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Il patrimonio destinato ad uno specifico affare

3 Le altre forme di segregazione del patrimonio e la loro disciplina nell’ordinamento italiano

3.4 Il patrimonio destinato ad uno specifico affare

3.4.1 Definizione e descrizione dell’istituto

La disciplina dei patrimoni destinati ad uno specifico affare è contenuta agli artt. da 2447-bis e ss. c.c., introdotti dal D.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 (c.d. Riforma del diritto societario)183.

179 Per una descrizione dell’istituto, v. infra § 4.3.2.3.1 e § 4.3.2.3.2.1.

180 PANERI-SOGLIANO (a cura di), Il trust nell’impresa in crisi, op. cit., pp. 24-25.

181 L’apposizione delle c.d. clausole di salvaguardia – previste anche per il trust istituito al fine di gestire una crisi d’impresa (v. infra § 4.3.2.3.2.4 e § 4.3.2.3.4.3) – determina il venir meno del vincolo di destinazione nel caso in cui: a) non si arrivi all’omologazione del concordato preventivo, b) sia respinta la domanda di concordato, c) sia dichiarato il fallimento.

182 Per vincolo eterodestinato si intende il vincolo in forza del quale sono destinati ai creditori i beni di terzi prestatori di garanzia o di terzi che hanno semplicemente interesse a far continuare l’attività della società, rimanendo quindi fuori dal vincolo i beni dell’imprenditore in crisi (altrimenti si parlerebbe di autodestinazione).

183 Art. 2447-bis c.c. – Patrimoni destinati ad uno specifico affare.

L’intervento del legislatore ha permesso, specificamente alle società per azioni, una generalizzata possibilità di ricorrere allo strumento dei patrimoni separati per mezzo di due diverse modalità negoziali184: (i) la costituzione di uno o più patrimoni, ognuno

dei quali funzionale – in via esclusiva – alla realizzazione di un affare specifico (c.d. patrimoni con funzione industriale o operativa); (ii) la stipulazione di un contratto di finanziamento che verrà utilizzato per la realizzazione di un affare specifico ed i proventi del quale saranno impiegati per rimborsare il finanziamento erogato (c.d. patrimoni con funzione finanziaria).

Nonostante in entrambi i casi si ottenga una segregazione patrimoniale, le due ipotesi vanno tenute ben distinte in quanto mentre sub (i) si determina una effettiva separazione di beni e/o rapporti dal patrimonio della società, sub (ii) la separazione si realizza solo ex post, poiché il patrimonio si forma attraverso la destinazione allo stesso dei flussi provenienti dalle attività poste in essere grazie all’irrogazione del finanziamento185.

Secondo quanto emerge dalla Relazione di accompagnamento D.lgs. 17 gennaio 2002, n. 6, l’obiettivo perseguito dal legislatore attraverso l’introduzione di questi due nuovi strumenti sarebbe: sub (i), permettere un risparmio di tempo e di denaro per la società istitutrice, la quale, altrimenti, potrebbe perseguire i medesimi risultati mediante la costituzione di una nuova società o per mezzo della scissione della società originaria186; sub (ii), permettere una maggiore attenzione ai profili finanziari di esercizio

dell’impresa.

Questa motivazione non pare, però, del tutto convincente alla luce del fatto che la Riforma del diritto societario del 2003 si caratterizza, tra l’altro, per aver reso le

a) costituire uno o più patrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno specifico affare;

b) convenire che nel contratto relativo al finanziamento di uno specifico affare al rimborso totale o parziale del finanziamento medesimo siano destinati i proventi dell'affare stesso, o parte di essi.

Salvo quanto disposto in leggi speciali, i patrimoni destinati ai sensi della lettera a) del primo comma non possono essere costituiti per un valore complessivamente superiore al dieci per cento del patrimonio netto della società e non possono comunque essere costituiti per l'esercizio di affari attinenti ad attività riservate in base alle leggi speciali.

184 ARLEO, Commento agli artt. 2447-bis – 2447-sexies c.c., in CENDON (a cura di), Commentario al codice

civile, Giuffrè, Milano, 2010, pp. 703-706. L’Autrice precisa quali fossero gli altri istituti che permettessero

la separazione patrimoniale già prima della Riforma del 2003: (i) fondi costituiti ex art. 2117 c.c. per la previdenza ed assistenza dei lavoratori; (ii) fondi pensione (essi sono patrimoni separati rispetto a quello della società che ne ha promosso la costituzione, art. 4, D.lgs. 21 aprile 1993, n. 124; art. 4, D.lgs. 18 febbraio 2000, n. 47); (iii) ipotesi di gestione separata di patrimoni mobiliari da parte di società di gestione del risparmio, banche o intermediari finanziari; (iv) patrimoni separati nella cartolarizzazione dei crediti (art. 3, l. 30 aprile 1999, n. 130). Quest’ultima ipotesi è abbastanza simile alla disposizione in esame in quanto prevede che: “i crediti relativi a ciascuna operazione costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello

della società e da quello relativo alle altre operazioni.”

185 DE RITIS, La costituzione dei patrimoni destinati ad uno specifico affare, in ABBADESSA-PORTALE (a cura di), Il nuovo diritto delle società, UTET, Torino, 2007, p. 818.

procedure di costituzione delle società di capitali molto più snelle rispetto al passato. Parte della dottrina ritiene, quindi, che il principale motivo sotteso all’introduzione di questo strumento sia dare all’imprenditore la possibilità di segmentare il proprio patrimonio in comparti, godendo del beneficio della responsabilità limitata in relazione allo svolgimento di uno specifico affare ed evitando così di dover costituire una nuova società187.

Una delle maggiori questioni controverse connesse alla disposizione in esame è quella relativa all’individuazione dell’affare alla cui realizzazione è funzionale il patrimonio: quest’ultimo dovrà sia essere destinato all’affare in via esclusiva, che risultare congruo rispetto alla realizzazione dello stesso. Secondo alcuni, il legislatore ha voluto assegnare all’espressione un significato massimamente generico, operando così un rinvio alla pratica ed alla realtà economica contingente188.

Sono state proposte due diverse letture della nozione di affare, una restrittiva ed una estensiva. Secondo la lettura restrittiva, il concetto di affare sarebbe integrato dal compimento di una singola operazione o di un gruppo di operazioni189; mentre secondo

l’altro orientamento, l’affare potrebbe consistere anche in un ramo d’impresa specificamente individuato il quale si occupi di attività diverse rispetto a quelle svolte dalla restante parte della società190.

Nel caso in cui si sposi questa seconda soluzione, vi è poi da chiedersi se l’affare sia necessariamente temporaneo o possa riferirsi ad un’attività continuativa. Gli argomenti utilizzati a sostegno della temporaneità sono prevalentemente legati alla lettera delle disposizioni che disciplinano il patrimonio destinato: sembra però opportuno accogliere l’orientamento che ammette la possibilità di svolgere un’attività continuativa. Infatti, la Relazione di accompagnamento afferma che il patrimonio destinato è uno strumento alternativo alla costituzione di una nuova società (ratio,

187 BECCHETTI, Riforma del diritto societario. Patrimoni separati, dedicati e vincolati, in Rivista del notariato, 2003, fasc. 1, pp. 51-55; COMPORTI, Commento sub art. 2447-bis c.c., in SANDULLI-SANTORO (a cura di), La

Riforma delle Società, 2003, Giappichelli, Torino, come cit. in ARLEO, Commento agli artt. 2447-bis – 2447-

sexies c.c., op. cit., p. 708.

188 POTITO, Patrimoni destinati…all’insuccesso?, in Società, 2006, p. 547.

189 Come chiarito da ARLEO, Commento agli artt. 2447-bis – 2447-sexies c.c., op. cit., p. 710, la lettura restrittiva si basa sull’interpretazione letterale degli artt. 2447-bis, 2447-ter e 2447-decies c.c. L’art. 2447-bis, comma 2, c.c. prevede che i patrimoni destinati non possano essere costituiti per l’esercizio di affari attinenti ad attività riservate in base a leggi speciali. L’art. 2447-ter c.c. richiede che il patrimonio sia congruo rispetto alla realizzazione dell’affare. Infine, l’art. 2447-decies c.c. utilizza il termine “operazione” come sinonimo di “affare”.

190 Tra gli altri: COMPORTI, Commento sub art. 2447-bis c.c., op. cit. e POTITO, op. cit., come cit. in ARLEO, Commento agli artt. 2447-bis – 2447-sexies c.c., op. cit., p. 710.

questa, che verrebbe ovviamente disattesa nel caso in cui si negasse il carattere continuativo dell’attività svolta per mezzo del patrimonio).

Infine, si noti che sono previsti dei limiti quantitativi e qualitativi ben precisi per la costituzione di un patrimonio destinato. In relazione ai limiti quantitativi, l’art. 2447- bis, comma 2, c.c. prevede che i patrimoni di cui al comma 1, lett. a) non possano essere costituiti per un valore superiore al dieci per cento del patrimonio netto della società. Circa i limiti qualitativi, l’art. 2447-bis, comma 2, ultima parte, c.c. prevede che, in ogni caso, i patrimoni destinati non possano essere utilizzati per condurre affari relativi ad attività riservate previste dalle leggi speciali.

3.4.2 Le differenze tra il patrimonio destinato ad uno specifico affare ed il trust

Il patrimonio destinato ed il trust sono entrambi patrimoni separati e quindi determinanti una deroga ai principi di cui agli artt. 2470 e 2471 c.c.

Tra le differenze che possono essere individuate trai due istituti, ve ne è una particolarmente macroscopica. Infatti, benché i singoli patrimoni separati sino entità dotate di perfetta autonomia patrimoniale, essi non hanno una personalità giuridica autonoma rispetto alla società, la quale rimane l’unico centro di imputazione dei rapporti giuridici sorti a seguito dell’attività per lo svolgimento della quale è impiegato il singolo patrimonio destinato191. Al contrario, nel trust i beni e/o i diritti conferiti vengono

gestiti da un soggetto a ciò preposto diverso dal disponente (il trustee)192.

Inoltre, il trust non subisce le limitazioni quantitative e qualitative previste nel codice civile in relazione ai patrimoni destinati e la sua istituzione non è funzionale ad un “affare” (inteso nella stessa accezione di cui agli artt. 2447-bis – 2447-decies c.c. e di cui si è discusso più approfonditamente nel paragrafo precedente). Più in generale, la costituzione di un trust non è subordinata agli adempimenti di cui all’art. 2447-ter c.c.193.

191 COMPORTI, Commento sub art. 2447-bis c.c., op. cit., p. 958, come cit. in ARLEO, Commento agli artt.

2447-bis – 2447-sexies c.c., op. cit., p. 707.

192 Per quanto attiene al dibattito sulla soggettività giuridica del trust, v. supra § 2.1.4.

193 L’art. 2447-ter c.c. prevede infatti che la deliberazione che destina un patrimonio alla realizzazione di un affare specifico debba indicare: a) l’affare a cui il patrimonio è destinato; b) i beni ed i rapporti giuridici compresi in tale patrimonio; c) il piano economico-finanziario da cui risulti la congruità del patrimonio rispetto alla realizzazione dell’affare; d) gli eventuali apporti di terzi e le modalità di controllo sulla loro partecipazione all’affare; e) gli eventuali strumenti finanziari di partecipazione all’affare ed i diritti che essi attribuiscono; f) la società di revisione contabile che vigila sull’andamento dell’affare, nei casi in cui ciò è previsto dalla legge; g) le regole di rendicontazione dello specifico affare.

Infine, riguardo al trust non è stato delineato alcun regime pubblicitario a partire dal quale far decorrere gli eventuali termini entro cui i creditori possono proporre opposizione.

Tuttavia, un elemento che avvicina molto i due istituti è dato dal fatto che lo strumento del patrimonio destinato non soffre le limitazioni riguardanti i beni ed i rapporti giuridici che possono essere in esso compresi (tali limitazioni connotano, invece, sia il fondo patrimoniale che gli atti di destinazione). Infatti, come meglio precisato nel paragrafo precedente, la dottrina maggioritaria sostiene che possano essere costituiti nel patrimonio non solo beni immobili e beni mobili registrati, ma anche beni mobili e rami d’azienda194.