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Il rischio: condizione esistenziale di ogni azienda

2.2 IL RISCHIO E LA FLESSIBILITA’ DEL LAVORO NELL’ATTIVITA’

2.2.1 Il rischio: condizione esistenziale di ogni azienda

Ogni impresa nello svolgimento della propria attività deve quotidianamente confrontarsi con un ambiente in cui sono presenti forze economiche e non economiche (come quelle di mercato, politico-sociali o di credito) di natura complessa e dinamica.

In particolare, se osserviamo l’ambiente che ci circonda, possiamo notare come esso sia in continua ed incessante evoluzione. Basti pensare che, negli ultimi anni, a causa della crisi economica mondiale, l’ambiente nel quale si sono insediate le imprese è fortemente mutato. Per fare fronte a questa evoluzione e per aumentare la produttività delle imprese italiane, il Governo Monti ha pianificato diversi interventi, tra cui la Riforma del mercato del lavoro. L’introduzione delle nuove regole ha nuovamente modificato il contesto di riferimento, generando una spirale di trasformazione.

Come affermato da Bertini (1987, p.6), l’incessante evoluzione dell’ambiente esterno, se da un lato “offre possibilità di espansione e di sviluppo, è, al tempo stesso, causa di pericolo per la vita delle diverse aziende che operano in esso”35. Ogni azienda pertanto, per sopravvivere e perseguire l’obiettivo di generazione di ricchezza, deve svolgere la propria attività non come un soggetto statico e immutabile, ma deve essere flessibile, cercando di adattarsi ai mutamenti dell’ambiente stesso. Per fare ciò essa deve riuscire a prevedere i possibili cambiamenti futuri dell’ambiente esterno. Tali previsioni però, a causa della limitata capacità intellettiva e conoscitiva dell’essere umano, sono dominate da un elevato livello d’incertezza: è infatti difficile riuscire a prevedere con accuratezza un cambiamento

34 Ferrero, G., 1968, p. 8. Istituzioni d’economia d’azienda. Milano: Giuffrè Editore.

61 ambientale futuro e ancor di più lo è cercare di prevenire le conseguenze che questo potrebbe generare nell’attività produttiva.

Il soggetto aziendale che formula le previsioni è cosciente della limitatezza della propria capacità previsionale e della relatività dei metodi applicati per effettuare tali ipotesi; il problema è che egli non è in grado di apprezzare la probabilità e la grandezza dell’errore e di conseguenza le ipotesi elaborate rimangono gravate da un elevato livello d’incertezza, creando un divario tra queste e l’effettiva realtà. Come evidenziato da Bertini (1987, p.9) “la possibilità di scostamento tra ipotesi e realtà costituisce il fondamento della problematica del rischio aziendale”36.

Le condizioni d’incertezza e di difficoltà di previsione sono caratteristiche di tutte le imprese operanti in qualsiasi tipologia di settore e, pertanto, il rischio ad esse connesso è una “condizione di esistenza di tutte le aziende, qualunque sia l’oggetto che ne caratterizza la funzione strumentale”37.

In particolare, il rischio in cui incorrono le aziende a seguito dell’introduzione della legge 92/2012, riguarda lo scostamento tra i costi di licenziamento attesi e quelli reali dopo l’introduzione della nuova regolamentazione. Questi sono influenzati dalla probabilità di ricorso in giudizio da parte del dipendente e dalla discrezionalità dei giudici nell’applicazione delle sanzioni. La variabilità del loro impatto andrà ad influenzare la valutazione di convenienza dell’interruzione del rapporto lavorativo e, conseguentemente, la formazione del reddito operativo.

In generale, il rischio viene identificato come il fenomeno legato all’incertezza che l’azienda deve sopportare in seguito alla possibile manifestazione di un evento futuro e incerto, le cui conseguenze vanno ad incidere, direttamente o indirettamente, nell’attività aziendale stessa. Come abbiamo visto, esso trae origine dalle limitate capacità conoscitive dell’essere umano e dall’elevata dinamicità dell’ambiente circostante. È considerato un’entità di natura astratta e non deve essere confuso né con gli elementi dai quali trae origine, né con gli effetti che esso può produrre. Bertini (1987, p.14) afferma infatti che i fattori dai quali ha origine il rischio hanno una natura concreta e non possono essere eliminati; al contrario il rischio in sé ha una natura astratta e, se fosse possibile prevedere esattamente gli eventi futuri, esso scomparirebbe.

Spesso in passato il rischio aziendale è stato definito come lo scostamento dell’effettivo andamento di un fenomeno rispetto a quello inizialmente ipotizzato. Bertini, non

36 Bertini, U., 1987, p. 9. Introduzione allo studio dei rischi nell’economia aziendale. Milano: Giuffrè Editore. 37 Ferrero, G., 1968, p. 37. Istituzioni d’economia d’azienda. Milano: Giuffrè Editore.

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è concorde con tale tipo di affermazione, poiché sostiene che, mentre lo scostamento è una quantità nota e determinabile, il rischio per sua natura è ignoto nell’entità e pertanto non può essere determinato. Egli sostiene che “lo scostamento debba piuttosto considerarsi indicativo del «danno» che l’azienda subisce a seguito del mancato verificarsi delle ipotesi prefissate”38. Infatti, mentre il rischio rappresenta l’eventualità di un andamento differente rispetto a quello previsto, il danno è la certezza dell’evoluzione differente; il primo è sempre presente nella vita di un’impresa, mentre il secondo può anche risultare assente.

L’azienda quotidianamente con la propria attività operativa deve confrontarsi con la formazione di rischi; essa però non può accettarli passivamente, ma deve cercare di ridurre o eliminare la loro entità ed inoltre si deve impegnare affinché l’eventualità del danno non si traduca in una certezza. Nel caso in cui essa non consideri e non analizzi opportunamente i rischi relativi all’ambiente circostante e alla propria attività interna, rinuncia espressamente a colmare il divario esistente tra le previsioni e l’effettiva realtà, accentando in questo modo passivamente l’idea del danno (Bertini, 1987).

Il rischio è soggetto a cambiamenti nel tempo: esso nasce nello stesso istante in cui vengono formulate delle ipotesi riguardanti determinate situazioni future, ma queste, in seguito al manifestarsi degli eventi, possono subire delle modificazioni e di conseguenza anche il rischio potrà variare nella sua entità. Le modifiche possono dipendere sia da cambiamenti nelle condizioni ambientali esterne, sia dai cambiamenti interni all’azienda. Il rischio cesserà di esistere nel momento in cui verrà meno la causa che l’ha generato. Bertini (1987, p.33) formula tre possibili ipotesi di cessazione del rischio:

· Manifestazione del fenomeno dal quale il rischio ha origine senza alcuna eventualità contraria;

· Manifestazione dell’evento contrario;

· Modificazione nel livello di conoscenza del fenomeno stesso.

Inoltre, poiché il rischio è un fenomeno caratteristico ed intrinseco della vita aziendale, la sua durata dipenderà dalla lunghezza della attività d’impresa e cesserà con la fine di questa.

I rischi normalmente sono suddivisi in base alla loro origine in “rischi di natura

economica” e “rischi di natura extra-economica”. I primi riflettono il vincolo che le diverse

relazioni creano tra l’azienda stessa e l’ambiente socio-economico nella quale essa opera; i secondi invece si riferiscono a tutti quegli avvenimenti che non hanno direttamente un’origine

63 economica, come ad esempio i rischi legati alla responsabilità civile, alle calamità naturali, ecc.. Entrambe le tipologie di rischio, con la loro manifestazione producono sempre delle conseguenze d’ordine economico, poiché influiscono, direttamente e indirettamente, sulla formazione della ricchezza aziendale (Ferrero, 1968). Per fronteggiarli, l’impresa attua sempre nuove strategie che vanno ad incidere sulle condizioni di economicità della stessa, modificandone la posizione attuale; inoltre queste, combinandosi tra loro, nel lungo periodo, possono trasformare la stessa struttura aziendale (Bertini, 1987).

L’influenza che i rischi esercitano sulla ricchezza aziendale può avere riflessi sia positivi che negativi. Questo principio è evidenziato da Chessa (1927, p.5), il quale afferma che “non tutti i rischi apportano […] conseguenze economicamente sfavorevoli”39. L’esistenza dell’incertezza e del rischio possono infatti creare delle opportunità favorevoli per lo sviluppo dell’impresa che in condizioni di perfetta conoscenza non si genererebbero. Per poterle individuare è necessario che i responsabili del trattamento dei rischi innanzitutto determino questi ultimi e, in secondo luogo, esprimano la convenienza o meno per l’impresa ad assumerli. Bertini (1987, p.150) sottolinea che dovrebbero “ricadere nell’orbita aziendale soltanto quelle manifestazioni fenomeniche suscettibili di produrre utilità alla combinazione produttiva”40.

La valutazione dei rischi deve essere effettuata per qualsiasi tipologia di attività che l’impresa intenda intraprendere. Si pensi ad esempio che anche la semplice assunzione di un dipendente con contratto lavorativo subordinato a tempo indeterminato porta l’imprenditore ad assumere dei rischi: infatti, nel momento in cui quest’ultimo voglia interrompere il rapporto lavorativo per qualsivoglia motivazione, non potrà farlo liberamente, poiché il dipendente è protetto dalle tutele previste dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. Il datore di lavoro pertanto, prima di effettuare il licenziamento, dovrà adempiere ad alcune regole e, nel caso in cui non lo faccia, verrà sottoposto al pagamento di sanzioni. L’imprenditore sarà disposto ad accollarsi questi rischi, se l’attività lavorativa del dipendente porterà a dei vantaggi per l’azienda stessa.

Per formulare un giudizio sul rischio, i tecnici devono effettuare un apprezzamento

del rischio stesso, ossia devono valutare congiuntamente sia l’entità massima del danno nel

caso in cui abbia luogo l’evento rischioso, sia la probabilità che ha questo di manifestarsi. Con l’introduzione della legge 92/2012 tale valutazione è più semplice, poiché è stato previsto un limite massimo delle sanzioni applicabili, pertanto, sarà più semplice stimare il

39 Chessa, F., 1927, fascicolo II, p.5. La classificazione dei rischi e il rischio d’impresa. Roma: estratto da

“Rivista di Politica Economica”.

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costo del licenziamento a cui l’impresa dovrà fare fronte. La probabilità di dichiarazione d’illegittimità è invece legata alla discrezionalità dei giudici e, di conseguenza, difficilmente stimabile.

Se dopo quest’analisi il rischio viene definito accettabile, cioè economicamente conveniente, allora l’impresa sarà disposta ad accollarselo; in caso contrario essa rinuncerà al rischio stesso e ai vantaggi connessi. Chessa (1927, p.46), concorde con questa impostazione, rileva come “i capitalisti e gli industriali più avveduti ed attivi saranno disposti, pur di ottenere lucro, ad assumere i rischi.”41 Il rischio definito “sopportabile”, non deve essere necessariamente di modesta entità: se le condizioni economiche e le prospettive di mercato sono favorevoli, l’imprenditore sarà disposto ad accollarsi un rischio di entità elevata, purché esso dia luogo ad una congrua remunerazione (Bertini, 1987).

Svolgendo l’attività d’impresa è possibile imbattersi in molteplici forme di rischio che possono essere classificate in differenti modi a seconda della natura dell’evento che origina il rischio stesso, dell’andamento economico generale o della distribuzione che caratterizza la variabile aleatoria aziendale. In tutti i casi, per poter effettuare un’analisi completa, organica ed unitaria degli avvenimenti che possono impattare nella vita aziendale, è necessario non isolare una specifica tipologia di rischio, ma considerare le relazioni intercorrenti tra tutte le sue diverse forme.

Il primo tipo di classificazione riguarda la distinzione dei rischi in base alla natura dell’evento che ha dato vita alla situazione rischiosa. Essi possono essere suddivisi in rischi

esterni e rischi interni. I primi dipendono dall’ambiente esterno all’impresa e non sono

influenzabili direttamente dal management, mentre i secondi derivano dall’attività operativa aziendale e possono essere modificati tramite le azioni dei dirigenti. Esempi di questi possono essere rispettivamente i rischi derivanti dalla volatilità dei prezzi o dalla variabilità dell’inflazione e quelli derivanti dalle scelte strategiche.

La seconda tipologia di classificazione divide i rischi a seconda dell’andamento economico generale; essi possono essere suddivisi in: rischi specifici, cioè legati alla singola impresa, e rischi sistematici, ossia determinati dalle variabili macroeconomiche o finanziari e caratterizzanti il mercato in generale. Nel primo caso i rischi possono essere ridotti o eliminati tramite la diversificazione, mentre nel secondo caso essi non sono nè diversificabili né riducibili e pertanto devono essere remunerati.

41 Chessa, F., 1927, fascicolo II, p.46. La classificazione dei rischi e il rischio d’impresa. Roma: estratto da

65 Damodaran (2006, p. 57 e ss.) suggerisce un’ulteriore suddivisione di questa classificazione individuando cinque sotto-categorie di rischio, in cui le prime quattro possono essere considerate rischi specifici, mentre l’ultima è un rischio sistemico. I rischi vengono distinti nel seguente modo:

· Rischio specifico di un progetto: è legato al singolo investimento. Esso può produrre flussi di cassa superiori o inferiori rispetto a quelli attesi a causa delle caratteristiche intrinseche al progetto stesso o degli errori di previsione. Un’impresa può eliminare tale rischio tramite la diversificazione, intraprendo un elevato numero di progetti similari.

· Rischio-concorrenza: è legato alle variazioni di flussi di cassa, sia positive sia negative, generate dalle azioni dei concorrenti. Tale tipologia di rischio può essere limitata prevedendo con anticipo le possibili reazioni dei competitors; questo però risulta difficile da compiere, poiché spesso le loro azioni sono imprevedibili e influenzano più progetti contemporaneamente.

· Rischio-settore: deriva da fattori specifici di un determinato settore industriale che incidono sui flussi di cassa aziendali. Questa tipologia di rischio a sua volta si suddivide in tre sottocategorie: il rischio tecnologia, cioè la possibilità che possano avvenire rilevanti cambiamenti tecnologici nel corso del tempo che rendano il progetto d’investimento obsoleto; il rischio leggi, ossia la possibilità che avvengano dei variazioni nelle leggi e nelle regolamentazioni; il rischio

materie prime, ovvero la possibilità di cambiamenti nei prezzi delle materie

prime e dei servizi utilizzati spesso in quel settore. Un’impresa difficilmente riesce a ridurre questa tipologia di rischio, a meno che non diversifichi la propria attività in settori industriali differenti.

· Rischio internazionale: tipologia di rischio che un’impresa si trova a dover fronteggiare nel caso in cui gli utili e il prezzo delle azioni sono espresse in una valuta differente rispetto a quella dei flussi di cassa del progetto. In questo caso i risultati possono differire a causa delle variazioni nel tasso di cambio. L’impresa può ridurre questo rischio intraprendendo progetti in Paesi differenti in cui le valute non abbiano un andamento correlato oppure finanziando gli investimenti con la valuta locale del Paese nel quale si fa l’investimento.

· Rischio-mercato o rischio sistematico: dipende dalle variabili macroeconomiche, come ad esempio l’inflazione e la crescita economica, che

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hanno un impatto su tutte le imprese ed i progetti anche se con intensità differenti. Questo tipo di rischio non può essere eliminato tramite la diversificazione né dalle aziende, né dagli investitori.

Con questo tipo di classificazione la componente del rischio che viene modificata con la Riforma Fornero riguarda il rischio-settore, in particolare il rischio leggi. In questo caso però l’impresa non riuscirà a modificare il proprio livello di rischio diversificando l’attività in settori differenti: la legge 92/2012 infatti viene applicata alle imprese con più di quindici dipendenti appartenenti a qualsiasi settore e, pertanto, tutte le imprese, anche se con gradazioni differenti, verranno influenzate da questo cambiamento.

I rischi infine possono essere suddivisi in base alle conseguenze che questi apportano ai risultati aziendali e alla loro distribuzione. Questo tipo di classificazione è la più tradizionale e suddivide i rischi in speculativi e puri. I primi hanno un andamento tendenzialmente simmetrico e con la stessa probabilità è possibile per l’azienda ottenere sia un profitto che una perdita; i secondi invece sono caratterizzati da un’asimmetria fortemente negativa che evidenzia una bassa probabilità di accadimento dell’evento avverso ma, nel caso in questo avvenga, esso porta al solo ed ingente danno economico per l’azienda. In particolare, i rischi a cui sono esposte le imprese a seguito della novella all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori possono rientrare all’interno dei rischi speculativi. Infatti, come dimostreremo in seguito, questi possono portare sia ad una riduzione che ad un aumento dei risultati aziendali.

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Fig. 2.1 Classificazione rischi aziendali

Fonte: rielaborazioni personali

Come evidenziato nella Figura 2.1, i rischi speculativi possono essere a loro volta suddivisi in rischi di business, ossia relativi all’attività tipica dell’impresa, e in rischi derivati, conseguenti all’attività finanziaria dell’azienda. Questi possono ulteriormente essere ripartiti in diverse sottocategorie ed in particolare i rischi derivati possono essere suddivisi in: rischi di

struttura finanziaria, derivanti dalla ricerca di mezzi finanziari per le aziende in perdita; rischi d’investimento, prodotti dall’impiego di mezzi finanziari in altre attività per le imprese con

surplus positivo; rischio asset-liabilty, conseguente allo svolgimento congiunto dell’attività tipica aziendale con le due sopradescritte.

I rischi di business possono invece essere suddivisi in rischi strategici, rischi operativi e rischi finanziari. I rischi strategici contemplano il rischio che s’incorre nel momento in cui vengono formulate le strategie aziendali ai livelli più elevati. In questo caso il top management deve cercare di individuare le fonti di rischio derivanti dall’ambiente esterno, dai concorrenti e dal mercato e, di conseguenza, deve individuare i possibili scenari che si potranno realizzare nel futuro. Per ciascuno di questi si dovranno poi definire le linee d’azione per evitare l’accadimento dell’evento dannoso in capo all’azienda stessa.

Il rischio operativo è stato definito nel 2001 dal Comitato di Basilea come “il rischio di perdite conseguenti a inadeguati processi interni, errori umani, carenze nei sistemi operativi

Rischi aziendali Rischi speculativi Rischi di business Rischio

strategico operativoRischio finanziarioRischio

Rischi derivati

Rischio struttura finanziaria

Rischio

d'investimento Rischio asset-liability Rischi puri

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o a causa di eventi esterni”42. Esso viene identificato con la probabilità che si verifichino

variazioni più o meno ampie dei risultati economici della gestione caratteristica dovuti alle modificazioni delle vendite, a minori livelli di efficienza operativa o a eventi esterni come ad esempio i cambiamenti tecnologici (Del Pozzo, 2009).

Il rischio operativo può essere suddiviso in due aggregati: il primo, il business risk, individua il rischio di mercato e di settore nel quale l’impresa opera ed è ineliminabile; il secondo, il rischio operativo in senso stretto, è strettamente legato al processo produttivo ed è riconducibile ai comportamenti umani. Quest’ultimo può essere ridotto o eliminato tramite la corretta gestione dei possibili eventi dannosi (Del Pozzo, 2009).

Tale tipologia di rischio si traduce in variazioni più o meno ampie del risultato operativo e la sensibilità di queste è determinata dal capitale investito e dalla leva operativa. In particolare, quest’ultima rileva l’incidenza dei costi fissi sul margine operativo, pertanto al variare delle quantità vendute possiamo osservare una variazione della leva stessa. Nel caso in cui siano presenti delle variazioni nel fatturato, la leva operativa funge da moltiplicatore del “rischio volume” e determina l’impatto nel rischio operativo; questo può quindi essere rappresentato come:

v(RO) = LO × v(S)

dove: v(RO) = variabilità del reddito operativo;

LO = leva operativa;

v(S) = variabilità del fatturato.

Imprese che hanno una maggiore incidenza di costi fissi, avranno una leva operativa superiore e di conseguenza aumenterà anche la loro esposizione al rischio operativo. In seguito verrà approfondito il concetto di leva operativa e si analizzerà l’impatto che le modifiche introdotte dalla Riforma del lavoro hanno sul rischio operativo.

Infine, il rischio finanziario è connesso agli aspetti finanziari e monetari della gestione dell’azienda. In particolare, esso deriva dal ricorso da parte dell’impresa all’indebitamento: questo rende più rigida la composizione dei flussi di cassa e di conseguenza incide sulla capacità di rimborso dei debiti. Maggiore infatti è il ricorso al debito per un’impresa, minore sarà la possibilità di adattare la propria struttura alle eventuali riduzioni di fatturato: gli oneri

42 Locatelli, R., Magistretti, E., et al., , 2001, p.5. Il rischio operativo. Roma: Associazione per lo Sviluppo degli

69 finanziari non variano al variare delle vendite e pertanto, all’aumentare del leverage, crescerà il rischio di non far fronte agli impregni presi. Nel caso in cui un’impresa sia priva di debito e di costi fissi, allora il rischio finanziario coinciderà con il rischio operativo.

Al fine di individuare i reali impatti che la Riforma Fornero ha apportato al rischio nell’attività aziendale tramite la maggiore flessibilità in uscita, è necessario riuscire ad effettuare una valutazione generale e unitaria di tutte le variabili che l’intervento riformatore ha modificato e che possono impattare sul rischio aziendale.

La nostra analisi si baserà sull’osservazione degli effetti che la legge 92/2012 ha sul rischio di una qualsiasi azienda generica. Inizialmente considereremo gli effetti nel breve termine, assumendo che le condizioni dell’ambiente esterno siano ceteris paribus rispetto al passato; in un secondo momento invece osserveremo gli effetti della Riforma del mercato del lavoro nel medio-lungo periodo, analizzando i cambiamenti che questa può apportare