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Il Sistema di misurazione e valutazione della performance

Il ciclo di gestione della performance

4.4. Il Sistema di misurazione e valutazione della performance

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Così P. RUGGIERO, La dirigenza pubblica tra misurazione, valutazione ed

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La successiva fase del ciclo della performance, relativa alla misurazione e valutazione, si sviluppa intorno a un altro documento che ciascuna amministrazione è tenuta ad adottare e che costituisce lo strumento mediante il quale le stesse procedono annualmente alla valutazione della prestazione organizzativa e individuale: il Sistema di misurazione e valutazione della performance. Tale sistema non viene univocamente definito per tutte le amministrazioni ma il d.lgs. n. 150/2009 prevede che ogni amministrazione eserciti la propria autonomia organizzativa adottando un sistema proprio, in base al contesto di riferimento. Tuttavia, al fine del mantenimento di una coerenza fra i metodi adottati da ciascuna amministrazione, il decreto attribuisce alla Commissione di cui all‟art. 13 il compito di dettare le linee guida cui attenersi nella predisposizione del documento. Come previsto dall‟art. 7, comma 3, sulla base delle suddette direttive adottate dalla Commissione, ciascuna amministrazione elabora il Sistema di misurazione e valutazione, all‟interno del quale devono essere individuate:

a) le fasi, i tempi, le modalità, i soggetti e le responsabilità del processo di misurazione e valutazione della performance, in conformità alle disposizioni del decreto;

b) le procedure di conciliazione relative all‟applicazione del sistema di misurazione e valutazione della performance;

c) le modalità di raccordo e di integrazione con i sistemi di controllo esistenti;

d) le modalità di raccordo e di integrazione con i documenti di programmazione finanziaria e di bilancio.107

L‟abrogato art. 5 del d.lgs. n. 286/1999, dedicato alla “Valutazione del personale con incarico dirigenziale”, individuava quali criteri della valutazione del personale con incarico dirigenziale sia il raggiungimento degli obiettivi, sia la capacità manageriale del

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Così G. M. GATTI, Il sistema di valutazione delle performance a seguito della

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dirigente.108 Tali criteri, oggetto di concertazione e di informazione preventiva, miravano rispettivamente a verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi affidati al dirigente nell‟ambito della pianificazione/programmazione confluiti nel contratto/provvedimento di incarico individuale e a valutare la capacità gestionale, organizzativa, di relazione e motivazionale del dirigente pubblico. Il d.lgs. n. 150/2009 individua oggi, all‟art. 9, comma 1, i criteri per la misurazione e la valutazione della performance individuale dei dirigenti e del personale responsabile di una unità organizzativa in posizione di autonomia e responsabilità collegandola:

a) agli indicatori di performance relativi all‟ambito organizzativo di diretta responsabilità;

b) al raggiungimento di specifici obiettivi individuali;

c) alla qualità del contributo assicurato alla performance generale della struttura, a competenze professionali e manageriali dimostrate;

d) alla capacità di valutazione dei propri collaboratori dimostrata tramite una significativa differenziazione dei giudizi.

Tali criteri di valutazione comprendono, sviluppandoli ed articolandoli ulteriormente, quelli indicati dall‟art. 5 del d.lgs. n. 286/1999.109

Con riferimento al punto a), la performance individuale deriva da quella organizzativa e serve a evidenziare l‟importanza del contributo individuale del personale valutato rispetto agli obiettivi dell‟amministrazione nel suo insieme e della struttura organizzativa di appartenenza. Poiché gli obiettivi individuali discendono coerentemente da quelli organizzativi, risulta importante poter risalire al collegamento esistente tra obiettivi di carattere organizzativo e obiettivi (e relativamente attività) a carattere individuale. Inoltre, se gli indicatori sono correttamente legati agli obiettivi e comunicati, nonché

108 Così L. A

NGIELLO, La valutazione dei dirigenti pubblici, cit., p. 84.

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Così D. BOLOGNINO-G. D‟ALESSIO, Il dirigente come soggetto attivo e passivo

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condivisi da chi deve raggiungere certi livelli di performance, il sistema permette di chiarire e comunicare che cosa ci si attende – in termini di risultati e comportamenti – dalla singola persona, prima che l‟attività di gestione abbia inizio (fasi di pianificazione e programmazione delle attività).

Con riferimento al punto b), se le fasi di pianificazione strategica e programmazione operativa sono state svolte correttamente e in coerenza con le risorse a disposizione dell‟amministrazione, è possibile responsabilizzare ogni individuo rispetto al perseguimento di obiettivi individuali che, in concomitanza con quelli organizzativi, permettono di avanzare verso il raggiungimento degli scenari rappresentati in fase di definizione delle strategie. La maggiore difficoltà in fase di definizione degli ambiti di responsabilità è proprio legata alle leve manageriali lasciate a disposizione di ciascun individuo (responsabile); ogni responsabile dovrebbe essere messo in grado di gestire risorse necessarie allo svolgimento di attività legate ai propri obiettivi (come individuo e come parte dell‟organizzazione). In linea di principio, dovrebbe realizzarsi una perfetta sovrapposizione tra l‟area degli obiettivi (indicatori e target) su cui ogni responsabile viene valutato e l‟area di autonomia relativa alle risorse gestibili. La divergenza tra area degli obiettivi e area dell‟autonomia decisionale fa sì che gli eventuali risultati raggiunti dipendano solo in parte dalla bontà e coerenza delle prestazioni del manager e siano, in realtà, influenzati da leve manovrate da altri. In tali circostanze, gli obiettivi prescelti non possono essere raggiunti dai responsabili (non possono, infatti, gestire le risorse necessarie al loro raggiungimento) o, in alternativa, vengono raggiunti in modo casuale.

Con riferimento al punto c), la misurazione e valutazione delle

performance prende in considerazione gli aspetti qualitativi dei

compiti da svolgere per raggiungere determinati livelli di target; in altri termini, si fa riferimento alle modalità di esecuzione delle azioni

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previste nei programmi strategici e nei piani operativi. La misurazione e valutazione della performance individuale, con riferimento alle modalità attraverso cui vengono raggiunti determinati target, si concentra sul concetto di “comportamento organizzativo”. In generale i comportamenti organizzativi sono elementi che indicano tre componenti essenziali: conoscenze (ovvero il “sapere”), capacità (ovvero il “saper fare”) e attitudini (ovvero il “saper essere” che determina i comportamenti di contesto).110 Le conoscenze si riferiscono al sapere specifico richiesto dal ruolo e si acquisiscono principalmente tramite lo studio e la formazione. Rientrano nel novero di queste ultime, per esempio, la conoscenza di lingue straniere, le conoscenze di carattere specialistico (in particolare campi come la matematica, la statistica, il management, ecc.), le conoscenze di base su un determinato settore di riferimento. Qualsiasi membro di un‟organizzazione entra a far parte di quest‟ultima grazie a requisiti minimi di conoscenze di base, tramite le quali è possibile trovare collocazione all‟interno dell‟organigramma e iniziare fin da subito a lavorare su una determinata tematica. L‟individuo deve, inoltre, fare in modo che i compiti assegnatigli siano portati a termine, quindi, oltre alle conoscenze di base, è necessario sviluppare anche opportune capacità.111 Con il termine capacità si intende l‟abilità professionale (per esempio, saper svolgere una data mansione) direttamente connessa allo svolgimento delle attività di lavoro e all‟utilizzo del bagaglio di conoscenze di cui al punto precedente; si tratta di un‟abilità che si acquisisce sul campo, con l‟esperienza. Questo concetto si riferisce, quindi, alle modalità attraverso le quali un individuo riesce a portare a termine un dato compito. Infine, le attitudini fanno riferimento ai comportamenti di contesto dell‟individuo determinati dalle sue

110

Così R. RUFFINI, La valutazione della performance individuale nelle pubbliche

amministrazioni, Milano, 2013, pp. 89-91.

111 Così R. E. B

OYATZIS-A. SAATCIOGLU, A 20-year view of trying to develop

emotional, social and cognitive intelligence competencies in graduate management education, in Journal of Management Development, 2008, vol. 27, n. 1, pp. 92-108.

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caratteristiche intrinseche, per esempio dalla visione di sé, dalla realtà di cui il soggetto fa parte e dalla società in generale.112 E‟ di fondamentale importanza sottolineare che le tre dimensioni che forniscono il quadro delle competenze vengono valutate non in sé, ma attraverso i comportamenti organizzativi in cui essi si rendono osservabili e che l‟individuo pone in essere per il raggiungimento degli obiettivi assegnati.

Con riferimento al punto d), la capacità di differenziare le valutazioni delle performance individuali è un punto essenziale del sistema di misurazione e valutazione della performance individuale in quanto risulta essere una “prova del nove” di un effettivo riconoscimento delle performance distintive, cioè dell‟individuo. In generale, un buon sistema di misurazione delle performance nella valutazione dei dirigenti dovrebbe tenere conto anche della loro effettiva capacità di differenziare il giudizio nella valutazione dei collaboratori.113

Una volta individuati i criteri della valutazione dei dirigenti, occorre verificare quali siano i principi sui quali si fonda il meccanismo valutativo: si tratta di un profilo di particolare rilevanza, in relazione alle garanzie che la Corte Costituzionale ha più volte affermato essere costituzionalmente necessarie nell‟ambito della valutazione, anche per le sue connessioni con le procedure di conferimento e revoca degli incarichi di direzione e con la disciplina delle ipotesi di responsabilità dirigenziale; garanzie che lo stesso d.lgs. n. 150/2009 dichiara di voler valorizzare quando, all‟art. 37, prevede espressamente che le modifiche alla disciplina della dirigenza pubblica intervengono “nel rispetto della giurisprudenza costituzionale in materia”.

Sotto il profilo delle garanzie per i dirigenti assoggettati alla valutazione la normativa precedente di cui all‟art. 5 del d.lgs. n.

112 Così R. E. B

OYATZIS, The competent manager, New York, 1982.

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Così R. RUFFINI, La valutazione della performance individuale nelle pubbliche

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286/1999 era, in linea astratta, certamente caratterizzata in positivo dalla espressa individuazione dei principi di “trasparenza e responsabilizzazione”, del “doppio grado di valutazione”, di “partecipazione del valutato all‟iter valutativo”.

Di questo impianto garantista, dopo l‟approvazione del d.lgs. n. 150/2009 sembra rimanere molto poco. Innanzitutto, nella normativa attuale non sembra sopravvivere il principio del doppio grado di valutazione, con l‟aggravante che non appare sufficientemente chiaro a chi spetti il compito di valutatore, fatta eccezione per la dirigenza di vertice.114 Infatti, come emerge dall‟art. 14, comma 4, lett. e), del d.lgs. n. 150/2009 (richiamato dall‟art. 7, comma 2, lett. a), del medesimo decreto), all‟Organismo indipendente di valutazione della performance spetta il compito di proporre all‟organo di indirizzo politico- amministrativo, la valutazione annuale dei dirigenti di vertice e l‟attribuzione ad essi dei premi di cui al Titolo III. Se tale organo è responsabile della valutazione della dirigenza di vertice, dal testo non risulta chiaro, invece, a chi competa la valutazione della dirigenza di base, anche perché il successivo art. 19, rubricato “Criteri per la differenziazione delle valutazioni”, individua l‟Organismo indipendente quale soggetto competente a formulare, sulla base delle risultanze del sistema di valutazione di cui al Titolo II del decreto, una graduatoria delle valutazioni individuali del personale dirigenziale, distinto per livello generale e non, e del personale non dirigenziale. E‟, infatti, concettualmente differente “valutare” rispetto ad “inserire la dirigenza in una graduatoria”: operazione, quest‟ultima, che avviene sulla base delle risultanze di ciò che è già stato valutato (presumibilmente da altri).115

114

Così D. BOLOGNINO-G. D‟ALESSIO, Il dirigente come soggetto attivo e passivo

della valutazione, cit., p. 22.

115 Così G. D‟ALESSIO, Le norme sulla dirigenza nel decreto legislativo di

attuazione della legge delega n. 15/2009, in ‹‹ Astrid Rassegna ››, n. 20, 2009, p. 9,

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In realtà la delicata questione ha trovato una soluzione nella delibera Civit n. 89/2010, che delinea un processo di valutazione “a cascata”, avente al vertice gli Organismi indipendenti di valutazione, risolvendo il vuoto lasciato dalla normativa per la valutazione della dirigenza di base, la cui valutazione della performance individuale è affidata alla dirigenza di livello generale. In particolare, nella citata delibera si precisa che, in conformità agli artt. 7, comma 2, e 9 del decreto, la funzione di misurazione e valutazione della performance, con il coordinamento della Commissione, è svolta dagli Organismi indipendenti, cui compete la misurazione e la valutazione della

performance organizzativa nel suo complesso, nonché la proposta

all‟organo di indirizzo politico-amministrativo della valutazione individuale esclusivamente dei dirigenti di vertice ai sensi dell‟art. 14, comma 4, lett. e) del decreto; dai dirigenti di livello generale, cui compete la misurazione e valutazione della performance individuale dei dirigenti di livello non generale e del personale responsabile di una unità organizzativa in posizione di autonomia e responsabilità; dai dirigenti di livello non generale, cui compete la misurazione e valutazione della performance individuale del personale.116

L‟abrogazione dell‟art.5, del d.lgs. n. 286/1999 ha determinato il venir meno, oltre che del citato principio del doppio grado di valutazione, anche di quelle particolari garanzie procedimentali che si traducevano, quanto meno in teoria, in una partecipazione del dirigente durante l‟iter di valutazione, attraverso il quale, questi, avrebbe dovuto essere messo nella condizione di indicare gli eventuali fattori, interni e/o esterni, che lo esoneravano da responsabilità.117 La mancata sopravvivenza di questo momento partecipativo è un punto di particolare delicatezza, proprio in forza dei principi fissati dalla Corte Costituzionale, che lo stesso d.lgs. n. 150/2009 richiama come modello

116 Così P. T

ANDA, Controlli amministrativi e modelli di governante della Pubblica

Amministrazione, cit., p. 94.

117

Così I. M. DI BIASE, La valutazione del dirigente pubblico, in C. SEVERINO (a cura di), La dirigenza nella pubblica amministrazione, cit., p. 15.

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a cui aderire. Il giudice costituzionale, infatti, nelle sentenze n. 193/2002 e n. 313/1996 (in relazione all‟applicazione dell‟ipotesi di responsabilità che implica la sanzione del recesso), nell‟ordinanza n. 11/2002 (in relazione all‟applicazione dell‟ipotesi di responsabilità che implica la sanzione della revoca) e nella sentenza n. 103/2007, ha stabilito che ‹‹ la valutazione della idoneità professionale del dirigente deve essere affidata a criteri e procedure di carattere oggettivo, ispirate a principi della pubblicità e del contraddittorio, solo a conclusione delle quali è possibile esercitare il recesso/la revoca ››, il che, in termini di garanzia, si traduce in un sistema di valutazione del personale con incarico dirigenziale obiettivo, trasparente e partecipativo. Dalla lettura del decreto n. 150/2009, tuttavia, sembra doversi escludere l‟estensione dell‟istituto del contraddittorio alla fase del controllo, ammettendo unicamente, all‟art. 7, comma 3, lett. b), la possibilità di individuare ‹‹ procedure di conciliazione relative all‟applicazione del sistema di misurazione e valutazione della

performance ››, con ciò contravvenendo a quanto disposto dalla

giurisprudenza costituzionale. La garanzia fornita da una partecipazione durante l‟iter di valutazione è, infatti, ben diversa dalla prospettiva della conciliazione, che tecnicamente interviene a valutazione conclusa.118 In particolare, la delibera n. 104/2010 della Civit ha precisato che per procedure di conciliazione si devono intendere le iniziative dirette a risolvere i conflitti nell‟ambito del processo di valutazione della performance individuale e a prevenire l‟eventuale contenzioso in sede giurisdizionale. L‟idea della Civit è che nell‟ambito della valutazione della performance individuale potrebbero sorgere contrasti tra i soggetti responsabili della valutazione e i valutati: a tal fine, occorre definire delle procedure finalizzate a prevenirli e risolverli. Occorre, quindi, individuare dei

118 Così D. B

OLOGNINO, La disciplina della responsabilità dirigenziale, in G. D‟ALESSIO (a cura di), L’amministrazione come professione. I dirigenti pubblici tra

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soggetti, terzi rispetto al valutato e al valutatore, chiamati a pronunciarsi sulla corretta applicazione del sistema, nel caso in cui insorgano conflitti (ad esempio, in caso di valutazione negativa contestata dal valutato). Occorre inoltre specificare le relative procedure (fasi, tempi e risultati finali). In ogni caso, la disciplina delle procedure di conciliazione deve ispirarsi ai principi della celerità, dell‟efficacia, della efficienza e della economicità.119

La successiva delibera n. 124/2010 ha risolto alcune criticità relative alla posizione degli organismi deputati alla funzione di conciliazione, nonché al loro funzionamento presso le singole amministrazioni. In particolare, quest‟ultime in molti casi hanno stabilito che, nelle ipotesi in cui il valutato voglia contestare il provvedimento di valutazione adottato nei suoi confronti, deve rivolgersi a un organismo gerarchicamente sovraordinato al valutatore. Secondo la Civit tale meccanismo adottato dalle amministrazioni, nonostante possa risultare funzionale all‟attuazione del sistema di valutazione, non risponde ai requisiti previsti dalla legge, secondo la quale l‟organo di conciliazione deve essere esterno alla struttura di appartenenza del valutato, nonché terzo e imparziale, qualità queste che il soggetto gerarchicamente sovraordinato non possiede. Questo meccanismo, infatti, sembra porsi all‟interno del procedimento di valutazione, mentre le procedure richieste dalla legge costituiscono una fase eventuale ed esterna a un siffatto procedimento, volta a consentire il raggiungimento dell‟accordo tra le parti, tanto che il ricorso a dette procedure è inidoneo, nelle more dell‟eventuale attuazione, a sospendere lo svolgimento del procedimento e gli effetti allo stesso conseguenti.120 Quanto all‟applicazione del principio di trasparenza, questo sembra essere concepito dal d.lgs. n. 150/2009 in maniera diversa rispetto al d.lgs. n. 286/1999. Nella normativa precedente (art. 5 del decreto del

119 Così R. R

UFFINI, La valutazione della performance individuale nelle pubbliche

amministrazioni, cit., pp. 92-93.

120

Così P. TANDA, Controlli amministrativi e modelli di governante della Pubblica

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1999) la trasparenza era garantita principalmente “verso l‟interno”, ossia verso ciascun dirigente, che aveva diritto a conoscere anticipatamente ciò su cui sarebbe stato valutato; nel decreto del 2009, invece, la trasparenza sembra principalmente rivolta verso l‟esterno.121 Questa dimensione della trasparenza è certamente di fondamentale importanza, anche alla luce della necessità di rendere conto ai cittadini/utenti e, dunque, nella prospettiva di una amministrazione al servizio del cittadino. Sembra, però, necessaria e non superflua l‟esplicazione del principio di trasparenza anche verso l‟interno, a garanzia del valutato. Sotto questo profilo la normativa del d.lgs. n. 150/2009 risulta tutt‟altro che chiara e completa, suscitando dubbi circa una volontà latente di tenere, al di là delle affermazioni di principio, in una posizione di sudditanza e, in qualche modo, “sotto tutela” il dirigente.122

4.5. La fase di rendicontazione e la Relazione consuntiva sulla