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2.5. La classificazione delle farmacie

2.5.4. La farmacia pubblica e la farmacia privata

La farmacia privata è quella il cui titolare è una persona fisica o una società di persone e la titolarità viene conseguita per concorso, per atto di vendita o per successione.

Nel caso della farmacia privata uninominale - cioè quando il titolare è un singolo farmacista - non è consentito il trasferimento della titolarità senza la contemporanea cessione della proprietà, ma è invece permessa, sempre al medesimo titolare previa autorizzazione dell’Autorità sanitaria, la gestione provvisoria per motivi di pubblica necessità o per la sostituzione temporanea del titolare nei casi previsti dalla legge.

Il titolare non può contemporaneamente avere un posto di ruolo nella pubblica Amministrazione, o nella propaganda di prodotti medicinali, né può esercitare professioni o arti sanitarie63.

La farmacia può essere venduta dopo almeno tre anni dal rilascio dell’autorizzazione all’apertura della stessa.

Il titolare della farmacia privata può essere chiamato a rispondere in sede penale, amministrativa e disciplinare per gli atti compiuti da lui stesso o da altri che operano nell’esercizio in violazione delle disposizioni legislative, amministrative, regolamentari e deontologiche che disciplinano l’esercizio della professione e della farmacia stessa.

Al titolare stesso può essere attribuita anche la responsabilità civile, cioè dei danni eventualmente causati a terzi nell’esercizio della propria attività, e per questo è stato introdotto per il professionista l’obbligo di stipulare idonea

assicurazione per i danni derivati al cliente dall’esercizio dell’attività professionale.

La gestione societaria delle farmacie invece - già in vigore in quasi tutta l’Europa - ha lo scopo di favorire l’accesso alla titolarità tenendo conto, in particolare, degli ingenti capitali iniziali che richiede oggi l’apertura di una farmacia.

Inizialmente la società di persone nella forma di società di professionisti, come titolare della farmacia, era possibile purché i soci fossero tutti farmacisti iscritti all’Albo con idoneità alla titolarità, la società avesse per oggetto esclusivo la gestione della farmacia, la farmacia fosse ubicata nella stessa Provincia della sede legale della società e ciascuna società fosse titolare di una sola farmacia.

Con l’introduzione della legge n.248/2006 questi requisiti sono stati in parte modificati, infatti, sebbene l’esercizio della titolarità rimanga ancora riservato alle persone fisiche e giuridiche, ne sono mutati i presupposti e i termini: permane dunque il requisito dell’iscrizione all’Albo da parte dei farmacisti ma viene meno l’incompatibilità tra titolarità e distribuzione.

Il distributore all’ingrosso di medicinali, se dotato del requisito soggettivo di cui sopra, potrà infatti acquisire la titolarità di una farmacia o diventare socio di una società di persone; e queste ultime potranno a loro volta detenere fino a quattro farmacie nella Provincia in cui hanno la sede legale.

La partecipazione alla gestione societaria, come anche la posizione di titolare, di gestore provvisorio, di direttore o di collaboratore di un’altra farmacia, è incompatibile con qualsiasi attività nella produzione e informazione scientifica del farmaco.

Significativo è inoltre sottolineare che in alcuni Paesi europei la farmacia poteva anche essere di proprietà di persone che non possedevano il titolo di farmacista, ma la Corte di Giustizia Europea64, recentemente, ha ritenuto compatibile con il diritto comunitario, ed estendibile a tutti i Paesi europei, la riserva di titolarità delle farmacie ai soli laureati in farmacia, come stabilito in Italia e altri Stati membri quali Austria, Francia,Grecia, Spagna, etc.

Tale restrizione è giustificata dall’obiettivo di tutelare la salute pubblica, in particolare allo scopo di garantire un rifornimento di medicinali sicuro e di qualità per l’intera popolazione.

La farmacia pubblica, al contrario, è quella il cui titolare è una persona giuridica, ossia il Comune, in questo caso rappresentato dal Sindaco.

Il Regio Decreto n.2578 del 15.10.1925, autorizzava i Comuni ad assumere la gestione delle farmacie, la cui apertura avveniva del tutto discrezionalmente, sulla base di affermate necessità di pubblico interesse e senza tener di conto dei vincoli e dei criteri di formazione della pianta organica.

Successivamente la riforma Mariotti riconduceva nell’ambito della pianta organica l’apertura delle farmacie pubbliche e istituiva il diritto di prelazione da parte dei Comuni sul 50% delle farmacie poste a concorso perché resesi vacanti o di nuova istituzione.

A seguito della riforma sanitaria intervenuta nel 1978, per l’impossibilità giuridica delle A.S.L. a possedere e gestire beni

64 Cfr. sent. della Corte di Giustizia Europea del 19 maggio 2009, C-

produttivi, anche le farmacie ospedaliere esterne venivano per legge trasferite ai Comuni.

Secondo un’interpretazione rigorosa e letterale dei testi legislativi, fino a quel momento era vietato il trasferimento e quindi la vendita delle farmacie pubbliche, ma nel 1990 veniva ammessa la vendibilità anche di tali farmacie.

Per quanto riguarda invece, la gestione odierna della farmacia pubblica, è ammessa, da parte del Comune, sia una gestione diretta, sia la gestione tramite delega all’Azienda municipalizzata, oppure una gestione a mezzo di consorzi tra Comuni, o ancora una gestione a mezzo di società di capitali fra il Comune e i farmacisti che prestano servizio presso farmacie di cui sono titolari i Comuni stessi e che, all’atto della costituzione della società, cessano ogni rapporto di dipendenza.

I farmacisti addetti alle farmacie pubbliche vengono ovviamente assunti per pubblico concorso, solo che resta controversa la questione se le farmacie comunali debbano munirsi di licenza commerciale per la vendita al minuto di prodotti diversi dai medicinali, in quanto la normativa preesistente del 1926 escludeva i Comuni dall’obbligo di munirsi della predetta licenza, e questa disposizione non è mai stata riprodotta nella successiva disciplina del commercio (ossia nella legge n.426/1971).

La riforma della disciplina relativa al settore del commercio approvata nel 1998, che ha espressamente abrogato la legge del 1971, esclude dal proprio campo di applicazione i farmacisti e i direttori di farmacie pubbliche qualora vendano esclusivamente prodotti farmaceutici, medicinali, dispositivi medici e presidi medico-chirurgici: di conseguenza resta invariata la normativa applicabile alle altre tipologie di prodotti.