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Il potere discrezionale del giudice nell’ambito della

4. La cognizione del giudice nel procedimento sommario d

4.2 La valutazione della compatibilità della causa alle forme del

4.2.2 Il potere discrezionale del giudice nell’ambito della

Come visto nel paragrafo precedente, il legislatore ha affidato al giudice il delicato compito di decidere se la controversia possa essere risolta attraverso il procedimento sommario di cognizione, già instaurato oppure se per arrivare alla decisone sia opportuno che venga convertito il rito, proseguendo il processo secondo le norme previste dal processo ordinario.

Già in questa fase appena esaminata si apprezza una differenza tra il ruolo del giudice nel procedimento sommario di cognizione e il ruolo del giudice nel processo ordinario.

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Infatti, la disciplina del rito ordinario prevede una chiara e dettagliata scansione delle attività che il giudice deve compiere nelle varie fasi del processo, e quindi, si riscontra un forte vincolo alla predeterminazione legale della regole processuali, senza che venga lasciato spazio alla discrezione del giudice nello svolgimento del processo.

Al contrario, nel procedimento in esame, si verifica tutt’altro.

Infatti, come osservato dalla giurisprudenza110, fin dalle prime battute del procedimento sommario di cognizione, si riscontra un ampio potere discrezionale del giudice nella conduzione del processo, già a partire dalla appena descritta attività di valutazione della idoneità della causa ad essere oggetto di istruzione sommaria.

Però, a tal proposito, la totale assenza di indicazioni da parte del legislatore, utili al fine di indirizzare e, perché no, anche delimitare l’attività del giudice, ha suscitato non pochi dubbi e perplessità.

Lo svolgimento del procedimento sommario di cognizione è, infatti, condizionato dal giudice.

Pur essendo uno strumento processuale instaurato su scelta dell’attore, è il giudice ad avere l’ultima parola sulla sua prosecuzione, in quanto gli è posto il dovere di stabilire la sorte delle cause che sono state introdotte con il procedimento sommario di cognizione ex art. 702 ter III comma c.p.c.111

Il legislatore ha voluto affidare al giudice il ruolo di “filtro”, al fine di selezionare le cause effettivamente idonee alla prosecuzione, introdotte con il procedimento sommario.

È un tipo112 di verifica che, come detto, ha come elemento di discrimine l’attività istruttoria che deve essere svolta, una valutazione

110T

RIB. BUSTO ARSIZIO 4/06/2012, Redazione Giuffrè 2012; TRIB. SULMONA 6/10/2010, in Giur. merito 2011, 5, 1246, ritiene che la valutazione della compatibilità della causa debba essere compiuta discrezionalmente dal giudice. Infatti, quest’ultimo basa la sua valutazione sugli elementi probatori.

111

BASILICO “La riforma op. cit.”, in www.treccani.it.

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che richiede un approccio elastico, non predeterminabile e che dipenda dal singolo caso da esaminare.

Viceversa, altri criteri come la “complessità” o la “difficoltà” della causa risulterebbero estremamente soggettive in quanto influenzati dalla specializzazione e dall’esperienza del giudice stesso113.

La dottrina114 ha individuato due conseguenza che potrebbero scaturire dall’esercizio di questo potere discrezionale del giudice, che quindi potrebbe essere qualificata come un’arma a doppio taglio. In particolare, nel primo caso, l’esercizio di un potere svicolato da predeterminazioni legislative potrebbe comportare degli effetti positivi. Infatti, il giudice, in vista di un procedimento deformalizzato, avrebbe la possibilità di garantire un riequilibrio tra le parti processuali, soprattutto in vista del fatto che il convenuto è colui che sostanzialmente subisce la scelta del procedimento sommario di cognizione da parte dell’attore.

In un secondo caso, al contrario, l’ampia discrezionalità del giudice potrebbe provocare degli effetti negativi. Infatti, potrebbe concretizzarsi in un esercizio spropositato del potere riconosciuto in capo al giudice e quindi, un abuso della sua posizione privilegiata, provocando un forte squilibrio tra le parti processuali.

Peraltro, ad accentuare e confermare la natura discrezionale del potere del giudice nel procedimento in esame vi è l’insindacabilità della sua valutazione. Come detto, infatti, il mutamento di rito viene disposto con ordinanza non impugnabile. Ne consegue che la verifica compiuta dal giudice non può essere in alcun modo messa in discussione e si sovrappone alla scelta iniziale compiuta dal ricorrente115.

Peculiare la posizione del convenuto, che risulta essere debole e compromessa. Infatti, oltre a subire la scelta del procedimento sommario di cognizione, con la conseguenza di dover esercitare le sue

113T

RIB.PIACENZA, 27/05/2011, in redazione Giuffrè 2011.

114B

ASILICO “La riforma op. cit.”, in www.treccani.it.

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CAPPONI “Il procedimento sommario di cognizione tra norme e istruzioni per

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attività di difesa entro dei termini abbastanza ristretti rispetto a quelli previsti per il processo ordinario, egli non può proporre il mutamento del rito, come affermato dalla giurisprudenza116.

Il Tribunale di Piacenza ha, a tal proposito, affermato che il convenuto non può rilevare l’eventuale inidoneità della causa ad essere trattata con un’istruttoria non sommaria, chiedendo la conversione del rito. L’eventuale questione sollevata dal convenuto non può condurre ad una declaratoria di inammissibilità del ricorso (prevista invece espressamente soltanto per la questione della competenza del Tribunale in composizione monocratica ex art. 702 ter I comma c.p.c.).

Dunque, è esclusivamente riservato al giudice la possibilità di individuare gli aspetti che potrebbero comportare il mutamento del rito, senza che possa essere in alcun modo riconosciuta alle parti (ed in particolare al convenuto, la parte che “subisce” la scelta del procedimento sommario di cognizione) la possibilità di poter proporre la conversione del procedimento sommario di cognizione in processo ordinario.

4.2.3 La domanda riconvenzionale e la valutazione del