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Il ruolo della poesia

Nel documento Materiali e Risorse (pagine 40-44)

Dopo  l’elogio  della  cultura  proposto  nella  prima  parte  della   argumentatio extra causam, Cicerone passa a parlare della poesia e del suo ruolo sociale. A tratti egli sembra proporre anche un’immagine   positiva   della   fruizione   estetica,   ad   es.   nel   mo- mento in cui afferma che anche chi non è in grado di gustare fino  in  fondo  l’arte,  deve  tuttavia  apprezzare  coloro  che  la  pra- ticano: Quodsi ipsi haec neque attingere neque sensu nostro gustare possemus, tamen ea mirari deberemus, etiam cum in aliis videremus

(§ 17). Anche un passo del De legibus, dove la storiografia è di- stinta dalla poesia, in quanto essa mira alla verità e non alla de-

lectatio,   farebbe   pensare   ad   un’idea   “moderna”   della   ricezione

artistica: cum in illa ad veritatem cuncta referantur, in hoc ad delec-

tationem pleraque (1.5). Si tratta di uno spunto che Cicerone ri- prende   da   una   tradizione   influenzata   dall’Aristotelismo,   ma   che  non  consente  di  attribuire  a  Cicerone  un’idea  di  autonomia della   poesia   o   dell’arte   che   è   in   realtà   estranea   alla   sua   conce- zione.

Il ruolo che Cicerone assegna alla poesia è infatti di tipo prettamente celebrativo. La poesia di cui egli parla è quella epi- ca e celebrativa: di Archia menziona i componimenti di tipo e- pico, la celebrazione di Mario nella guerra cimbrica e quella di Lucullo nella guerra mitridatica (oltre a quella in fieri sullo stesso Cicerone).

Oltre  che  queste  opere  dell’imputato,  al  §  18  Cicerone  elogia   anche  l’abilità  di  Archia  nell’improvvisare versi, in riferimento con ogni probabilità alla composizione di epigrammi e di versi d’occasione,26 pratica che era corrente nei banchetti e nella riu-

nioni  conviviali  dell’elite  romana,  alle  quali   aprtecipavano  an-

26 La produzione epigrammatica di Archia è testimoniata da alcune delle composizioni tramandate sotto il suo nome (cfr. Appendice 4).

che i poeti e gli artisti, per lo più Greci, che vivevano a Roma grazie al supporto e alla protezione offerta loro dalle famiglie dell’aristocrazia.  L’elogio  di  Cicerone  non  riguarda,  però,  que- sto tipo di produzione, ma è volto solamente ad evidenziare ai giudici la perizia tecnica di Archia. Cicerone, infatti, era noto- riamente ostile alle tendenze più recenti della poesia latina, improntate sui modelli della poesia ellenistica. Proprio da una sua battuta polemica deriva la denominazione corrente della poesia  “neoterica”  (quella  di  Catullo  e  di  altri poeti latini con- temporanei).27

La distanza di Cicerone dalle tendenze più recenti della poe- sia latina non riguardava solamente i generi letterari che questa poesia  privilegiava,  ma  più  in  generale  l’idea  di  una  poesia  che   si facesse espressione della soggettività dei poeti, e diventasse una forma di linguaggio che prescindeva dalla collocazione so- ciale. Questa tendenza si era affacciata a Roma già con Lucilio, che aveva messo a punto il genere satirico, e poi con Lutazio Catulo e i personaggi a lui legati  (i  cosiddetti  “pre-neoterici”),   che avevano adottato i modelli della poesia ellenistica.

I   nomi   che   Cicerone   menziona   nell’orazione,   diversamente,   sono  tutti  di  poeti  ed   artisti  che  avevano  operato  sotto  l’egida   di patroni e protettori: troviamo infatti citati Ennio per il suo legame con Scipione Africano (§ 22) e con Fulvio Nobiliore (§ 27),  Accio  per  l’amicizia  con  Decimo  Bruto  Gallego  (§  27)  e,  in   ambiti diversi dalla poesia, gli storici di Alessandro Magno (§ 24)  e  Teofane  di  Mitilene,  l’intellettuale prediletto di Pompeo (§ 24). Tutti casi caratterizzati da un rapporto di tipo patronale28

27 In una lettera ad Attico del 50 a. C. li definisce con il termine greco νεώώτεροι (neoteroi),  poi  nell’Orator in latino poetae novi (61); nelle Tusculanae userà la definizione cantores Euphorionis (3.45), cioè imitatori del poeta greco Euforione

28 Il  termine  “patronale”  rende  in  modo  più  preciso  di  “mecenaziano”  la   natura diseguale del rapporto poeta / patrono.

fra il poeta e il rispettivo protettore, che nel caso di Ennio arri- va ad enfatizzare la protezione accordatagli dagli Scipione an- che dopo la morte, con la notizia, con ogni probabilità falsa, della sepoltura del poeta nella tomba di famiglia degli Scipioni (§ 22).29

La relazione patronale fra poeta e patrono trova riscontro nel compito assegnato alla poesia, che è quello di conservare la memoria delle imprese dei patroni. Questo modello è applicato da Cicerone anche alla poesia di Omero, il cui valore consiste- rebbe   nell’aver   reso   eterno   il   nome   di   Achille   (§   24).   L’intera   argomentazione di Cicerone poggia, in ultima analisi, sul rap- porto poesia / gloria, e sulla funzione, propria delle opere lette- rarie, di memorizzare uomini ed avvenimenti significativi. Memorizzazione di cui Cicerone sottolinea il valore operativo, politico, nel passo in cui esalta il ruolo emulativo che presenta la memoria, anche figurativa, degli eroi del passato: quam mul- tas nobis imagines non solum ad intuendum, verum etiam ad imitan- dum fortissimorum virorum expressas scriptores et Graeci et Latini reliquerunt! (§ 14). Il riferimento alle imagines riecheggia proba- bilmente   l’uso   delle   maschere   nei   cortei funebri, con le quali venivano rappresentati gli antenati illustri.30

Per misurare la distanza di Cicerone dalle tendenze emer- genti della produzione poetica, e quindi il carattere fortemente conservatore della posizione che egli esprime nella Pro Archia, possiamo   confrontare   quest’ultima   con   l’ode   conclusiva   dell’edizione  in  tre  libri  dei  Carmina di Orazio (del 23 a.C.), do-

29 Lo stesso Cicerone, nel riferire la notizia, usa il verbo putatur (“si  cre- de”).  La  notizia  è  riferita  anche  da  altre  fonti,  ma  Suetonio segnala che qual- cuno (quidam) riteneva che le ossa di Ennio fossero state portate dal Gianico- lo nella città natale di Rudie (frg. 9 Reifferscheid).

30 I   riferimenti   alle   arti   figurative   presenti   nell’orazione   sono   esaminati   da   E.   J.   Nesholm,   “Language   and   Artistry   in   Cicero’s   Pro Archia”,   in   The Classical World 103 (2010), pp. 477-90.

ve il poeta afferma che la propria opera è più duratura del bronzo: exegi monumentum aere perennius (carm. 3.30.1), e che grazie ad esso il suo nome sarà immortale (v. 5: non omnis mo- riar).31 Il ruolo che Orazio si attribuisce quale poeta è piuttosto

diverso, come si vede, da quello delineato da Cicerone: è il proprio nome è conservarsi nel tempo, grazie alla poesia, non quello (o non solo quello) dei personaggi da lui elebrati. L’affermazione rivela una consapevolezza della soggettività e della centralità del poeta che Cicerone avrebbe avuto difficoltà ad ammettere.

Un aspetto peculiare della posizione che Cicerone evidenzia nella Pro Archia è  l’insistenza  con  cui  egli  è  attento  ad  esaltare  il   valore   “romano”   della   poesia   (potremmo   definirlo   anche   “na- zionale”,  anche  se  il  termine  presuppone  l’idea  moderna  di  na- zione). Questo valore collettivo è rilevato anche nei casi in cui l’elogio  interessa in realtà singoli condottieri, nel caso di Archia in particolare Lucullo. Il poema di Archia sulla guerra mitrida- tica,  afferma  Cicerone,  esalta  non  solo  Lucullo,  ma  insieme  l’in- tero  popolo  romano  (§  21).  La  notazione  risente  dell’evoluzione   che il genere epico aveva avuto a Roma: se Nevio ed Ennio a- vevano celebrato la storia romana nel suo complesso, a partire dalle  origini  della  città,  l’evoluzione  più  recente  del  genere  pri- vilegiava la celebrazione di singoli personaggi, in aderenza alla tendenza al protagonismo che caratterizzava da tempo lo scon- tro politico a Roma. Cicerone aveva ben presente questa evolu- zione, che egli avversava sul piano politico (e che in questi anni temeva, in particolare, in relazione alle ambizioni politiche di Pompeo e di Giulio Cesare). Non è quindi casuale il fatto che egli   insista,  nell’orazione,  nell’affermare  che  la  celebrazione  di   singoli personaggi costituiva ipso facto una celebrazione dello stato   e   dell’intera   collettività   romana.   Questa   insistenza   era  

conseguente al progetto politico portato avanti in questi anni da Cicerone. Un progetto che si rivelò poi fallimentare.

Nel documento Materiali e Risorse (pagine 40-44)

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