• Non ci sono risultati.

Il tempo del mito in La muerte de Artemio Cruz

Terzo romanzo di Carlos Fuentes, e tra i più conosciuti, La muerte de

Artemio Cruz fu pubblicato nel 1962. Como ho precedentemente scritto,

oltre alla tematica della definizione e costruzione dell’identità messicana – filo conduttore di tutta la sua scrittura – troviamo il ritorno alla tematica della denuncia del periodo post-rivoluzionario, già trattata in La región más

transparente. Il periodo storico ricoperto dal romanzo va dal 1889 al 1959,

rispettivamente l’anno di nascita e di morte del personaggio centrale Artemio Cruz che apre il romanzo in stato agonizzante nel suo letto di morte, ricordando momenti salienti della sua vita.

Artemio Cruz è un figlio della rivoluzione che, venendo meno agli ideali rivoluzionari, si è arricchito con metodi non sempre limpidi. Il romanzo è diviso in capitoli, privi di ordine cronologico, ognuno dei quali è preceduto da un titolo riportante la data degli eventi raccontati. Anche se fedele alla Storia, Carlos Fuentes ricostruisce alcuni degli eventi secondo la concezione preispanica del tempo come successione di cicli di 52 anni. Esemplare è la successione terzultimo-penultimo capitolo: il primo si svolge nella notte di San Silvestro del 1955 e racconta un momento della vita di Artemio, all’apice del potere politico ed economico ma ormai quasi

315

privo di relazioni umane. Il successivo, che porta come data il 1903 – esattamente 52 anni prima – narra come il giovane Artemio Cruz abbandona la hacienda dei Menchaca, dove aveva vissuto un’infanzia felice anche se povera (era figlio illegittimo di Atanasio Menchaca e di una negra che viveva in una capanna vicino all’hacienda). La vita di Artemio si innalza quindi a simbolo dell’identità messicana: ciclicità degli eventi storici del paese e della sua vita individuale, identità mestiza, eterna relazione di sopraffazione di classe, di etnia, di genere. La famiglia Menchaca rappresentava l’oligarchia criolla che si era appropriata delle terre degli indios durante il governo del dittatore Santa Anna. Nel 1868, un gruppo di guerriglieri juaristi incendiò l’hacienda per punire la famiglia Menchaca che aveva ospitato l’esercito francese di Massimiliano d’Asburgo. Circa 52 anni dopo, nel 1919, Artemio Cruz si trova in compagnia di Gamaliel Bernal, rappresentante della nuova oligarchia nata con il porfiriato e padre di Gonzalo e Catalina. Gonzalo era stato in carcere insieme ad Artemio durante la rivoluzione ed era morto perché fortemente idealista al contrario del protagonista che è materialista e che sopravvive grazie ai suoi pochi scrupoli nell’accumulare ricchezze. Catalina, costretta dal padre, sarà invece la futura e infelice moglie di Artemio Cruz, il quale con il matrimonio erediterà i possedimenti di famiglia della moglie, e successivamente, con l’industrializzazione del paese dopo la Rivoluzione, diventerà industriale e direttore di un giornale. Nel romanzo, dunque, la storia del Messico viene presentata come una successione di cicli, ognuno dei quali è dominato da un diverso oppressore, come dice Gamaliel Bernal:

«Artemio Cruz. Así se llamaba, entonces, el nuevo mundo surgido de la guerra civil; así se llamaban quienes llegaban a sustituirlo. […] Desventurado país que a cada generación tiene que destruir a los

antiguos poseedores y sustituirlos por nuevos amos, tan rapaces y ambiciosos como los anteriores»316.

Anche in ambito extratestuale lo scrittore messicano sembra rispettare la ciclicità del tempo: 52 anni, infatti, trascorrono tra l’anno in cui comincia la Rivoluzione, 1910, e l’anno in cui il romanzo viene pubblicato.

Altro elemento che riconduce alla cultura preispanica è l’identificazione di Artemio con Tezcatlipoca. Anche se non ci sono elementi, come nelle altre opere, che permettono una chiara identificazione del protagonista con l’oscura divinità, la presenza costante di un doble riconduce alla lotta tra i due opposti. Il destino di Artemio Cruz sembra segnato già dalla sua nascita, che nel romanzo avviene nell’ultimo capitolo introdotto dalla data

1889: 9 de abril: egli infatti sembra essere il primo di due gemelli e l’unico

a sopravvivere perché sua madre viene assassinata durante il parto prima della nascita dell’altro bambino.

Successivamente i suoi dobles saranno l’idealista Gonzalo Bernal, del cui destino si approprierà il materialista Artemio Cruz come Tezcatlipoca si appropria del regno d’amore e idealismo di Quetzalcoatl, e un anonimo soldato ferito durante i combattimenti al quale Cruz non presta soccorso ma che sembra somigliare così tanto ad Artemio che questi afferma: «Si tuviese los ojos verdes, sería su gemelo»317.

Al “disordine” cronologico dei capitoli, si aggiunge il “disordine” pronominale: infatti altra caratteristica del romanzo è l’uso dei pronomi personali riferiti al protagonista: “yo”, “tú”, “él”, che lascia presupporre, o immaginare, la presenza del “otro”. Secondo Liliana Befumo Boschi ed Elisa Calabrese:

«El yo tiene un valor existencial y como consecuencia del estado agónico del personaje se produce el desdoblamiento en el “self”, que se relaciona con los otros niveles. El tú posee distintas funciones que

316

Carlos Fuentes, La muerte de Artemio Cruz, Planeta De Agostini, México D. F., 2002, p. 53.

317

van desde el enlace con el self, hasta lograr el salto a otro nivel: el de los valores míticos. El él permite conectar la historia particular de Artemio Cruz con contenidos histórico-sociales»318.

Ma la figura del gemello si introduce non soltanto nel livello considerato mitico ma anche nelle dimensioni del “yo” e del “él”, tra la visione personale di Artemio in agonia ed una visione oggettiva:

«Ayer Artemio Cruz voló de Hermosillo a México. Sí. Ayer Artemio Cruz… Antes de enfermarse, ayer Artemio Cruz… No, no se enfermó. Ayer Artemio Cruz estaba en su despacho y se sintió muy enfermo. Ayer no. Esta mañana. Artemio Cruz. No, enfermo no. No, Artemio Cruz no. Otro. En un espejo colocado frente a la cama del enfermo. El otro. Artemio Cruz. Su gemelo. Artemio Cruz está enfermo. El otro. Artemio Cruz está enfermo: no vive: no, vive. Artemio Cruz vivió. Vivió durante algunos años… Años no añoró: años no, no. Vivió durante algunos días. Su gemelo. Artemio Cruz. Su doble. Ayer Artemio Cruz, él que sólo vivió algunos días antes de morir, ayer Artemio Cruz... que soy yo... y es otro... ayer...»319.

Tra la memoria cosciente del “yo” e quella incosciente del “él”, c’è il livello intermedio del “tú” nel quale compare il tempo ciclico, la dimensione nella quale le parole di Artemio Cruz sono intrise di tempi verbali in cui passato e futuro coincidono: «Sólo quisieras recordar […] lo que ya sucedió. […] ayer volarás desde Hermosillo[…] insistirás en recordar lo que pasará ayer. […] Trabajarás mucho ayer en la mañana»320.

L’unione della seconda persona e del verbo al futuro permette inoltre ad Artemio di modificare la propria vita, di rivivere il passato nel futuro:

«escogerás otra vez: tú escogerás otra vida:

318

Liliana Befumo Boschi e Elisa Calabrese, Nostalgia del futuro en la obra de Carlos Fuentes, Fernando García Cambeiro, Buenos Aires, 1974, p. 96.

319

Carlos Fuentes, La muerte de Artemio Cruz, op. cit., pp. 16-17. 320

[...]

tú escogerás abrazar a ese soldado herido [...] tú serás un peón

tú serás un herrero

tú quedarás fueras, con los que quedaron fuera

tú no serás Artemio Cruz, no tendrás setenta y un años, no pesarás setenta y nueve kilos»321.

Passato e futuro si uniscono, in questo caso, per offrire al lettore una visione di ciò che è accaduto e di ciò che sarebbe potuto accadere, nella vita di Artemio nel romanzo, come in quella di tutti i messicani nella storia, nell’ottica del tempo mitico dell’eterno ritorno. Ma la realtà, come lascia immaginare il finale che descrive contemporaneamente la nascita e la morte di Artemio Cruz, sembra ripetersi ciclicamente come la morte e rinascita dell’oscura divinità Tezcatlipoca che, come nel finale di Terra Nostra, non permette il trionfo definitivo del dio buono Quetzalcoatl, portatore di pace ed uguaglianza. Forse, se avessero trionfato i valori della Rivoluzione, si sarebbe restaurato il regno di Quetzalcoatl, invece nel Messico postrivoluzionario i valori che si impongono non possono non essere che i disvalori di Tezcatlipoca, il gemello cattivo.

Storia di un moribondo che nel letto di morte ripercorre la sua vita dall’infanzia ma, nello stesso tempo, anche storia di un bambino che corre verso la morte, La muerte de Artemio Cruz presenta l’eterno retorno di una successione di potere. Come scrive Octavio Paz, «Artemio Cruz interroga su vida. Cruz muere indescifrado. Mejor dicho: su muerte nos enfrenta a [...] [un] jeroglífico, que es la suma de todo lo que fue – y su negación. Hay que volver a empezar»322.

321

Ivi, pp. 244-245. 322

Octavio Paz, La máscara y la transparencia, prologo a Carlos Fuentes, Cuerpos y ofrendas, op. cit., p. 9.