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La legge del 13 maggio 1978, n. 180 (accertamenti e trattamenti sanitari

Nell’introdurre il secondo capitolo, è doveroso accennare alla legge Basaglia67. Tale legge ha costituito nel panorama sanitario mondiale un vero e proprio Big Bang, che ha continuato ad ispirare in questi quaranta anni tutti i paesi del mondo nel campo della salute mentale attraverso l’OMS, che si fa alfiere dei principi racchiusi in questa.

Sotto il profilo costituzionale, la riforma portata avanti da Basaglia e dalla successiva legge 833/78, rispondeva ai fondamentali principi costituzionali che dovevano essere osservati dall'autorità sanitaria nell’adozione degli accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori. Fra questi, il rispetto della dignità della

65 Relazione sulle condizioni di vita e cura all’interno degli ospedali psichiatrici giudiziari, approvata dalla Commissione nella seduta del 20 luglio 2011, XVI Legislatura, Doc. XXII-bis, n. 4, p. 12-13.

66 PELISSERO M., Il doppio binario nel sistema penale italiano, disponibile su www.law.unc.edu.

67 L. 13 maggio 1978, n. 180, pubblicata in Gazz Uff. 16 maggio 1978, n.133. Tale legge è meglio conosciuta come 'Legge Basaglia', dal nome di colui che la ispirò. Franco Basaglia è stato psichiatra e neurologo italiano, che rinnovò la concezione di salute mentale e riformò la disciplina psichiatrica in Italia.

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persona e dei diritti civili e politici68, come anche il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura.

Nel dettato legislativo, il principio fondamentale che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e che sono eguali davanti alla legge senza alcuna distinzione, fissato dall’art. 3 Cost., si collega non soltanto all’art. 32 Cost., ma anche al terzo comma dell’art. 27 Cost., in base a cui «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»69.

La legge Basaglia ha abbandonato la prospettiva custodialistica della legge del 1904, prevedendo esclusivamente trattamenti sanitari volontari, salvo casi eccezionali di trattamenti obbligatori con degenza ospedaliera, «solo se esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengano accettati dall’infermo e se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive e idonee misure sanitarie extra ospedaliere» (art. 2, secondo comma). La stessa legge avviava il processo di chiusura degli ospedali psichiatrici esistenti, vietando al contempo nuovi ricoveri. Si trattò di una riforma fondamentale, il cui risultato fu merito di una rivisitazione della segregazione come modalità di intervento sulla malattia mentale a favore di un approccio che richiedeva una integrazione del portatore di sofferenze se psichiche all’interno del tessuto sociale, attraverso interventi che abbandonavano la prospettiva della esclusione, sulla quale si era fondata la precedente legge manicomiale. Anche la psichiatria poteva liberarsi del ruolo di controllo custodiale per valorizzare la funzione terapeutica. Era quindi il risultato

68 V. art. 1 della L. 180/78 (accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori per malattia mentale) che stabilisce: «Nei casi di cui alla presente legge e in quelli espressamente previsti da leggi dello Stato possono essere disposti dall’autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura».

69 CHIODA G., L’odissea giuridica dei folli rei, dagli ospedali psichiatrici giudiziari alle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza: fra controllo e cura, Guida Editori 2017

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di una lunga battaglia culturale portata avanti dalla antipsichiatria, fermamente convinta che la istituzionalizzazione della malattia mentale aveva peggiorato le condizioni di salute e di vita nei manicomi, ridotti a fatiscenti carceri, dove alla cura si era sostituito il più totale abbandono dei malati alle proprie condizioni fisiche e psichiche. Il successo della riforma psichiatrica fu anche agevolato dalla diffusa consapevolezza a livello di percezione dell’opinione pubblica della intollerabile protrazione delle condizioni di vita all’interno dei manicomi, portate agli onori della cronaca attraverso alcuni scandali, che si erano conclusi con conseguenze drammatiche per gli internati.

Sono noti però anche i limiti della riforma Basaglia, o meglio i limiti di una mancata attuazione o quantomeno una «applicazione a macchia di leopardo»: il legislatore, partendo dalla giusta prospettiva di chiusura dei manicomi, trascura oggi di dare attuazione a quegli interventi di supporto socio-sanitario, che erano necessari per garantire non solo l'accoglimento degli internati di messi dalle strutture esistenti, ma per assicurare anche i necessari interventi a sostegno delle famiglie. Al di là di interventi ambulatoriali, manco l'attivazione delle c.d. strutture intermedie, ossia strutture di medio-lungo degenza che consentissero l'accoglimento in piccole comunità dei malati portatori dei disturbi più grave. Alla logica di esclusione dei malati di mente nel custodialismo della precedente legge manicomiale si era sostituita una logica di inclusione solo apparente.

Ora, la riforma non intervenne sui manicomi giudiziari70, che continuarono ad essere disciplinati dalle norme del codice penale del 1930 e che si trovavano di fatto in condizioni di fatiscenza, sovraffollamento, abbandono dei ricoverati, in una prospettiva di pura neutralizzazione di una pericolosità che continuava ad essere ancora presunta. Non di meno la riforma psichiatrica fece sentire il proprio influsso, innanzitutto sul funzionamento dei manicomi giudiziari, luoghi di

70 Priva di fondamento la sent. Del Trib. Roma, 2 Aprile 1979, in Foro it., 1980, II, c. 156, che considera implicitamente abrogato l’art. 222 c.p. dall’art. 11, legge n. 180 del 1978.

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«disgregazione morale e di abbrutimento spirituale»71, che solo da alcuni anni, con la riforma dell'ordinamento penitenziario del 1975, avevano assunto la nuova denominazione di ospedali psichiatrici giudiziari72.

La nuova psichiatria produsse anche significativi mutamenti all’interno di tali strutture: pur permanendo la vecchia disciplina, erano i metodi di intervento ad essere modificati. Ne è un esempio l’Opg di Castiglione delle Stiviere, nel quale si è avviata una trasformazione in senso sanitario, caratterizzata dalla presenza di operatori medici e l'esclusione di personale penitenziario, si non per i controlli esterni.

Il secondo punto di incidenza della riforma del 1978 sui manicomi giudiziari interessa le interazioni tra le 2 discipline. Nel periodo successivo all’applicazione della legge n. 180 l'hai chiusura dei manicomi (o meglio il divieto di nuovi ricoveri, considerato il lentissimo processo di dimissione effettiva di tali istituti73) ha visto un aumento considerevoli degli internamenti nei manicomi giudiziari, che erano a quel tempo divenuti l'unica risorsa disponibile e il con testo di disciplina extra penale che si mostrava estremamente deficitario sotto il profilo delle strutture e dei rapporti socio-sanitari: dai circa 1000 internati per anno dal 1975-1978, il numero degli ingressi è progressivamente aumentato del 50%74. In assenza di soluzioni alternative, infatti, l'unico strumento di intervento nei confronti del malato di mente autore di reato era quello custodiale della misura di sicurezza.

71 FIANDACA G. – MUSCO E., Diritto penale. Parte generale, ed., Zanichelli.

72 La riforma dell’ordinamento penitenziario ha anche previsto la concessione in ogni tempo della semilibertà degli internati, avvicinando in tal modo il trattamento tra malati di mente autori e non autori di reato.

73 Nel 1999 può dirsi concluso il processo di chiusura dei manicomi. 74 I dati riportati sono stati tratti dalla ricerca del Ministero della giustizia.

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CAPITOLO SECONDO

GLI OSPEDALI PSICHIATRICI GIUDIZIARI E IL LORO

SUPERAMENTO

“Cosa ha annientato il malato? L’autorità. Per riabilitarlo occorre abituarlo a ribellarsi. Dato però che il nostro sistema sociale non è interessato alla ribellione del malato, in quanto non ha lavoro neanche per i sani, bisogna riformare anche la società”. (F. ONGARO BASAGLIA (a cura di). Scritti II, 1968-1980. Dall’apertura del manicomio alla nuova legge sull’assistenza psichiatria, Einaudi, Torino, 1982)