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2. Politiche sociali e servizi con la persona

2.3 Immigrati e società di accoglienza

Nel paragrafo precedente si è affrontato il tema della costruzione dell‟aiuto. Si è parlato cioè di come un operatore, e più in generale un servizio sociale, può porsi nei confronti dell‟Altro. L‟approccio relazionale diventa un canale di comunicazione privilegiato poiché, riconoscendo la società quale luogo deputato alla formazione e al mantenimento di trame relazionali, consente alla persona di entrare in relazione con- l‟altro e di potenziare attraverso questa la relazione con- il- sè259.

In questo modo l‟operatore riesce ad abbattere le diffidenze che ogni individuo in difficoltà possiede ed allo stesso tempo dilata i suoi orizzonti di conoscenza acquisendo sempre maggiori strumenti di interpretazione del mondo. De Vita chiama questo tipo di

256 Ivi, p. 44.

257 A. Merler, La necessità di scegliere fra la «cultura del degrado» e la «cultura della manutenzione», in

“Quaderni Bolotanesi”, n. 12, 1986, p. 127.

258 Ibidem.

relazione un incontro solidale con le sofferenze dell‟altro260. Il soggetto del bisogno riscopre, attraverso questa sicurezza acquisita, la capacità di leggersi dentro. La conversazione interiore fa sì che l‟individuo acquisca agency e riesca cioè a definire il suo ruolo all‟interno del sistema e sia a tutti gli effetti un homo civicus.

La funzione dei professionisti dell‟aiuto è quella di essere un “ponte” fra la società e gli individui. Così facendo, nell‟ottica del care, possono ridare dignità alla persona umana e contemporaneamente dare valore sociale alla loro azione migliorando qualitativamente la società. Questo ruolo sociale tanto complesso e sempre in continua evoluzione richiede molto sforzo e soprattutto una capacità ermeneutica di non fermarsi ai pre-giudizi. Le pre-conoscenze sono una sorta di bussola che orienta verso la scoperta di nuovi mondi, appunto le persone. La capacità di donarsi incondizionatamente diventa sempre più difficile quando le differenze fra i “mondi della vita quotidiana” si distanziano, quando non solo il linguaggio ma anche la cultura diventa incomprensibile.

In questo senso, pensare all‟altro diverso da me non dovrebbe essere visto come un limite ma secondo una declinazione che porta ad accettare l‟alterità come un arricchimento. Nell‟inter-relazionalità, prosegue De Vita:

“la persona supera l‟individualismo con la relazione, la scoperta cioè dell‟unica umanità a cui apparteniamo. La realtà è complessa sul piano sociale, culturale, religioso e la pluralità connota l‟alterità e il superamento dell‟individualità e della soggettività con il valore della persona umana, come parte dell‟umanità”261.

La persona immigrata, con la sua alterità, mette spesso a dura prova le competenze e le conoscenze di chi opera nel sociale. Non a caso lo straniero, proprio per il suo essere “diverso”, è sempre stato motivo di interesse e di riflessione. In precedenza si è affrontata l‟analisi simmeliana dello straniero, e di come l‟essere dentro la comunità non significhi necessariamente farne parte262.

Allo stesso modo Park263 colloca lo straniero nella dimensione di uomo marginale, ossia di colui che non trova una collocazione né nel vecchio gruppo di appartenenza né nel nuovo. Lo studioso interpreta questa posizione marginale come una sorta di

260 Cfr. R. De Vita, Solidali con la sofferenza dell‟altro, in F. Lazzari e A. Merler (a cura di), op. cit. 261 Id., Identità, differenza, diversità, in Malizia P. (a cura di), op. cit., p. 70.

262 Cfr. G. Simmel, op. cit.

263 Cfr. R.E. Park, Human migration and the marginal man, in “American Journal of Sociology”, vol.

rivendicazione della libertà. In questo caso lo straniero assume le sembianze di un uomo cosmopolita poiché, precludendosi a qualsiasi relazione sociale, non pone limiti al suo viaggiare. In realtà questa apertura non è altro che uno scivolamento verso l‟oscurità, verso la non identità, verso l‟appiattimento di quella conversazione interiore che invece aiuta a conoscere ed orientare se stessi.

Inoltre, Sayad definisce il fenomeno migratorio come “un oggetto frammentato”264 non solo a causa dell‟approccio politico ma anche per la responsabilità degli studiosi che non riescono facilmente ad interpretare il fenomeno delle migrazioni nella sua interezza e complessità. Nell‟analisi di Sayad l‟immigrato è percepito come colui che non trova una collocazione né nella terra di destinazione né tanto meno in quella di partenza. Egli, per il suo ruolo di migrante, vive ai confini della società e diventa vittima di quelli che Dal Lago definisce “meccanismi sociali di etichettamento e di esclusione impliciti ed espliciti”265 che conducono la società a creare persone e non- persone.

Questo svuotamento dell‟essere, la non appartenenza, è tipica di quella che Bauman chiama “modernità liquida”266 che ingloba gli individui, li „centrifuga‟ e li trasforma in homo psycologicus, homo oeconomicus ed anche in homo consumens267. Secondo l‟autore, in questo tipo di società liquida l‟unica relazione esistente fra gli uomini è da ricondurre a motivazioni prettamente materiali, vuote, prive di relazionalità. Lo straniero, per via della sua estraneità, rappresenta “il simbolo dei mali che corrodono la società moderna”268. Come ricorda Lazzari269 questa chiusura verso l‟Altro produce e perpetua un modo di vivere individuale si riversa negativamente nella società, in quelli che sono i suoi valori, le sue credenze e di conseguenza anche nelle istituzioni.

Parlare di migrazione significa riconoscere un cambiamento sociale che andrà ad influire inevitabilmente nelle politiche sociali ed economiche di ogni società. Sayad a

264 A. Sayad, La doppia assenza. Dalle illusioni dell‟emigrato alla sofferenza dell‟immigrato, Raffaello

Cortina Editore, Milano, 2002, p. 9 (ed. or. Le double absence. Des illusions de l‟émigreé aux souffrances

de l‟immigré, Éditions du Seuil, Paris, 1999).

265 A. Dal Lago, Non-persone. L‟esclusione dei migranti dalla società globale, Interzone, Milano, 1999,

p. 9.

266 Cfr. supra paragrafo 1.6.

267 Cfr., Z. Bauman, Homo consumens. Lo sciame inquieto dei consumatori e la miseria degli esclusi,

Erickson, Trento, 2007.

268 Ivi, p. 73.

questo proposito definisce l‟impatto delle migrazioni nella società come un fatto sociale totale. A questo proposito asserisce che:

“ogni studio dei fenomeni migratori che dimentichi le condizioni d‟origine degli emigrati si condanna a offrire del fenomeno migratorio solo una visione al contempo parziale ed etnocentrica: da una parte, […], è l‟immigrante- e lui solo- e non l‟emigrante a essere preso in considerazione; dall‟altra parte, la problematica, esplicita e implicita, è sempre quella dell‟adattamento alla società „d‟accoglienza‟”270.

L‟autore sostiene che per interpretare il fenomeno migratorio è indispensabile non separare i due aspetti, quello relativo all‟emigrazione e quello inerente all‟immigrazione, in quanto risultano essere un “corpo unico”, rappresentativo di due realtà diverse ma vissute da un'unica persona. La loro combinazione va a rappresentare il bagaglio culturale, emotivo e rappresentativo della persona. È auspicabile i che professionisti del sociale partano da questa lettura dei fatti migratori per poter comprendere appieno la persona.

Appare utile a questo proposito fare riferimento alle riflessioni teoriche di Schütz. L‟autore illustra il rapporto fra lo straniero e la società di accoglienza. Egli osserva che per lo straniero confrontarsi con un nuovo assetto sociale significa necessariamente mettere in discussione le vecchie modalità interpretative poiché “il pensare come al solito si fa inservibile”271. Questa stessa relazione può essere paragonata alla rapporto che si instaura fra operatore sociale e migrante. La stessa percezione di smarrimento iniziale è quella che vive l‟operatore sociale quando si relaziona con la persona immigrata, portatrice di codici linguistici e codici culturali differenti, giacché tutte le conoscenze che egli riteneva valide davanti all‟alterità diventano inutilizzabili.

L‟operatore sociale, al pari dello straniero, cerca continuamente di imparare a relazionarsi con i nuovi “mondi vitali”. Schütz descrive questo momento di passaggio dal „vecchio modo di pensare‟ al “nuovo”come ad una crisi. Allo stesso modo Gadamer definisce la fase di incontro con la diversità urto272. L‟operatore sociale, quale interprete e mediatore dei bisogni dell‟Altro, si troverà a vivere queste fasi di „crisi‟o di „urto‟

270 Cfr. A. Sayad, op. cit.

271 A. Schütz, Saggi sociologici, cit. p. 380.

272 Cfr. H.G. Gadamer, Verità e metodo. Lineamenti di un‟ermeneutica filosofica, Fabbri, Milano, 1972

attraverso di esse potrà realmente riconoscere l‟unicità della persona migrante e del suo progetto migratorio. In questo senso appare indispensabile, non cadere nell‟errore di ricondurre le migrazioni solo a cause di push o pull factors273. Come afferma Cocco:

“le difficoltà derivano dalle notevoli divergenze nei metodi e nei risultati con cui le questioni migratorie vengono talora affrontate; l‟insoddisfazione dal fatto che i migranti sono stai spesso considerati nella letteratura scientifica perlopiù come braccia (o cervelli) che si muovono da un punto all‟altro del pianeta, spinti dalla sola prospettiva di un lavoro”274.

La scelta di migrare non può essere ricondotta a motivi prettamente economici. L‟operatore si confronterà con persone che hanno fatto delle scelte di vita molto forti pur di cambiare la loro condizione, spesso rinunciando ai propri affetti e alle certezze della vita precedente. È in questa frattura emotiva, in questo investimento spesso „a perdere‟, che l‟operatore si pone quale ponte fra il migrante e la società di accoglienza. Solo riconoscendo quella che Cocco chiama “saggezza migratoria”275, ovverosia un nuovo strumento di analisi da cui partire e con cui confrontarsi, è possibile conoscere l‟Altro. “La cassetta degli attrezzi” dell‟operatore, come la definisce Mills, non sarà mai piena in quanto rappresenta una sfida da affrontare ogni giorno, all‟interno dei servizi e della società. La lettura dell‟operatore dovrebbe porsi in quella che Cocco definisce:

“una prospettiva che consenta di studiare le specificità rilevate in immigrazione anche con riferimento alle caratteristiche dei diversi contesti d‟origine e a quelle dei percorsi personali, familiari e collettivi che sono alla base della scelta di emigrare”276.

Questo scambio culturale promuove e arricchisce il capitale sociale, esso scaturisce, come afferma Bagnasco, “dall‟interazione cooperativa”277, in questo caso fra servizi sociali e persone. Il ruolo dell‟operatore è un ruolo critico dal momento che le sue conoscenze sono in continua evoluzione e riadattamento. L‟operatore veste così un

273 M. Ambrosini, Sociologia delle migrazioni, Il Mulino, Bologna, 2005, pp. 33-47.

274 M. Cocco, Il ruolo della formazione nella promozione di percorsi di imprenditorialità sociale in

immigrazione, in F. Lazzari e A. Merler (a cura di), op. cit., p. 243.

275 Ivi, p. 245.

276 M. Cocco, Migrazioni, educazione solidale, percorsi di co-sviluppo, FrancoAngeli, Milano, 2005, p.

69.

duplice ruolo, quello di interprete dei bisogni della comunità e di orientatore delle politiche sociali.

Come ricorda Fadda278 sia i temi legati alle politiche sociali sia quelli relativi al controllo sociale si muovono simultaneamente, sarà infatti all‟interno di queste intricate maglie della politica che dovrà agire l‟operatore sociale. Per riuscire a trasformare quello che Cocco chiama “approccio di tipo emergenziale”279 con cui le politiche pubbliche hanno sempre letto le migrazioni. Sembra necessario ridimensionare le politiche e gli interventi verso la società migrante poiché non prendono in considerazione, prosegue Cocco, “le plurime risorse di cui i migranti sono in genere portatori […] il loro ruolo attivo di produttori e mediatori di cultura”280.

Le istituzioni potrebbero orientare il dibattito verso il riconoscimento dei diritti di cittadinanza, poiché senza questi la costruzione di una società basata sull‟idealtipo dell‟homo civicus rimane solo una vana utopia. La cittadinanza va quindi intesa, come suggerisce Donati, come cittadinanza societaria non più acquisitiva ma sorretta da un legame associativo281. L‟accompagnamento dell‟operatore si tradurrà in quell‟azione di promozione dei soggetti definiti marginali, gli immigrati, all‟interno della comunità di accoglienza. Secondo quel processo di “cura” che da agire riparativo e strumentale assume invece dimensioni etiche e morali282 e si connota come processo che coinvolge oltre che la persona anche tutta la comunità.

278 A. Fadda, Tra controllo e politiche sociali. Note sulla regolazione sociale in Sardegna, “Quaderni di

Ricerca dell‟Università di Sassari”, Sassari, 2007, p. 5

279 M. Cocco, La ri-educazione al saper fare: le scuole-famiglia rurali come luoghi di apprendimenti

compositi, in Id., R. Deriu e A. Merler, Ri-educare ai saperi locali. La Sardegna in europa e nel mediterraneo, in “Quaderni Bolotanesi”, n. 30, 2004, p. 29.

280 Ibidem.

281 Cfr. P. Donati, La cittadinanza societaria, cit.