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Il gruppo di lavoro sulle minoranze: il WGOM

Nel documento Le minoranze linguistiche in Europa (pagine 45-50)

II. GLI STRUMENTI A TUTELA DELLE MINORANZE ELABORAT

2.7 Il gruppo di lavoro sulle minoranze: il WGOM

La Dichiarazione esaminata non è dotata di vincolatività, in quanto non prevede obblighi giuridici per gli Stati che la hanno adottata. Tuttavia, nonostante manchino meccanismi di accertamento di eventuali violazioni commesse dagli ordinamenti europei, è evidente che la circostanza che essa sia adottata dall’Assemblea generale, fa sì che essa rivesta un’importanza particolare. Al fine di promuovere i diritti enunciati nella dichiarazione, la sottocommissione per la lotta contro le misure discriminatorie e la protezione delle minoranze, organo sussidiario della Commissione dei diritti dell’uomo, ha creato nel 1995 il Gruppo di lavoro sulle minoranze. Il Gruppo si occupa principalmente di monitorare i vari Stati, per verificare che essi mantengano gli impegni presi a livello europeo al fine di proteggere

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le minoranze. L’approccio utilizzato da questo organismo è di tipo pragmatico, giacché esso, cosciente del fatto che alcuni Stati presentano situazioni particolarmente drammatiche in merito alla tutela delle minoranze, si occupa di studiare le soluzioni per risolvere problematiche specifiche di alcuni ordinamenti. Dal 2005 al WGOM si è affiancato l’Esperto indipendente sulle questioni delle minoranze, che si occupa principalmente della discussione di temi relativi alle minoranze. A partire dal 2007 il Gruppo di lavoro si è trasformato in un Forum sui temi delle minoranze, accogliendo le istanze delle organizzazioni non governative MRG (Minority Rights Group) e IMADR (International movement against all form of discrimination

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Capitolo III

GLI STRUMENTI A TUTELA DELLE MINORANZE

ELABORATI A LIVELLO EUROPEO

Sezione I

La protezione offerta dal Consiglio d’Europa alle minoranze linguistiche

SOMMARIO: 3.1. La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’ uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e il principio di non discriminazione. - 3.2. La Carta europea per le lingue regionali e minoritarie (ECRML). – 3.2.1 L’applicazione della ECRML in Serbia. – 3.2.2 La Slovacchia e la ECRML. – 3.2.3 L’attuazione della ECRML in Polonia. – 3.3. La Convenzione – quadro per la protezione delle minoranze nazionali.

3.1. La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti

dell’ uomo e delle libertà fondamentali e il principio di

non discriminazione

La CEDU66 è una convenzione firmata a Roma il 4 novembre 1950 dai dodici stati al tempo membri del Consiglio d’Europa67 ed entrata in vigore nel 195368. E’ oggi vigente in tutti i 47 Stati del Consiglio d’Europa. Come si evince dalla sua denominazione, è uno dei pilastri nell’ambito della tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Nel Preambolo i Governi firmatari evocano la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo come fonte ispiratrice della convenzione: il Consiglio d’Europa ha come finalità quella dell’

66 E’ reperibile presso: www.echr.coe.int (pagina web consultata il 03.10.2016). 67

Tali stati sono i seguenti: Belgio, Danimarca, Francia, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia e Turchia.

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unione più stretta fra i suoi membri, mediante il rispetto dei loro diritti e libertà per garantire la pace e la giustizia nel mondo. In particolare, vi sono due disposizioni normative che interessano le minoranze linguistiche. Innanzitutto, il celebre art. 6 della CEDU, che fonda il principio dell’ equo processo ed è dunque il punto di riferimento di tutte le discipline processualistiche. Nel terzo comma, lettera B), afferma che: “Ogni accusato ha diritto di essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico.”. La lettera E) del medesimo articolo stabilisce che ogni accusato ha diritto di: “farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata in udienza”. L’art. 6 inserisce dunque fra i canoni fondamentali del diritto ad un equo processo, la possibilità di comprendere l’accusa e di farsi assistere da un soggetto in grado di rendere l’imputato/convenuto edotto degli sviluppi processuali, peraltro gratuitamente, in modo da assicurarne l’assistenza anche ad i non abbienti. Ma ancora, l’art. 14 afferma che: “Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione.”69 In questa disposizione assistiamo dunque all’affermazione di un principio di non discriminazione che, come vedremo, è ormai alla base di ogni democrazia moderna. Esso si ispira a sua volta al principio di eguaglianza, in base al quale tutte le situazioni uguali devono essere

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Il principio di non discriminazione è ulteriormente ribadito nel Protocollo Addizionale n° 12 alla CEDU, reperibile presso: www.unipd-centrodirittiumani.it

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trattate in modo uguale e tutte le situazioni diverse in modo diverso.70 E’ essenziale precisare che l’art. 14 non ha natura sostanziale: esso si applica unicamente in combinato con gli altri diritti sanciti nella convenzione. Molto florida è la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, che spiega la portata del principio di non discriminazione, a titolo esemplificativo, in Kosteski c. l’ex-Repubblica Iugoslava di Macedonia, quando afferma che: “different treatment is

discriminatory, for the purposes of Article 14, if it has no objective and reasonable justification, that is, if it does not pursue a legitimate aim or if there is not a reasonable relationship of proportionality between the means employed and the aim sought to be realized”.71 In virtù

della giurisprudenza appena citata, possiamo dunque affermare con certezza che i requisiti affinché il trattamento sia discriminatorio sono tre:

1) La differenza di trattamento non deve essere giustificata da uno scopo legittimo

2) La differenza di trattamento non deve essere oggettiva o ragionevole

3) Il trattamento non deve essere proporzionato allo scopo perseguito.

70 C. DANISI, Il principio di non discriminazione dalla CEDU alla Carta di Nizza: il caso

dell’ orientamento sessuale. Il testo è reperibile presso: www.forumcostituzionale.it

(pagina web consultata il 04.10.2016).

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3.2. La Carta Europea per le lingue regionali e minoritarie

Nel documento Le minoranze linguistiche in Europa (pagine 45-50)

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