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La libera concorrenza, considerata all’interno del mercato del trasporto pubblico, è da sempre oggetto di discussione, in quanto sottoposta a normative statuali variabili, oltre che comunitarie. È però unanime l’opinione che la esalta sino a farla diventare un

151 Il Regolamento (UE) n. 181/2011 prevede all’articolo 29 che entro il 1° giugno 2015 (e in seguito ogni

due anni) l’Autorità di regolazione dei trasporti pubblichi una relazione sull’attività dei due anni precedenti, che contiene in particolare una descrizione delle azioni adottate per l’applicazione del presente regolamento e statistiche relative ai reclami e alle sanzioni irrogate.

100 principio fondamentale dell’Unione Europea152, inserito, seppur indirettamente, anche

all’interno del TUE153. Tale argomento non è trattato dal codice civile ma solo dalla

Costituzione, così generando correnti di pensiero dottrinali contrapposte: da un parte chi sostiene che questa scelta sia stata sperequata a discapito della tutela dei consumatori154;

dall’altra chi afferma che la tutela della concorrenza sia un criterio che condizioni ogni intervento pubblico nell’economia155. Ecco dunque che, l’ingresso del principio

comunitario di tutela della concorrenza genera, quale risposta, una maggior tutela del consumatore156.

Ciononostante, la ponderazione di tali interessi, quindi il confronto tra libertà di concorrenza e tutela del consumatore, non può che esser valutata nelle opportune sedi politiche, non essendo tale tutela un bene valutabile in astratto, ma solo in concreto157. In

tal modo, la problematica si trasferisce sui modelli market-based governance, quindi una “governance that relies on competition, and where contracts are the controls158”, così

influenzando le decisioni amministrative sulla base delle previsioni del mercato.

152 FRANCESCHELLI, Concorrenza e antitrust: profili generali, in CHITI-GRECO, Trattato di diritto

amministrativo europeo. Parte speciale, I, Milano, 1997, p. 512; WAELBROECK-FRIGNANI, Concurrence, in Commentaire J. Mégret, 2 ed., Bruxelles, ULB, 1997, p. 15. CAFFÉ, Lezioni di politica economica, Torino 1990, p. 40.

153 Nel 1957, la maggior parte degli Stati membri era dotata di una politica per la concorrenza, ma le

modalità e l’intensità del controllo differivano profondamente da un paese all’altro. La creazione di un’area economica omogenea (Unione economica e monetaria. Diritto dell’Unione Europea) non poteva limitarsi alla coesistenza di varie pratiche nazionali. Si è dovuto far sì che le politiche di concorrenza nazionali e comunitarie potessero convivere. Il Trattato vieta gli abusi di posizione dominante sul mercato comune da parte di una o più imprese, quando possono essere pregiudizievoli al commercio. Sul controllo degli aiuti di Stato, il Trattato afferma, salvo deroghe, l’incompatibilità con il mercato comune degli aiuti di Stato che falsano la concorrenza. Al fine di eliminare le distorsioni alla concorrenza, il Trattato regola le misure selettive di aiuto a favore di imprese e produzioni e specifica le misure generali a favore dell’economia che possono rivelarsi distorsive della concorrenza.

154 BONELLI, Il valore costituzionale della tutela del consumatore: spunti ricostruttivi (tra Italia e Unione

europea), in www.giustamm.it, p. 32 ss.

155 D’ALBERTI, Poteri pubblici, mercati e globalizzazione, Bologna, 2008, p. 78 ss.

156 CERCHIARA, La tutela del consumatore rispetto ai diritti fondamentali della Costituzione e il rischio

di eccesso di potere legislativo in materia, in www.giustamm.it, 2007, p. 1 ss.; ALPA, Tutela del consumatore e controlli sull’impresa, Bologna, 1977; CALAMANDREI, La nozione di consumatore, in Nuova rass., 2004, p. 987 ss.; PASQUA, Concorrenza e tutela del consumatore, Torino, 2006; PACKARD, I persuasori occulti, Milano, 2005; PARISI, Profili giuridici di tutela del consumatore, Torino, 2005; RAFFAELLI, Le parole proibite: purismo di stato e regolamentazione della pubblicità in Italia, Bologna, 1983.

157 BONELLI, Il valore costituzionale della tutela del consumatore: spunti ricostruttivi (tra Italia e Unione

europea), op. cit., p. 39.

158 In generale, la governance fa riferimento alle relazioni tra governi e cittadini che consentono di

formulare, implementare e valutare politiche e programmi pubblici. Nel contest più ampio, fa riferimento a regole, istituzioni e reti che determinano il funzionamento di un paese o un’organizzazione in termini di come il concetto si è evoluto nel tempo. La governance del mercato è un tipo di governance che fa affidamento sulla concorrenza e sui contratti stessi. Cfr. BHATTA, International dictionary of public management and governance, New York, 2006, p. 252 ss.

101 Seppur inizialmente tale forma di controllo ha generato esiti positivi, col passare del tempo si è sentita l’esigenza di tutelare alcune categorie di funzioni ritenute indispensabili159. Anche se la PA non possa fare a meno di considerare l’andamento del

mercato, deve comunque porsi l’obiettivo di migliorare le tutele dei diritti individuali e sociali160. Tutto ciò ha giustificato la creazione delle autorità amministrative

indipendenti161, organi terzi ed imparziali.

L’attribuzione alle autorità Antitrust (nazionali e comunitarie) di una posizione fondamentale per la tutela del consumatore, risulta coerente con il compito principale di tali organi: la tutela della concorrenza. Difatti, tutto ciò che condiziona le scelte dei consumatori sottrae clientela ai concorrenti. In tal modo “politica della concorrenza e

politica del consumatore si integrano l’una con l’altra e completano il sistema delle tutele162”. In pratica, l’interesse del consumatore e quello della libera concorrenza

vengono messi sullo stesso piano. In tale ottica, appare ovvio che il consumatore, nel momento in cui acquisti beni all’interno del mercato, abbia una certa tutela tendente a garantire l’equilibrio degli interessi in gioco; una tutela comunque poliedrica perché diretta a molteplici forme di diritti come il diritto alla salute e alla sicurezza, il diritto alla tutela degli interessi economici, il diritto al risarcimento dei danni, il diritto all’informazione e all’educazione, il diritto alla rappresentanza163.

Appare dunque chiaro che, per poter regolare tali mercati, occorre preliminarmente ponderare gli interessi contrapposti delle imprese e degli operatori economici, da un lato, e dei consumatori dall’altro, con la conseguenza che, su tali interessi, vanno configurati gli strumenti “amministrativi” di tutela e, correlativamente, i poteri delle “Authorities antitrust”164.

L’antitrust è stata fondata per garantire e vigilare sull’attuazione della legge n°287/90, la quale appunto prevede la tutela della concorrenza quale principale obiettivo; però, solo con l’istituzione del Codice del Consumo sono stati riconosciuti effettivi poteri

159 CERIONI, Diritti dei consumatori e degli utenti, Editoriale scientifica, Napoli, 2014, p. 172.

160 DENNINGER, Diversità, sicurezza e solidarietà. Un nuovo paradigma per il potere costituente e per lo

sviluppo dei diritti dell’uomo?, traduzione di AMIRANTE, in Diritti dell’uomo e legge fondamentale, Torino, 2008, p. 5 ss.

161 CERIONI, Diritti dei consumatori e degli utenti, op. cit., pp. 189 ss.

162 CATRICALÀ, Politica della concorrenza e riforma della regolazione: l’evoluzione della normativa nel

2007 relazione annuale del 30 aprile 2008 sull’attività svolta), www.agcm.it.

163 CERIONI, Diritti dei consumatori e degli utenti, op. cit., p. 173.

164 BONELLI, Il valore costituzionale della tutela del consumatore: spunti ricostruttivi (tra Italia e Unione

102 all’AGCM. Una parte della dottrina lamenta la lontananza da un “giusto punto di

equilibrio delle politiche regolative pubbliche, tra protezione del consumatore, dispiegarsi delle dinamiche del mercato e della concorrenza”165.

Se il «diritto della concorrenza tutela la stessa concorrenza e non i concorrenti e lo fa

nell’esclusivo fine del “benessere dei consumatori”, qualcuno può chiedersi a che cosa servano politiche specificamente orientate alla tutela di questi ultimi. Non basta da sola la concorrenza a fornir loro ciò che desiderano a livelli di qualità e di prezzo migliori?»166. Potrebbero nascere contrasti infatti tra libertà di concorrenza e diritti dei

consumatori o, al contrario, potrebbero influenzarsi a vicenda: un esempio è dato dalle “norme che tutelano i consumatori fissando condizioni di accesso a determinate attività,

standard produttivi e ancor più prezzi. […]. In più casi si tratta di norme necessarie, non essendovi altri strumenti per prevenire danni al consumatore, che sarebbero irreparabili e ai quali la dinamica concorrenziale può in genere porre rimedio solo dopo che il primo danno si è verificato”. Un esempio al riguardo può essere rinvenuto nelle attività sanitarie

e nella produzione farmacologica. Purtuttavia, quando tali vincoli abbracciano svariate attività, possono creare danni all’intero sistema produttivo, “con danni a questo riguardo

superiori a quelli che prevengono, e forme di tutela dei consumatori che scoraggiano la loro ricerca dell’offerta migliore. Per non parlare dei casi nei quali vincoli e standard presentati” a garanzia “dei consumatori tutelano in realtà i produttori e costituiscono perciò una patente violazione della concorrenza. Era di questa natura il diverso trattamento a lungo previsto dal codice civile italiano per l’assicuratore e per l’assicurato ai fini del rispettivo recesso, che era consentito al secondo solo dopo dieci anni, allo scopo, – diceva la relazione al codice – di tutelarlo da un mercato in cui poteva trovarsi improvvisamente esposto alle offerte meno affidabili”167.

Analizzando ora il principio di libero mercato con maggior riguardo all’effettivo rapporto tra concorrenza e consumatore, va subito precisato come per parte della dottrina la libera concorrenza è da intendersi quale “eguale libertà di iniziativa economica di ciascuno”168

165 BONELLI, Il valore costituzionale della tutela del consumatore: spunti ricostruttivi (tra Italia e Unione

europea), op. cit., p. 59.

166 AMATO, Tutela della concorrenza e tutela dei consumatori. Due fini confliggenti?, in Mercato

concorrenza regole, 2009, p.382.

167 AMATO, Tutela della concorrenza e tutela dei consumatori. Due fini confliggenti?, op. cit., pp.382 ss. 168 MINERVINI, Concorrenza e consorzi, in Trattato di diritto civile diretto da G. GROSSO e F.

SANTORO-PASSARELLI, vol. 6, Milano, 1961, p. 7; GHIDINI, Slealtà della concorrenza e Costituzione economica, Padova, 1978, pp. 79 ss.

103 e quindi una libertà orizzontale contestabile allo Stato, ma anche ad altri cittadini. Inizialmente, la Corte Costituzionale riteneva la libertà di concorrenza quale libertà d’iniziativa economica privata, suscettibile di limitazione per ragioni di utilità sociale e fini sociali (art. 41 Cost.). Dopodiché, con successive svariate interpretazioni, è arrivata a ritenerla quale “valore basilare della libertà di iniziativa economica […] funzionale

alla protezione degli interessi dei consumatori”169 in quanto precisava proprio come la

Costituzione tutelasse tale principio in via indiretta, a differenza del codice civile che, invece, poteva tutelarlo direttamente. La Costituzione, comunque, pone dei limiti a tale libertà, non potendo svolgersi in contrasto con l’utilità sociale e comunque deve essere sottoposta al controllo per verificare la presenza di fini sociali.

La Corte Costituzionale, in alcune sentenze degli inizi anni 2000, alla luce anche della modifica dell’art.117 Cost. e quindi dell’attribuzione allo Stato della “tutela della concorrenza” ha evidenziato come la nozione interna di concorrenza rifletta “quella posta

dall’ordinamento comunitario”170. Si è rilevato che tale definizione “comprende, tra

l’altro, interventi regolatori che a titolo principale incidono sulla concorrenza, quali: le misure legislative di tutela in senso proprio, che hanno ad oggetto gli atti ed i comportamenti delle imprese che influiscono negativamente sull’assetto concorrenziale dei mercati e ne disciplinano le modalità di controllo, eventualmente anche di sanzione; le misure legislative di promozione, che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l’apertura, eliminando barriere all’entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese, in generale i vincoli alle modalità di esercizio delle attività economiche”. È dunque evidente che, in

tal modo, “vengono perseguite finalità di ampliamento dell’area di libera scelta sia dei

cittadini, sia delle imprese, queste ultime anche quali fruitrici, a loro volta, di beni e di servizi”171. Ad essa sono state ricondotte procedure volte al divieto di posizione

dominante; ad evitare “pratiche abusive a danno dei consumatori”172, o ancora a garantire

la piena apertura del mercato173. L’interpretazione della Corte ritiene l’utilità sociale

quale insieme dei motivi di produttività del sistema nazionale, giustificante il sacrificio

169 Cfr. Corte cost. sent. 241/90, in www.giurcost.it.

170 Cfr. Corte cost., sentt. n. 45 del 2010, n. 430 del 2007 e n. 12 del 2004, in www.giurcost.it. 171 Cfr. Corte cost., sentt. n. 430 e n. 401 del 2007, in www.giurcost.it.

172 Cfr. Corte cost., sent. n. 51 del 2008, in www.giurcost.it. 173 Cfr. Corte cost., sent. n. 320 del 2008, in www.giurcost.it.

104 del singolo soggetto, in favore della collettività. Tale interpretazione pare di provenienza comunitaria, incentrata difatti sull’accelerazione del mercato concorrenziale.

Con lo sviluppo economico e soprattutto tecnologico si sono aperte nuove frontiere di servizi al consumatore, alcune delle quali ritenute troppo all’avanguardia, ma pure confliggenti con quelli che sono da sempre considerati i lavori tipici. Uno dove si evince maggiormente tale contrapposizione è la mobilità, all’interno della quale si è venuta affermando sempre più la concezione di shared mobility. Con tale definizione si vuole intendere un sistema di pianificazione dei trasporti che “si configura come un processo di

gestione delle decisioni cui fa seguito un insieme di azioni articolate nel tempo, finalizzate alle trasformazioni del sistema trasporti-territorio verso un obiettivo ritenuto ottimale per la collettività. Tale obiettivo deriva da una visione condivisa del futuro, e può essere perseguito attraverso l’attuazione di strategie definite secondo valori che la comunità approva (per es., la solidarietà e la coesione sociale, il rispetto per l’ambiente)”174. È un

sistema di condivisione della mobilità, attraverso l’uso in comune di mezzi di trasporto, quali biciclette, autovetture o altro, al fine non solo di risparmiare il costo di un bene o di un servizio, ma pure di eliminare/diminuire i mezzi in circolazione, con tutte le conseguenze positive che ne derivano, così pure integrando i mezzi di trasporto pubblici. Ad esempio, si stima che un’auto utilizzata per il car sharing rimpiazzi dai 9 ai 13 veicoli, con un risparmio tra i 154$ e i 435$ circa per gli utenti del servizio; per quanto riguarda il bike sharing, la ricerca afferma che chi utilizza questo mezzo di trasporto nelle zone urbane tende a vendere o a rimandare l’acquisto di un mezzo privato (5,5%), riducendo al 50% l’utilizzo dell’auto175. Nonostante tutto, lo share mobility non può essere

considerato un sistema in grado di sostituire il trasporto pubblico nazionale e locale; Coppola distingue il trasporto in privato, a domanda o pubblico/collettivo176, meglio

individuandoli nella figura che segue:

174 NUZZOLO, COPPOLA (2010), Pianificazione dei Trasporti, in Enciclopedia Treccani, pp. 1 ss..

http://www.treccani.it/enciclopedia/pianificazione-dei-trasporti_(XXI-Secolo)/.

175 SHAHEEN, CHAN, BANSAL, COHEN, Shared mobility, a sustainability & technologies workshop.

Definitions, Industry Developments, and Early Understanding, 2015.

176 COPPOLA, Classificazione e prestazioni dei sistemi di trasporto collettivo. Dispensa del corso di

Trasporti Urbani e Metropolitani della II Università degli studi di Roma “Tor Vergata”, 2008, Dipartimento di Ingegneria Civile, p.2.

105

Tabella 4 - Classificazione del trasporto passeggeri urbano per tipo d’uso

Fonte: Corso di Trasporti Urbani e Metropolitani. Docente: Ing. Pierluigi Coppola – “Classificazione e prestazioni dei sistemi di trasporto collettivo”

Dalla tabella è ben visibile la ripartizione posta in essere da Coppola, il quale distingue i mezzi prettamente collettivi, quali mezzi di trasporto urbano, semi-veloce e veloce, dai mezzi quali bici e auto a noleggio che invece appartengono allo share mobility.

Pertanto, alla luce delle premesse in precedenza elencate, occorre analizzare alcune forme “particolari” di concorrenza, che mettono in discussione i principi cardine dell’intero sistema. In particolare, nei successivi paragrafi verranno approfonditi due casi specifici di trasporto su gomma che hanno creato non pochi problemi a livello giuridico- applicativo, quali Uber e Flixbus.

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