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Il problema di Keplero

4π2

GM. (A.7)

Dove T è il periodo orbitale, cioè il tempo che il corpo M impiega per per- correre l’intera orbita. Definito il periodo possiamo definire la velocità angolare media la seguente quantità:

n= T

2π. (A.8)

Osserviamo che la terza legge di Keplero è vera in prima approssimazione, poiché per ogni pianeta la massa M è la somma della propria massa più quella del Sole, la quantità definita dalla (A.7) non è uguale per tutti i corpi celesti. Essendo comunque la massa del Sole molto maggiore rispetto a quella dei pianeti l’errore commesso è poco rilevante.

A.3

Il problema di Keplero

Abbiamo ottenuto l’orbita nel piano equatoriale, vogliamo però vedere come ricavare la legge oraria del corpoM. Per fare questo considereremo solo il caso ellittico, gli altri due sono di analoga soluzione.

Prendiamo la circonferenza ausiliaria dell’ellisse che descrive la traiettoria del moto, cioè la circonferenza che ha lo stesso centro dell’ellisse considerato e raggio pari al semiasse maggiore. Ogni punto dell’ellisse ha associato in maniera naturale un punto della circonferenza, semplicemente prendendo il punto con stessa ascissa e ordinata dello stesso segno.

E

A

Figura A.1: E’ qui disegnata la traiettoria ellittica percorsa da un corpo nel cam- po di forze centrali definito dal problema di Keplero e la circonferenza ausiliaria associata. Sono evidenziate l’anomalia vera ed eccentrica e l’area spazzata dal raggio vettore durante il moto nell’intervallo di tempo[tp, t].

Definiamo l’anomalia eccentrica E come l’angolo che va dal pericentro del- l’orbita, fino al punto della circonferenza ausiliaria associato al punto dell’ellisse dove si trova il corpo. Sia A l’area spazzata dal raggio vettore mentre il corpo passava dal pericentro ed arrivava nella sua posizione attuale (vedi Figura A.1), allora grazie alla seconda legge di Keplero:

t − tp

A =

T

πab. (A.9)

Infatti l’area di un ellisse è proprio πab, con a e b i suoi semiassi. Usando la trigonometria per il calcolo dell’area A e la (A.7), possiamo riscrivere la (A.9) in questo modo:

M = E − sin E

Abbiamo posto n(t − tp) = M , detta anomalia media. Si noti che la derivata

temporale di M è proprio la velocità angolare media n.

Se conosciamo la posizione del corpo ad un certo istante t0 possiamo utiliz-

zare il fatto che

t − t0= t − tp+ tp− t0,

per ricavare una forma più generale delle’equazione precedente, chiamata equa- zione di Keplero:

Il numero naturale k indica quante volte il corpo è passato attraverso il pericentro nel tempo considerato, mentre M0 è l’anomalia media al tempo t0.

Grazie alla (A.10) dato un certo istante t e la posizione del corpo ad un certo istante t0, possiamo ricavarci numericamente il valore di E soluzione dell’equa-

zione e di conseguenza (tramite formule che qui omettiamo) l’angolo ν. Grazie poi alla (A.5) otteniamo la posizione del corpo nel piano orbitante al tempo t. Tale procedimento è valido per ogni t, abbiamo così trovato la legge oraria del pianeta nel problema equivalente a quello di partenza.

Per ritrovare le orbite di partenza, basta immettere la soluzione nel siste- ma (A.1).

Appendice B

Elementi orbitali classici

Abbiamo visto che il moto orbitale in un problema di Keplero è ristretto al solo piano orbitale, me se vogliamo ritornare al sistema di riferimento iniziale dobbiamo compiere delle rotazioni. Prima di definire gli angoli che utilizzeremo introduciamo altre quantità che ci saranno utili.

Consideriamo il piano xy del sistema di riferimento inerziale e il piano or- bitale, poiché entrambi contengono il centro del campo di forze centrale (posto nell’origine) in generale si intersecheranno in una retta passante per tale punto. Trascuriamo il caso in cui i due piani coincidono. L’orbita intersecherà tale retta in due punti: il primo è detto nodo ascendente ed ha la proprietà che seguendo il moto il corpo passando per questo punto va dalle z negative a quelle positive; il secondo invece è chiamato nodo discendente.

Possiamo ora introdurre i seguenti angoli orbitali:

• Ω è la longitudine del nodo ascendente. Essa giace sul piano xy ed è misurata dal semiasse positivo delle x fino alla semiretta che punta al nodo ascendente, percorso in senso antiorario. Ω può avere tutti i valori in [0, 2π].

• ω è l’argomento del pericentro. Esso giace sul piano orbitale e misu- ra in senso antiorario l’angolo tra la semiretta del nodo ascendente e il pericentro dell’orbita. ω può avere tutti i valori in[0, 2π].

• I è l’inclinazione. Essa misura in senso antiorario l’angolo tra il semiasse positivo delle z e la direzione del momento angolare J, che sappiamo essere costante e perpendicolare al piano dell’orbita. I può avere tutti i valori in [0, π].

Possiamo ora descrivere la successione di rotazioni di cui abbiamo bisogno per passare dal sistema di riferimento dell’orbita a quello iniziale:

• rotazione intorno al vettore momento angolare di −ω; • rotazione intorno alla semiretta del nodo ascendente di −I; • rotazione intorno all’asse z di −Ω.

ω

I

x

y

z

Figura B.1: Sono mostrati gli angoli che descrivono la posizione dell’orbita nello spazio. Ω è la longitudine del nodo ascendente, ω l’argomento del pericentro ed I l’inclinazione.

Ognuna di queste rotazioni può essere rappresentata con una matrice3 × 3 descrivente una rotazione che lascia fisso un asse e ruota un piano. Moltiplicando queste tre matrici otteniamo la matrice di rotazione:

 

cos Ω cos ω − sin Ω sin ω cos I − cos Ω sin ω − sin Ω cos ω cos I sin Ω sin I sin Ω cos ω + cos Ω sin ω cos I − sin Ω sin ω + cos Ω cos ω cos I − cos Ω sin I

sin ω sin I cos ω sin I cos I

 

Dato un vettore nel sistema di riferimento orbitale, possiamo rileggere le sue coordinate nel sistema di riferimento iniziale semplicemente moltiplicandolo per la matrice definita sopra.

Gli angoli appena definiti identificano univocamente la posizione dell’orbi- ta nello spazio. Oltre agli angoli però abbiamo bisogno di elementi orbitali che ci descrivano la forma dell’orbita: essi sono a il semiasse maggiore ed e l’eccentricità.

In più per conoscere la posizione del corpo lungo il suo moto dobbiamo aggiungere un angolo che identifichi la sua posizione sulla conica; tale angolo può essere l’anomalia vera, l’anomalia eccentrica o quella media. Scegliamo quest’ultima.

I sei elementi(a, e, Ω, ω, I, M ) detti elementi kepleriani, identificano comple- tamente il moto di un corpo in un problema kepleriano; sono allora alternativi alle sei coordinate di posizione e velocità.

Appendice C

Manovre impulsive

La progettazione delle manovre che una sonda dovrà compiere durante la missio- ne spaziale è indispensabile per poter conoscere il quantitativo di carburante che lo spacecraft dovrà portare con sé; poiché una massa maggiore della sonda impli- ca un spesa maggiore a livello economico, uno dei vincoli del progetto è quello ridurre il propellente il più possibile. Un primo studio può essere effettuato tramite l’approssimazione di manovre impulsive, cioè tali che istantaneamente riescono a variare la velocità della sonda.

La spesa di carburante è misurata proprio dalla∆v (variazione di velocità) dovuta a queste manovre. L’equazione di Tsiolkowsky

∆v = Ispg0ln

m0 mf



fornisce il corrispettivo in massa di propellente utilizzato per effettuare la ma- novra, essendo m0la massa della sonda prima della manovra, mfla massa dopo

la manovra, g0l’accelerazione terrestre sulla superficie, Ispl’impulso specifico il

quale dipende dal tipo di propellente usato (nel caso di JUICE ha un valore di circa 400 secondi).

Di seguito descriveremo alcune manovre impulsive classiche e le relative variazioni di velocità necessarie per compierle.