4.5 Alle origini del fatturato: dalla testa di filiera al mercato internazionale
4.5.2 Il mercato fuori dall’Italia: la diversificazione geografica
Quasi i tre quarti delle imprese nazionali (72%) vende i propri prodotti all’Estero, sicché la filiera automotive italiana conferma l’orientamento internazionale già rilevato nei precedenti rapporti: erano il 71 per cento le imprese esportatrici nel 2013, il 77 per cento nel 2011.
In media il fatturato delle imprese della filiera (vedi tabelle 10 e 10bis in Appendice) deriva per circa il 35 per cento dalle esportazioni e per il 65 per cento dal mercato domestico; gli specialisti fatturano all’estero il 43 per cento, molto al di sopra della media nazionale, così pure i produttori di moduli e sistemi; le imprese di Engineering il 39 per cento e i subfornitori sono sotto la media nazionale, con il 30 per cento.
Non tutte le imprese, ovviamente, esportano con la stessa intensità: definiamo così piccoli esportatori quelle realtà che ricavano dall’estero meno di un quarto del fatturato, medi esportatori le imprese che ottengono dalle esportazioni tra il 25 e il 50 per cento dei ricavi, grandi esportatori quelli che fatturano all’estero tra la metà e i tre quarti dei ricavi complessivi; vi sono anche gli “esportatori esclusivi”, che, pur ricavando dall’estero oltre il 75 per cento del fatturato hanno sede in Italia. L’essere piccolo, medio o grande esportatore non è in relazione dunque all’entità del fatturato dell’impresa, ma alla parte di questo che viene dalle esportazioni.
Tra gli esportatori, in Italia quasi il 35 per cento sono grandi o esclusivi (contro il 27 per cento del 2013), solo il 17 per cento sono piccoli; gli esportatori “non piccoli” sono dunque oltre il 54 per cento del campione: si conferma e rafforza la prevalenza di quella parte di imprese per le quali il mercato italiano perde importanza e, nella maggior parte dei casi, non è ormai più quello di riferimento.
Nel tempo tutti i mestieri della filiera hanno dovuto rivolgersi a un mercato più ampio di quello nazionale (fig. 4.14) e tutti i mestieri vedono una prevalenza di esportatori.
La più elevata percentuale di esportatori, circa l’85 per cento, si registra tra gli specialisti, tra i quali osserviamo anche una percentuale superiore a quella media di esportatori “non piccoli”, il 67%: si tratta di imprese ad alto contenuto di innovazione, flessibili per natura, che sono riuscite con relativa facilità ad adattare i loro prodotti a standard internazionali. In condizione analoga si trovano le imprese di engineering, che contano il 73 per cento di esportatori, e il 57 per cento di esportatori “non piccoli”; esse, tuttavia, sono
superate dalle imprese di moduli e sistemi (OEM), delle quali l’81 per cento sono esportatori, e ben il 74 per cento sono esportatori “non piccoli”: si tratta di un dato forse inatteso, visto che tradizionalmente i produttori di moduli e sistemi privilegiano grandi clienti di prossimità, è pur vero, però, che la crisi del settore ha imposto a tutta la filiera uno sforzo di adattamento e un’interpretazione è che tali imprese, appartenenti in genere a grandi gruppi, siano riuscite a sfruttare le reti internazionali dei gruppi di appartenenza.
Di un certo interesse è il confronto con l’indagine del 2013, rispetto alla quale segnaliamo un rilevante incremento degli esportatori grandi ed esclusivi, che passano dal 27 per cento al 34 per cento a livello nazionale; l’incremento più rilevante si ha per le imprese di engineering, dal 27 al 41 per cento, ma anche gli specialisti hanno un incremento importante: dal 34 al 45 per cento.
Figura 4.14 – Cosa fanno le imprese che esportano
Fonte: STEP - Osservatorio della filiera autoveicolare italiana, ed. 2015
Sempre nel confronto con il 2013 troviamo conferme del processo di apertura al mercato internazionale, con un saldo tra la percentuale di imprese che hanno aumentato il fatturato estero e quelle che lo hanno ridotto in netto favore delle prime (+27% - figura 4.15).
Tra i vari mestieri, le imprese di engineering hanno il maggior saldo positivo tra aumento e riduzione del fatturato estero (+31,7%) e anche il maggior incremento del fatturato estero medio (+3,3%), seguono i produttori di moduli e sistemi (+30% il saldo e +2,4% la crescita media del fatturato). Gli specialisti e i subfornitori sono sotto la media nazionale: i primi hanno un saldo (aumento-riduzione) pari a +20,9 per cento e un incremento medio di fatturato dell’1,3 per cento, per i secondi il saldo è +24 per cento e la variazione media del fatturato +1,3 per cento. In sostanza i subfornitori rimangono un po’ indietro, nonostante il dato sia positivo, gli specialisti invece consolidano un orientamento all’esportazione già molto superiore alla media nazionale.
Figura 4.15 – variazione del fatturato estero tra il 2013 e il 2014: saldo tra la percentuale di rispondenti che dichiarano un aumento e quella di rispondenti che dichiarano una riduzione e variazione percentuale media
Fonte: STEP - Osservatorio della filiera autoveicolare italiana, ed. 2015
Per identificare la destinazione prevalente delle merci prodotte in Italia abbiamo chiesto a ciascuna impresa di citare i suoi principali tre mercati esteri (figura 4.16): l’Europa si conferma la destinazione principale, ricevendo il 77 per cento delle citazioni; segue il Continente Americano, che riceve l’11 per cento delle citazioni complessive, quindi l’Asia con il 9 per cento; l’Africa e l’Oceania insieme raggiungono il 4 per cento delle citazioni. Non ci stupisce che i subfornitori prediligano l’Europa (81 per cento); rimaniamo sempre interessati dal fatto che i produttori di moduli e sistemi si discostino verso l’alto rispetto alla media nazionale per le destinazioni extra-europee, che ricevono da questi il 31 per cento delle citazioni.
Se restringiamo l’analisi ai BRIC e agli Stati Uniti, notiamo che gli USA ricevono più della metà delle citazioni relative a tutte le Americhe e il Brasile ne riceve poco meno di un quarto; la Cina riceve poco meno di un terzo delle intere citazioni dell’Asia, l’india poco più di un decimo.
In buona sostanza le nostre imprese sembrano orientate in primo luogo alle Americhe e, in particolare, agli Stati Uniti, in subordine al continente Asiatico con una certa prevalenza per la Cina.
Figura 4.16 – Citazioni ricevute dai mercati esteri che sono stati inclusi tra le prime tre destinazioni delle esportazioni (percentuale delle citazioni totali)
Fonte: STEP - Osservatorio della filiera autoveicolare italiana, ed. 2015
Il Sud Est Asiatico (figura 4.17) è raramente citato tra le destinazioni principali delle esportazioni e il 57 per cento delle imprese non esporta verso l’ASEAN, né intende farlo a breve; per circa il 6 per cento delle imprese, e per ben l’11 per cento dei produttori di moduli e sistemi, tuttavia, l’export verso il Sud Est Asiatico è in crescita. In media, comunque, il 14 per cento delle imprese esporta nell’area, anche se non si tratta della destinazione principale; tra i produttori di moduli e sistemi il 26 per cento, tra gli specialisti il 20 per cento, il 15 per cento circa tra le imprese di engineering e solo l’11 per cento tra i subfornitori.
Figura 4.17 – Esportatori verso il Sud Est Asiatico (percentuale dei rispondenti alla domanda)
Totale E&D OEM SPEC SUB Esportiamo e stiamo crescendo molto 6,5% 8,4% 11,1% 6,0% 5,0%
Esportiamo, ma abbiamo qualche difficoltà 7,9% 7,0% 14,8% 14,3% 6,4%
Non esportiamo ancora, ma la riteniamo una zona interessante
5,3% 5,7% 7,4% 7,1% 4,7%
Non esportiamo e non crediamo di farlo a breve 57,1% 59,5% 55,6% 53,6% 56,3%
Produciamo in loco 1,0% 0,0% 3,7% 2,4% 1,2%
Fonte: STEP - Osservatorio della filiera autoveicolare italiana, ed. 2015
Una esigua minoranza delle imprese, soprattutto specialisti e produttori di moduli e sistemi, produce anche il loco. 3% 2% 2% 2% 4% 11% 13% 17% 11% 9% 9% 12% 12% 12% 5% 77% 72% 69% 74% 81% 1% 1% 0% 1% 1% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%
Totale complessivo E&D OEM SPEC SUB
OCEANIA EUROPA ASIA AMERICA AFRICA
La fotografia fino ad ora tracciata mostra dunque una filiera decisamente orientata all’esportazione, dove anche i piccoli fornitori, ancorché in misura leggermente inferiore rispetto alla media nazionale, si rivolgono per una percentuale non trascurabile del fatturato al mercato estero. Sarebbe contrario al quadro empirico osservato porre particolare enfasi su quei fattori che rallentano l’orientamento all’export, giacché tale orientamento è forte, a testimonianza del fatto che le difficoltà sono, in media, brillantemente superate; tuttavia una loro analisi può essere comunque interessante, specialmente per riscontrare differenze tra un mestiere e l’altro, siccome poi l’apertura internazionale è una strada a doppio senso, sarà anche utile individuare quelle aree del mondo che esercitano la maggiore pressione competitiva sui prodotti della nostra filiera.
Figura 4.18 – Difficoltà alle esportazioni (percentuale dei rispondenti dai quali un certo fattore è citato)
Fonte: STEP - Osservatorio della filiera autoveicolare italiana, ed. 2015
Al fine di individuare il livello di criticità dei vari fattori che rallentano l’export, li abbiamo raccolti nella figura 4.18 (vedi anche le tabelle 16 e 16bis in Appendice) sulla base della percentuale di imprese che li ha citati. Osserviamo così che il costo di trasporto è, in media, al primo posto, citato da oltre il 36 per cento delle imprese, a questo, però, occorre forse aggiungere, i problemi logistici legati alle infrastrutture italiane, che sono comunque citati da oltre il 15 per cento delle imprese e possono essere una causa dell’elevato costo di trasporto. Al secondo posto troviamo il peso dello “status quo”, ossia la scarsa penetrazione all’estero del prodotto o dell’impresa: non ci stupisce trovarlo, è forse in qualche modo ovvio se non tautologico, una sorta di modo per sfuggire al problema, affermare che si esporta poco poiché non si è abbastanza presenti sui mercati esteri. I vincoli di processo sono al terzo posto, seguiti dal deficit di capitale umano e dal prezzo non
competitivo, per una volta la burocrazia è solo al penultimo posto, seguita dalla delocalizzazione per quei pochi (10%) che non esportano poiché producono direttamente in loco. L’esame dei singoli mestieri non mostra grandi differenze: si nota una maggiore problematicità dei vincoli di processo per i produttori di moduli e sistemi e per le imprese di engineering e una minore incidenza del costo di trasporto per gli specialisti. Appare poi di un certo interesse il fatto che, per i piccoli fornitori il prezzo non competitivo salga dal quinto al terzo posto e scenda al settimo per gli specialisti e al sesto per le imprese di engineering e per i produttori di moduli e sistemi: come dire, coloro che producono beni ad altissimo valore aggiunto o beneficiano di economie di scala con grandi impianti, sono meno soggetti alla competizione di prezzo, mentre i subfornitori non hanno né l’uno, né l’altro vantaggio. I piccoli produttori sono anche quelli che si lamentano meno delle infrastrutture italiane (dal 6° all’8° posto) e, insieme agli specialisti, di più della burocrazia. Figura 4.19 – Provenienza dei principali concorrenti esteri (percentuale dei rispondenti dai quali una certa area è citata)
Fonte: STEP - Osservatorio della filiera autoveicolare italiana, ed. 2015
L’Italia (e la propria zona in particolare) ovviamente, è ancora un terreno di competizione, al primo posto per provenienza dei competitors per tutti i mestieri della filiera (vedi tabelle 17 e 17bis in appendice). Tuttavia, se la filiera va nel mondo, anche il mondo compete con la filiera (fig. 4.19): la competizione più preoccupante per le nostre imprese viene ancora dall’Europa Occidentale, seguita dall’Asia, dall’Europa Centrale e dal Nord America. Meno preoccupanti appaiono l’Europa dell’Est, i Balcani e la Russia e a molte lunghezze seguono il Sud America e l’Africa, che non preoccupano quasi nessuno. Le imprese di engineering temono più il Nord America che l’Europa centrale, così pure i produttori di moduli e sistemi, per i quali il Nord America supera anche l’Asia e la concorrenza dell’Europa Occidentale è più forte di quella italiana; la stessa cosa avviene per
gli specialisti, per i quali, tra l’altro, l’Europa dell’Est, con Balcani e Russia, sono più “pericolosi” dell’Europa centrale.
Nel complesso si allarga il raggio della competizione internazionale, e, in particolare, la concorrenza dai mercati lontani preoccupa quasi un terzo del campione, e quasi i due terzi dei produttori di moduli e sistemi. Abbiamo anche chiesto alle imprese quali siano i tre paesi esteri sui quali contano maggiormente per il futuro, sia in termini di investimento per l’esportazione, sia di investimento per la produzione (fig. 4.20): 268 delle 681 imprese intervistate hanno citato almeno un mercato, confermando una diffusa intenzione di proseguire in un processo di internazionalizzazione che, possiamo a questo punto dirlo, è già a buon punto.
Figura 4.20 – Citazioni ricevute dai mercati esteri che sono stati inclusi tra le prime tre destinazioni di sviluppo per il futuro (percentuale delle citazioni totali)
Fonte: STEP - Osservatorio della filiera autoveicolare italiana, ed. 2015
Se da una parte l’Europa rimane l’approdo dominante della nostra produzione, si nota, confrontando i dati con quelli della figura 4.16, un allargamento delle prospettive per il futuro verso i mercati più dinamici: l’Asia, che, stando alla situazione attuale, è citata tra i primi tre mercati solo nel 9 per cento dei casi, è invece una importante porta verso il futuro, citata tra i primi tre obiettivi di sviluppo nel 16 per cento dei casi, e addirittura nel 32 per cento dai produttori di moduli e sistemi (contro il 12 per cento della situazione attuale), le Americhe non hanno un incremento altrettanto rilevante, passando dall’11 al 14 per cento delle citazioni, ma comunque sono citate come mercato futuro più di quanto non lo siano come mercato attuale, con l’eccezione dei produttori di moduli e sistemi, che puntano maggiormente, si è visto, verso l’Asia.
Figura 4.21 – L’apertura di nuovi stabilimenti all’Estero dal 2013 al 2015
Fonte: STEP - Osservatorio della filiera autoveicolare italiana, ed. 2015
Uno dei modi per accedere a un nuovo mercato è investire direttamente in loco, abbiamo così censito le aperture di stabilimenti all’Estero della filiera autoveicolare italiana nell’ultimo triennio (figura 4.21) e abbiamo potuto verificare come il processo di investimento diretto continui, anche se a ritmo ridotto e orientato a Est e, in particolar modo alla Cina.
Delle 32 operazioni di apertura di stabilimenti all’estero da parte delle imprese intervistate, solo 3 figurano in Europa occidentale, mentre ben 29 sono localizzate in mercati lontani (di cui 8 in Cina, 3 in India e 3 in Uzbekistan); per contro nello scorso triennio erano stati aperti 39 stabilimenti, mentre 20 stabilimenti all’Estero sono stati chiusi tra il 2013 e il 2015 rispetto ai 7 del periodo precedente, tra questi abbiamo notizie puntuali di una chiusura in Francia, una in Bulgaria, due in Croazia, due nei paesi NAFTA e una in Brasile. Nel complesso non è contro i dati sostenere che la diversificazione geografica sia stata negli ultimi anni un fattore chiave per battere la crisi per gran parte delle imprese della filiera, sicuramente i piccoli subfornitori devono fare ancora un po’ di strada, ma si tratta di una strada già tracciata, che vede una filiera consolidata sul mercato internazionale e anche esposta alla competizione globale.
La diversificazione geografica non è, tuttavia, l’unico dato di cui siamo chiamati a rendere conto in questo rapporto: quello che gli economisti chiamano in modo un po’ esoterico “sostituibilità dell’offerta”, porta a una diversificazione produttiva che vede i fornitori dedicarsi a quei mercati che, anche a livello nazionale, promettono un fatturato e una crescita maggiori.