlare, leggere e scrivere;

la competenza matematica e le competenze di base in campo scientifico e tecnologico. La

competenza matematica è l’abilità di sviluppare e applicare il pensiero matematico per risolvere una serie di problemi in situazioni quotidiane, ponendo l’accento sugli aspetti del processo, dell’attività e della conoscenza. Le competenze di base in campo scientifico e tecnologico riguardano la padronanza, l’uso e l’applicazione di conoscenze e metodologie che spiegano il mondo naturale. Tali competenze comportano la comprensione dei cambiamenti determinati dall’attività umana e la consapevolezza della responsabilità di ciascun cittadino;

la competenza digitale consiste nel saper utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie

della società dell’informazione (TSI) e richiede quindi abilità di base nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC);

imparare ad imparare è collegata all’apprendimento, all’abilità di perseverare nell’apprendimento, di

organizzare il proprio apprendimento sia a livello individuale che in gruppo, a seconda delle proprie necessità, e alla consapevolezza relativa a metodi e opportunità;

le competenze sociali e civiche. Per competenze sociali si intendono competenze personali,

interpersonali e interculturali e tutte le forme di comportamento che consentono alle persone di partecipare in modo efficace e costruttivo alla vita sociale e lavorativa. La competenza sociale è collegata al benessere personale e sociale. È essenziale comprendere i codici di comportamento e le maniere nei diversi ambienti in cui le persone agiscono. La competenza civica e in particolare la conoscenza di concetti e strutture sociopolitici (democrazia, giustizia, uguaglianza, cittadinanza e diritti civili) dota le persone degli strumenti per impegnarsi a una partecipazione attiva e democratica;

senso di iniziativa e di imprenditorialità significa saper tradurre le idee in azione. In ciò rientrano la

creatività, l'innovazione e l'assunzione di rischi, come anche la capacità di pianificare e di gestire progetti per raggiungere obiettivi. L’individuo è consapevole del contesto in cui lavora ed è in grado di cogliere le opportunità che gli si offrono. È il punto di partenza per acquisire le abilità e le conoscenze più specifiche di cui hanno bisogno coloro che avviano o contribuiscono ad un’attività

69 l’apprendimento permanente, si annovera la competenza digitale e si riconosce ad essa un carattere multidimensionale, o meglio una natura tridimensionale che coniuga al suo interno componenti cognitive, tecnologiche ed etiche (Calvani, et al., 2010). La competenza digitale (digital competence) si identifica con uno specifico modo di porsi o di essere verso le tecnologie in cui la dimensione digitale diviene una delle infrastrutture portanti che la scuola deve impegnarsi a sviluppare. Le TIC se integrate nel setting formativo, consentono di ri/pensare, rappresentare, comunicare e personalizzare gli apprendimenti. Calvani (2013) propone dieci raccomandazioni (Tab. 3) per realizzare una politica dell’innovazione tecnologica che sia efficace e sostenibile: cinque relative al contesto culturale, cinque atte a valorizzare il rapporto tecnologie-apprendimento; in tal modo lo studioso evidenzia il valore aggiunto apportato dall’utilizzo integrato delle tecnologie in contesti di apprendimento.

Quali criteri per una politica tecnologica?

1. Fare un passo indietro nella rincorsa verso l’ultima tecnologia.

2. Orientare la politica tecnologica al futuro e pensare in termini di sostenibilità. 3. Pensare a cosa si vuol ottenere con la tecnologia e non alla tecnologia. 4. Ottimizzare il rapporto tra tecnica e metodo.

5. Far scoprire agli insegnanti che le tecnologie possono loro semplificare la vita. In che modo utilizzare le tecnologie per apprendere? Le tecnologie per apprendere quasi mai funzionano. Andiamo allora a caccia delle felici eccezioni, laddove:

1. le tecnologie migliorino gli apprendimenti (in particolare in virtù dell’interattività);

2. le tecnologie presentino vantaggi di per sé evidenti (canali comunicativi o contenuti peculiari);

3. le tecnologie offrano condizioni di apprendimento “incommensurabili”; 4. le tecnologie offrano degli utensili per la mente (mindtool);

5. le tecnologie consentano di sviluppare competenze digitali.

Tab. 3: le dieci raccomandazioni

sociale o commerciale. Essa dovrebbe includere la consapevolezza dei valori etici e promuovere il buon governo;

consapevolezza ed espressione culturali, che implicano la consapevolezza dell’importanza

dell’espressione creativa di idee, esperienze ed emozioni attraverso un’ampia varietà di mezzi di comunicazione, compresi la musica, le arti dello spettacolo, la letteratura e le arti visive.

70 4.3. Apprendimento multimediale e carico cognitivo

La multimedialità consente di agire nell’ambiente digitale facendo ricorso a più sistemi di rappresentazione dei contenuti, in cui coesiste la complessità derivata dai differenti sistemi simbolici e dai relativi codici espressivi. In tale ambiente, le pratiche di costruzione dei significati sono favorite dalla mediazione congiunta di più dispositivi che amplificano i canali comunicativi, riducono il distanziamento spazio-temporale e implementano l’acquisizione di informazioni altrimenti difficili da reperire. Il ricorso al multimedia learning prevede l’integrazione di informazioni provenienti da fonti eterogenee (testi, figure statiche o in movimento, software educativi, animazioni, video), la compresenza di differenti strategie comunicative che richiedono un impegno cognitivo notevole. I fautori della teoria del carico cognitivo24 (Sweller, 1988; Chandler & Sweller, 1992; Sweller, 2005) ritengono che sia necessario formare una base di conoscenze, schemi da mobilitare in maniera automatica per trattare la pluralità dei materiali proposti. Anche se all’inizio del processo di apprendimento tali schemi non sono disponibili e le risorse cognitive sono impegnate nel loro processo di formazione. E’ stato dimostrato come le informazioni visive e uditive, impiegate in maniera contigua, possono elaborare una quantità di risorse maggiore rispetto a quando le informazioni vengono veicolate ricorrendo ad un unico canale informativo (Baddeley, 1992). Infatti “una rete di concetti organizzatori è una risorsa necessaria per permettere allo studente di raggruppare le molteplici informazioni che incontra” (Giordan, 1998, p.201).

24 Secondo la Cognitive Load Theory, il sovraccarico cognitivo può essere di tre tipi estraneo, intrinseco e germano. Tali forme evidenziano, da un lato, i limiti della memoria di lavoro, dall’altro i vantaggi della memoria a lungo termine, in particolare degli schemi in possesso. La prima forma scaturisce da una split attention, dalla ridondanza e dalla necessità di elaborare informazioni irrilevanti. Il carico intrinseco deriva dalla complessità del materiale da apprendere, materiali con alto livello di interattività, richiedono uno sforzo cognitivo superiore soprattutto per chi è inesperto e non può ricorrere all’attivazione di schemi o procedure automatizzate. La consapevolezza di adottare strategie cognitive diminuisce con l’esperienza. Alla prime forme si aggiunge una terza forma che afferisce all’uso delle risorse cognitive mirate all’acquisizione, alla modifica e all’automatizzazione degli schemi.

71 A tal punto ci si chiede come possa avvenire la gestione tra l’immagine, il testo e la comunicazione multimediale, se si tratta di integrazioni ottimali ai fini dell’apprendimento. E’ riportato da differenti studi la duplice funzione svolta dall’utilizzo delle immagini a supporto della comprensione del testo, da un lato si riconosce il potenziale della comunicazione visiva, dall’altro viene sottolineata la difficoltà da parte dei bambini nel risalire agli elementi essenziali dell’immagine e di conseguenza a non riuscire a decodificare in maniera corretta il messaggio perché distratti da elementi secondari. Con l’affermazione del multimediale, il problema della coesistenza di sistemi comunicati diversi dal testo e dall’immagine statica diviene centrale negli studi di Mayer (2001), tra i principali esponenti della teoria del carico cognitivo. Sulla base dei principi formulati da Mayer, che rappresentano i fondamenti alla base della teoria del carico cognitivo, Calvani (2007) traccia una serie di indicazioni da seguire qualora si intende progettare dei percorsi integrati di apprendimento in cui la coesistenza di differenti codici comunicativi potrebbe addurre problemi di sovraccarico cognitivo:

“si apprende meglio

- da parole unite a immagini piuttosto che da parole sole (principio di multimedialità);

- quando parole e immagini sono presentate simultaneamente anziché successivamente (principio di contiguità temporale);

- quando parole e immagini sono vicine nello schermo o sulla pagina anziché distanziate (principio di contiguità spaziale);

- quando parole, immagini e suoni estranei sono esclusi (principio di coerenza);

- quando le animazioni sono arricchite da narrazioni audio anziché da testi scritti (principio di modalità);

- quando animazioni e narrazioni sono da sole piuttosto che avere animazioni, narrazione e testo stampato (principio di ridondanza)” (pp. 57-58).

72 Ai principi descritti, nel tempo, si è verificata un’ulteriore integrazione e sono state apportate alcune precisazioni. Secondo Clark e Lyons (2004) le immagini statiche rispetto a quelle dinamiche sono preferibili ai fini di un migliore apprendimento, questo perché risultano più efficaci dal punto di vista comunicativo. Una sequenza animata impone un carico cognitivo notevole in quanto il ritmo non può essere controllato, di conseguenza l’apprendimento multimediale risulta significativo quando è l’allievo stesso in grado di saperlo gestire. I diagrammi statici consentono di fornire informazioni in maniera agevole rispetto alle animazioni.

L’utilizzo di elementi visivi non sempre agevola il processo di comprensione del testo, tutto è strettamente legato alla funzione svolta dalla stessa immagine, al grado di complessità, allo scopo del dispositivo anche se a differenza delle parole, l’accesso al significato dell’immagine può avvenire nella sua totalità e non in maniera seriale.

Stando a quanto asseriscono gli studiosi del carico cognitivo il mezzo visivo è vantaggioso in funzione della triplice natura del compito: se implica aspetti spaziali, se è di medio-alta difficoltà e se è rivolto a novizi o esperti. Il sovraccarico cognitivo del bambino si riduce quando il testo non è solo supportato dall’utilizzo di immagini ma quando si associa la narrazione all’audio l’apprendimento di un oggetto visivo è più efficace. Di conseguenza nella progettazione di percorsi di didattica multimediale rivolti a giovani allievi, finalizzati alla comprensione, la soluzione migliore sarebbe quella di predisporre del materiale multimediale che coniughi l’immagine visiva con la voce narrante25. Tale combinazione risulta significativa con allievi novizi, il vantaggio dell’audio aggiunto all’immagine è maggiore quanto più gli allievi sono privi di conoscenze enciclopediche e quanto più il contenuto è complesso.

25 Ciò che si ottiene è quanto segue

- “se il problema è presentato testualmente con la dimostrazione scritta, il tempo necessario per la soluzione è il massimo tra tutte le alternative (questa è dunque la soluzione peggiore); - Se è presentato testualmente con la dimostrazione audio, il tempo di soluzione si riduce

parzialmente;

- Se è presentato in versione grafica con dimostrazione testuale, si riduce ulteriormente; - Se è presentato in versione grafica con dimostrazione audio, si riduce ancor di più” (Calvani,

73 Dall’altro canto, gli ultimi studi sulla Cognitive Load Theory (Mayer, 2004; Clark et al., 2006; Kirschmer et al., 2006) sottolineano, affrontando il tema della multimedialità, quanto l’introduzione del “tecnologico” possa apportare delle modifiche nel modus agendi dell’azione d’insegnamento e, di conseguenza, ricadere negativamente sui risultati degli apprendimenti adducendo sovraccarico cognitivo nei soggetti inesperti.

Nella progettazione dell’azione didattica andrebbero individuate delle strategie

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SALERNO (pagine 63-75)