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IL RUOLO DI FRANCISELLA COME ARMA BIOLOGICA

Nel documento La tularemia: aggiornamenti epidemiologici (pagine 100-130)

F. tularensis subsp. tularensis è considerata una potenziale arma biologica a causa della sua estrema virulenza, nonché della sua dose infettante particolarmente bassa, della facilità di diffusione in aerosol, della resistenza in ambiente e della capacità di causare gravi malattie e complicazioni potenzialmente mortali (McLendon et al., 2007).

L'inalazione di appena 10 unità formanti colonia (CFU) è sufficiente a causare malattia nell'uomo e una percentuale che va dal 30% al 60% delle infezioni che non vengono trattate può risultare fatale (McLendon et al., 2007).

La storia della guerra biologica ha radici antiche. Si hanno infatti testimonianze di alcuni atti di guerra biologica che risalgono all’epoca dell’Impero romano (Mayor, 2003).

I romani, per indebolire il nemico, gettavano le carcasse degli animali morti nei fiumi, in modo da inquinare l’acqua delle sorgenti che raggiungevano le città sotto assedio.

Durante il medioevo, invece, i Tartari catapultavano corpi infetti da peste bubbonica oltre le mura della città di Kaffa per vincere la resistenza della popolazione.

In America durante la guerra dei sette anni, che vedeva fronteggiarsi francesi e inglesi, si ha ricordo di un episodio sconcertante: gli inglesi, preoccupati della presenza degli indiani come possibili fiancheggiatori dei francesi, come atto di “amicizia”, regalarono loro coperte che provenivano da un ospedale dove si curavano i malati di vaiolo; gli indiani furono letteralmente decimati(Mayor, 2003).

Nel nostro secolo la guerra chimica e batteriologica inizia ufficialmente con il primo conflitto mondiale. È proprio in questo periodo che nella mente umana comincia a farsi strada l’idea che lo sviluppo della scienza e della tecnologia a livello della chimica, della biologia e della farmaceutica possa tornare utile anche per le attività belliche.

Ci sono testimonianze che parlano dell’impiego di gas nocivi, durante la prima guerra mondiale, da parte delle truppe tedesche, così come si ipotizza che agenti tedeschi infiltrati abbiano iniettato Bacillus anthracis a cavalli e muli utilizzati dai soldati nemici.

Solo nel 1925 fu firmato il protocollo di Ginevra contro l’uso delle armi chimiche, con cui si estese il divieto anche alle armi batteriologiche; tuttavia questo protocollo non vietava né la produzione né lo stoccaggio di armi chimiche o batteriologiche, ma solo il loro utilizzo (Evans et al., 1997).

La ricerca su Francisella tularensis come potenziale arma biologica è iniziata intorno alla seconda guerra mondiale. Il primo Stato ad applicarla in modo concreto fu il Giappone, che aveva avviato un vero e proprio programma di guerra biologica in Manciuria, occupata nel 1937, in un laboratorio diretto da una unità nota come “unità 731” (https://www.dshs.texas.gov).

Gli studi diretti dal generale giapponese Ishii continuarono fino al 1945, quando il complesso fu distrutto. Una indagine condotta immediatamente dopo la seconda guerra mondiale ha rivelato che i giapponesi condussero ricerche su numerosi microrganismi, utilizzando a questo scopo migliaia di prigionieri di guerra come soggetti di ricerca. Gli scienziati di Ishii concentrarono i loro studi principalmente sull'antrace, ma tra gli altri microorganismi studiati figurava anche Francisella tularensis (Evans et al., 1997; Dennis et al., 2001).

L’unità 731 fu denunciata anni dopo dall’ ONU per crimini di guerra (Lupis, 2003).

Nella primavera del 1942, il presidente americano Roosevelt e il primo ministro britannico Winston Churchill promossero politiche per limitare l'uso delle armi biologiche, in accordo col protocollo di Ginevra del 1925. Queste nuove politiche, come già affermato, non hanno però impedito agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna di costruire arsenali di armi biologiche. Nel 1943 fu fondato il centro di ricerca di Camp Dietrick, in cui lavoravano oltre 3.800 militari e 100 civili. Durante la Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti hanno lavorato principalmente su Bacillus anthracis e su Clostridium botulinum, ma anche su batteri come Brucella e Francisella tularensis (https://www.dshs.texas.gov).

Figura 25: Foto aerea di uno degli edifici del Biopreparat. Fonte: https://worldofsecrets.org/en/2015/10/geheimprojekt-biopreparat/

Nel 1942, poco prima della battaglia di Stalingrado, un grande focolaio di tularemia si è verificato sul fronte tedesco-sovietico. Migliaia di soldati sia sovietici che tedeschi riferirono di aver contratto la malattia (https://www.dshs.texas.gov).

In un suo libro, il dottor Ken Alibek, l'ex vicedirettore del Biopreparat e uno dei principali scienziati del programma di guerra biologica offensiva sovietica, riferisce del suo suggerimento all'esercito sovietico (l’armata rossa) di impiegare Francisella tularensis

come arma biologica durante la guerra per aiutare a fermare l'avanzata dei panzer tedeschi (https://www.dshs.texas.gov).

Però anche le truppe sovietiche contrassero la stessa malattia, e in risposta a questo il dottor Alibek afferma che ciò poteva essere dovuto a un cambiamento improvviso nella direzione del vento. Egli basava alcune sue affermazioni sull'alta incidenza di tularemia polmonare (riportata fino al 70%) durante questa epidemia. Infatti, i focolai di tularemia polmonare, in particolare nelle aree a bassa incidenza, sono considerati una bandiera di avvertimento per un possibile attacco bioterroristico (https://www.dshs.texas.gov).

Altri autori, però, tendono a smentire le affermazioni del dottor Alibek. Essi suggeriscono che l'epidemia fosse più probabilmente dovuta al fatto che questa malattia era già presente nella regione di Rostov (in cui si erano registrati più di 14.000 casi di tularemia entro il 1942) e alla scarsità di infrastrutture sanitarie e igieniche durante la guerra (Croddy et al.,2001).

Un altro autore invece sottolinea il fatto che i raccolti nella regione erano stati abbandonati durante la guerra e che con tutta probabilità erano infestati da roditori e altri animali. L'elevata incidenza della tularemia polmonare può essere spiegata dal fatto che le truppe probabilmente inalarono la polvere infetta dai campi di fieno (https://www.dshs.texas.gov).

Negli anni Cinquanta e Sessanta, le forze armate americane svilupparono armi in grado di diffondere Francisella tularensis tramite aerosol; contemporaneamente furono condotte approfondite ricerche per comprendere meglio la fisiopatologia della tularemia e sviluppare contromisure quali vaccini, profilassi antibiotiche e trattamenti (Evans et al., 1997; Dennis et al., 2001). Sebbene Francisella tularensis non sia mai stata utilizzata, divenne parte dell'inventario militare statunitense durante la guerra in Vietnam (https://www.dshs.texas.gov).

Nel 1969 il presidente Nixon ordinò la distruzione dello stock biologico statunitense, tra cui F. tularensis, ordine che fu poi eseguito tra il 1971 e il 1972 (https://www.dshs.texas.gov).

Per quanto riguarda l'Unione Sovietica nel 1973 fu clandestinamente instituita un’attività che prese il nome di Biopreparat, per ordine di Leonid Brezhnev, col preciso scopo di

sviluppare il programma più avanzato del mondo per le armi biologiche geneticamente modificate (https://www.dshs.texas.gov).

Per avere un’idea dell’entità di questa organizzazione basti pensare che alla fine degli anni '80, circa 60.000 persone erano impiegate nello sviluppo e nella produzione di armi biologiche, di cui 30.000 erano impiegati nel programma del Biopreparat.

L'Unione Sovietica in questo periodo dette vita ad armi micidiali, composte da ceppi batterici resistenti ai vaccini e agli antibiotici come il cloramfenicolo e le tetracicline. Inoltre ceppi virulenti di F. tularensis streptomicina-resistenti furono messi a punto nel corso di studi finalizzati al bioterrorismo sia dagli Stati Uniti che dall’Unione Sovietica e un ceppo di F. tularensis resistente al vaccino fu messo a punto nel 1982 (https://www.dshs.texas.gov).

Negli Stati Uniti, la tularemia è stata rimossa nel 1994 dall'elenco delle malattie con obbligo di notifica a livello nazionale, ma nel 2000 le crescenti preoccupazioni circa l'uso di Francisella tularensis come arma biologica hanno portato alla sua reintegrazione.

Il Working Group on Civilian Biodefense ha identificato, nel maggio del 2000, un numero limitato di agenti che, se usati come armi, potrebbero causare malattie e morte in quantità sufficiente per paralizzare una città o una regione.

Più precisamente, il CDC ha classificato Francisella tularensis nella classe A degli agenti biologici insieme agli agenti responsabili di:

 vaiolo,  antrace,  peste,  botulismo,

Tali patogeni rientrano nella classe A in quanto agenti che possono facilmente essere disseminati (acqua, aria), possono causare elevata mortalità, generare panico e “sconvolgimento sociale”.

Questi agenti coincidono con l'elenco dei Critical Biological Agents del Centro di Controllo delle Malattie Infettive. Fra questi agenti patogeni è inclusa Francisella tularensis a causa della sua alta capacità di riproduzione e di diffusione tramite aerosol, nonché per la sua bassa dose infettante (https://www.dshs.texas.gov).

Inoltre il tasso di mortalità complessivo per i ceppi di Francisella di tipo A è del 5%-15%, ma nei casi di tularemia senza trattamento antibiotico o di tularemia polmonare il tasso di mortalità è anche del 30-60%.

Anche se Francisella tularensis potrebbe essere utilizzata come arma in diversi modi, il Working Group ritiene che la modalità più pericolosa sia il rilascio di questo patogeno tramite aerosol, perchè avrebbe le maggiori conseguenze negative per la salute e l’ordine pubblico (https://www.dshs.texas.gov).

Per avere un’idea della pericolosità di questo batterio, un comitato di esperti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 1970, ha dichiarato che 50 kg di Francisella tularensis dispersi come aerosol su una popolazione di 5 milioni di persone provocherebbe all’incirca 250.000 vittime, tra cui 19.000 morti (http://www.who.int/en/). Attualmente lo stato della guerra biologica e delle relative armi è relativamente sotto controllo. Sussistono trattati tra le varie nazioni secondo i quali questo tipo di guerra è e deve essere considerata inumana e non deve essere applicata in alcun modo, né per attacco, né per difesa, né per rappresaglia. Tuttavia non è possibile dare per scontato che questo concetto sia universalmente accettato da ogni Paese del mondo. Molte nazioni in via di sviluppo, infatti, vedono le armi biologiche come un modo facile ed economico per ottenere armi di distruzione di massa.

Non è facile determinare quali nazioni abbiano programmi di guerra biologica, in quanto i dati su questo tipo di informazioni sono ovviamente nascosti o riservati.

CONCLUSIONI

Lo studio e la comprensione della patogenesi di Francisella sta avanzando rapidamente; infatti, il sequenziamento del genoma e lo sviluppo di strumenti per la manipolazione genetica dell'organismo hanno permesso a studiosi e ricercatori di individuare nuovi fattori di virulenza che compromettono la funzionalità del macrofago e inibiscono la risposta immunitaria dell'ospite (McLendon et al., 2006). Di alcuni di questi aspetti abbiamo accennato anche in questo lavoro di raccolta bibliografica.

Altre caratteristiche “uniche” di Francisella tularensis sono state identificate dall'analisi strutturale degli LPS e degli altri determinanti superficiali, per quanto gli studi su questo batterio in questo specifico settore siano sicuramente destinati a proseguire ancora per diverso tempo, soprattutto alla luce del continuo susseguirsi di scoperte di nuove specie ascrivibili al genere Francisella.

Nonostante i recenti progressi, molte delle domande sulla tularemia non hanno ancora trovato risposta. Per esempio, tra queste troviamo ancora oggi:

 gli aspetti del microambiente del polmone che garantiscono la capacità a soli 10 batteri di moltiplicarsi e causare quella grave forma di tularemia polmonare negli esseri umani

 il ruolo e il destino di F. tularensis nei morfotipi cellulari diversi dai macrofagi  la modalità con cui l’agente patogeno interagisce e altera la funzione delle cellule

endoteliali, delle cellule epiteliali, dei neutrofili e delle cellule dendritiche (McLendon et al., 2006).

La completa conoscenza di questo batterio e delle sue modalità di sopravvivenza sono ancora molto lontani dall’essere completamente chiarite, così come la sua sconfitta definitiva è lontana dall’essere raggiunta, ma già impostare una corretta informazione, una adeguata sorveglianza epidemiologica, una profilassi igienico-ambientale ed una altrettanto adeguata terapia consente di tenere sotto controllo l’insorgenza di questa patologia potenzialmente mortale e di tutte le sue forme più varie, riducendo al minimo le complicazioni che possono derivarne.

Infine, alla luce della sempre più temuta eventualità di attacchi bioterroristici che, se fino a pochi anni fa sembravano evenienze remote e ricordo di anni bui del nostro recente passato, oggi invece sembrano riemergere come scenari drammaticamente possibili, diventa quanto mai importante effettuare un costante studio e monitoraggio di agenti quali Francisella tularensis.

In questo particolare contesto in cui tutte le istituzioni di ricerca internazionale sono fortemente impegnate nella validazione delle strategie di lotta agli agenti microbiologici di classe A nonché alla acquisizione di sempre maggiori informazioni su questi microrgansimi, la tularemia, da malattia negletta, sta assurgendo sempre più al ruolo di malattia “attenzionabile”.

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