4. Commento alla traduzione
4.2 Il registro colloquiale
Nel suo romanzo, Mercedes Pinto adotta un registro decisamente informale, vicino alla colloquialità; i periodi, infatti, sono quasi tutti brevi, con enunciati semplici che ricalcano la spontaneità e la naturalezza della lingua parlata. Questo perché Él, oltre a rappresentare una testimonianza importante sulla condizione della donna nel primo Novecento, è anche una sorta di diario intimo, in cui l’autrice ripercorre le sue tragiche esperienze di vita come se le stesse vivendo una seconda volta. È come se la scrittura avesse rappresentato, per la Pinto, una valvola di sfogo, che le ha permesso di mettere nero su bianco ciò che ha vissuto; i ricordi della sua vita dolorosa riaffiorano nelle pagine del romanzo come se l’autrice avesse sentito il bisogno di trascriverle subito dopo averle vissute. In realtà, erano già passati diversi anni dalle violenze subite da parte del suo primo marito, Juan de Foronda, ma le sensazioni e i sentimenti che i tanti soprusi e le minacce avevano lasciato nella sua memoria, risultano essere
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ancora vividi. La sintassi è, dunque, chiaramente improntata alla colloquialità e, pertanto, risulta ricca di ripetizioni, pause e frasi in sospeso; i puntini di sospensione vengono spesso impiegati, infatti, per riprodurre le pause del parlato durante i dialoghi, oppure con lo scopo di lasciare la frase in sospeso evocando l’atmosfera tragica di una vita dominata dalla sofferenza.
Y sin embargo… (Él, p. 26).
Y me vencí…y me senté… (Él, p. 27).
Inoltre, l’autrice li utilizza spesso per concludere i brevi frammenti in cui si articola l’intera opera.
Un altro aspetto che caratterizza la sintassi colloquiale è il fatto che i vari elementi della frase vengono ordinati in base al loro valore informativo: «De día evitaba yo la menor mirada del inglés», «pero se negaba aquel», «nada pude conseguir», «Creía Él haber inventado», «Tibia aún su mano que entre mis manos estrechaba». In questi casi l’elemento della frase che si vuole mettere in evidenza viene collocato all’inizio, invertendo l’ordine sintattico naturale, costituito da soggetto-verbo-complemento.
La spontaneità è un altro tratto caratteristico della lingua utilizzata da Mercedes Pinto, come dimostra l’uso di interiezioni come «¡ay» e «¡oh!», di frasi esclamative come «¡Y cuántas veces sus ojos expresaban el mayor asombro al verme sentada leyendo un libro con rostro tranquilo!»25, e domande che la protagonista-narratrice pone a se stessa: «¿De dónde sacaba mi alma tanto valor?»26. Anche le ripetizioni frequenti che ricalcano il parlato, unite all’uso dei punti esclamativi contribuiscono a dotare il testo di una forte valenza espressiva:
Eran ráfagas de optimismo las que pasaban sobre mí haciéndome perdonar, ¡perdonar desde luego!, y a ratos olvidar y…¡esperar! Y esperaba porque era joven, porque tenía salud, porque el alma en mí era fuerte y enérgica, porque en la tierra había
25 Él, p. 30. 26
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luz y calor y vida…y porque debía haber una Providencia […] (Él, p. 31).
L’impressione che si ricava è che la Pinto abbia trascritto i suoi ricordi man mano che essi riaffioravano alla sua mente, ed è per questo che la sua scrittura risulta improntata alla naturalezza e al quotidiano, presentando caratteristiche vicine a quelle della lingua orale. La riformulazione, per esempio, fa parte dei tratti che contraddistinguono la sintassi colloquiale: «Y un día…Un día comprendí […]»,«Yo les hablé…Les hablé […]». Anche i pronomi dimostrativi posposti sono un altro esempio tipico del registro informale: «[…] y el poder ese que […]».
A livello fonico, la pronuncia enfatica del discorso orale viene resa, nel testo scritto, attraverso la grafia maiuscola, con la funzione di aggiungere informazione a ciò che viene comunicato; quando la narratrice rievoca il ricordo della morte dell’amata sorella, lo fa riferendosi a lei scrivendo «MI HERMANA». Le lettere maiuscole servono a marcare e a mettere in rilievo l’importanza che aveva la sorella per la protagonista, affinché il lettore possa comprendere quanto quella perdita sia stata dura per lei. Inoltre, Mercedes Pinto non rivela mai nemmeno il nome della sorella, ma si riferisce a lei ricorrendo a diverse circonlocuzioni: «la compañera de mis juegos de niña», «el otro yo de mi adolescencia», «la sombra de mi cuerpo», «el gemelo capullo del materno rosal», e ancora «la siempre muy amada», «mi huido tesoro» e «la compañera de mi vivir doliente». Tutte queste perifrasi utilizzate per definire la sorella defunta contribuiscono a sottolineare l’amore e il forte legame che le legava, e, di conseguenza, possiamo facilmente comprendere la grande sofferenza e il profondo dolore che la sua morte ha provocato all’autrice. Tuttavia, Lui non si dimostra affatto turbato e non cerca in nessun modo di stare accanto alla moglie affranta per darle conforto; anzi, diventa ancora più violento, comportandosi con totale indifferenza e dimostrando, ancora una volta, tutta la sua insensibilità. Anche quando si riferisce al figlio maggiore, la donna utilizza le perifrasi «el predilecto de mi corazón» e «el rubio sol de mi pobre destrozada vida», enfatizzando, anche in questo caso, l’importanza che il figlio ricopre nella sua vita.
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Trattandosi di una scrittura intima e vicina al parlato, a livello morfologico la Pinto utilizza diversi diminutivi come «pequeñín», «collarcito», «perrillo» e «gatito»: essi si riferiscono tutti al gattino che la donna aveva ricevuto come regalo e al quale si era molto affezionata. L’uso del diminutivo carica il significato della parola di espressività, marcando l’attaccamento della protagonista per l’animale e contribuendo a rafforzare l’impatto emotivo nel lettore quando Lui lo ucciderà, accecato da una folle e insensata gelosia. Anche quando il figlio maggiore della coppia trova un uccellino, la narratrice lo chiama ricorrendo a dei vezzeggiativi come «pajarito» e «pajarillo», così da mettere in evidenza l’aspetto affettuoso di questo animaletto, che, però, non sopravvivrà alla furia di Lui. Dopo che il marito ha schiacciato l’uccellino, Mercedes Pinto si paragona a quest’ultimo:
¡Tenía razón mi hijo adorato al decir que el pajarito se parecía a mí…! (Él, p. 47).
Un altro aspetto che caratterizza il registro informale è l’utilizzo di connettori pragmatici, la cui funzione è quella di unire gli enunciati; in particolare, il connettore «es que» è molto frequente nello spagnolo colloquiale. «Es que te estoy odiando tanto, que quiero encontrar un motivo para decírtelo…»27
: in questo caso il connettore introduce una giustificazione a uno dei tanti accessi d’ira di Lui. Dal momento che in Él la narratrice riporta moltissimi dialoghi, nel testo si trovano anche numerosi connettori che vengono impiegati, soprattutto nel discorso diretto, per l’inizio, la continuazione o la chiusura dei turni all’interno di una conversazione: «¿Pues qué te creías», «¿Pero qué imbecilidades son éstas », oppure «Bueno, ¿y a ti qué te importa […] ». Essi servono al parlante per la formulazione di ciò che vuole dire o per non perdere il filo del discorso. Vi sono anche termini che perdono il loro significato originale convertendosi in elementi fatici del discorso: «De esto ni una palabra, ¿sabes?». In questo caso, «¿sabes?» è un connettore che regola il contatto del parlante con il suo interlocutore. I dialoghi rappresentano, pertanto, una porzione
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fondamentale all’interno dell’opera e contribuiscono, anch’essi, a rendere più viva e incalzante la narrazione.
Per quanto riguarda il lessico, esso è ricco di termini ed espressioni non ricercate, ma tipiche del parlato come «así» utilizzato al posto di «de este modo»: «y así viví mucho tiempo». «Dejar» invece di «permitir»: «mis nervios disparados no me dejaron dormir». Il verbo «tener» per esprimere un possesso al posto di «poseer»: «tiene mucho talento».
La lingua usata da Mercedes Pinto in Él è, dunque, una lingua che presenta un carattere familiare e quotidiano e un tono informale improntato alla naturalezza del parlato; per questo motivo, si può parlare di linguaggio colloquiale, la cui caratteristica principale è rappresentata dall’espressività. Da quest’ultima, infatti, dipendono la scelta del lessico, le varianti morfologiche e la struttura sintattica. Come abbiamo visto, l’autrice fa uso di termini comuni, non ricercati, ed è per questo che la sua scrittura risulta accessibile e scorrevole. Anche la sintassi è molto semplice ma, allo stesso, dinamica, dal momento che deve soddisfare il principio del minor sforzo comunicativo e mettere in evidenza determinati elementi della frase, come accade nell’oralità. Altri due aspetti fondamentali del registro colloquiale sono la spontaneità e la soggettività: quella della Pinto è, infatti, una scrittura intima e personale che, attraverso l’uso di un lessico particolare e di varianti morfologiche come i diminutivi, riesce a far entrare il lettore in empatia con la narratrice. Nella lingua colloquiale entrano in gioco anche fattori pragmatici che aggiungono un surplus di significato a ciò che si sta dicendo o, in questo caso, scrivendo; è come se molti elementi tipici del discorso orale si fossero riversati nel testo scritto. Spesso si avverte la mancanza di una pianificazione, proprio come accade durante un dialogo; Él, infatti, è ricco di ripetizioni, riformulazioni e pause rese attraverso l’uso dei puntini di sospensione. Spesso, inoltre, l’autrice dà libero sfogo ai suoi sentimenti rivolgendosi a se stessa, come se stesse riflettendo ad alta voce:
¡Pero ni eso debo anhelar! ¡Yo no tengo derecho a morir! ¡Yo no debo morir! (Él, p. 41).
97 ¿Sufrirán así todas las mujeres… (Él, p. 14).
L’impressione che si ricava dalle sue parole è che la donna annoti, giorno per giorno, le sensazioni che prova sul suo diario; in realtà, sono passati ormai diversi anni dai fatti che sta ripercorrendo o, meglio, rivivendo.
Un’altra caratteristica costante dell’opera è il fatto che Mercedes Pinto evidenzi sempre la sua presenza all’interno della narrazione attraverso l’uso del «yo», ovvero mediante quella che si definisce la personalizzazione dell’io. Questa tecnica è volta al rafforzamento e all’intensificazione del ruolo di chi scrive, e, in questo caso, l’interesse della narratrice è anche quello di rimarcare la contrapposizione rispetto a
Lui: «Y yo, confundida, ignorante o inocente», «yo hubiera querido», «yo
sentía».
È chiaro, dunque, che Él rappresenta sì una testimonianza importante su temi scottanti, soprattutto per l’epoca, ma è anche il diario intimo di una donna che ha sentito il bisogno di trascrivere le sue sofferenze come per riuscire, in questo modo, a liberarsene del tutto e iniziare, finalmente, una nuova vita.