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Aiuti di Stato al settore finanziario e concorrenza “in crisi”

2.1 Le origini della crisi finanziaria

2.1.2 Il problema della scelta della base giuridica

Si è detto che la responsabilità di intervenire sulle singole istituzioni finanziarie è rimessa alla competenza dei singoli Stati membri; però questi non possono agire in totale libertà essendo vincolati al rispetto delle regole pattizie in tema di aiuti di Stato.

Sennonché una applicazione rigorosa di quelle regole da parte della UE avrebbe portato alla dichiarazione di incompatibilità con quanto espresso in materia nel Trattato; bisognava predisporre degli strumenti per soccorrere le istituzioni finanziarie, dei quali avrebbero potuto usufruirne anche quelle di per sé sane ma che non riuscivano a trovare liquidità nel breve-medio periodo per via dell’impossibilità di accesso al credito sopra descritta40.

Riguardo a quest’ultimo profilo, vale la pena ricordare come le perplessità della Commissione si appuntassero, in particolare, sulla constatazione che ad essere colpite dalla crisi in atto fossero sempre più imprese tecnicamente non definibili come “in difficoltà41” ai sensi dei citati Orientamenti del 200442.

40

Cfr. RUSSO C. A., op. loc. cit..

41

Un’impresa è da considerare in difficoltà: «qualora essa non sia in grado con le proprie risorse finanziarie, o ottenendo i fondi dai proprietari azionisti o dai creditori, di contenere le perdite che potrebbero condurla, quasi certamente, senza un intervento esterno dei pubblici poteri, al collasso economico a breve o medio termine». Comunicazione della Commissione europea n. 244/02 del 1 ottobre 2004, Orientamenti, cit., pag. 2.

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Sulla base di quest’ultimi e ai sensi della lett. c) dell’art. 87, par. 3 del Trattato43, erano stati sempre valutati, sino a quel momento, gli aiuti per le imprese in difficoltà, anche nel settore finanziario.

Tuttavia, l’utilizzazione di tale base giuridica per l’approvazione delle misure richieste dalla crisi avrebbe sollevato non pochi problemi44.

In primo luogo, si sarebbe rischiato di intaccare il rigore con cui tale disposizione viene normalmente applicata. Infatti questa è la base giuridica di “diritto comune”, normale e non derogatoria, utilizzata per tutti gli interventi di salvataggio e ristrutturazione di imprese in difficoltà; essa costituisce il fondamento per l’autorizzazione di quasi tutti gli aiuti di Stato compatibili valutati individualmente dalla Commissione.

Vi è quindi una policy ben definita della Commissione in proposito, nonché una prassi decisionale e una giurisprudenza consolidatesi nel corso degli anni; la scelta di non derogarvi ha voluto far sì che le conseguenze di tali deroghe non si estendessero anche oltre la crisi, dal punto di vista della durata e delle giustificazioni

43

Art. 87, par. 3. Possono considerarsi compatibili con il mercato comune: c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse.

44

Sui motivi dell’inadeguatezza degli Orientamenti per affrontare la crisi, si veda DŐRR C.,

Provisional legal frame work of the European Commission for State aid to facilitate access to finance for financial institutions during the current financial and economic crisis, in Changes in competition policy over the last two decades, Varsavia, 2010, pag. 298, in

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degli interventi statali, e pregiudicassero la coerenza di una prassi costruita negli anni45.

In secondo luogo, la presenza di «circostanze effettivamente eccezionali in cui l’intero funzionamento dei mercati finanziari sia messo a repentaglio»46 rende le rigorose condizioni previste dagli Orientamenti (che costituiscono l’estrinsecazione della deroga di cui alla lett. c)) inadeguate e quindi incompatibili con le esigenze di celerità necessarie per far fronte alla crisi. In particolare, questi richiedono non solo che l’impresa beneficiaria sia qualificabile come impresa in difficoltà ma che siano soddisfatte determinate condizioni quali: l’esistenza di un piano di ristrutturazione, la previsione di misure compensative, la presenza di una contribuzione propria dell’impresa beneficiaria, la limitazione dell’aiuto al minimo necessario e il rispetto del principio dell’aiuto una tantum47.

In questo quadro, la Commissione ha maturato l’opportunità di abbandonare la sua “normale” prassi in tema di aiuti al settore bancario.

45

Cfr. MEROLA M., La politica degli aiuti di Stato nel contesto della crisi economico

finanziaria: ruolo e prospettive di riforma, in COLOMBINI G., PASSALACQUA M., Mercati e banche nella crisi: regole di concorrenza e aiuti di Stato, Napoli, 2012, pag. 227. Lo stesso Autore

sottolinea che non è da dimenticare inoltre il “cappio” esistente tra fallimento di una banca e rischio di fallimento di uno Stato attraverso la crisi del debito sovrano, generato dal volume dei titoli di debito pubblico del proprio Paese detenuti dalle principali banche, che ha reso ancor più inevitabile l’utilizzo della “nuova” base giuridica.

46

Cfr. Comunicazione sull’applicazione delle regole in materia di aiuti di Stato alle misure

adottate per le istituzioni finanziarie nel contesto dell’attuale crisi finanziaria mondiale, n. 270 del

13 ottobre 2008, in GUUE C270 del 25 ottobre 2008, paragrafo 11.

47

Comunicazione della Commissione europea n. 244/02 del 1 ottobre 2004, Orientamenti, cit., punti 24-77.

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Essa ha trovato nella lett. b), seconda parte48, della disposizione sopracitata la base giuridica adeguata per l’adozione di una normativa temporanea49, nella quale viene prevista una possibile deroga al principio di incompatibilità di aiuti di Stato quando si tratta di porre rimedio ad un “grave turbamento dell’economia” di uno Stato membro. La scelta di tale base giuridica suona come del tutto inedita. La Commissione vi aveva fatto ricorso l’ultima volta negli anni novanta50, ma poi, preoccupata di salvaguardare il rigore della politica degli aiuti e per limitare al minimo la possibilità da parte di uno Stato di avvalersi di tale scriminante51, ha

48

Art. 87, par. 3. Possono considerarsi compatibili con il mercato comune: b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro.

49

La stessa Comunicazione del 13 ottobre 2008, supra citata, al paragrafo 12, evidenzia che «qualora vi sia un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro […] è possibile ricorrere all’articolo 87, paragrafo 3, lettera b), non per una durata indeterminata, ma soltanto fino a quando la situazione di crisi ne giustifichi l’applicazione ».

50

La disposizione in esame è stata oggetto di parsimoniosa applicazione, circoscritta ad ipotesi del tutto eccezionali quali la crisi energetica del 1974, il programma di privatizzazioni avviato in Grecia negli anni ‘90 per la ripresa dell’intera economia nazionale e gli aiuti ritenuti necessari per consentire al medesimo Stato di aderire al meccanismo di cambio del sistema monetario europeo. Per un approfondimento, si veda FERRARO F., L’evoluzione della politica sugli aiuti di Stato a

sostegno dell’accesso al finanziamento nell’attuale situazione di crisi economica e finanziaria, in Dir. un. eur., 2010, n. 2, pag. 335 ss.

51

Si veda, ad esempio, il rifiuto della Commissione di applicare tale scriminante nel caso del fallimento di Crédit Lyonnais nel 1998. Si noti inoltre che l’applicazione dell’art. 87, par. 3, lett. b) non richiede necessariamente un piano di ristrutturazione dell’istituto, appunto perché può essere concesso anche ad imprese fondamentalmente sane, né tanto meno richiede una durata predefinita e neppure obbliga l’istituto beneficiario a partecipare in qualche misura all’aiuto. Cfr. RUSSO C. A.,

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voluto dare un’interpretazione molto restrittiva52 della nozione di “grave turbamento dell’economia”.

Questa strategia viene formalmente avvallata ex post, come può desumersi dalle conclusioni del Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre 200853. Dopo aver ricordato che, data la situazione del tutto eccezionale, le disposizioni comunitarie debbono essere applicate in modo rapido e flessibile, il Consiglio dichiara infatti esplicitamente di «appoggia[re] l’attuazione in questo spirito, ad opera della Commissione, delle norme relative alla politica della concorrenza, in particolare continuando nel contempo ad applicare i principi del mercato unico»54.