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Il tradizionale orientamento della Consulta: l’inammissibilità processuale.

3. La questione del sindacato sulle norme penali di favore.

3.1. Il tradizionale orientamento della Consulta: l’inammissibilità processuale.

La dottrina e la giurisprudenza che si sono occupate del tema per anni si sono confrontate per rinvenire una soluzione che consentisse il sindacato di costituzionalità su norme penali di favore e che fosse coerente con i principi che governano il giudizio incidentale sulle leggi, ed in particolare quello sulla necessaria rilevanza della questione, e con quanto previsto nel diritto penale ai sensi dell’art. 25, secondo comma, Cost. e dell’art. 2. c.p.

Tradizionalmente la giurisprudenza costituzionale ha sviluppato il tema del sindacato di costituzionalità sulle norme penali di favore affrontando il profilo meramente processuale della “rilevanza della questione”.

In una prima fase la Corte dichiarava questioni di questo tipo inammissibili per difetto di rilevanza: l’eventuale pronuncia di accoglimento non avrebbe potuto produrre effetti nel giudizio a quo, stante l’impossibilità di applicare la disciplina più sfavorevole, tornata alla vita dopo la decisione della Corte, al caso concreto; ostacolo insormontabile era , infatti, rappresentato dal principio di irretroattività ex art. 25, comma 2, Cost. ed ex art. 2, comma 1, c.p.

Se, infatti, per rilevanza si intende «il nesso di pregiudizialità necessario fra soluzione della questione di costituzionalità e definizione del giudizio a quo – e, quindi, per aversi rilevanza occorre che la decisione della Corte costituzionale influenzi la decisione del giudice a quo - »86 una questione di legittimità costituzionale su norme penali di favore sarebbe sempre non rilevante, in quanto sia la Costituzione che il codice penale vietano la retroattività di qualsiasi modificazione sfavorevole (situazione che verrebbe a

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determinarsi qualora il giudice a quo nel suo giudizio non potesse fare applicazione della norma di favore – incostituzionale – ma fosse costretto ad applicare, con effetti in malam partem, la norma generale che si è riespansa).

Già a partire dalla sentenza n. 85 del 1976 è stato affermato che “l’irrilevanza necessaria” della questione relativa alle norme penali di favore discende dal disposto di cui all’art. 25, secondo comma della Costituzione e all’art. 2 c.p.: l’eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma di favore sarebbe sempre ininfluente nel giudizio a quo, dovendo il giudice remittente comunque applicare la norma illegittima, stante il divieto di retroattività della norma più sfavorevole.

Questo primo orientamento evidenzia come la Corte acceda ad una nozione di «inammissibilità processuale» della questione; nozione, questa, che trova i suoi referenti normativi nell’art. 23 della legge n. 87 del 1953 ( l’autorità giurisdizionale può sollevare la questione solo «qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale») e nel secondo comma dell’art. 25 Cost., laddove il principio di legalità si declina nel corollario della irretroattività.

Ben diverso significato assume, invece, il concetto di «inammissibilità sostanziale» che rinviene il suo fondamento nell’art. 28 della legge n. 87 del 1953 («Il controllo di legittimità della Corte costituzionale su una legge o un atto avente forza di legge esclude ogni valutazione di natura politica e ogni sindacato sull’uso del potere discrezionale del Parlamento») e all’art. 25,

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secondo comma, questa volta inteso come fondamento del principio di riserva di legge87.

Questa diversa accezione di inammissibilità sembra emergere già nella citata sentenza n. 108 del 1981.

La Corte con tale pronuncia pare abbandonare la tradizionale linea

argomentativa, pervenendo comunque ad una dichiarazione di

inammissibilità, ma in forza del diverso rilievo che l’eventuale pronuncia di accoglimento si risolverebbe nella produzione di una norma nuova da parte della Corte, anziché del legislatore, in violazione del principio di stretta legalità88.

È stato osservato che «l’affermazione che le questioni del tipo in esame non sono inammissibili perché in linea di principio irrilevanti, ma perché in linea di principio la produzione normativa di effetti sfavorevoli al reo compete al solo legislatore, costituisce un mutamento di prospettiva suscettibile di influenzare in vario modo il giudizio incidentale di legittimità costituzionale»89 .

Accanto quindi ai limiti di carattere processuale che delimitano il giudizio incidentale di costituzionalità ( presupposti e condizioni dell’azione) viene ad essere riconosciuto un limite di carattere sostanziale concernente il riparto di attribuzioni tra poteri costituzionali.

Si sottolinea come non si tratti in questo caso di un generico richiamo al rispetto della «discrezionalità del legislatore»90, ma si individui un preciso ed effettivo limite al sindacato di costituzionalità corrispondente alla sfera in cui

87 Evidenzia la dicotomia tra «inammissibilità processuale» e «inammissibilità sostanziale» I NSOLERA,

Democrazia, ragione e prevaricazione. Dalle vicende del falso in bilancio ad un nuovo riparto costituzionale nella attribuzione dei poteri?, Milano, 2003.

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Tale schema argomentativo trova un precedente isolato solo nella sentenza n. 42 del 1977 in materia di responsabilità degli autori di radio e telegiornali.

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BRANCA, Norme penali di favore, cit., 916. (corsivi nostri)

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domina la libertà di scelta del legislatore finalizzata alla garanzia della libertà personale dei cittadini.

Pare che la Corte ragioni in termini di «difetto di giurisdizione» ritenendo che vi sia un intero settore che rimanga sottratto al suo controllo in modo molto più deciso di quanto si potesse desumere allorquando ad essere richiamata era la categoria processuale della rilevanza91.

Inoltre, se come pare indiscutibile, in base al disposto dell’art. 2 c.p., il processo a quo dovrà essere definito applicando una norma dichiarata incostituzionale, non vi è dubbio che trovino un ridimensionamento sia la c.d retroattività della sentenza di accoglimento, sia lo stesso concetto di illegittimità della legge.

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Manifesta delle perplessità sull’iter argomentativo della Corte BRANCA, Norme penali di favore, cit., 919: « trasferire il discorso dal campo dei modi di intervento a quello dei contenuti, consentiti o vietati, significa, in contrasto con la premessa, riconoscere alla Corte il potere di effettuare autonome scelte in alcuni settori e non in altri, mentre dovrebbe essere oramai chiaro che le scelte della Corte hanno rilievo ed effetto politco ma in senso del tutto particolare.

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3.2. L’ammissibilità di un controllo costituzionale sulle norme penali di

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