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L’importanza della collaborazione tra i vari organismi coinvolti

3.8 CSM e la Delibera consiliare del 19 Aprile 2017

3.8.1 L’importanza della collaborazione tra i vari organismi coinvolti

della Magistratura è di nuovo intervenuto “in continuità con la delibera del 19 Aprile 2017” sottolineando ancora l’assoluta necessità che “i rapporti di conoscenza dell’offerta terapeutica e riabilitativa sul territorio […] siano saldi e costantemente aggiornati”.

Con tale delibera, preso atto del non ancora completo, effettivo e soddisfacente grado di realizzazione del sistema delineato con la legge n. 81 del 2014 e dei principi ivi sanciti, il Consiglio Superiore della Magistratura ha inteso approfondire l’aspetto relativo alla formalizzazione di intese mediante la sottoscrizione di protocolli tra i soggetti istituzionali coinvolti nella gestione delle misure di sicurezza per il non imputabile, “al fine di conferire alla già auspicata collaborazione tra gli organismi pubblici e privati coinvolti carattere stabile e forma strutturata”.

È infatti consequenziale al rispetto dei principi summenzionati, in particolare quello di residualità della misura di sicurezza detentiva, l'importanza di una “piena integrazione tra i servizi di salute mentale sul territorio e l'ordine giudiziario” e, in particolare, la conoscibilità da parte degli organi giudiziari dell'offerta terapeutica e riabilitativa sul territorio: ciò al fine di consentire all'organo giudiziario, sin dal

180 SECCHI B., CALCATERRA A., La nuova risoluzione del CSM in tema di misure di sicurezza psichiatriche, i protocolli operativi: uno strumento di cooperazione e dialogo ai fini della piena realizzazione dei principi sanciti con la legge 30 maggio 2014 n. 81 dettata in tema di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, disponibile su www.penalecontemporaneo.it

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primo momento di contatto con il malato psichico autore di reato, una scelta utile e consapevole delle misure adottabili in concreto per far fronte alla pericolosità sociale dando prioritaria rilevanza alle esigenze di cura e di inclusione sociale dello stesso, visti gli effetti indesiderati e di scompenso complessivo per la tenuta del sistema propri della mera custodia neutralizzante.

In quest'ottica, i Protocolli Operativi costituiscono un prezioso strumento di lavoro, di integrazione del procedimento giudiziario in ciascuna delle sue fasi, anche quelle connotate da maggiore criticità (dalla scelta della misura in concreto applicabile alla gestione delle acuzie dell'autore di reato e alla esecuzione della misura in corso).

Sulla scorta dunque del lavoro effettuato dalla Settima Commissione e sulla base delle esperienze già maturate in realtà virtuose, si è provveduto ad elaborare un contenuto minimo costante dei Protocolli Operativi, riguardante i soggetti coinvolti, il tipo di soluzioni, l'efficacia tempestiva e le fasi dei procedimenti cui riferirsi, i principi residuali cui i protocolli devono ispirarsi e l'aspetto della formazione congiunta e del monitoraggio della fase esecutiva.

Quanto al primo aspetto, si raccomanda la sottoscrizione del Protocollo da parte del Presidente e del Procuratore Generale della Corte d'Appello, dal Presidente del Tribunale di Sorveglianza, dal Presidente del Tribunale e dal Procuratore capo dell'Ufficio, oltre che dal Direttore dei Dsm competenti per territorio e dall'Uepe, con un coinvolgimento altresì dei servizi di salute mentale operanti nel carcere.

In tal modo, tutti gli operatori a vario titolo coinvolti nella cura e gestione nonché controllo dei malati psichici autori di reato sarebbero posti nella condizione di conoscere a monte le soluzioni applicabili al singolo caso concreto, in un costante e vivace dialogo e scambio di informazioni che assicuri le migliori cure possibili al paziente, garantendo al contempo il soddisfacimento delle istanze di difesa e sicurezza sociale.

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Prendendo spunto, poi, dall’esperienza milanese, viene valorizzato il ruolo dell’avvocatura, che deve fungere da collante sul piano procedurale e da soggetto attivo nella ricerca di soluzioni eque per le esigenze di cura dei folli rei.

Spesso, infatti, il difensore può svolgere un'attività decisiva a favore delle istanze di cura del proprio assistito, sia al momento della scelta della misura da applicare e del collocamento effettivo del paziente, dialogando con i servizi territoriali e individuando le strutture disponibili all'accoglienza, sia al momento dell'esecuzione della misura, rapportandosi e sollecitando i servizi di salute mentale territoriali e l'Uepe al fine di un reinserimento graduato ma effettivo del paziente sul territorio.

Trattasi di riconoscimento importante di un ruolo, quello dell’avvocato, da esplicare in modo funzionale alla costruzione di un progetto, anche alla luce delle utili conoscenze allargate di cui i legali possono essere portatori.

Altro aspetto di precipua importanza è quello relativo alle tempistiche di applicazione dei protocolli: non di rado accade che l'accertamento delle patologie psichiatriche e, di conseguenza, l'elaborazione del progetto terapeutico riabilitativo individuale (PTRI) subiscano dei ritardi, con conseguente grave pregiudizio per la cura dei pazienti.

Per evitare tali situazioni, la risoluzione ha proceduto ad individuare alcuni “momenti di contatto”, al verificarsi dei quali l'applicazione immediata e tempestiva dei Protocolli può consentire una immediata presa in carico, in via prioritaria territoriale e solo residualmente istituzionale, risolvendo in radice le problematiche di competenza territoriale dei servizi e gli eventuali aspetti collegati alla possibile “doppia diagnosi”.

La risoluzione del CSM evidenzia che nei casi in cui all'Autorità Giudiziaria è richiesta una valutazione che riguardi soggetti affetti da patologia psichiatrica, l'applicazione tempestiva dei protocolli e, di conseguenza, l'immediato

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coinvolgimento dei servizi territoriali, potrebbe consentire una maggiore efficacia delle cure e un minor ricorso alla misura detentiva.

Tale assunto importa la necessità che vengano delineate tecniche, tempi e quesiti di massima per lo svolgimento degli incarichi peritali, con particolare riferimento alla opportunità di prevedere periodi di osservazione che non comportino, peraltro, una dilatazione irragionevole dei tempi di decisione e adozione della soluzione adeguata.

L’ulteriore intervento del Consiglio superiore della Magistratura non può che essere accolto con favore. È segno della necessità, ancora una volta, di richiamare l’attenzione dell’Autorità Giudiziaria, dell’Avvocatura e degli Operatori Sanitari sull’importanza di una riforma che impone una presa in carico e la realizzazione di un progetto per l’autore di reato che deve essere organizzato sin dal principio del procedimento penale.

Nel corso della loro audizione avanti il CSM i medici psichiatri hanno evidenziato quanto sia diverso e più stimolante “immaginare e costruire percorsi” e non individuare solo “luoghi dove alloggiare le persone con problematiche”.

Di fronte a questo imprescindibile punto di partenza, che rappresenta il nucleo della riforma anche sulla scia del principio fondamentale espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza 253/2003 secondo cui “le esigenze di tutela della collettività non potrebbero mai giustificare misure tali da recare danno anziché vantaggio alla salute del paziente”, il lavoro di tutti gli operatori facenti parte del percorso giudiziario di un indagato/imputato parzialmente o totalmente incapace dovrà necessariamente essere coordinato e finalizzato all’obiettivo indicato.

Sarebbe dunque auspicabile che sin dall’inizio del procedimento penale il Pubblico Ministero si relazioni con il Dipartimento di salute mentale

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territorialmente competente anche al fine di acquisire tutta la documentazione disponibile181.