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8 Nicolini, Fausto, Vita di Arlecchino, Bologna, Il Mulino, 1993.

3.3. Il Neo-Impressionismo e la Commedia Italiana

Sul finire del secolo, quando ormai il movimento dell’impressionismo si era diffuso, aveva raggiunto il suo apice e stava lentamente decadendo, alcuni artisti in ambito francese e belga cominciarono a sviluppare nuove teorie e nuove tecniche di pittura, iniziando la stagione chiamata neo- impressionismo. Il neo-impressionismo cercava di superare la pittura di paesaggio en plein air, a favore di nuove sperimentazioni su soggetti e

37 Argan, Bonito Oliva, L’Arte moderna 1770-1970, cit., p. 56. 38 Renoir, Jean, Renoir mio padre, Garzanti Editore, 1995.

39 www.dia.org, http://www.dia.org/object-info/ceba3ab3-b918-4f90-9a0a-

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tecniche diverse, attraverso un processo visivo e operativo della pittura che si basasse su di un fondamento scientifico40.

Anche tra i pittori neo-impressionisti si sviluppò l’interesse per il mondo teatrale e delle maschere, grazie alle opere dei secoli precedenti che molti artisti poterono osservare e studiare accuratamente al Louvre. Come si può vedere, infatti, alcuni soggetti e pose delle tele di fine Ottocento richiamarono, in parte o del tutto, altre opere già analizzate in precedenza, evidenziando come il tema degli spettacoli e della Commedia dell’Arte non fosse decaduto come nella realtà, ma ancora attuale e interpretabile in maniera differente da quella già analizzata.

3.3.1. Paul Cézanne e l’io-attore

Un artista francese, definito neoimpressionista, fu Paul Cézanne, nato ad Aix-en-Provence nel 1839 e morto nel 1906. Il suo modo di dipingere si trasformò dallo stile naturalistico impressionista a uno stile più antinaturalistico, andando oltre le forme rappresentate dalla corrente impressionista, per avvicinarsi di più al mondo scientifico che si stava diffondendo in quel periodo. Da lui, infatti, nasceranno le più grandi correnti della prima metà del Novecento41.

Avvicinandosi a una diversa costruzione dello spazio, molto più geometrico e rigoroso e ad una tendenza alla monocromia, dipinse tra il 1888 e il 1890 quattro opera d’arte che ebbero per soggetto la Commedia dell’Arte: tre Arlecchini isolati e una scena intitolata Mardi Gras, con i soggetti di Arlecchino e Pierrot.

La scena del Mardi Gras, eseguita tra il 1888 e il 1890 e conservata al Museo Pushkin di Mosca, è la più descrittiva e probabilmente la prima della serie di dipinti realizzati da Cézanne. I soggetti della scena sono il ritratto

40 Argan, Bonito Oliva, L’arte moderna 1770-1970, cit., pp. 45-46.

41 Gatto, Alfonso, Orienti, Sandra, L’opera completa di Cézanne, Milano, Rizzoli Editore, 1970, Classici

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dell’amico Louis Guillaume, nelle vesti di Pierrot, e del figlio di Cézanne, nelle vesti di Arlecchino42.

Se nell’immagine di Pierrot si ritrova l’iconografia che già conosciamo, con camicione e pantaloni larghi e bianchi, scarpe bianche ed un cappello a cono, particolare è, invece, l’immagine di Arlecchino, che indossa la sua solita calzamaglia a losanghe, non più variopinte, ma rosse e nere.

In questo dipinto ritroviamo parte delle nuove teorie sulla geometria che stavano prendendo piede nella poetica artistica di Cézanne: il pittore, infatti, attraverso quel costume rosso e nero, voleva sottolineare l’esemplarità geometrica delle losanghe nel costume di Arlecchino43.

Come ha sottolineato lo storico del teatro Nicola Fano:

«[…]Ma è significativo che Cézanne, che pure fu un maestro nell’uso del colore in funzione della volubilità della luce, non abbia dipinto Arlecchini multicolore. Nel senso che i suoi personaggi hanno il costume tradizionale a losanghe ma solo rosse e nere: anche a Cézanne, come a Picasso, interessava la contraddizione tra il personaggio e l’uomo44.»

L’interpretazione che l’autore Kurt Badt ha dato di quest’opera, discostandosi dalla classica rappresentazione di due personaggi della Commedia dell’Arte, si collega in un certo senso all’interpretazione di Fano: Badt, infatti, vede nell’opera una rappresentazione di un’esperienza di vita di Cézanne che sottolinea, quindi, la contraddizione tra personaggio e uomo. In particolare, il critico dell’arte tedesco associa l’immagine del figlio- Arlecchino con quella di Cézanne stesso privo di quello spirito vitale che avrebbe potuto comunicare un vestito multicolore come quello della tradizione, mentre Guillaume-Pierrot rappresenterebbe un nemico di Cézanne, che tenta di rubare il batocio, simbolo di dignità per la maschera della Commedia italiana45.

42 Badt, Kurt, The art of Cézanne, Berkley and Los Angeles, University of California Press, 1965. 43 Alberti, Maria, Gli affreschi di Gino Severini nel castello di Montegufoni e il mito novecentesco della

Commedia dell’Arte, in << Commedia dell’Arte - Annuario Internazionale>>, IV, 2011, pp. 105-122.

44 Caroli, Sergio, Arlecchino tra Cézanne e Picasso, in <<Il Giornale di Brescia>>, 29 giugno 2012. 45 Badt, The art of Cézanne, cit., p. 95.

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Per quanto l’interpretazione di Badt sia condivisibile, a mio avviso il significato dell’opera è ancora più profondo ed è da ricercare un’associazione più marcata per quanto riguarda la tela. Da una parte abbiamo, infatti, una scena che richiama il carnevale, considerato per molto tempo periodo di festività, di burle e di svaghi, di spensieratezza e di libertà, dall’altra abbiamo la vita reale del pittore, osteggiato dal padre nella carriera pittorica a favore di quella legislativa. Non è da escludere, quindi, che l’opera di Cézanne rappresentasse un messaggio diverso, un bisogno di riportare sulla tela un personaggio della Commedia dell’Arte che poteva essere se stesso ed era libero di vivere la sua vita, fatta di gioie e di dolori, ma che in fin dei conti si risolvevano sempre con una vena di comicità, e senza dover portare per forza una maschera, in quanto già personaggio di per sé, che prova e mostra le proprie emozioni. Ciò era proprio quello che per Cézanne non sarebbe mai potuto accadere nella vita reale, fatta di obblighi, rinunce, sfide perse e alla fine, di isolamento da tutti e da tutto, nella cittadina di Aix-en-Provence46.

3.3.2. George Seurat

Della vita privata di George Seurat si sa poco, poiché l’artista fu sempre molto restio a raccontare fatti personali; al contrario, dal punto di vista artistico, la produzione di Seurat risultò molto ricca e varia47.

La carriera artistica di Seurat cominciò sul finire del XIX secolo, quando l’evento impressionista stava ormai terminando e ci si stava avviando a quella fase del neo-impressionismo, nella quale numerosi artisti cominciarono ad interpretare l’arte in maniera diversa dalla fase precedente superando, quindi, la pittura di paesaggio en plein air e creando nuove correnti che, di lì a poco, avrebbero influenzato l’arte del Novecento48.

46 Gatto, Orienti, L’opera completa di Cézanne, cit., pp. 5-9 e 80; Argan, Bonito Oliva, L’Arte moderna

1770-1970, cit., pp. 65-67.

47 Chastel, Andrè, L’opera completa di Seurat, Milano, Rizzoli Editore, 1972. 48 Argan, Bonito Oliva, L’arte moderna 1770-1970, cit., pp. 45-46.

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In particolare, Seurat fu l’iniziatore di quel movimento che prese il nome di divisionismo o puntinismo, una corrente artistica che riuniva in sé uno studio sui colori e sulle mescolanze ottiche che si ottenevano dal semplice avvicinamento di questi colori, accostati l’uno all’altro, senza impastarli assieme e, quindi, senza “spegnere” il colore puro che, accostato, dava un’unità di tono49.

Come si è visto nei paragrafi precedenti, il mondo dello spettacolo e del teatro, con i loro attori e le loro maschere, era diventato un argomento assai frequente nelle opere d’arte degli artisti di fine secolo, da Daumier a Degas, e nei circoli dei letterati e dei poeti, e così fu anche per Seurat: in particolare, di rilievo sono le opere intitolate Il pittore Aman-Jean vestito da

Pierrot, del 1884 e Pierrot con la pipa bianca (Aman-Jean), dello stesso anno50.

Il soggetto delle sue opere rimane sempre la maschera di Pierrot, presa da diverse angolazioni, e fu proprio l’amico e pittore Edmond Aman-Jean a posare per lui, dopo che, per lungo tempo, avevano frequentato la Scuola di Belle Arti a Parigi ed avevano condiviso un atelier nel 187951.

Le due opere di Seurat ripropongono Pierrot nel tipico costume francese: un camicione e dei pantaloni larghi e bianchi, dei grandi bottoni blu che chiudono il vestito e la calotta nera sul volto, che nel primo caso non è ricoperto dalla classica biacca bianca del personaggio, come lo è, invece, nel secondo caso. Nell’opera Pierrot con la pipa bianca (Aman-Jean), inoltre, il personaggio, visto di lato, stringe tra le mani una lunga pipa bianca.

Le due opere, citate come ritratti del pittore Aman-Jean, non presentano però un volto con dei lineamenti definiti, ma solo alcune macchie di colore che suggeriscono l’idea di un viso: Seurat, infatti, era conosciuto per la sua grande abilità di dipingere un’opera in pochissimo tempo, senza avere di

49 ivi, pp. 45-46 e 65.

50 Chastel, L’opera completa di Seurat, cit., p. 98. 51 ivi, pp. 5-9.

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fronte un soggetto vero e proprio, ma andando a memoria, e riportando sulla tela ciò che il suo occhio aveva visto e la sua mente aveva elaborato52. Inoltre, in quest’opera l’attenzione dell’osservatore, secondo Seurat, avrebbe dovuto concentrarsi sull’abito più che sul soggetto, che era chiaramente esplicitato già nel titolo.