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Il livello extralinguistico: i fattori culturali

5. Specificità del prototesto e microstrategie

5.3 Il livello extralinguistico: i fattori culturali

Come evidenziato più volte nel corso di questa analisi, un testo, e non solo un testo letterario, non può essere considerato al di fuori della sua cultura di provenienza, che lo influenza profondamente perché determina le categorie estetiche e di pensiero all’interno delle quali viene creato. Il linguaggio stesso è legato strettamente al contesto culturale, con il quale ha un rapporto di influenza reciproca:

No two languages are ever sufficiently similar to be considered as representing the same social reality. The worlds in which different societies live are distinct worlds, not merely the same world with different labels attached.128

Con questa frase Edward Sapir riassume il principio generale alla base di quella che è conosciuta come l’ipotesi di Sapir-Whorf o principio di relativismo linguistico. Questa teoria illustra come cultura e linguaggio siano legati da un rapporto strettissimo, nel quale l’una influenza l’altro costantemente, in un processo in cui ciò che una lingua esprime è determinato dalle

caratteristiche della cultura in cui si sviluppa, e le stesse categorie culturali di una comunità sono in parte determinate dalle categorie del linguaggio.

In base a questa teoria, quindi, “different linguistic communities have different ways of experiencing, segmenting and structuring reality.”129 Ne consegue che ogni traduzione non avviene

solo sul piano linguistico, ma anche su quello culturale, e il mediatore deve sempre essere consapevole delle specificità culturali della lingua d’arrivo e di quella di partenza, in modo da identificare gli elementi culturo-specifici nel prototesto e trasferirli adeguatamente nel metatesto. L’approccio “straniante” di cui si è discusso in precedenza consiste proprio in questa operazione: la traduzione, intesa semanticamente proprio come “tra-sporto”, degli elementi che evidenziano l’identità culturale del testo originale nel metatesto, un’operazione che presenta grandi possibilità di arricchimento per la cultura e la lingua d’arrivo. Di seguito analizzeremo come sono state gestite le specificità culturali incontrate nel prototesto.

5.3.1 I realia

[…] parole (e locuzioni composte) della lingua popolare che costituiscono denominazioni di oggetti, concetti, fenomeni tipici di un ambiente geografico, di una cultura, della vita materiale di peculiarità storico-sociali di un popolo, di una nazione, di un paese, di una tribù, e che quindi sono portatrici di un colorito nazionale, locale o storico; queste parole non hanno corrispondenze precise in altre lingue. 130

Così i ricercatori bulgari Vlahov e Florin definiscono i realia, cioè quelle parole i cui referenti concreti sono elementi con un valore culturale talmente elevato che non esistono nella cultura d’arrivo, e non esiste un termine nella LA per definirli. La presenza di realia nel prototesto rappresenta una difficoltà considerevole nel processo di traduzione, e il mediatore dovrà stabilire una microstrategia coerente col tipo di testo e con le sue scelte in merito ad approccio traduttivo e lettore modello.

La tendenza dell’autrice alla trattazione di temi piuttosto universali e legati ai rapporti interpersonali, insieme alla scarsa contestualizzazione cronotopica del testo, comporta una scarsa presenza di realia e di altri elementi culturo-specifici. Questo, insieme alle dichiarazioni stesse di Liao Yimei, che ha sempre sostenuto di essere interessata all’indagine dell’interiorità e di questioni esistenziali, ci porta a pensare che, nell’economia generale del testo, questi elementi non siano da ritenere prioritari. Pertanto, si è optato per una traduzione quasi letteraria delle espressioni cinesi,

129 Wong e Shen, op. cit., p. 87.

che permettesse al lettore di riconoscere l’elemento come non appartenente alla propria cultura, riuscendo comunque a visualizzare un referente che, se non corrisponde esattamente a quello visualizzato dal lettore del prototesto, comunque ci si avvicina.

Riportiamo ora due esempi di questa strategia, uno legato alla cultura gastronomica cinese e uno al mondo istituzionale. Il primo esempio è tratto da una battuta pronunciata da Malu all’interno dell’atto II:

我甚至能从呼吸里分辨出个人中午的菜谱 ⸺ 鱼香肉丝,麻 辣肚片,香菇菜心……131

Dall’alito della gente riesco persino a capire che cosa hanno mangiato per pranzo: straccetti di carne in salsa di pesce, trippa piccante al sesamo, cuori di cavolo e funghi… (p. 39)

La traduzione dei nomi delle pietanze cinesi è un argomento estremamente complesso, che non abbiamo modo di affrontare in modo approfondito in questa sede, ma basterà menzionare la difficoltà creata dalla diversità di tradizioni culinarie e di materie prime, e dall’implicito culturale spesso presente in questi nomi. Nel nostro caso, gli elementi di più difficile resa, anche nell’ambito di una traduzione semantica, erano yuxiang 鱼香 e mala 麻辣: il primo si riferisce a una salsa comunemente usata nella cultura cinese per insaporire i piatti, e letteralmente significa “all’aroma di pesce”, il secondo, invece, indica un certo modo di condire i piatti che li rende, letteralmente, “piccanti fino all’insensibilità”. Nel primo caso, ci siamo basati sul significato letterale traducendo con “salsa di pesce”, mentre nel caso di mala, abbiamo scomposto la parola, conservando il significato di “piccante” del carattere la e traducendo ma con un altro dei suoi significati, e cioè “sesamo”.

Il secondo esempio è tratto invece dalla prima battuta dell’atto XV:

大仙:你疯了?你要强奸她也得等夜里吧。真丢人,没让 派出所把你抓起来算你运气。132

DAXIAN: Ma sei impazzito? Ma dico, se volevi violentarla potevi almeno aspettare che facesse buio. Davanti a tutti poi, che vergogna, è già un miracolo se non ho lasciato che ti portassero alla polizia di quartiere. (p. 73)

131 Liao Yimei 廖一梅, 2009, p.110

Il termine evidenziato nel testo in cinese, paichusuo 派出所, è una parola che appartiene al linguaggio orale utilizzata per indicare colloquialmente la sede di polizia della zona. Sono state valutate diverse alternative per la traduzione di questo termine, in quanto inizialmente si prevedeva di utilizzare un termine equivalente in lingua d’arrivo. Le opzioni considerate, tuttavia, rimandavano sempre a referenti nella cultura d’arrivo che non erano esattamente compatibili con l’originale: i termini “caserma” o “commissariato” davano l’idea di un edificio più grande e che sovrintenda a un’area più vasta, non di un ufficio di polizia locale. Si sarebbe poi dovuta considerare la differenza esistente in Italia tra polizia e carabinieri, e quindi tra i due edifici nominati prima: su quali criteri basare una scelta tra i due? Considerati questi fattori, si è optato per una traduzione semantica che potesse indicare sia che si tratta di una forza di polizia, e sia che si trova a una dimensione locale, “di quartiere” appunto.

Capitolo 5

La traduzione come possibilità

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