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2.2 Il Realismo mágico o realmaravilloso

2.2.1 Miguel Ángel Asturias

Premio Nobel per la letteratura nel 1967, Miguel Ángel Asturias cominciò la sua carriera di scrittore negli anni Venti, dopo aver affrontato due importanti esperienze: l’aver trascorso la fanciullezza e l’adolescenza sotto il regime dittatoriale di Estrada Cabrera (1898-1920) l’aver vissuto a Parigi, cosa che gli permise di studiare la lingua e la cosmogonia dei Maya al «Musée de l’Homme».

Dalla prima esperienza trasse il materiale per il romanzo El Señor

Presidente (1946) nel quale rivela sogni e reazioni di una popolazione che

vive sotto l’incubo di una dittatura che, pur essendo priva di localizzazione storico-geografica, può essere riconducibile alla figura di Estrada Cabrera. Sotto il suo governo la libera volontà è considerata tradimento e morte e l’unico modo per vivere è la dipendenza: soltanto inconsciamente, attraverso i sogni ed i ricordi, la popolazione può rivelare i propri sentimenti e la propria individualità.

Partito come studioso delle problematiche indigene (con tesi dottorale su El problema social del indio), l’esperienza parigina non gli fornì soltanto più approfondite conoscenze dell’universo maya ma anche delle nuove poetiche europee, scoprendo che il Surrealismo, in modo particolare, poteva essere applicabile alla realtà latinoamericana, di per sé magica.

61

Alejo Carpentier, Introducción a El reino de este mundo, Letras cubanas, La Habana, 1984, p. 7.

Ad inaugurare il realismo magico latinoamericano furono le sue

Leyendas del Guatemala (1930), opera preceduta da traduzioni eseguite alla

Sorbonne, in collaborazione con Georges Raynaud, dei libri sacri dei Maya: il Popol Vuh e gli Anales de los Xahil de los indios cakchiqueles. Le

Leyendas del Guatemala, una rielaborazione in chiave lirica di racconti

tradizionali, di miti che rimanevano presenti nella mente del popolo, furono riconosciute posteriormente come:

«la prima opera compiuta di realismo mágico che sconvolge il canone dell’indigenismo tradizionale (da realista-naturalista a creativo-magico) e che senza rinunciare alla testimonianza e alla denuncia esprime un’altissima volontà estetica; nel prologo Paul Valéry ne elogiava la sintesi inedita di ‘storie-sogni-poesia’ e la magica fusione di elementi europei e americani»62.

Lo studio della cultura maya, attraverso la traduzione dei libri sacri e della riscrittura dei miti, è, insieme ad una forte vocazione alla denuncia, uno degli elementi essenziali di Hombres de maíz (1949), considerato il suo capolavoro indigenista e magico-realista.

Il romanzo è diviso in sei parti, ciascuna titolata con il nome di un personaggio, a loro volta suddivise in capitoli.

L’autonomia delle parti che lo compongono ha fatto discutere i critici sul problema dell’unità dell’opera. Per alcuni si tratta di un insieme di racconti nei quali manca un protagonista ed uno sviluppo dell’azione. Per altri, invece, si tratta di una nuova struttura romanzesca, aperta, nella quale la continuità narrativa e l’evoluzione unitaria vanno ricercate a un livello più profondo.

Le due linee tematiche che percorrono l’intera narrazione sono il mito ed il desiderio di recuperare il vincolo indissolubile tra l’uomo e la madre terra, l’armonia perduta a causa dell’espansionismo dei ladinos che, alla

62

Rosa Maria Grillo, Cinque secoli di Civiltà e Barbarie, in M. T.González de Garay, P. Gorza, R. M. Grillo, M. H. Ruz, R. Santoni, L’America Latina tra civiltà e barbarie, op. cit., p. 225.

sacralità della coltivazione del mais ai fini della sussistenza, sostituiscono lo sfruttamento di questa coltura a scopo commerciale.

Il tema della sacralità del mais, come lo stile ripetitivo ed anaforico dell’opera, sono tratti dalle leggende e dai miti indigeni, in modo particolare dal Popol Vuh nel quale si legge:

«dijeron los Progenitores, los Creadores y Formadores, que se llaman Tepeu y Gucumatz: “[…] que aparezca el hombre, la humanidad, sobre la superficie de la tierra.” […] Se juntaron, llegaron y celebraron consejo […] y descubrieron lo que debía entrar en la carne del hombre. […] A continuación entraron en pláticas acerca de la creación y la formación de nuestra primera madre y padre. De maíz amarillo y de maíz blanco se hizo su carne; de masa de maíz se hicieron los brazos y las piernas del hombre. Unicamente masa de maíz entró en la carne de nuestros padres, los cuatro hombres que fueron creados»63.

La sacralità del mais deriva dall’essere questo alimento la sostanza scelta dagli dei per la formazione dell’uomo, e che permette di stabilire ed assicurare l’armonia della vita. In Hombres de maíz questo equilibrio antico viene rotto dallo sfruttamento economico del mais:

«el meíz, cuesta el sacrificio de la tierra que también es humana; […] nosotros somos hechos de meíz, y si de lo que estamos hechos, de lo que es nuestra carne, hacemos negocio […]. Dentro de las cosas oscuras entra el que podamos alimentarnos de meíz, que es carne de nuestra carne, de las mazorcas, que son como nuestros hijos; pero todo acabará pobre y quemado por el sol, por el aire, por las rozas, si se sigue sembrando meíz para negociar con él, como si no fuera sagrado, altamente sagrado»64.

63

Anonimo, Popol Vuh. Las antiguas historias del Quiché, op. cit., pp. 103-104. 64

Un altro elemento importante della cultura maya che affascinò Asturias è il nahualismo, che nel romanzo occupa uno spazio notevole. Il termine azteca nahual significa etimologicamente “stregone che si trasforma” ma, estendendosi verso il Guatemala, venne a designare anche lo “spirito dell’animale custode”. In Asturias ha entrambi i significati: in Hombres de

maíz i personaggi sono spesso affiancati dal loro nahual, che in alcuni casi

rappresenta l’animale in cui trasformarsi in momenti di pericolo, mentre in altri simboleggia l’animale in cui identificarsi, lo spirito protettore o una parte dell’io che completa la natura umana.

Alla fine del romanzo gli indigeni perdono la libertà e il magico mondo della propria cultura ma, nonostante la tragedia finale, Asturias non rinuncia ad alimentare gli antichi miti maya perché questo significa

«aprire delle prospettive immense, cariche di energia potenziale repressa, che possono svilupparsi trasformandosi in movimenti di liberazione della popolazione indigena oppressa. Sono forze che possono orientare l’azione degli uomini di mais attuali»65.

2.3 La nueva novela hispanoamericana e la ricerca

dell’identità

multiculturale

del

Messico

contemporaneo

Per cinque secoli gli indigeni hanno cercato di dar voce alle loro problematiche e di denunciare uno sfruttamento che dall’epoca coloniale è rimasto pressoché immutato.

E così, non soltanto le pagine di storia si colorano di sangue e di rivendicazioni ma anche quelle di scrittori che, oltre alla sensibilità letteraria, mostrano una sensibilità umana.

La letteratura del Novecento si anima di una vocazione di denuncia, di un desiderio di manifestare la continuità culturale che è «la base para una

65

Emanuela Jossa, Gli uomini venuti dal mais. Miguel Ángel Asturias e il mondo maya, Alinea Editrice s.r.l., Firenze, 2003, p. 125.

cultura democrática en Iberoamérica» perché unisce «la memoria con el deseo, radicados ambos − pasado y futuro − en el presente»66.

Questo processo di rinnovamento del romanzo ispanoamericano, cominciato nelle prime decadi del XX secolo con il superamento delle limitazioni del romanzo realista tradizionale e con l’introduzione, nella rappresentazione del “reale”, delle nuove modalità narrative delle avanguardie, raggiunse livelli di altissimo prestigio a partire dagli anni Quaranta, come è il caso di Arguedas e Asturias.

Tuttavia il suo prestigio rimase circoscritto ad un ambito ristretto di lettori finché, negli anni Sessanta, ebbe luogo ciò che è stato chiamato il «boom» del romanzo o la «nueva novela hispanoamericana»67, che in parte coincide con il “realismo magico”: una esplosiva ricchezza creativa di nuovi autori e di altri come Arguedas, Asturias e Carpentier, già attivi nelle decadi precedenti, che poterono contare sull’appoggio di grandi editori che ne permisero una maggiore diffusione dentro e fuori dal continente.

Gli avvenimenti che provocarono la nascita del boom, come successo editoriale di una realtà letteraria che si stava elaborando da tempo, fu la consegna del premio “Biblioteca breve” al peruviano Vargas Llosa nel 1962 e la pubblicazione di Cien años de soledad del colombiano García Márquez, scrittori che, insieme a Carlos Fuentes, sono stati e continuano ad essere figure di rilievo nella letteratura ispanoamericana contemporanea.