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Il termine del programma di riforma dell’Ordinamento Penitenziario

3.9 La riforma Orlando

3.9.1 Il termine del programma di riforma dell’Ordinamento Penitenziario

Con l’approvazione dei tre decreti legislativi n. 121, 123 e 124187 del 2 Ottobre 2018, si è concluso l’iter della riforma dell’ordinamento penitenziario aperto dai lavori degli Stati generali per l’esecuzione penale. I decreti legislativi hanno dato (parziale) attuazione alla legge delega 23 Giugno 2017, n. 103 ed essendo transitati da due diversi esecutivi, hanno risentito dei diversi orientamenti politici delle differenti maggioranze di governo.

Una prima lettura del d. lgs. 123 relativo alla Riforma dell’ordinamento penitenziario, non rileva larga parte delle proposte emerse dagli Stati generali per l’Esecuzione Penale che il progetto formulato dalla Commissione presieduta dal prof. Pelissero aveva fatto propri. In particolare non si è realizzata

186 CHIOLA G., L’odissea giuridica dei folli rei, dagli ospedali psichiatrici giudiziari alle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza: fra controllo e cura, Guida Editori, 2017

187 D. lgs. 2 Ottobre 2018, n. 121, Disciplina dell’esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni, in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 81, 83 e 85, lettera p), della legge 23 Giugno 2017, n. 103; d. lgs. 2 Ottobre 2018, n. 123, Riforma dell’ordinamento penitenziario, in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 82, 83 e 85, lettere a), d), i), l), m), o), r), t) e u), della legge 23 Giugno 2017, n. 103; d. lgs. 2 Ottobre 2028, n. 124, Riforma dell’ordinamento penitenziario in materia di vita detentiva e lavoro penitenziario, in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 82, 83 e 85, lettere g), h) e r), della legge 23 Giugno 2017, n. 103.

168 l’equiparazione dei disturbi psichici a quelli fisici ai fini del rinvio della pena ex art. 147 c.p. e della detenzione domiciliare ex art. 47 ter co. 1 ter.

Un’occasione sprecata per abrogare l’art 148 cp e attuare un processo di destigmatizzazione dei disturbi mentali. Infatti si è mantenuta una norma superata in base alla quale, per le infermità mentali insorte nel corso della detenzione e tali da impedire l’esecuzione della pena, il giudice «ordina che [...] che il condannato sia ricoverato in un manicomio giudiziario ovvero in una casa di cura e di custodia. Il giudice può disporre che il condannato, invece che in un manicomio giudiziario, sia ricoverato in un manicomio comune…», una formulazione desueta in quando manicomio giudiziario e ordinario sono entrambi scomparsi.

La persistenza dell’art. 148 ricorda come il codice continui a fare riferimento alla legge 36/1904 quindi ad un sistema psichiatrico custodiale che è stato completamente superato dalle leggi 180/1978 e 81/2014 dalle quali è nato un sistema di cura di comunità incentrato sui Dipartimenti di salute mentale.

D’altra parte nei decreti legislativi nulla è stato definito rispetto a quanto previsto dalla legge 103/2017 comma 16 lettera c): “revisione della disciplina delle misure di sicurezza personali ai fini della espressa indicazione del divieto di sottoporre a misure di sicurezza personali per fatti non preveduti come reato dalla legge del tempo in cui furono commessi; rivisitazione, con riferimento ai soggetti imputabili, del regime del cosiddetto «doppio binario», prevedendo l’applicazione congiunta di pena e misure di sicurezza personali, nella prospettiva del minor sacrificio possibile della libertà personale, soltanto per i delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale e prevedendo comunque la durata massima delle misure di sicurezza personali, l’accertamento periodico della persistenza della pericolosità sociale e la revoca delle misure di sicurezza personali quando la pericolosità sia venuta meno; revisione del modello definitorio dell’infermità, mediante la previsione di clausole in grado di attribuire rilevanza, in conformità a consolidate posizioni

169 scientifiche, ai disturbi della personalità; previsione, nei casi di non imputabilità al momento del fatto, di misure terapeutiche e di controllo, determinate nel massimo e da applicare tenendo conto della necessità della cura, e prevedendo l’accertamento periodico della persistenza della pericolosità sociale e della necessità della cura e la revoca delle misure quando la necessità’ della cura o la pericolosità sociale siano venute meno; previsione, in caso di capacità diminuita, dell’abolizione del sistema del doppio binario e previsione di un trattamento sanzionatorio finalizzato al superamento delle condizioni che hanno diminuito la capacità dell’agente, anche mediante il ricorso a trattamenti terapeutici o riabilitativi e l’accesso a misure alternative, fatte salve le esigenze di prevenzione a tutela della collettività”.

Inoltre, sembra che siano stati evitati temi di grande rilevanza: imputabilità, doppio binario e misure di sicurezza.

Anche la questione della psichiatria negli Istituti di pena è stata omessa. Il Governo ha scelto di non dare alcuna attuazione al criterio di legge delega relativo al potenziamento dell’assistenza psichiatrica e il nuovo comma 2 dell’art. 11 elimina la previsione che ogni istituto debba disporre “dell’opera di almeno uno specialista in psichiatria” ma soprattutto non viene più riportato che “nel caso di sospetto di malattia psichica sono adottati senza indugio i provvedimenti del caso col rispetto delle norme concernenti l’assistenza psichiatrica e la sanità mentale.”

Non si realizza alcun potenziamento dell’assistenza psichiatrica, in particolare delle articolazioni di salute mentale negli istituti di pena e l’istituzione di “sezioni speciali” a sola gestione sanitaria. Previsione che aveva sollevato perplessità anche tra i professionisti della salute mentale, più orientati a realizzare trattamenti in contesti alternativi al carcere.

Infatti, sulla base di una versione dell’art.11-bis e dell’art. 65 (“previsione di sezioni speciali ad esclusiva gestione sanitaria”) dell’ordinamento penitenziario predisposto dalla Commissione Pelissero, veniva a configurare possibili percorsi per la fase di accertamento delle infermità psichiche nella

170 persona privata della libertà: uno interno agli istituti di pena in regime ordinario o nelle sezioni speciali ad esclusiva gestione sanitaria e l’altro esterno, presso idonea struttura indicata dal competente dipartimento di salute mentale.

Nella proposta avanzata le “sezioni speciali” erano destinate ad occuparsi di soggetti diversi: “condannati a pena diminuita ai sensi degli articoli 89 e 95 del codice penale”; “soggetti affetti da infermità psichiche sopravvenute o per i quali non sia stato possibile disporre il rinvio dell’esecuzione ai sensi dell’articolo 147” (post abolizione dell’art 148 cp) e “soggetti per i quali si procede all’accertamento di cui all’articolo 11-bis.”

Sulla questione della salute mentale negli istituti di pena, il coordinamento Rems in riferimento alle “sezioni speciali” ha avanzato diverse notazioni critiche teoriche e organizzative ed ha rilevato che “va chiarito bene come (ri)configurare le articolazioni per la salute mentale o reparti/residenze a sola gestione sanitaria”. Vista la decisione assunta dal Governo, il tema oggi non si pone ma viene lasciata inalterata la situazione delle articolazioni per la salute mentale negli istituti di pena che registra gravi e note carenze nonché la difficoltà a definire i percorsi di diagnosi e cura.

Nemmeno la proposta di introdurre una specifica tipologia di affidamento in prova per i soggetti con disturbi mentali è stata accolta.

Analizzando il d. lgs 121, “a proposito della introduzione di misure penali di comunità mirate a far fronte alle specifiche esigenze dei minorenni, si constata con rammarico, il mancato recepimento delle indicazioni provenienti dalla bozza elaborata dalla Commissione ministeriale con riguardo alla tutela del diritto alla salute e all’introduzione di un affidamento in prova terapeutico per patologie psichiatriche.

Non di rado la reclusione in IPM determina l’insorgenza nei detenuti di malattie psichiatriche o di gravi e persistenti disturbi della personalità che richiedono specifici trattamenti sanitari, i quali difficilmente possono essere

171 offerti in istituto (dove manca la presenza di personale sanitario specializzato), senza rischi di compromissione ulteriore della salute del condannato e degli altri reclusi”188.

In sintesi sembra che il tema della psichiatria venga omesso lasciando inapplicata larga parte della delega conferita dalla legge 103/2017. Al contempo si rinuncia a dare un contributo per la funzionalità al sistema riformato dalla legge 81/2014 che mantiene aperte le sue contraddizioni.

In conclusione, la mancata equiparazione delle infermità mentali a quelle fisiche è certamente un’occasione mancata, così come non avere promosso le misure alternative alla detenzione189.