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Il significato della vittoria elettorale di Donald Trump

Introduzione: la rielezione di Barack Obama e il cambiamento di leadership in Cina e Giappone

5. Inizia l'era Trump: quale futuro nell'architettura dell'Asia-Pacifico?

5.1 Il significato della vittoria elettorale di Donald Trump

L’8 novembre 2016, il candidato repubblicano Donald Trump vinse le 58esime elezioni statunitensi, sconfiggendo Hillary Clinton, ex segretaria di Stato nella prima amministrazione Obama. I due candidati condussero una campagna per le presidenziali ampiamente criticata, sia per i toni usati sia per i vari scandali che colpirono i due contendenti: Clinton venne accusata di aver utilizzato la propria mail personale per comunicare e ricevere dati sensibili sulla sicurezza nazionale, mentre l’intelligence statunitense affermò che hacker russi vicini al governo moscovita erano sospettati di aver interferito durante la campagna elettorale al fine di sostenere la candidatura di Donald Trump, il quale ricevette inoltre ampie critiche a causa di controverse dichiarazioni etichettate come sessiste e razziste.1

Trump è considerato come esponente di un nuovo modello di populismo di destra, che riesce a intercettare le ansie economiche e sociali presenti in all’interno di una disillusa classe lavorativa a medio-basso reddito, prima vittima della crisi economica globale e delusa dalle ricette dell’odierno sistema liberista.2 In

campagna elettorale, Trump utilizzò un’ampia retorica nazionalista, che da un lato demonizzò la globalizzazione e i poteri finanziari, mentre dall’altro lato trovò nel multiculturalismo e nelle minoranze etnico-religiose i capi espiatori della crisi sociale e valoriale statunitense. Come suggerisce il politologo Francis

1 Stephanie WESTON, “The U.S.-Japan-China Triangle in the Trump Era”, Fukuoka University

Review of Law, vol. 61, no. 4, 2017, pp. 9-10.

2 Priya CHACKO & Kanishka JAYASURIYA, “Trump, the authoritarian populist revol and the

future of the rules-based order in Asia”, Australian Journal of International Affairs, vol. 71, no. 2, 2017, p. 4

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Fukuyama sul Financial Times, il populismo nazionalista è riuscito a penetrare all’interno della classe lavoratrice a reddito medio-basso, una volta bacino elettorale delle varie declinazioni del centro-sinistra, che spostando le proprie iniziative su tematiche come diritti civili, ambiente e minoranze ha al contempo mancato di rappresentare i bisogni della classe lavoratrice.3 Infatti, sono

innegabili gli sforzi compiuti dall’amministrazione Obama sul campo dei diritti civili e della lotta al cambiamento climatico, com’è innegabile che Obama sia riuscito a ridare forza all’economia statunitense, riportando il PIL alla crescita a seguito del prevedibile crollo economico post bolla immobiliare del 2007-2008 e riducendo la disoccupazione, che in otto anni di presidenza passò dal 8,3% al 4,7%.4 Tuttavia, alla fine del secondo mandato di Obama altre significative

questioni rimasero irrisolte, come le ampie disuguaglianze interne e la sempre minor sicurezza sociale.5

L’atteggiamento di Trump durante la campagna fu imperscrutabile e incerto, con accuse e continue ritrattazioni, tuttavia parte della sua strategia era lampante: il candidato repubblicano voleva rifiutare la politica condotta da Barack Obama sul piano multilaterale e guidare il paese attraverso una American First Policy (letteralmente, prima l’America), che si sarebbe concentrata sullo sviluppo industriale e infrastrutturale interno. Secondo Trump, le due amministrazioni

3 Francis FUKUYAMA, “US against the world? Trump’s America and the new global order”, 11

novembre 2016. Presso: <https://www.ft.com/content/6a43cf54-a75d-11e6-8b69-02899e8bd9d1> [Ultima consultazione: 30 settembre 2017]

4 Nel 2008, il PIL statunitense crollo del -2,8%, tuttavia dal 2010 al 2016 crebbe costantemente, tra

un minimo del 1,6% (2011) e un massimo del 2,6% (2015). “GDP Growth (annual %) – United

States”, World Bank. Presso:

<https://data.worldbank.org/indicator/NY.GDP.MKTP.KD.ZG?locations=US> [Ultima

consultazione: 30 settembre 2017]

La disoccupazione negli Stati Uniti rimase sopra l’8% durante tutto il primo mandato di Obama, raggiungendo punte del 10% nel mese di ottobre 2009. Dall’agosto 2012 la disoccupazione scese al 7,8%, scendendo sotto il 5% nel gennaio 2016. “Labor Force Statistics from the Current Population Survey”, Bureau of Labor Statistics, 30 settembre 2017. Presso: <https://data.bls.gov/timeseries/LNS14000000> [Ultima consultazione: 30 settembre 2017]

173 Obama avevano condotto una politica estera fallimentare, che aveva indebolito l’immagine internazionale degli Stati Uniti e aveva cresciuto l’instabilità e la confusione su scala globale;6 per “rendere l’America ancora grande”, la strategia

delineata da Trump passava attraverso un rafforzamento dell’economia domestica e una ristrutturazione degli apparati militari, ponendo inoltre termine all’immagine degli Stati Uniti come “poliziotto del mondo”.7

Durante la campagna elettorale, Trump promise agli elettori una politica basata sullo slogan dell’American First, coadiuvato dal protezionismo in campo economico e da un maggior isolazionismo in politica estera. In primis, nei mesi precedenti alle elezioni il candidato repubblicano condannò i vari accordi commerciali multilaterali come TPP e NAFTA, annunciando di voler ragionare solamente in maniera bilaterale riguardo ai differenti accordi di libero scambio.8

Inoltre, Trump attaccò su tutta la linea la politica estera condotta da Obama, criticando gli accordi con Cuba e Iran, oltre all’accordo sul clima di Parigi.9

Per quanto riguarda l’Asia orientale, Trump usò parole sferzanti nei confronti della linea di Barack Obama, preoccupando i diversi attori asiatico-pacifici. Riguardo la Repubblica Popolare Cinese, l’allora candidato repubblicano affermò che la politica condotta da Obama permise alla Cina di rovinare il mercato del lavoro statunitense, di rubare segreti governativi e di compiere cyber-spionaggio sulle aziende statunitensi.10 Inoltre, Trump promise che avrebbe etichettato la

Cina come un paese manipolatore di moneta e che al fine di proteggere i

6 Ryan TEAGUE BECKWITH, “Read Donald Trump’s ‘America First’ Foreign Policy Speech”,

Time, 27 aprile 2016. Presso: <http://time.com/4309786/read-donald-trumps-america-first-

foreign-policy-speech/> [Ultima consultazione: 28 settembre 2017]

7 Clarissa WARD, “As Trump and Clinton debate foreign policy, Syria barely gets a mention”,

CNN, 27 settembre 2016. Presso: <http://www.cnn.com/2016/09/27/politics/foreign-policy-

debate-syria-trump-clinton/index.html> [Ultima consultazione: 30 settembre 2017]

8 Emma CHANLETT-AVERY et al., op. cit., p. 2 9 Stephanie WESTON, op. cit., p. 939

10 Michael D. SWAINE, “Chinese Views on the Presumptive U.S. Presidential Candidates Hillary

R. Clinton and Donald J. TRUMP”, China Leadership Monitor, no. 50, 2016, p. 2. [PDF] Presso: <http://www.hoover.org/sites/default/files/research/docs/clm50ms.pdf>

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lavoratori americani avrebbe imposto dei dazi doganali al 45% sulla merce importata dalla RPC.11

In campagna elettorale, Trump colpì con forza anche Giappone e Sud Corea, principali alleati statunitensi nella regione asiatico-pacifica. Infatti, il candidato repubblicano si lamentò a più riprese dei costi militari che gli Stati Uniti dovevano sostenere per garantire la sicurezza di entrambi i paesi e criticò la mancanza di reciprocità nelle relazioni securitarie con Tokyo e Seoul. In un’intervista al The New York Times, Trump affermò: “se dovessimo essere attaccati, loro non sono obbligati a venire in nostro soccorso, mentre viceversa noi dobbiamo occuparci pienamente della loro sicurezza. E…si è un problema reale”;12 in aggiunta, destarono scalpore le parole del candidato repubblicano

quando dichiarò che Giappone e Sud Corea avrebbero dovuto sviluppare le proprie armi atomiche, in vista di una possibile diminuzione della presenza statunitense in Asia-Pacifico.13 Infine, in campagna elettorale Trump espresse

dure critiche al Partenariato trans-pacifico, definito come un “altro disastro provocato da interessi particolari che vogliono violentare il nostro paese”14 , e si

impegnò con l’elettorato a ritirare gli Stati Uniti dal TPP una volta eletto presidente.15

11 William CHOONG, “Trump and the Asia-Pacific: Managing Contradictions”, Survival: Global

Politics and Strategy, vol. 59, no. 1, 2017, pp. 182-183

12 “Transcript: Donald Trump Expounds on His Foreign Policy Views”, The New York Times, 26

marzo 2016. Presso: <https://www.nytimes.com/2016/03/27/us/politics/donald-trump- transcript.html?mcubz=1> [Ultima consultazione: 29 settembre 2017]

13 Paula HANCOCKS, “Japan and South Korean hit back at Trump’s nuclear comments”, CNN,

31 marzo 2016. Presso: <http://www.cnn.com/2016/03/31/politics/trump-view-from-south- korea-japan/index.html> [Ultima consultazione: 29 settembre 2017]

14 Jose A. DELREAL & Sean SULLIVAN, “Trump: TPP deal ‘pushed by special interest who want

to rape our country’”, The Washington Post, 28 giugno 2016. Presso: <https://www.washingtonpost.com/news/post-politics/wp/2016/06/28/trump-tpp-trade-deal- pushed-by-special-interests-who-want-to-rape-our-country/> [Ultima consultazione: 29 settembre 2017]

15 Zhibo QIU, “President Trump: The View from China”, The Diplomat, 5 maggio 2016. Presso:

<thediplomat.com/2016/05/president-trump-the-view-from-china/> [Ultima consultazione: 1 ottobre 2017]

175 A seguito della vittoria alle elezioni, l’annuncio di Trump sul TPP non tardò ad arrivare. Infatti, il 21 novembre 2016 durante una diretta video su internet, il neoeletto Presidente statunitense delineò il programma dei suoi primi cento giorni di governo, tra cui ci sarebbe stato il ritiro immediato degli Stati Uniti dal Partenariato trans-pacifico, definito nuovamente da Trump come un potenziale disastro per il paese;16 inoltre, il neoeletto Presidente statunitense confermò la

linea nel commercio internazionale annunciata in campagna elettorale, che avrebbe visto gli Stati Uniti impegnati in soli negoziati bilaterali per intavolare accordi di libero scambio.17 Dopo anni di negoziati, l’uscita statunitense svuotò

di valore il meccanismo d’integrazione economica delineato da Obama. Tra le reazioni degli altri paesi parte del TPP, il governo australiano si mostrò favorevole a mantenere in vita l’accordo attraverso delle modifiche strutturali,18

mentre Abe Shinzo affermò che Tokyo avrebbe cercato di convincere la nuova amministrazione statunitense a rimanere all’interno dell’accordo, ritenendo il TPP “privo di senso” senza la presenza statunitense.19

Nel febbraio 2017, Abe fu il primo leader straniero a essere ricevuto ufficialmente da Donald Trump. Durante la due giorni di meeting, Trump confermò al Giappone la protezione delle Senkaku garantita dall’articolo 5 del trattato di mutua sicurezza e dichiarò che gli Stati Uniti sono contrari a “qualsiasi atto

16 Nicky WOOLF, Justin MCCURRY & Benjamin HAAS, “Trump to withdraw from Trans-Pacific

Partnership on first day in office”, The Guardian, 22 novembre 2016. Presso: <https://www.theguardian.com/us-news/2016/nov/21/donald-trump-100-days-plans-video- trans-pacific-partnership-withdraw> [Ultima consultazione: 1 ottobre 2017]

17 Martin WOLF, “The folly of Donald Trump’s bilateralism in global trade”, Financial Times, 14

marzo 2017. Presso: <https://www.ft.com/content/ce92ae28-058e-11e7-ace0-1ce02ef0def9> [Ultima consultazione: 1 ottobre 2017]

18 Joshua BERLINGER, “TPP unravels: Where the 11 countries go from here”, CNN, 24 gennaio

2017. Presso: <http://www.cnn.com/2017/01/24/asia/tpp-other-11-countries-what- next/index.html> [Ultima consultazione: 1 ottobre 2017]

19 Kiyoshi TAKENAKA, “Japan PM says TPP trade pact meaningless without U.S.”, Reuters, 22

novembre 2016. Presso: <https://www.reuters.com/article/us-japan-tpp-abe/japan-pm-says- tpp-trade-pact-meaningless-without-u-s-idUSKBN13G2IK> [Ultima consultazione: 1 ottobre 2017]

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unilaterale che cerchi di minare” la sovranità giapponese sulle isole; infine, Trump sottolineò la centralità dell’alleanza nippo-statunitense, definita come “la pietra angola della pace e della stabilità nella regione pacifica”.20 Tuttavia,

l’incontro non portò alcuna chiarezza su come si sarebbero relazionati i due stati a seguito dell’uscita statunitense del TPP, colonna portante della relazione bilaterale tra Tokyo e Washington durante l’era Obama.21

Riguardo alla Repubblica Popolare Cinese, Trump condusse una campagna elettorale aggressiva nei confronti di Pechino, considerata dal candidato repubblicano come un competitor scorretto a livello commerciale. Tuttavia, l’episodio che riaccese le assopite tensioni sino-statunitensi avvenne il 2 dicembre 2016, quando Donald Trump conversò per via telefonica con la presidente taiwanese Tsai Ing-wen, in quello che fu il primo contatto ufficiale tra un presidente statunitense e la sua controparte taiwanese dal 1979, quando Washington tolse il riconoscimento ufficiale alla Repubblica di Cina e lo concesse a Pechino.22 Nei giorni seguenti, Trump alzò il livello delle provocazioni verso la

Cina, dichiarando alla Fox News Sunday che non si sarebbe sentito costretto a seguire la decennale politica dell’“unica Cina” fino a quando non si fossero risolte varie problematiche bilaterali, soprattutto in ambito commerciale.23 Come

preventivabile, le reazioni cinesi non tardarono ad arrivare: a pochi giorni dalle

20 Julie HIRSCHFELD DAVIS & Peter BAKER, “In Welcoming Shinzo Abe, Trump Affirms U.S.

Commitment to Defending Japan”, The New York Times, 10 febbraio 2017. Presso: <https://www.nytimes.com/2017/02/10/world/asia/trump-shinzo-abe-meeting.html?mcubz=0> [Ultima consultazione: 1 ottobre 2017]

21 Emma CHANLETT-AVERY et al., op. cit., p. 2

22 “Taiwan’s Tsai: no major policy shifts, despite Trum call-reports”, Reuters, 6 dicembre 2016.

Presso: <https://www.reuters.com/article/us-usa-trump-china-tsai/taiwans-tsai-no-major- policy-shifts-despite-trump-call-reports-idUSKBN13V1T7> [Ultima consultazione: 1 ottobre 2017]

23 Caren BOHAN & David BRUNNSTROM, “Trump says U.S. not necessarily bound by ‘one

China’ policy”, Reuters, 11 dicembre 2016. Presso: <https://www.reuters.com/article/us-usa- trump-china/trump-says-u-s-not-necessarily-bound-by-one-china-policy-idUSKBN1400TY> [Ultima consultazione: 1 ottobre 2017]

177 dichiarazioni di Trump, Pechino reagì con forza, mandando un caccia bombardiere a sorvolare la “linea dei nove punti” e dislocando diversi aerei militari a circondare lo spazio aereo internazionale attorno a Taiwan.24 Nel

dicembre 2016, la RPC decise di inviare la portaerei Liaoning e altre cinque navi della Marina per delle esercitazioni militari tra il mare di Bohai e il mar Giallo, mentre nel gennaio 2017, la stessa Liaoning condusse delle esercitazioni nel mar Cinese Meridionale, supportata da dei caccia J-15.25 I toni aggressivi di Trump nei

confronti della Repubblica Popolare Cinese si trovarono anche nelle parole dei membri più importanti suo gabinetto. Infatti, il nuovo segretario di Stato Rex Tillerson affermò che gli Stati Uniti avrebbero dovuto inviare un segnale alla Cina e vide come una possibilità concreta un blocco navale nel mar Cinese Meridionale, per impedire alla Cina di raggiungere le isole contese;26 inoltre, il

nuovo segretario alla Difesa James Mattis disse che gli USA avrebbero adottato una linea attiva nella difesa della libertà di navigazione, mostrando così la volontà dell’amministrazione Trump di proseguire con le operazioni navali FONOP iniziate da Obama nell’area.27

L’abbandono del TPP e la richiesta a Giappone e Sud Corea di aumentare la loro autonomia securitaria suggerì un’iniziale volontà degli Stati Uniti di spostare le attenzioni dalla Asia-Pacifico verso lo scenario domestico, in linea con la strategia isolazionista e protezionista annunciata da Trump. Tuttavia, l’orientamento critico intrapreso dall’amministrazione Trump verso la globalizzazione e il multilateralismo venne controbilanciato dalle rassicurazioni del 17 gennaio 2017

24 Liang Fook LYE, “China’s Foreign Policy: A More Confident and Assertive China Amidst

Global Uncertainties”, East Asian Policy, vol. 9, no. 1, 2017, p. 6

25 William CHOONG, op. cit., pp. 184-185 26 Ibidem

27 Ashley TOWNSHEND, “America first: US Asia policy under President Trump”, United States

Studies Centre at the University of Sydney, marzo 2017, p. 4. [PDF] Presso:

<https://assets.ussc.edu.au/view/4e/53/69/b7/c1/46/2b/06/67/22/74/b8/44/44/f9/82/original/959a 3d253927020b0ed1a1bd671e65306f29b4f4/America-first-US-Asia-policy-under-President- Trump.pdf>

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fatte da Xi Jinping durante il Forum economico di Davos: il Presidente cinese attaccò le idee protezioniste di Trump, affermando che il protezionismo è paragonabile al “chiudersi in una stanza buia da soli” nella speranza di proteggersi dai pericoli, negandosi tuttavia “l’aria e la luce”.28 Inoltre, Xi affermò

che la Cina avrebbe difeso il libero mercato e la globalizzazione, ritenendo controproducente una guerra commerciale con gli Stati Uniti.29

Pertanto, all’inizio dell’amministrazione Trump si assistette a uno strano sovvertimento dei ruoli. Da un lato gli Stati Uniti d’America, la più grande democrazia al mondo e il paese motore dell’economia di mercato, scelsero una strada di chiusura, protezionismo e isolazionismo nei confronti del resto del mondo, mentre dall’altro lato la Cina, paese retto da settant’anni da un partito comunista, si erse ad alfiere e a difensore del sistema multilaterale contemporaneo.

In questa situazione, Trump fu il principale responsabile della fine del rebalancing, o almeno della dimensione economica della strategia condotta da Obama in Asia-Pacifico. La fuoriuscita dal TPP era un’indicazione della volontà della nuova amministrazione di dare il via a un disimpegno statunitense nell’area, evidenziato anche dalle parole di Trump riguardanti il necessario riarmi di Giappone e Sud Corea. Inoltre, il disimpegno americano cedette in maniera effettiva il ruolo di leader regionale alla Cina, che oltre allo sviluppo dell’OBOR spinse per accelerare le trattative per la nascita del Partenariato economico

28 Larry ELLIOTT and Graeme WEARDEN, “Xi Jinping signals China will champion free trade if

Trump builds barriers”, The Guardian, 18 gennaio 2017. Presso: <https://www.theguardian.com/business/2017/jan/17/china-xi-jinping-china-free-trade- trump-globalisation-wef-davos> [Ultima consultazione: 1 ottobre 2017]

29 Jamil ANDERLINI, Wang FENG & Tom MITCHELL, “Xi Jinping delivers robust defence of

globalisation at Davos”, Financial Times, 17 gennaio 2017. Presso: <https://www.ft.com/content/67ec2ec0-dca2-11e6-9d7c-be108f1c1dce> [Ultima consultazione: 1 ottobre 2017]

179 globale regionale (RCEP, Regional Comprehensive Economic Partnership), un accordo di libero scambio in discussione tra tutti i paesi dell’ASEAN+6.30

Tuttavia, in questo complesso processo di cambiamento che potenzialmente delineerà gli equilibri strategici dell’intera comunità internazionale negli anni a venire, i paesi cardine di questo elaborato dovettero confrontarsi con la crescente minaccia nucleare della Corea de Nord.

5.2 La questione nordcoreana e le prospettive nelle relazioni