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Nonostante il punto focale dell’attenzione di questo lavoro sia rivolto alle modifiche introdotte con la Riforma Fornero all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, si è ritenuto opportuno analizzare una panoramica più ampia dei licenziamenti, ricomprendendovi non solo quelli individuali, ma anche quelli collettivi. Questo permetterà di ottenere un maggiore livello di completezza e coerenza. La legge 92/2012 ha infatti apportato alcune modifiche al regime sanzionatorio per il licenziamento collettivo invalido al fine di coordinarlo con la nuova disciplina prevista dall’art. 18 dello Statuto.

Il licenziamento collettivo è determinato da ragioni che non riguardano la sfera personale del lavoratore, ma sono collegate a motivazioni di carattere organizzativo, come accade per i licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo. Ad essi però, contrariamene rispetto a quanto avviene per il licenziamento economico, si applica una complessa disciplina che prevede il coinvolgimento delle organizzazioni e delle rappresentanze sindacali. Tale disciplina è regolata tramite la legge 223/1991 che viene applicata ai datori di lavoro che superino la soglia dimensionale dei quindici addetti e che intendano licenziare almeno cinque dipendenti nell’arco di 120 giorni nello stesso territorio provinciale. I soggetti imprenditoriali che non raggiungono le suddette dimensioni potranno invece procedere a uno o più licenziamenti per g.m.o.

La disciplina prevista dalla legge 223/1991 prevede innanzitutto l’avvio di una procedura di comunicazione con la quale il datore di lavoro è tenuto a dare alle organizzazioni sindacali informazioni particolareggiate sui motivi che hanno indotto i licenziamenti e sul piano di riduzione del personale. Tale piano viene consultato dalle organizzazioni sindacali e, nel caso in cui si decida di procedere ai licenziamenti, devono essere individuati i soggetti che verranno licenziati. Per fare ciò si applicano i criteri di scelta previsti dalla contrattazione collettiva o dalla legge. I lavoratori licenziati avranno accesso alle liste di mobilità e potranno godere dell’indennità di mobilità o dell’indennità di disoccupazione. Il singolo lavoratore licenziato ha il diritto di impugnare il licenziamento entro il termine di 60 giorni per far valere in giudizio gli eventuali profili di invalidità.

Analizzando le novità introdotte dalla Riforma del lavoro, possiamo notare come l’art. 1, comma 44, legge 92/2012, cambi le previsioni contenute nell’art. 4, comma 9, legge 223/1991, introducendo l’obbligo di comunicare la lista dei lavoratori e i criteri di scelta non più contestualmente ai licenziamenti, ma entro sette giorni dal recesso. Nel caso in cui il datore di lavoro non adempia a tale obbligo, darà luogo ad un vizio dei licenziamenti (Scarpelli, 2012a).

41 L’art. 1, comma 45, legge 92/2012 introduce poi un’altra modifica all’art. 4 legge 223/1991 aggiungendo la seguente frase: “gli eventuali vizi della comunicazione di cui al comma 2 del presente articolo possono essere sanati, ad ogni effetto di legge, nell’ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della procedura di licenziamento collettivo”27. Questa disposizione pone fine ad una discussione molto frequente in giurisprudenza che prevedeva l’effetto sanante o meno di un accordo sindacale sui vizi della comunicazione con la quale viene avviata la procedura di licenziamento. La giurisprudenza prevalente infatti sosteneva che la violazione degli obblighi previsti per tale tipo di procedura poteva essere fatta valere dal lavoratore licenziato, anche se l’organizzazione sindacale era giunta ad un accordo con l’azienda. Questo veniva motivato con il fatto che la procedura era diretta a soddisfare non solo l’interesse collettivo delle OO.SS. ma anche gli interessi individuali dei singoli lavoratori (Maresca, 2012).

Ora invece con la nuova disposizione appare chiaro che i vizi di comunicazione di apertura della procedura sono sanabili tramite un accordo tra impresa e organizzazioni sindacali e pertanto, come affermato da Scarpelli (2012a, p.96), d’ora in poi si porrà il delicato problema della rappresentatività delle associazioni sindacali: il loro consenso potrà sanare il vizio della comunicazione del datore di lavoro, ma questo andrà non soltanto ad influenzare l’interesse collettivo, ma anche quello dei singoli dipendenti.

Restano esclusi dalla sanatoria gli altri vizi che riguardano la realizzazione e la conclusione della procedura ed i termini entro i quali deve avvenire. Inoltre la totale omissione della procedura di comunicazione non può essere classificata come un semplice vizio, poiché la comunicazione non esiste; in questo caso pertanto il singolo lavoratore licenziato può far valere l’inefficacia del recesso (Marazza, 2012).

Le modifiche più importanti attuate dalla Riforma Fornero ai licenziamenti collettivi riguardano il regime sanzionatorio. In particolare sono stati distinti tre possibili vizi:

a) la mancanza di forma scritta del licenziamento: è prevista la nullità dell’atto e la sanzione applicabile è la reintegrazione ad effetti risarcitori pieni;

b) la violazione delle procedure: è previsto il pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva compresa tra le dodici e le ventiquattro mensilità;

27 Legge 28 giugno 2012, art. 1, c. 45. Disponibile on line al sito:

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c) la violazione dei criteri di scelta: è previsto l’annullamento dell’atto e il diritto per il lavoratore alla tutela reale ridotta.

Nel primo caso il regime sanzionatorio previsto viene applicato anche nel caso in cui emerga il vizio di nullità per discriminazione o violazione di norme imperative, anche se non espressamente previsto dalla legge.

Nel secondo caso, il nuovo regime sanzionatorio stravolge l’impostazione prevista dalla legge 223/1991. Questa infatti riponeva il massimo della tutela nella procedura sindacale e, nel caso in cui questa fosse stata affetta da vizi, i lavoratori avevano il diritto ad essere reintegrati. Con la nuova disciplina invece si dà luogo ad un regime sanzionatorio meramente indennitario.

Si crea inoltre una disparità di trattamento tra i lavoratori delle diverse imprese a seconda del fatto che godano o meno della copertura sindacale. Infatti ove esiste una violazione delle procedure e sono presenti le organizzazioni sindacali, queste potranno agire con ricorso per condotta antisindacale, conseguendo, in caso d’esito positivo, la reintegrazione dei lavoratori licenziati. Dove invece le organizzazioni sindacali non sono presenti, i lavoratori avranno eventualmente il diritto ad ottenere un indennizzo economico (Scarpelli, 2012).

Il terzo caso invece è in linea con quanto previsto dalla vecchia normativa per quanto riguarda il carattere sanzionatorio. Le novità vengono introdotte in materia di regime processuale. I lavoratori licenziati che ritengono di essere stati scelti tramite dei criteri sbagliati possono fare ricorso in tribunale tramite un processo accelerato; in questo modo, nel caso in cui la sentenza abbia esito positivo, il dipendente potrà essere reintegrato in tempi rapidi.