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4.5 Alle origini del fatturato: dalla testa di filiera al mercato internazionale

4.5.3 Non solo auto: la diversificazione produttiva

Tre semplici considerazioni determinano le direttrici della diversificazione di prodotto: ci sono tanti tipi di autoveicoli, gli autoveicoli sono beni durevoli (e anche loro si rompono), le competenze che servono a costruire un prodotto complesso spesso sono utili anche a costruirne altri. Si potrà dunque diversificare il

proprio portafoglio ordini orientandolo a diversi tipi di veicoli, ovvero al mercato del ricambio, o anche avventurarsi fuori dal settore strettamente automotive.

La prima e più immediata direttrice del fatturato richiede di cercarlo al servizio della produzione dei veicoli che garantiscono il mercato più profittevole (figura 4.22); si tratta di una strategia che è a suo modo legata anche alla diversificazione geografica: il tipo di mobilità di paesi diversi è infatti connesso a una molteplicità di fattori, non ultimo la fase di sviluppo raggiunta, sicché è probabile, ad esempio, che i paesi emergenti comincino a comprare veicoli da lavoro e per il trasporto pubblico e, solo in una seconda fase, sviluppino un rilevante mercato delle autovetture private.

Figura 4.22 – Mercati di destinazione finale della filiera (percentuale di rispondenti dai quali un certo mercato è citato)

Fonte: STEP - Osservatorio della filiera autoveicolare italiana, ed. 2015

Coerentemente, forse, con l’affacciarsi evidente dei paesi emergenti sulla scena automotive, i tre mercati più citati dagli attori della filiera sono quello dei veicoli commerciali e industriali pesanti, citato dal 67 per cento dei rispondenti, dei veicoli commerciali e industriali leggeri (59%) e quello di massa, con il 48 per cento delle citazioni; il segmento premium raggiunge in media il 17 per cento delle indicazioni, il segmento sport e luxury il 14 per cento; molto meno rilevanti sono gli autobus e il low cost (rispettivamente 6% e 3%).

Le citazioni sono abbastanza simili per tutti i mestieri sui veri segmenti di mercato; tuttavia per i veicoli pesanti e il mass market, la differenziazione tra gli attori della filiera è più evidente: notiamo così che i veicoli pesanti sono indicati da oltre i tre quarti delle imprese di E&D, mentre solo un terzo di esse cita il mass market; la situazione si capovolge per i produttori di moduli e sistemi, i due terzi dei quali indicano il mass market (e sono anche coloro che segnalano di più i veicoli commerciali leggeri, con oltre il 70% delle risposte), mentre solo un terzo cita i veicoli pesanti. I subfornitori si indirizzano maggiormente ai veicoli pesanti (66%)

rispetto al mercato di massa (54%), mentre gli specialisti mantengono una posizione intermedia su entrambi i mercati.

Preme qui fare notare che la presenza della filiera sui vari segmenti non è necessariamente in relazione con l’importanza del fatturato complessivo su tali segmenti: se, ad esempio, notiamo che, nel complesso, la maggior parte degli attori è presente sul ramo dei veicoli pesanti, e meno sul mass market, questo è sicuramente un indicatore dell’orientamento della filiera (ad esempio verso i mercati che generano più margini), ma non significa che il fatturato complessivo dei veicoli pesanti sia superiore a quello del mercato di massa.

Figura 4.23 – Mercati di destinazione finale della filiera: mercato principale e 2° mercato

Fonte: STEP - Osservatorio della filiera autoveicolare italiana, ed. 2015

Qualche informazione in più ci può arrivare considerando quali sono i primi due mercati dei vari attori della filiera (figura 4.23), notiamo così che per i produttori di moduli e sistemi, che normalmente sono operatori di grandi dimensioni, e contano circa il 15 per cento del fatturato complessivo della filiera, i veicoli pesanti sono poco presenti tra i mercati principali (meno 1/10 li cita come primo mercato e meno di 1/4 come secondo mercato), mentre per tre quarti di essi i veicoli commerciali leggeri o il mercato di massa sono il primo mercato, e per più della metà il secondo mercato. Ma l’80 per cento del fatturato della filiera è prodotto dagli specialisti e dai subfornitori: per i primi, che generano il 45 per cento del fatturato complessivo, i veicoli pesanti sono il primo mercato nel 22 per cento dei casi e il secondo nel 29 per cento, mentre per la produzione di massa le proporzioni sono esattamente invertite; le posizioni si avvicinano se consideriamo i veicoli commerciali leggeri insieme alle produzioni di massa, tale insieme costituisce il primo mercato per più di due terzi degli specialisti e il secondo mercato per quasi la metà di essi. Per i subfornitori, che producono circa il 35 per cento del fatturato complessivo, i veicoli pesanti sono il primo mercato nel 30

per cento dei casi, così come la produzione di massa; i primi sono anche indicati da circa 1/3 degli attori come secondo mercato, mentre i secondi solo da 1/5.

Nel complesso è ragionevole ipotizzare che una parte rilevante del fatturato della filiera sia rivolto al servizio della produzione di veicoli commerciali, siano essi pesanti o leggeri, tuttavia occorre anche considerare che la produzione per i veicoli commerciali leggeri per motivi tecnologici, è più assimilabile alla produzione per il mercato di massa che a quella per i veicoli commerciali pesanti.

Figura 4.24 – Il mercato del ricambio: quota di fatturato (percentuale dei rispondenti e quota media)

(*) Media non ponderata per il fatturato delle singole imprese: la quota media non corrisponde alla quota complessiva di fatturato.

Fonte: STEP - Osservatorio della filiera autoveicolare italiana, ed. 2015

Un’altra fonte di diversificazione è rivolgersi al mercato del ricambio: si tratta di un mercato difficile, rilevavamo già nel rapporto 2013, caratterizzato dalla necessità di servire in tempi rapidi un gran numero di modelli, e non solo per quelli correntemente nella linea produttiva. In questo settore le imprese italiane hanno sviluppato una buona competenza, che si ritrova nei dati (fig. 4.24), vediamo così che ben 1/10 della filiera si rivolge completamente all’after-market, e che per più di un terzo delle imprese tale segmento conta per un quarto del fatturato o più; il mercato del ricambio è particolarmente presente per i subfornitori (per il 44 per cento conta oltre un quarto del fatturato e in media il 38 per cento) e meno rilevante per i produttori di moduli e sistemi e per le imprese di Engineering e Design, che sono, però, tutt’altro che assenti (per esse l’aftermarket conta in media rispettivamente il 22 e il 28%), gli specialisti sono allineati alla media nazionale (o, forse, viceversa, dato che, come si è visto, valgono il 45 per cento del fatturato complessivo). Anche in

questo un caveat: la quota media di fatturato dichiarata, non corrisponde alla quota media del fatturato complessivo, poiché non è ponderata per le dimensioni delle imprese, ma solo per il numero di dichiaranti. Figura 4.25 – Peso del fatturato automotive sul fatturato totale (percentuale di rispondenti e peso medio esterno alla filiera)

(*) Media non ponderata per il fatturato delle singole imprese: la quota media non corrisponde alla quota complessiva di fatturato.

Fonte: STEP - Osservatorio della filiera autoveicolare italiana, ed. 2015

La stessa considerazione tecnica vale per quanto diremo a proposito della forma più “estrema” di diversificazione, che vede le imprese orientarsi fuori dal settore automotive.

In effetti tale settore (fig. 4.25), vale la totalità del fatturato per poco più della metà delle imprese, e per quasi un decimo di esse conta per un quarto o meno del fatturato; la diversificazione è maggiore, forse, dove maggiore è la flessibilità: l’automotive è l’unica fonte di fatturato per meno della metà dei subfornitori, per l’11 per cento di essi conta un quarto o meno del business, e in media i settori non automotive contano circa il 25% delle vendite. Per gli specialisti il non automotive arriva in media al 21 per cento del fatturato e per circa un quinto di essi l’automotive conta la metà o meno delle vendite, sicché si rivelano specialisti di prodotto più di quanto non siano specialisti di filiera. I produttori di moduli e sistemi e le imprese di engineering sono invece più legati alla filiera: per i primi il fatturato esterno non raggiunge, in media, l’11 per cento e più dell’80 per cento di essi produce solo per la filiera, così come più di due terzi delle imprese E&D, che in media fatturano all’esterno della filiera poco più del 13 per cento del fatturato.

E’ normale e auspicabile che in tempi di crisi le imprese si guardino intorno alla ricerca di nuovi mercati che garantiscano il mantenimento dei fatturati, dei profitti e dell’occupazione, e non si può dire, nel complesso, che le imprese della filiera non abbiano diversificato: con diversa intensità a seconda del tipo di mestiere e del tipo di diversificazione, mai in modo irrilevante.

Ma con la crisi, e anche con l’apertura a nuovi mercati, arriva la competizione, è un’altra occasione di esame di coscienza, e terreno che diviene via via più difficile mano a mano che si pensa al medio periodo e le leve competitive si orientano all’innovazione radicale.