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Il ruolo dei network urbani nella finanza climatica

Capitolo 3 – La finanza climatica urbana

3.4. Il ruolo dei network urbani nella finanza climatica

I network di città riconoscono come uno dei maggiori ostacoli che i sindaci incontrano per attuare piani di resilienza sia rappresentato dalla scarsità di finanziamenti. Oltre ad unire le città negli sforzi a ridurre le proprie emissioni e creare infrastrutture che siano in grado di adattarsi alle nuove situazioni climatiche, i network urbani mettono spesso a disposizione le loro competenze creando partnership ed iniziative per finanziare la resilienza urbana. Non si tratta solamente di trovare risorse economiche, ma di fornire ai governi locali ciò che anche le organizzazioni e i fondi internazionali dovrebbero fornire: la capacità di attrarre investimenti. Il network C40 Cities è probabilmente il più attivo in questo senso, e ha redatto un report in cui si evince come solo 1 su 5 delle città facenti parte di C40 riceva fondi statali, e solo 1 su 4 abbia la capacità di emettere delle obbligazioni. L’iniziativa C40 Cities Finance Facility (CFF), finanziata dal Ministero per lo Sviluppo tedesco, dall’agenzia statunitense per lo Sviluppo Internazionale e dal governo del Regno Unito, interviene proprio per ridurre la distanza che esiste tra le città e la finanza operando con lo scopo di fornire alle città nei Paesi in via di sviluppo le capacità necessarie alla redazione di progetti resilienti in modo tale da contribuire a raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. La CFF mette al centro i bisogni delle città cercando il più possibile di aiutare le amministrazioni locali nei progetti che più servono, piuttosto che quelli più richiesti dai potenziali investitori. Ci sono attualmente progetti in corso in 14 città, tra cui una linea elettrica di autobus di 22 km a Città del Messico, con la creazione di piste ciclabili (oltre che a ridurre le emissioni, il progetto ha lo scopo di migliorare le connessioni tra i quartieri a basso reddito e quelli a medio reddito); una pista ciclabile di 25 km a Bogotà; un progetto di riduzione del rischio di inondazioni a Dar

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es Salaam e a Durban. C40 si è inoltre alleata con Citi Group11 per creare la Financing

Sustainable Cities Initiative (FSCI) con lo scopo di aiutare le città a trovare finanziamenti. La FSCI opera sia in ottica di mitigazione (trasporto pubblico a basse emissioni ed energia pulita) sia di adattamento. L’obiettivo della FSCI è quello di creare un incontro tra le città, esperti ed investitori. La FISC sta fornendo assistenza tecnica nella compilazione di business plan per l’attività di bike-sharing in varie città colombiane; a Santiago del Cile, insieme all’Inter-American Development Bank e la Global Environment Facility, ha offerto supporto tecnico per l’implementazione di bus elettrici nel trasporto pubblico urbano; la città di Auckland ha ricevuto assistenza tecnica nella valutazione dei benefici che avrebbe l’elettrificazione dei bus pubblici (che ha portato l’amministrazione locale a decidere che tutti i nuovi autobus acquistati dopo il 2025 debbano essere elettrici); a Los Angeles, la FSCI ha promosso la collaborazione tra le diverse agenzie di trasporto dell’area metropolitana, che fino a quel momento agivano in modo indipendente senza consultarsi; in diverse altre città ha aiutato a trovare soluzioni di finanziamento efficaci per la ristrutturazione e l’ammodernamento degli edifici pubblici. Molto importante è inoltre la collaborazione tra C40 e la Banca Mondiale iniziata nel 2011, che rende più facile l’accesso delle città alle risorse della banca. Anche il network 100 Resilient Cities, sponsorizzato dalla Rockefeller Foundation, pone il tema della finanza al centro delle sue attività collaborando con istituzioni finanziarie come l’International Finance Corporation (IFC) e l’associazione Government Finance Officers (GFOA). Per esempio, l’IFC offre soluzioni nel campo dei trasporti urbani, dei rifiuti, dell’illuminazione pubblica, dell’efficienza energetica e della resilienza climatica in generale. Oltre a mettere in contatto i governi locali con possibili investitori, l’IFC aiuta a migliorare la creditworthiness delle città. La GFOA fornisce invece alle città ricerche e formazione su come migliorare la propria governance in modo da attrarre investimenti (il concetto di governance sarà analizzato nel capitolo 3). 100 Resilient Cities mette inoltre a disposizione fondi per l’assunzione di un Chief Resilience Officer nelle città che fanno parte del network, ovvero un manager che si occupa esclusivamente di stabilire una visione di resilienza nella città in cui opera. 100RC è sponsorizzato dalla Rockefeller Foundation, che ha fino ad oggi fornito 160 milioni di dollari per implementare il

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concetto di resilienza urbana. A luglio 2019, la fondazione filantropica americana ha annunciato la fine della prima fase di 100RC, avviandone una seconda centrata sul clima: la Climate and Resilience Initiative. Dal 2013 al 2019, 100RC ha ricevuto 164 milioni di dollari da parte della Rockefeller Foundation, attraendo investimenti per 25 miliardi per finanziare oltre 4.000 progetti resilienti. Questa nuova iniziativa, che la Rockefeller Foundation ha già finanziato con 40 milioni, si concentra sul tema dei cambiamenti climatici e sull’identificazione di quelle azioni che possono aumentare le soluzioni finanziarie climatiche per le città. Anche per quanto riguarda ICLEI, la cui creazione risale agli anni ’90, l’obiettivo principale è quello di supportare un maggiore accesso agli strumenti finanziari offerti sia a livello pubblico che privato ai governi subnazionali e locali. Al contrario di altri network, ICLEI non investe o finanzia direttamente i progetti, ma concentra le proprie azioni su risorse di soft infrastracture. Insieme a C40 Cities, ICLEI fa parte della Cities Climate Finance Leadership Alliance (CCFLA), una coalizione creata nel 2014 con la sponsorizzazione dell’ONU e di cui fanno parte più di 40 organizzazioni (tra cui la Banca Mondiale, UN Habitat, Climate Policy Initiative, la Global Environmental Facility, il Green Climate Fund e la Global Covenant of Mayors for Climate & Energy). Il suo obiettivo è quello di mobilizzare un maggior numero di risorse finanziarie a livello urbano entro il 2030. La CCFLA svolge il ruolo di piattaforma riunendo tutte le parti, pubbliche e private, in modo da facilitare la collaborazione tra attori che altrimenti difficilmente entrerebbero in contatto tra loro. La coalizione è guidata dallo Steering Committee, un comitato biennale la cui funzione è quella di fornire una strategia di lavoro e promuovere le attività dell’organizzazione all’esterno. Nel 2015, la CCFLA ha redatto il report “State of City Climate Finance” in cui ha descritto il gap tra l’attuale livello di investimenti e quello necessario per mantenere l’aumento della temperatura globale sotto i due gradi. Il report contiene inoltre indicazioni affinché le città adottino soluzioni nel più breve tempo possibile. Per quanto riguarda la Global Covenant of Mayor for Climate & Energy, il sito del network europeo raggruppa tutte le iniziative di finanziamento per i governi locali promosse dall’Unione Europea, dai singoli Stati membri e dalle istituzioni finanziarie come la Banca europea per gli investimenti, oltre ai metodi di finanziamento “alternativi” descritti in precedenza (come crowfunding e bond municipali). Per esempio, tra i fondi strutturali messi a disposizione dall’Unione Europea e “pubblicizzati” dalla Covenant c’è il Fondo di coesione europeo, che nel

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periodo 2014-2020 è dedicato a diversi Paesi dell’Est Europa. Sebbene le risorse del fondo siano indirizzato ai governi nazionali, il suo lavoro si basa su un approccio di governance multilivello e favorisce le partnership pubblico-private. Ciò ha permesso il finanziamento di circa 115 miliardi nelle città e aree suburbane nei Paesi interessati. L’istituzione di un secondo Fondo di coesione è attesa per il periodo 2021-2027.

In questo capitolo ho voluto dimostrare quali siano i limiti dell’attuale finanza climatica, esponendo però i vantaggi che soluzioni alternative possono garantire nella costruzione di città resilienti. I proventi delle tasse locali non sono sufficienti. Nemmeno i finanziamenti internazionali sono sufficienti, né in termini numerici né nel modo in cui vengono gestiti. Dev’esserci quindi un cambio di destinazione di questo tipo di risorsa; un cambio di destinazione che permetta di attrarre l’enorme mole di soldi privati a disposizione. Ma per fare questo i governi locali devono acquisire il necessario know- how. Ed è in quest’ottica che i fondi e le risorse messe a disposizione in campo internazionale possono avere il ruolo di leva fornendo alle amministrazioni cittadine gli strumenti adatti. Se l’attività di capacity-building menzionata nell’Accordo di Parigi riuscirà ad essere effettivamente implementata saremo già nella direzione giusta. Ho inoltre descritto il ruolo dei network urbani, che riescono sia a mettere in contatto diretto le organizzazioni internazionali con le città, senza dover necessariamente passare attraverso il livello nazionale, sia a fornire le risorse con le quali i governi locali potranno in futuro agire in modo indipendente senza aiuti esterni.

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