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8 Nicolini, Fausto, Vita di Arlecchino, Bologna, Il Mulino, 1993.

4.2. Pulcinella “maschera del mondo”

Come si è visto nel primo capitolo, nel paragrafo dedicato alla maschera napoletana della Commedia dell’Arte, questo personaggio così misterioso comparve nella cultura di molti Paesi europei impersonando servi buffi,

145 Giannino Marchig 1897-1983, Dipinti, disegni, incisioni, cit., pp. 19-24; Giannino Marchig, cit., pp. 30-

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clown e giullari che rientravano già nella tradizione di quei popoli. Così in Francia era Polichinelle, in Spagna Don Cristòbal Pulichinela, in Inghilterra era incarnata da Mr. Punch, in Germania e Austria da Kasperl, da Petrushka in Russia146.

Non c’è da stupirsi, quindi, se questo personaggio invase anche il repertorio delle arti figurative, col suo costume bianco, la mezza maschera nera dal naso prominente, la gobba e la pancia, non solo come personaggio della Commedia dell’Arte, presente su un palcoscenico assieme alle altre maschere, ma spesso rappresentato fuori dal contesto teatrale e carnevalesco147.

Così è stato per le opere già analizzate dei fratelli veneziani Tiepolo, che al personaggio dedicarono moltissimi disegni, affreschi e dipinti, o ancora il

Polichinelle di Nicolas Bonnart o quello rappresentato da Manet.

Come per il personaggio di Arlecchino, anche la maschera di Pulcinella fu una di quelle figure che rientrò nuovamente nel repertorio figurativo a partire dal XX secolo, non incarnando l’alter ego degli autori, bensì rappresentando allegorie, vizi e virtù della maschera nelle opere d’arte, anche se i riferimenti iconografici a questa maschera non furono mai così cospicui come quelli per le altre due maschere.

4.2.1. Pablo Picasso

E’ possibile incontrare nuovamente l’artista spagnolo Pablo Picasso come riferimento figurativo anche per la maschera di Pulcinella. Come è stato già ribadito, infatti, Picasso segnò il punto di partenza definitivo per la rivalutazione dei personaggi della Commedia dell’Arte da parte delle avanguardie.

In particolare, dopo l’esperienza di Parade, Picasso venne incaricato di progettare scene e costumi di un altro balletto degli inizi del XX secolo,

Pulcinella, nato dalla collaborazione tra arte, musica e danza grazie ad

146 Paërl, Pulcinella la misteriosa maschera della cultura europea, cit., p. 17. 147 ivi, p. 18.

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artisti come Djagilev, Stravinskij, lo stesso Picasso ed il coreografo e ballerino russo, già incontrato nel ritratto dello stesso Picasso, Léonide Massine148.

Picasso inizialmente cercò di realizzare scene e costumi in stile moderno, in particolar modo cubista, ma fu lo stesso Djagilev che lo obbligò a rimanere fedele alla tradizione italiana della Commedia dell’Arte e, quindi, ai costumi del personaggio. Così l’artista spagnolo realizzò questo Progetto per il

costume e la maschera di Pulcinella, nel quale la maschera della Commedia italiana è riconoscibile, dal camicione e i pantaloni bianchi e larghi, legati in vita con una cintura, il berretto bianco in testa e una maschera nera sul volto, dal naso lungo e prominente. L’opera venne rappresentanta a Parigi per la prima volta nel 1920, riscuotendo grandissimo successo149.

L’opera iniziale di Picasso, il Pulcinella con la chitarra del 1920, aveva in effetti una chiara connotazione cubista. Sopra ad un palcoscenico, tra due quinte teatrali di colore rosso, compare la figura di Pulcinella, riconoscibile da alcuni elementi. Primo tra tutti il naso adunco prominente, che Picasso mantenne anche per il vero progetto della scenografia di Pulcinella, ed un cappello bianco a cono in testa. Questi due elmenti bastano già a connotare il personaggio napoletano della Commedia dell’Arte per come lo si conosce nell’iconografia tradizionale. Ma un altro aspetto che fuga ogni dubbio sulla maschera è il vestito bianco, identificato nella figura geometrica bianca che rappresenta un braccio mentre scosta una tenda in alto a sinistra e l’altra figura geometrica in basso a destra che identifica la gamba del personaggio. Centralmente nella tela è riconoscibile una chitarra, rappresentata da un rombo marrone, con delle corde e il manico, chiaramente visibili e riconoscibili. L’opera, come già ribadito, non fu apprezzata da Djagilev, che ordinò un progetto più realistico ed in linea con il balletto messo in scena150.

148 ivi, p. 19. 149 ivi, p. 20. 150 ibidem.

134 4.2.2. Gino Severini

Un’altro artista che utilizzò spesso la maschera di Pulcinella nelle sue produzioni pittoriche fu Gino Severini, che rispecchiò uno dei fenomeni più particolari della maschera, ovvero quello di non essere più il singolo, come lo era Arlecchino, ma di essere diventato il multiplo, rappresentato, come ricordano le opere di Tiepolo, dalla giovinezza alla vecchiaia, dal maschile al femminile, ma sempre identici tra loro151.

Nelle opere di Severini si ritrovano anche gli attributi classici della maschera napoletana: dalle corna al peperoncino, dalla scopa piatta alla chitarra o il mandolino, da un asino, suo fedele compagno, ad una tavola imbandita152.

Uno delle prime opere sul tema di Gino Severini sono I due Pulcinella, del 1922153. Nell’opera sono raffigurati due Pulcinella, vestiti nella classica iconografia della maschera, con il costume bianco e largo, composto da pantaloni e camicia, gorgiere e polsini, anch’essi bianchi, ed il tipico cappello a cono in testa. Sul viso portano la classica maschera nera dal naso prominente. Il personaggio in primo piano, seduto su una botte, ha con sè un classico attributo della maschera, la chitarra, mentre quello alle sue spalle ha un clarinetto. Era, infatti, uso della maschera suonare e ballare durante gli spettacoli. Un altro attributo tipico della maschera è il cibo, infatti alla destra del dipinto si intravede una tavola con della frutta ed una bottiglia di vino rosso.

L’opera successiva di Severini fu realizzata l’anno seguente ed è intitolata La

famiglia del povero Pulcinella: in essa, il personaggio di Pulcinella, colto nell’atto di suonare il suo strumento musicale preferito, poggiato ad una panchina, ha di fronte la moglie, seduta sulla panchina, con in braccio un pargoletto che sta allattando, mentre accanto a loro un bambino indossa un vestito da Arlecchino, che rispecchia la tipica iconografia del costume

151 ivi, p. 28. 152 ivi, p. 29.

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variopinto. In realtà il personaggio adolescente in piedi vicino alla madre è Gina, la figlia di Severini, con addosso un costume da Arlecchino154.

Anche l’iconologia di Pulcinella, con il costume bianco, gorgiere e polsini, cappello a cono e maschera nera dal naso prominente, calata sul volto, è quella classica, che si ritrova in altre opere come i pannelli decorativi realizzati dal pittore per Rosenberg, di cui si è già parlato nel paragrafo dedicato agli Arlecchini di Severini.

In queste opere, come L’Equilibriste o Maschere e rovine, Le demon du jeu e

Le coup de foudre, la particolarità della rappresentazione riguarda il concetto di multiplo che Hetty Paërl approfondì nel suo volume Pulcinella,

la misteriosa maschera della cultura europea155. I Pulcinella totali in queste rappresentazioni sono, infatti, nove, rappresentati tutti con il costume bianco, il cappello a cono e la maschera nera calata sul volto, tipici elementi dell’iconografia del personaggio.

Nelle opere, oltre alla ripresa di elementi come l’equilibrista di Picasso, ritorna anche il tema del gioco: Severini, infatti, attraverso questa metafora, voleva comunicare l’inizio di un periodo storico nel quale anche la pittura italiana avrebbe cominciato a mettersi in gioco, mostrando le proprio carte, che rappresentavano per il pittore la “scelta giusta”, ovvero la capacità di elevare la pittura italiana allo stesso livello delle avanguardie storiche che si stavano diffondendo in quel momento156.

Altri Pulcinella si ritrovano negli affreschi di Montegufoni, realizzati per il castello si Sir Sitwell e facenti parte di quel ciclo di affreschi comprendente anche gli Arlecchini. Infatti, proprio accanto ai personaggi bergamaschi, si trovano le maschere napoletane, realizzate a grandezza naturale e caratterizzate dalla tipica iconografia. Il costume largo e bianco, così come le scarpe bianche e la gorgiera al collo, il cappello a cono in testa e la

154 D’Ambrosio, Matteo, I Pulcinella di Severini, in Greco, Pulcinella, una maschera tra gli specchi, cit.,

pp. 547-552.

155 Paërl, Pulcinella, la misteriosa maschera della cultura europea, cit., pp. 18-19.

156 Matteoni, Il Novecento in maschera. La perfezione del gioco o gli artisti in parata, cit., p. 9; Fossati,

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maschera nera con naso adunco calata sul volto. Lungo tutta la casacca sono presenti bottoni grandi e bianchi. Attributo del personaggio, come quasi tutte le opere ad esso riferite, è la chitarra, che stringe tra le mani nell’atto di suonarla157.

Un’altra opera che ebbe come soggetto Pulcinella risale al 1924, anche se il titolo che si ritrova più frequentemente è Pierrot musico. Tuttavia, sia l’iconologia del personaggio rappresentato, sia la testimonianza diretta della’utore riguardo l’opera, contribuiscono a confermare l’ipotesi che la maschera rappresentata sia quella di Pulcinella158.

La figura rappresentata a grandezza naturale, ma poi tagliata all’altezza delle ginocchia, per volere di Rosenberg159, si staglia su un fondale con una carta da parati floreale. La maschera, seduta, è raffigurata di profilo, mentre suona una chitarra e la sua iconografia è quella tradizionale, con pantaloni e giacca bianchi, a balze, coppolone rigido a cono e soprattutto la classica maschera nera col naso adunco che si ritrova solo nel personaggio di Pulcinella160.

Infine, ancora una volta troviamo un altra figura di nudo femminile disteso, questa volta accompagnata dalla maschera di Pulcinella, e non più l’Arlecchino del precedente dipinto. L’iconografia del dipinto Odalisca e

Pulcinella, del 1943, riprende quella già vista con l’Arlecchino. Una donna senza veli distesa, mentre ascolta sognante un Pulcinella che sta suonando la chitarra. La maschera è vestita con un classico abito bianco, gorgiere,

157 Alberti, Gli affreschi di Gino Severini nel castello di Montegufoni e il mito novecentesco della

Commedia dell’Arte, cit., p. 106; Fonti, Severini, cit., p. 48; Cagianelli, Francesca, La Rivelazione della Maschera nel Novecento, Arlecchini, Pulcinella, Pierrot e Saltimbanchi ovvero l’identità dell’artista dietro il sipario, cit., p. 16; Pacini, La decorazione parietale e lo spazio scenico, cit., pp. 47-54.

158 «Dopo aver terminato i Giocatori di carte, mi venne il desiderio di fare un quadro più grande, ma con

un solo personaggio. Impiegando i tracciati geometrici e lo studio dal vero, inventai un bel Pulcinella con chitarra. Quando ne ebbi terminato lo studio a carboncino e a grandezza naturale, Rosenberg venne allo studio» in Severini, Tempo de <<L’Effort moderne>>. La vita di un pittore, cit., p. 338.

159 ivi, p. 339.

160 Pierrot, infatti, non portò mai una maschera, ma ebbe sempre il viso ricoperto con la biacca.

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maschera nera dal naso promimente calata sul viso e cappello a cono in testa161.

4.2.3. Giannino Marchig

Un artista già incontrato precedentemente, Giannino Marchig, nell’ambito delle rappresentazioni di maschere della Commedia dell’Arte, realizzò altri due ritratti dell’attore napoletano Raffaele Viviani, questa volta nelle vesti di Pulcinella162.

Il primo ritratto, un omaggio alla commedia napoletana, vede l’attore Viviani nelle vesti di Pulcinella, con la maschera calata sul viso, stagliarsi su un fondale che rappresenta il golfo di Napoli, utilizzato probabilmente come scenografia durante la messinscena teatrale. L’opera rappresenta un vero e proprio omaggio alla commedia napoletana. La maschera ha un vestito bianco formato da casacca e pantaloni larghi e bianchi, molto classici, scarpe nere e berretto a cono, che cade morbido sulla testa. in mano tiene una chitarra, che però è poggiata a terra, vicino al piede163.

Il secondo ritratto, invece, raffigurante sempre l’attore Viviani, lo vede nelle vesti di un Pulcinella dallo sguardo fisso e vuoto, con la maschera sollevata sul capo, all’interno di un camerino, sulla cui parete sono appese delle maschere164.

L’interpetazione delle due opere di Marchig si possono leggere con la stessa chiave dell’Arlecchino del 1933: da una parte, un omaggio al mondo del teatro napoletano, l’unico che fosse ancora in grado di essere apprezzato a distanza di anni e che poteva dare consolazione ad un’Italia ormai in guerra. Dall’altra la rappresentazione di ciò che stava dietro le quinte, un mondo difficile per tutti gli attori e gli scrittori di opere teatrali, che vedevano

161 Fonti, Severini, cit., p. 41.

162 Giannino Marchig, cit., pp. 30-31; Marchig, Ragionieri, Giannino Marchig, cit., pp. 13-15. 163 Giannino Marchig, cit., p. 30.

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crollare a poco a poco il loro mondo sotto il potere di un regime fascista che stava prendendo piede in tutto lo Stato165.

In ambito europeo, a parte l’opera realizzata da Picasso, non si incontrano più Pulcinella, Polichinelle o Punch nelle opere d’arte di artisti del XX secolo, come invece fu più comune nelle opere dei secoli precedenti.