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IL QUADRO STRATEGICO DI RIFERIMENTO DEL PRIT 2025

Nel documento Gli assi strategici del PRIT 2025 (pagine 7-24)

Pianificare la mobilità in un quadro in transizione

Il nuovo Piano Regionale Integrato dei Trasporti PRIT 2025 nasce a quasi 20 anni dal Prit98, in un contesto socio-economico assai mutato, interessato nel tempo da importanti congiunture economiche e finanziarie, percorsi di ridefinizione dell’assetto istituzionale e la ricerca, soprattutto a livello europeo, di nuove politiche capaci di affrontare in maniera più efficace sia la promozione di una mobilità più sostenibile sia le tematiche legate all’uso del suolo e alla tutela dell’ambiente.

Sul piano istituzionale, a seguito degli scenari di riordino aperti dalla legge 56/2014, la Legge Regionale n° 13 del 30 luglio 2015 (e successive modifiche) “Riforma del sistema di governo regionale e locale e disposizioni su Città metropolitana di Bologna, Province, Comuni e loro Unioni”

ha perseguito l’obiettivo di una riforma del sistema di governo territoriale, definendo alcuni punti di riferimento in una fase di transizione non ancora (al momento, 2018) conclusa.

L’impostazione strategica verso cui la legge è indirizzata si fonda su una nuova definizione del ruolo istituzionale che dovranno avere Regione, Città metropolitana di Bologna, Province (Aree vaste), Comuni e loro Unioni e sulla necessità di sedi più incisive di concertazione inter-istituzionale.

Tale legge conferma il ruolo del PRIT come principale strumento di pianificazione del settore trasporti, riconducendolo più strettamente al Piano Territoriale Regionale, PTR, che definisce le strategie unitarie per l’intero territorio regionale e le relative “componenti territoriali”.

Nella specifica materia della pianificazione e governo del territorio, la L.R 13/2015 prevede che tali funzioni siano riordinate con revisione della legge regionale n. 20/2000 “Disciplina generale sulla tutela e l'uso del territorio”. L’articolato processo di revisione di tale legge ha portato ad una nuova legge urbanistica regionale, L.R. 24/2017, con l’obiettivo di una radicale semplificazione del sistema della pianificazione territoriale, prevedendo per ogni scala (regionale, provinciale e comunale) un unico piano dai contenuti essenziali e di rapida approvazione.

In particolare, viene affidata all’Area Metropolitana di Bologna e ai “soggetti d’Area Vasta” la funzione di pianificazione strategica d’area vasta, comprensiva del coordinamento delle scelte urbanistiche strutturali dei Comuni e loro Unioni che incidono su interessi pubblici che esulano dalla scala locale.

Allo stato attuale i soggetti di Area Vasta coincidono con le Province, che esercitano le funzioni pianificatorie anche in forma associata negli ambiti territoriali stabiliti.

La nuova legge prevede inoltre che la pianificazione comunale definita dal Piano Urbanistico Generale, PUG, anche sulla base delle previsioni della pianificazione territoriale e settoriale (regionale e provinciale), ricostruisca la griglia degli elementi strutturali che connotano il territorio extraurbano e stabilisca i limiti, le condizioni e le opportunità insediative che ne derivano. Tra i principali elementi strutturali del territorio extraurbano vi sono:

- il sistema delle infrastrutture per la mobilità, delle reti tecnologiche e dei servizi di rilievo sovracomunale esistenti o previsti dai piani e programmi;

- il sistema delle tutele ambientali, paesaggistiche e storico culturali;

- le caratteristiche dei suoli e dei servizi eco-sistemici da essi svolti;

- le aree caratterizzate da situazioni di rischio industriale o naturale, comprese quelle che presentano situazioni di pericolosità sismica locale.

8 Il PUG dovrà inoltre porre particolare attenzione al riuso e alla rigenerazione urbana, con un vincolo al 2050 sugli interventi in espansione, limitati alla quota del 3% della superficie del territorio urbanizzato esistente (con alcune esclusioni tra cui opere pubbliche e infrastrutture).

Nell’ambito del complesso sistema di relazioni tra i diversi Piani, il PRIT 2025 fa riferimento a tale attuale ripartizione di competenze, cercando di mantenere elementi di flessibilità che tengano conto di ulteriori possibili evoluzioni o aggiustamenti normativi.

Passando allo specifico settore dei trasporti, è nota la storica debolezza a livello nazionale verso la pianificazione. Dopo l’approvazione del Piano Generale dei Trasporti e della Logistica (PGTL) a inizio 2001, l’asse di orientamento della politica dei trasporti a livello centrale ha progressivamente indebolito il ruolo della pianificazione, depotenziando i riferimenti di livello strategico offerti dal nuovo PGTL. Si è puntato invece su un’elaborazione di indirizzi di livello settoriale e soprattutto surrogando il momento della pianificazione integrata con una decisa opzione a favore degli investimenti infrastrutturali (Legge “Obiettivo”) definiti da lunghi e non coordinati elenchi di opere.

La recente approvazione del nuovo Codice degli Appalti (D.lgs. 18 aprile 2016 n. 50), con il contestuale superamento della Legge Obiettivo, riconduce alla legislazione ordinaria la pianificazione di infrastrutture, assicurando la coerenza tra pianificazione di lungo periodo e la relativa programmazione, prevedendo la redazione, a livello nazionale, del nuovo Piano Generale dei Trasporti e della Logistica e del Documento Pluriennale di Pianificazione, DDP.

Il DEF 2017 “Connettere l’Italia: fabbisogni e progetti di Infrastrutture” conferma tale processo di riforma, che vede inoltre nelle Linee Guida per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche, di competenza del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, lo strumento metodologico che introduce criteri di valutazione e selezione delle opere pubbliche, propedeutico alla individuazione delle priorità.

Tale strumento è coerente con gli obiettivi di crescita contenuti nella strategia Europa 2020. La scelta di progetti di elevata qualità, che garantiscano il miglior rapporto costi-benefici e il maggior impatto sulla crescita e sull'occupazione, rappresenta un fattore chiave di successo per la strategia complessiva. In quest'ottica, l'Analisi Costi-Benefici (ACB) è esplicitamente richiesta, insieme ad altri strumenti, quale fondamento per il processo decisionale relativo al cofinanziamento dei grandi progetti inclusi nei Programmi Operativi del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e del Fondo di Coesione. Come riportato nella “Guida all'analisi costi-benefici dei progetti d'investimento” della Commissione Europea, “…L'ACB e uno strumento analitico che consente di valutare la variazione nel benessere sociale derivante da una decisione di investimento e, di conseguenza, il contributo di quest’ultima al conseguimento degli obiettivi della politica di coesione.

Lo scopo dell'ACB e quindi quello di facilitare una più efficiente allocazione delle risorse, dimostrando la convenienza per la società di un particolare intervento rispetto alle possibili alternative”.

A livello europeo la necessità di corretti strumenti di pianificazione e programmazione. è confermata anche da quanto delineato dal “Piano d’azione per la mobilità urbana” (2009), e dal nuovo Libro Bianco (2011) “Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti”. Pur ponendo particolare attenzione su ciò che resta da fare per completare il mercato interno dei trasporti, riconoscono esplicitamente che l’attuale sistema non è più sostenibile, e soprattutto non è sostenibile un’evoluzione che segua le tendenze attuali.

9 In particolare, il principio di sostenibilità, declinato nell'esigenza di continua integrazione dei contenuti ambientali nelle politiche pubbliche, quali ad esempio i trasporti e l'energia, costituisce un aspetto di grande rilievo, messo in evidenza da ultimo anche dalla “Strategia dell'UE in materia di sviluppo sostenibile”, e richiamato in ambito nazionale con la "Strategia d’Azione Ambientale per lo Sviluppo Sostenibile in Italia".

Come richiamato nel Documento Preliminare del PRIT 2025, tali strategie richiedono profondi cambiamenti strutturali nell’uso delle risorse, nei modi di produrre, di consumare, di muoversi e negli stili di vita individuali e collettivi. La sfida odierna è quella di riorientare lo sviluppo e l’utilizzo delle risorse alle capacità di carico degli ecosistemi, e alle necessità di una società più coesa, equa e giusta.

L’oggettiva maggiore complessità dei contesti di riferimento per il settore (legislazione comunitaria e nazionale, articolazione delle competenze alla luce delle riforme istituzionali, intrecci crescenti con i problemi di gestione del territorio, ecc.) oltre agli impatti dell’evolversi di una situazione socio-economica spesso influenzata da spinte globali e poco governabili, hanno reso problematica anche in Emilia-Romagna la processualizzazione degli strumenti programmatori territoriali e settoriali. Ciò nonostante, la Regione Emilia-Romagna conferma la scelta di rilanciare una strategia integrata per il governo della mobilità sul proprio territorio, consapevole che non sono più sufficienti norme e divieti, ma che occorrono importanti mutamenti culturali in grado di comprendere e far percepire come desiderabile e vantaggioso per il benessere psico-fisico, sociale ed economico il cambiamento verso la sostenibilità.

Creare le condizioni perché questa spinta al cambiamento non sia vissuta come vincolo o limite, ma si tramuti in leva per un nuovo sviluppo e un nuovo impulso alla crescita economica regionale, garantendo la coesione sociale e la qualità della vita, è possibile nella misura in cui il sistema regionale nel suo complesso si farà carico di scelte che sappiano coniugare ambiente, economia e società.

In questo quadro, i trasporti possono svolgere un ruolo fondamentale, se correttamente orientati a favorire una mobilità sostenibile attenta alle diverse esigenze di cittadine e cittadini, sostenendo azioni che favoriscano la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro con le esigenze di mobilità delle donne e degli uomini, degli anziani, delle diverse componenti sociali, nonché di tutte le fasce deboli della cittadinanza.

Si tratta quindi di un compito estremamente importante, che richiede un impegno e coinvolgimento unitario e concorde a livello istituzionale, sociale ed economico, e che potrà essere raggiunto solo a seguito di un approfondito e deciso confronto con tutti gli attori sociali.

Il PRIT 2025 si pone come momento di inizio di questo cammino, chiudendo un ciclo di pianificazioni più orientate a garantire l’accessibilità del territorio in termini di infrastrutture e grandi scenari, collocandosi in una prospettiva di corto-medio periodo che tenga conto della grande mutabilità del contesto, e definendo gli elementi base per un nuovo ciclo aperto alle nuove sfide, con azioni finalizzate al governo della domanda di mobilità e al garantire l’accessibilità territoriale dal punto di vista delle persone e della qualità complessiva (socio-economica e ambientale) della vita.

È quindi innanzitutto una sfida e una scommessa, per certi versi in controtendenza, per riaffermare il ruolo della pianificazione integrata e porre gli elementi di una sua innovazione, in un settore

10 fortemente esposto a impatti territoriali e spinte centrifughe che il sistema regionale non può più permettersi.

Dal punto di vista del quadro infrastrutturale si tratta più di un aggiornamento che di un nuovo Piano, perché riconosciuta la validità dell’impianto generale del Prit98, prevede di completare le opere non ancora concluse, verificandone la loro attualità e procedendo a revisioni e modifiche nel rispetto della coerenza del quadro complessivo e delle necessità individuate.

Allo stesso tempo, tuttavia, il PRIT 2025 si propone con alcune sostanziali novità rispetto ai piani precedenti, sottolineando in maniera più marcata sia il rapporto con gli altri strumenti e ambiti di pianificazione, quale quella urbana, sia ritenendo che il sistema della mobilità vada affrontato con un paradigma strategico nuovo, che non si limiti a fornire risposte infrastrutturali o di servizi alla crescita dei flussi di trasporto, in una logica di continua rincorsa alla crescita. Per assicurare il soddisfacimento dei bisogni di mobilità non si deve puntare a “muovere i veicoli”, ma piuttosto a garantire (e definire) corretti livelli di accessibilità alle merci e alle persone, in una logica che riduca la necessità di spostamenti, li ottimizzi e li indirizzi verso modalità più sostenibili, agendo sul piano dei comportamenti.

Gli assi strategici del PRIT 2025

Sostenibilità e governo della domanda

Per il PRIT 2025 il settore dei trasporti deve contribuire alla costruzione di un modello territoriale regionale sostenibile sotto i seguenti diversi profili:

1. il profilo ambientale e della qualità della vita, per ridurre gli impatti negativi della mobilità sull’ecosistema e sulla salute (emissioni di gas-serra, inquinamento, consumo di energia e di territorio, degrado del paesaggio urbano, ...);

2. il profilo sociale, per migliorare l’accessibilità al territorio, alle città e alle sue funzioni (luoghi di lavoro, di studio e di svago; servizi pubblici e privati; ecc.), attraverso l’aumento dell’efficacia delle diverse modalità di trasporto e della loro integrazione, la riduzione delle necessità di spostamento (servizi on-line, telelavoro, ecc.), l’attenzione alle esigenze di tutti i cittadini e le cittadine, e il miglioramento della sicurezza.

3. il profilo economico, per sostenere un’offerta di reti e servizi di mobilità in grado di incrementare la competitività economico-produttiva del territorio, ridurre i costi unitari del settore, aumentarne l’efficienza e aprirlo al mercato dove opportuno;

4. il profilo partecipativo, per migliorare la governance e la regolamentazione delle competenze di settore sul territorio, assicurando allo stesso tempo processi di trasparenza e partecipazione di tutti gli attori sociali.

L’obiettivo dello sviluppo sostenibile richiede sempre di più la corresponsabilizzazione di tutti gli attori sociali, economici e istituzionali. Prescindendo da questi aspetti, come ha mostrato l’esperienza, è difficile immaginare politiche pienamente efficaci.

Appare quindi inevitabile un’attenzione strategica al “governo della domanda”, e di conseguenza ai tempi di vita e di lavoro, all’organizzazione urbana e territoriale e alle conseguenti diverse

11 esigenze di mobilità di cittadini e cittadine, nelle loro diverse soggettività, legate a differenze di età, di motivazioni, di capacità.

Gli spostamenti delle persone e delle merci hanno in questi ultimi anni cambiato radicalmente le loro caratteristiche essenziali: dalla mobilità sistematica come forma prevalente a quella occasionale che la pareggia o la supera, dal trasporto tradizionale delle merci alla consegna just in time. Per creare diversione modale dal trasporto individuale/privato verso quello collettivo occorre attuare un significativo potenziamento di quest’ultimo, senza trascurare i diversi bisogni e le diverse capacità di accesso ai servizi, ma anche razionalizzare e integrare i sistemi, coordinare gli orari, integrare le tariffe, promuovere servizi e nodi di scambio per l’intermodalità.

Malgrado questa consapevolezza, gli aspetti principali dei piani e delle azioni nel campo della mobilità sono ancora fortemente influenzati da metodologie, obiettivi e standard basati su schemi di viaggio casa-lavoro effettuati con mezzi privati da individui “medi”, apparentemente “liberi” di scegliere lo spostamento principalmente sulla base del costo del viaggio.

Per il PRIT 2025 le scelte pianificatorie e programmatorie di tutti i piani a tutti i livelli devono tenere conto di pattern più complessi di mobilità, legati ai diversi tipi di spostamento e alla loro scomposizione, oltre che ai diversi soggetti che li compiono. Ciò in genere comporta l’acquisizione e l’elaborazione di dati e di statistiche adeguate, la presenza di azioni di scala locale capaci di rispondere a diverse esigenze, e l’introduzione di criteri per la verifica della loro effettiva adozione nell’ambito dei piani stessi.

Questo livello cognitivo (informazioni e loro processo) può oggi collegarsi con le grandi opportunità (ma anche ai rischi) offerti dall’innovazione tecnologica, e può costituire una chiave di volta per realizzare un’idea moderna di mobilità sostenibile, o “buona mobilità”, come sarebbe forse meglio dire.

Facendo leva sul paradigma dell’innovazione nei suoi diversi aspetti (tecnologici, organizzativi, di sistema) è possibile avviare una trasformazione più profonda dei modelli di trasporto, rilanciando il trasporto pubblico e favorendone l’integrazione anche con corrette forme di sharing mobility, oltre che intervenendo per efficientare i processi logistici, che devono diventare forme di governo delle relazioni economico/territoriali, agendo sull’organizzazione e sui flussi merci sia nei distretti industriali che nelle “filiere corte”.

L’idea di fondo di questo approccio è che i nodi del sistema vadano affrontati con modalità maggiormente centrate sul contenuto immateriale dei processi più che su risposte infrastrutturali.

Alle grandi opere si deve affiancare una rinnovata attenzione alle connessioni con il territorio, ovvero a quelle azioni di accompagnamento che assicurano l’eliminazione dei “colli di bottiglia” (non solo di tipo fisico) e più in generale l’ottimizzazione dell’accessibilità dell’”ultimo miglio”: miglioramento delle cosiddette connessioni “minori”, nuove regole di accesso agli spazi più congestionati e ambientalmente fragili, migliori condizioni generali di funzionamento del sistema.

Considerata la prospettiva medio-breve di validità del piano, su questo arco temporale probabilmente avranno scarso effetto una serie di importanti tematiche legate al “chi” o “cosa”

governerà la mobilità nel futuro non esplicitamente valutate nella trattazione del presente Piano.

Tuttavia, il PRIT 2025 ritiene comunque importante, anche al fine della individuazione di nuovi interventi o progetti specifici, promuovere azioni conoscitive in merito:

- agli effetti delle politiche per la promozione del mercato interno dei trasporti e delle privatizzazioni;

12 - al ruolo che svolgeranno in maniera sempre più forte i grandi “player” dei trasporti;

- al ruolo sempre più pervasivo della mobilità condivisa e dei social network;

- alle condizioni del lavoro (in particolare nell’ambito della logistica e del trasporto collettivo e/o condiviso), e al rispetto delle regole e della legalità.

Infrastrutture e organizzazione delle reti

Negli anni le politiche regionali e le richieste dei territori hanno portato ad un alto grado di infrastrutturazione che ora necessita di essere meglio valorizzata, organizzata e completata in alcuni aspetti.

Come richiamato dal DEF2017 le infrastrutture vanno intese “…come strumento per soddisfare la domanda di mobilità di passeggeri e merci (...) attraverso interventi utili allo sviluppo economico e proporzionati ai bisogni”. Devono quindi “...perseguire il soddisfacimento equilibrato dei fabbisogni espressi dai territori, attraverso la realizzazione di interventi di cui sia garantita l’utilità e l’efficienza dal punto di vista del consumo di risorse economiche e ambientali”.

L’indirizzo strategico del “governo della domanda” deve trovare una corrispondenza concreta in alcune scelte coerenti di organizzazione delle reti e dei servizi sul territorio. La mobilità si sviluppa in funzione di esigenze concrete e tra centri generatori e/o attrattori di spostamento, legati alla popolazione presente, posti di lavoro e capacità produttive, servizi socio-sanitari. Benché spesso l’attenzione si focalizzi su aspetti legati alle “grandi infrastrutture per l’accesso a reti internazionali”, la qualità del territorio (come indicato nel Piano Territoriale Regionale) è legata alla corretta valorizzazione di tutte le componenti, al riconoscimento del loro ruolo e della loro reciproca interdipendenza.

L’assetto infrastrutturale definito dal Prit98 risulta bene incardinato nel disegno nazionale (SNIT) e comunitario (TEN-T), e pensato per definire sul territorio regionale una maglia infrastrutturale capace di assicurare l’accessibilità interna dei territori e le connessioni verso l’esterno. Tuttavia, se le esigenze di continuità rendono necessaria l’attuazione e il completamento degli interventi già previsti, la necessità di un’azione coerente con il quadro generale prima richiamato ha portato a rivedere alcune scelte del Prit98,

Il PRIT 2025 conferma lo scenario infrastrutturale disegnato dal PRIT98, ove necessario ricalibrandolo e/o adeguandolo alle attuali priorità, come illustrato nei capitoli successivi.

Il PRIT 2025, ritiene importante puntare alla massima integrazione della rete e dei nodi all’interno di una gerarchizzazione funzionale che tenga conto della necessità di diversi livelli di accessibilità e delle diverse scale territoriali. In particolare, individua i seguenti livelli:

Il primo livello è quello che consente le relazioni nazionali e internazionali, e ricomprende direttamente quanto previsto (nodi e assi) nel quadro comunitario (reti TEN-T) e dai piani nazionali quali il Piano Nazionale degli Aeroporti, il Piano dei Porti e della Logistica, la rete ferroviaria nazionale oltre che le ciclovie individuate dal sistema nazionale delle Ciclovie Turistiche.

Nell’ambito di questo livello strategico particolare importanza assumono i seguenti tre corridoi plurimodali:

 il corridoio “Dorsale centrale”, costituito dall’autostrada A1, dal nodo autostradale-tangenziale di Bologna e dalla rete dell’alta velocità ferroviaria in affiancamento a quella storica;

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 il corridoio “Adriatico”, costituito dalla A14, A14 diramazione Ravenna, dalla SS16 Adriatica, dalla linea ferroviaria adriatica e dal Porto di Ravenna;

 il corridoio “Tirreno-Brennero”, costituito dalle autostrade A22 del Brennero e A15 della Cisa, dall’asse ferroviario del Brennero, dalla linea ferroviaria Parma-La Spezia (Tibre ferroviario).

Questi corridoi includono come nodi principali: l’aeroporto e la stazione ferroviaria di Bologna, la stazione Medio Padana di Reggio Emilia, il Porto di Ravenna; per la logistica: gli interporti di Bologna e di Parma, gli scali di Marzaglia-Dinazzano e Le Mose di Piacenza.

Come descritto al cap. 1.1.2 del Quadro Conoscitivo, la Regione è attraversata da tre corridoi “core”

della rete TEN-T, secondo un disegno ridefinito nel 2013. Tale revisione ha però escluso dai corridoi l’importante asse “Bologna-Milano”, uno dei più infrastrutturati d’Italia. Il PRIT 2025 ritiene importante promuovere iniziative di valorizzazione di questo asse e il suo reinserimento all’interno del corridoio TEN-T “Scandinavo-Mediterraneo”.

Il secondo livello è quello delle relazioni regionali, rivolto principalmente all’accessibilità delle grandi aree urbane, dei distretti industriali, e in generale dei principali poli attrattivi e generativi. Si tratta di una rete integrata e aggiunta alla precedente, in grado di garantire gli spostamenti di media distanza concentrandone i flussi su alcune direttrici principali.

Il terzo livello, strettamente connesso al precedente, è quello del sistema della mobilità locale, ovvero dei collegamenti interprovinciali e intercomunali, a loro volta strettamente connesso con l’alta diffusione insediativa e produttiva regionale.

La definizione di tale gerarchia funzionale, che sarà meglio individuata nei capitoli seguenti in

La definizione di tale gerarchia funzionale, che sarà meglio individuata nei capitoli seguenti in

Nel documento Gli assi strategici del PRIT 2025 (pagine 7-24)