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3.2. I Trattati Europei

3.2.4. Il Trattato di Maastricht

Successivamente all’Atto Unico Europeo, nel 1992, viene stipulato il Trattato di Maastricht, il quale segna la fine della cosiddetta Comunità Economica Europea (CEE) che si vede trasformata dunque in Comunità Europea.

Con il Trattato di Maastricht, inoltre, entra in scena il cosiddetto TUE, ossia il Trattato sull’Unione Europea.

Il Trattato di Maastricht è infatti considerato come una vera e propria “rifondazione” della Comunità; con esso abbiamo definitivamente e ufficialmente il superamento del modello economico – evidenziato soprattutto dal cambiamento nella denominazione – e il subentro della Comunità-Unione alla precedente Comunità-Mercato con l’instaurazione di una nuova “Europa dei cittadini”73 al posto dell’antecedente “Europa dei mercanti”74.

La portata estremamente innovativa di questo trattato risiede principalmente nella nuova struttura a tempio dell’Unione europea, composta da tre pilastri: il primo, la

73 Nel trattato sull'Unione europea, l'articolo 6 (ex articolo F)

paragrafo 2, sottolinea l’interesse a tutelare i cittadini e i loro diritti, infatti dispone come segue: "L'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono

garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario".

74 Sulle nuove definizioni riguardo la Comunità post-Trattato di

dimensione comunitaria (ossia il “vecchio” trattato CEE); il secondo, la Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC) ed il terzo, la cooperazione nei settori della Giustizia e degli Affari Interni (GAI), che diventerà, in seguito alle modifiche introdotte dal Trattato di Amsterdam, “cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale”75 .

Il Trattato, nell’ambito delle innovazioni che apporta, definisce nuovi ambiziosi obiettivi: il raggiungimento di un’unione monetaria (da realizzare entro il 1999) e la realizzazione di un’unione politica attraverso l’introduzione della cittadinanza europea e di nuove politiche comuni, quali quelle dei nuovi pilastri.

La cittadinanza europea, in particolare, non si va a sostituire alla cittadinanza che l’individuo già ha, ma è una cittadinanza, per così dire, di “secondo grado” in quanto

75 La principale differenza tra i tre pilastri è data dal fatto che per le

politiche avviate nell’ambito del primo pilastro si applica il cosiddetto “metodo comunitario” il quale marginalizza il ruolo dei governi nazionali a favore delle istituzioni comunitarie.

I governi degli Stati membri infatti possono intervenire soltanto nelle forme e secondo le procedure previste dai trattati, bilanciando il loro ruolo con quello delle altre istituzioni; ciò vuol dire che nessun atto può essere adottato nell’ambito del primo pilastro dal Consiglio dell’Unione - istituzione che più direttamente rappresenta gli interessi degli Stati membri - senza la preventiva iniziativa legislativa della Commissione delle Comunità europee.

I trattati istitutivi infatti riservano l’iniziativa legislativa alla sola Commissione che esercita in tal modo una sorta di controllo a priori sull’attività legislativa comunitaria.

La collaborazione nell’ambito degli altri due pilastri è, invece, di carattere tipicamente intergovernativa, il che fa si che venga attribuito tutto il potere decisionale agli Stati membri, i quali però possono emettere “decisioni” che risultano scarsamente vincolanti per gli Stati membri e comunque quasi sempre adottabili soltanto all’unanimità.

L’unico atto veramente vincolante, previsto soltanto nell’ambito della cooperazione del terzo pilastro, è la convenzione internazionale che però impegna lo Stato soltanto nel momento in cui ha ricevuto la ratifica; non a caso quasi tutte le convenzioni elaborate sulla base della cooperazione in materia di giustizia e affari interni non sono ancora entrate in vigore. (Per questa ricostruzione cfr. il sito web europa.eu)

presuppone il possesso della cittadinanza in uno degli Stati membri, come si denota dall’articolo 17 TCE: “È cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro”.

Vi è inoltre, da parte del Trattato di Maastricht, l’enunciazione di nuovi diritti riconosciuti ai cittadini europei, quali ad esempio, il diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio di tutti gli Stati membri (art.8 A), il diritto di elettorato attivo e passivo (art.8 B), il diritto di petizione e di rivolgersi al mediatore (art.8 D), il diritto di partecipare alla vita politica europea (Art.138 A), etc.

Rispetto al Trattato di Roma si profila, poi, una nuova attenzione per le vecchie politiche, come la politica sociale per la quale viene prevista l’estensione dell’ambito delle competenze della Comunità, annunciando l’intervento comunitario in nuovi settori che tradizionalmente erano riservati alla sovranità degli Stati.

Infatti - come già anticipato nel paragrafo precedente - la materia della sanità, ad esempio, rimane in gran parte di competenza nazionale, ma la Comunità assume un ruolo sussidiario, ed allo stesso tempo essenziale, che consiste nel sostenere gli sforzi degli Stati membri e nell'aiutarli nella formulazione e nell'attuazione di obiettivi e strategie coordinate.

Nel Trattato di Maastricht si è dunque delineata una dimensione globale della sanità – che verrà poi ribadita dal Trattato di Amsterdam – la quale non solo risulta legata alle

quattro libertà già riconosciute dal Trattato di Roma76, ma interessa ogni aspetto della vita dell’individuo, consentendo un diverso approccio alla materia: non più solo negativo, ma anche positivo.

Il problema principale risulta essere però che le nuove politiche, anche se non prive di qualche rilievo per l’individuo, restano pur sempre finalizzate all’apertura del mercato, e perciò non sempre sembrano essere coerenti con l’anticipata affermazione della centralità dell’individuo.

Nonostante tutto, è possibile affermare che con l'entrata in vigore del TUE e l'inserimento di un nuovo titolo, denominato "Sanità pubblica", è stato permesso di formalizzare la cooperazione degli Stati membri in questo settore, elevando parallelamente con l'articolo 3 TUE la protezione della salute al rango degli obiettivi delle politiche comunitarie.