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Il giusto processo: il punto sulla giurisprudenza d

I. 3 1 Il valore che il divieto di double jeopardy ha nel

IV.2 Il giusto processo: il punto sulla giurisprudenza d

A prescindere dalla qualifica che viene conferita all'impianto processuale; che sia di tipo inquisitorio o accusatorio, in astratto nessuno dei due sistemi tollera la previsione di un meccanismo di controllo a parte il modello inquisitorio-misto. Modello tipico del processo penale francese, viene definito misto perché mantiene le caratteristiche del modello inquisitorio, prevedendo, però, ampi spazi per il contraddittorio tra le parti in condizione di parità in tutte

le fasi del processo. Per quanto riguarda il modello inquisitorio misto francese, ciò che è interessante ai fini della suddetta trattazione sono le novità apportate al ricorso avverso le sentenze della Corte d'Assise francese (competente in materia di reati gravissimi), che si pongono in linea con quanto affermato dalla nostra Corte Costituzionale con la sent. 26/2007. Al di là di una generale appellabilità riconosciuta ad ogni parte processuale con conseguente instaurazione di un giudizio di secondo grado di natura cartolare, il legislatore francese nel 2000 ha aperto la strada alla fase dell'appello anche in materia “criminale”. Fino a quel momento infatti, in Francia era vietato impugnare le decisioni provenienti dalla giuria popolare componente la Corte d'Assise, in linea con una tradizione di tipo inquisitoria100.

In un primo momento, l'idea del legislatore era quella di concedere la possibilità di appello per i soli condannati, mentre rimaneva assoluta l'inoppugnabilità della decisione di assoluzione nei confronti dell'accusa. Nonostante l'idea durante i lavori parlamentari fosse quella di ritenere l'appello del “parquet” (il nostro pubblico ministero) in caso di proscioglimento contrario alla ragione, all'umanità e alla clemenza, nel 2002 con un'ulteriore legge è stato prevista la possibilità, per il solo procuratore generale di impugnare

100 A. CONFALONIERI, Profili comparatistici del diritto all'appello, in AA. VV., Il

nuovo regime delle impugnazioni tra Corte Costituzionale e Sezioni Unite, Padova, 2007,

le sentenze di assoluzione della Corte d'Assise101.

La motivazione su cui si è basato il legislatore francese per riformare, qualche anno dopo, quanto aveva precedentemente statuito è la medesima su cui la nostra Corte Costituzionale ha poggiato la sentenza n.26/2007, cioè il principio di parità delle parti. Nella relazione di accompagnamento della legge in questione, viene testualmente affermato che “ da un punto di vista giuridico questa impossibilità per il parquet di appellare le sentenze di assoluzione pare difficilmente compatibile con il principio della parità delle armi assicurato dalla Convenzione Europea a beneficio della difesa, ma anche del P.M.”102. Sostanzialmente si è prospettata

la tesi secondo cui, la possibilità di presentare impugnazione in capo al pubblico ministero, in particolare avverso le sentenze di assoluzione, trovi giustificazione nel principio sotteso alla “parità delle armi” tra le parti processuali. Questa tesi non trova però riscontro nella giurisprudenza di Strasburgo. Per comprendere meglio il significato che sta alla base del concetto stesso di égalité des armes è necessario far riferimento ad un'altro principio cardine: la “presunzione di innocenza” in capo

101 M. G. Aimonetto, Le impugnazioni proponibili nei confronti della sentenza di primo

grado: la disciplina francese, in AA. VV., M. BARGIS e F. CAPRIOLI, Impugnazioni e regole di giudizio nella legge di riforma del 2006,Torino, 2007, p. 453-454.

all'accusato con conseguente onere della prova in capo all'accusa103.

A partire dunque dal riconoscimento del principio della presunzione di innocenza, si deduce che, strutturalmente il processo penale non può che essere caratterizzato da una disuguaglianza tra le parti. Disuguaglianza che inevitabilmente porta il pubblico ministero a ricoprire il ruolo di privilegiato all'interno del processo penale con inevitabile pregiudizio per l'imputato, da qui l'esigenza di introdurre il principio “dell'égalité des armes”. Principio che nasce dall'esigenza di apportare un giusto equilibrio tra le parti, con la consapevolezza però che ciò non significa necessariamente riconoscergli eguali poteri né identità di strumenti. La giurisprudenza della Corte di Strasburgo ha avuto modo nel corso degli anni di chiarire la portata del diritto statuendo che, l'uguaglianza delle armi è un principio che se accolto, obbliga il legislatore ad offrire ad ogni parte processuale “une possibilité raissonable de présenter sa cause dans des conditions qui ne la placent pas dans une situation de net désavantage par rapport à son adversaire”104. L'aver ancorato dunque, il diritto di

appello del pubblico ministero avverso le sentenze di

103 A. CONFALONIERI, Il “ragionevole” diritto all'impugnazione nella prospettiva

europea, in Archivio penale 3/2009, p. 171-194.

104 Cfr. CORTE EDU, 24-05-2005, Berkouche c .Francia : “una ragionevole possibilità

di presentare la sua causa in condizioni che non pongano (la parte processuale in questione) in una situazione di svantaggio rispetto al suo avversario,

proscioglimento, al principio dell'égalité des armes o parità delle parti, non troverebbe conferma in ambito comunitario né con riferimento all'art 6 CEDU né con riferimento all'art 2 del protocollo addizionale n.7. Sull'argomento è infatti intervenuta la Corte di Strasburgo con il c.d “Affaire Guillemot”; la sentenza in questione aveva ad oggetto proprio la nuova disciplina francese delle impugnazioni davanti alla Corte d'assise, in particolare si invocava a favore della pubblica accusa un presunto diritto di appello contro le sentenze di assoluzione. La sentenza Guillemot c. Francia del 2005 chiarisce dunque che, il diritto di appello del pubblico ministero avverso le sentenze di proscioglimento invocato dal richiedente stato francese, non è assolutamente garantito dalla Convenzione. Poiché come afferma la Corte né l'art 6 della Cedu, né l'art 2 del protocollo n.7 prevedono un tale diritto in capo al pubblico ministero diritto che invece viene garantito al condannato. I giudici d'oltralpe hanno inoltre specificato che - nessuna disposizione della Convenzione prevede il diritto alla vendetta privata, all'azione popolare o di fare perseguire penalmente qualcuno al fine di farlo condannare, poiché non vi è nessuna norma che imponga una obbligazione di risultato-105 pretendendo che ogni

105 Corte EDU, 20.12.2005, Guillemot c. Francia : << et qu'aucune disposition n'impose

une obligation de résultat supposant que toute poursuite doit se solder par une

procedimento penale si concluda con una decisione di condanna o di inflizione di una pena determinata.

Dunque non solo non risulta secondo la Corte di Strasburgo, nessun diritto in capo al pubblico ministero di perseguire ulteriormente l'imputato già prosciolto in primo grado, ma lo stesso diritto all'impugnazione, sancito all'art 2 protocollo n 7 risulta prerogativa assoluta del solo condannato106. Tale previsione si è resa necessaria

al fine di allineare la Convenzione Europea il più possibile con la disposizione del Patto Internazionale sui diritti civili e politici, che come già affrontato nel secondo capitolo, prevede all'art 14 comma 5 che <<ogni individuo condannato per un reato ha diritto a che

l'accertamento della sua colpevolezza e la condanna siano riesaminati da un tribunale di seconda istanza in conformità alla legge>>107.

Diritto che risentendo della cultura anglosassone, verrebbe vulnerato, nel caso di condanna dell'imputato in secondo grado, come conseguenza dell'appello del pubblico ministero avverso la sentenza di proscioglimento. Da ciò si può pacificamente affermare che: il diritto ad un secondo giudizio non è in alcun modo riconosciuto alla pubblica accusa, la quale ha eventualmente “l'opportunità di

106 Protocollo n.7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle

libertà fondamentali, entrato in vigore 1.11.1998, dove l'art 2 riconosce al condannato il diritto ad un doppio grado di giudizio in materia penale.

107 Art 14 comma 5 del Patto Internazionale relativo ai diritti civili e politici, reso

ottenere una seconda chance” e non un diritto, come invece è riconosciuto universalmente al condannato108.

In definitiva, le medesime considerazioni possono essere impiegate per interpretare la sentenza n.26/2007 della Corte Costituzionale, nonostante la Corte di Strasburgo per il momento non si sia mai pronunciata in merito nei confronti dell'Italia. Sulla base di quanto detto, non resta che smantellare quanto affermato dunque dalla nostra Corte Costituzionale, la quale richiamando a sua volta il principio di “parità delle parti” a sostegno del diritto all'impugnazione della pubblica accusa avverso le sentenze di assoluzione, ha finito per discostarsi totalmente dall'interpretazione della Corte di Strasburgo e dal senso stesso di processo accusatorio. E' d'uopo, a questo punto poter affermare, come espresso dallo stesso Gaetano Pecorella, che la nostra legislazione può ritenersi non solo “in contrasto con un Patto di civiltà che vincola tutte le Nazioni”109, ma contrasta altresì con la

stessa idea di processo accusatorio cristallizzatasi con l'art 111 cost.. Considerazioni dunque che fanno propendere verso la necessità di rivedere il diritto di appello del pubblico ministero alla luce dei principi fondamentali statuiti dalla Convenzione a cui il nostro paese

108 A. CONFALONIERI, op. cit., pag. 96

109 GAETANO PECORELLA, Note a margine della Sentenza n.26/2007 della Corte

ha aderito e a cui deve conformarsi, verso una progressiva riforma in senso accusatorio anche del sistema delle impugnazioni. Sistema delle impugnazioni che nell'assetto continentale, nonostante l'importazione di regole globalizzate, “l'incomprensione dell'inquisitorio determina comunque un sentimento di soggezione al processo, non essendovi effettiva partecipazione delle parti al gioco del processo che ne determini condivisione del risultato come accade nei sistemi di common law, soggezione dunque che richiede inevitabilmente un sottosistema di rimedi successivi110.

§ IV.3

A undici anni dalla legge Pecorella: la più recente

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