3. La sentenza n 394 del 2006: i falsi elettorali come prima ipotesi di «norma penale di favore» irragionevole.
3.3. Norme “che sottraggono” e norme “che delimitano”: una (reale?) distinzione.
La Corte sembra ricondurre alla distinzione manichea tra norme penali di favore e norme penali favorevoli una differenza strutturale e ontologica del dato normativo tale da poter costituire una bussola per orientare i giudici costituzionali nello stabilire il se ed il come innovare l’ordinamento penale.
Appare opportuno interrogarsi - in assenza di qualsivoglia dato positivo che fondi l’eterogeneità delle due categorie - sulla effettiva capacità selettiva dei criteri (requisiti) enucleati dalla Corte, e sulla loro tenuta anche al di fuori dell’ipotesi oggetto del giudizio nella sentenza in esame.
Non vi è dubbio, infatti, che la Corte non ha incontrato molte difficoltà a dichiarare la manifesta irragionevolezza delle norme sui falsi elettorali (speciali e compresenti rispetto a norme generali contenute sia nella legislazione speciale che nell’impianto codicistico) una volta appurato che il salto sanzionatorio tra le figure appariva (manifestamente) ingiustificato a fronte di una identità di condotte incriminate e di bene giuridico strumentale protetto (fede pubblica), e per di più in presenza di un bene finale dotato di rango costituzionale (la tutela nella materia elettorale non può che essere strettamente connessa al principio democratico della rappresentatività)167.
Non pare, tuttavia, che adottando l’ormai nota distinzione tra norme che sottraggono e norme che delimitano la Corte avrà gioco facile nel definire gli ulteriori eventuali casi che verranno sottoposti al suo giudizio.
Una prima osservazione sulla scelta terminologica effettuata.
167
Cfr. DI GIOVINE, Opinioni a confronto. Norme penali di favore e controllo di costituzionalità, in
Criminalia, 2007, 229, per la quale «il caso deciso dalla Corte nella sentenza 394 è proprio uno di
quelli, felicissimi (quasi di scuola), in cui il ragionamento trilaterale della Corte ha potuto giovarsi non soltanto di un nitido rapporto di genus ad speciem tra racconti (criminali), ma altresì dell’importante contributo della Costituzione, che ha suggerito indizi inequivocabili su quale fosse, tra i due episodi, quello più grave»
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La contrapposizione tra «delimitazione» (dell’area di intervento di una fattispecie di reato) e «sottrazione» (di determinati soggetti e ipotesi) rischia di tradursi in un criterio non del tutto univoco; a ben vedere ogni delimitazione dell’ambito di applicazione di un reato determina, inevitabilmente, la sottrazione di fattispecie concrete al modello legale astratto. È ben noto infatti come nel diritto «si sottrae (operatività) appunto mediante delimitazione (solitamente proprio della tipicità)»168.
Anche a voler riconoscere una certa capacità selettiva al criterio sottrazione/delimitazione, si è già detto, con riferimento al caso delle soglie di punibilità affrontato nella sentenza n. 161 del 2004, come la stessa individuazione di ciò che delimita l’intervento della sanzione - in quanto espressione di un dato attinente alla meritevolezza e al bisogno di pena - sia condizionata dalla qualificazione giuridica degli elementi previsti in fattispecie; operazione interpretativa – quella riguardante la natura giuridica di certi elementi – che spesso può risultare assai complessa e incerta, comunque (probabilmente) inidonea a fondare il discrimen per l’ammissibilità del sindacato della Corte costituzionale169.
Inoltre, sia consentita un’ulteriore osservazione rispetto alla
configurazione della categoria delle norme penali di favore.
L’avere equiparato nell’ambito della sottrazione alla disciplina generale tipologie di soggetti e tipologie di condotte (ipotesi) non sembra essere un’opzione pienamente appagante rispetto alla scelta del parametro costituzionale su cui fondare il giudizio di legittimità; mentre nella seconda ipotesi il sindacato non poteva che sostanziarsi nel controllo di ragionevolezza svolto secondo il tradizionale schema triadico (dove la norma
168
DI GIOVINE, Opinioni a confronto, cit., 232.
169 In questo senso M. R
OMANO, Complessità delle fonti e sistema penale., cit., 551;VENEZIANI, Opinioni
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generale o comune si atteggia a tertium comparationis), in caso di disciplina “di favore” ratione subiecti l’eventuale incostituzionalità della norma poteva essere dichiarata anche richiamando il principio dell’uguaglianza formale di cui all’art. 3, comma 1, Cost. (in presenza di un divieto espresso di discriminazione per ragioni di sesso, razza, lingua, religioni,opinioni politiche, condizioni personali o sociali non vi è necessità di ricorrere al tertium comparationis)170.
È evidente, infatti, che ogni discriminazione ratione subiecti si pone in contrasto con il « nucleo forte del principio di uguaglianza», venendo a configurare un’ ipotesi di illegittimità costituzionale «non solo più evidente, ma “diversa” ed autonoma» rispetto a quella prospettabile quando l’art. 3 Cost. viene ad essere invocato come funzionale ad un controllo sulla ragionevolezza della norma171.
Sul punto basti osservare quanto si è evidenziato nella letteratura costituzionalistica. Il principio di uguaglianza rinviene il suo fondamento liberal-democratico nell’esigenza di garantire i cittadini da odiose forme di privilegio, ma contemporaneamente riveste il ruolo di garanzia di fronte all’irrazionalità dell’ordinamento: «se il primo aspetto è ricompreso nel secondo, posto che ogni privilegio può essere inteso come irrazionalità, non è vero il contrario», in quanto l’oggettiva razionalità dell’ordinamento può prescindere da forme di privilegio172.
Ora, rispetto alla sottrazione di soggetti dall’ambito di applicazione della disciplina generale probabilmente non è necessario far ricorso al controverso
170
Così INSOLERA, Controlli di ragionevolezza e riserva di legge in materia penale: una svolta sulla
sindacabilità delle norme di favore?, in Dir. pen. proc., 2007, 671; MANES, Illegittime le “norme penali
di favore”, cit.
171
INSOLERA, Principio di eguaglianza e controllo di ragionevolezza sulle norme penali, in AA.VV. ,Introduzione al sistema penale, Torino, 2000, 291.
172 I
NSOLERA, Principio di eguaglianza e controllo di ragionevolezza, cit., 291 che sul punto riprende le riflessioni di CERRI,L’eguaglianza nella giurisprudenza della Corte costituzionale, Milano, 1976, 62 ss.
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criterio d ragionevolezza-razionalità, ben potendosi, almeno nella maggior parte dei casi, individuare la violazione di uno dei criteri normativamente previsti al primo comma dell’art. 3 Cost.; ciò consentirebbe di effettuare uno scrutinio di costituzionalità più stringente di quello che si realizza quando ad essere indagata è la razionalità della norma.
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4. L’incidenza della sentenza di illegittimità costituzionale sul giudizio a quo.