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L’immigrazione italiana in Brasile fino al 1950, luoghi di provenienza e destinazione

2. Gli italiani in Brasile dal 1870 e le loro professioni

2.1. L’immigrazione italiana in Brasile fino al 1950, luoghi di provenienza e destinazione

Il processo di immigrazione che riguarda il Brasile venne inaugurato inizialmente dal Portogallo, e fino al 1800 l’arrivo di europei in questo Paese aveva scopi prevalentemente politici e militari64, in quanto i territori erano contesi tra spagnoli e portoghesi. Dal XIX secolo, il flusso di abitanti provenienti dal Vecchio Continente che giungevano in Brasile iniziò ad avere caratteristiche più demografiche ed economiche, e con il passare del tempo il Paese diventò una delle mete principali per molti altri

63 IANNI, Costantino, Homens sem paz, Civilização Brasileira, 1972. 64

Si ricorda che gli europei diretti in Brasile a scopo militare erano mercenari, in quanto la struttura e la formazione dell’esercito non corrispondeva a quella contemporanea degli Stati Nazionali.

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immigrati europei oltre a quelli provenienti dalla Penisola Iberica, soprattutto grazie all’apertura dei porti nel 180865

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All’origine dell’incremento degli europei in Brasile vi fu il problema demografico esistente già dai secoli precedenti all’Ottocento, cioè la necessità di creare delle colonie nelle aree “spopolate” e di “sbiancare” una razza considerata troppo scura. In quest’epoca vi erano stati già dei tentativi per risolvere questo problema, infatti all’arrivo di Dom João VI vi fu il tentativo di formare delle colonie popolate da svizzeri e tedeschi in Bahia e nella zona montuosa di Rio de Janeiro; tuttavia questi esperimenti non andarono a buon fine, a causa della mancanza di vie necessarie allo sviluppo del commercio.

Negli anni seguenti quindi il governo brasiliano perseguiva una politica diretta ad attrarre gli europei, ma la prima ondata che arrivò nel Paese in numeri considerevoli fu caratterizzata dai tedeschi tra il 1824 e il 1830, e si diressero verso São Leopoldo, nello Stato di Rio Grande do Sul. Il numero di europei che fino a questi anni erano accolti per la colonizzazione delle aree spopolate subì un ulteriore aumento quando nel 1888 fu abolita la schiavitù, motivo per cui gli immigrati furono maggiormente attratti dall’aumento della domanda di lavoro. Questo provvedimento offrì infatti molti spazi di attività, che consistevano negli impieghi precedentemente svolti dagli schiavi neri, innanzitutto quelli agricoli che avevano luogo nelle aree di coltura di caffè ma anche quelli urbani, dove gli schiavi svolgevano ad esempio lavori domestici. Di conseguenza, dal 1890 iniziarono ad arrivare in massa gli spagnoli, che si insediarono soprattutto a Rio de Janeiro, mentre nel periodo che va dal 1870 al 1900 due grandi ondate migratorie caratterizzate da cittadini italiani giunsero nel Paese latinoamericano.

L’emigrazione di italiani verso l’America del Nord e del Sud non era una novità, infatti si già era consolidato da tempo un flusso consistente di abitanti della Penisola verso gli Stati Uniti e l’Argentina, iniziato ben prima degli anni Settanta dell’Ottocento. La scelta del Brasile come meta dell’immigrazione italiana ha invece una tradizione più recente rispetto ai Paesi appena menzionati infatti i cittadini della Penisola iniziarono solo intorno agli anni Venti dell’Ottocento a recarsi in questo Paese con numeri ancora ridotti, ed i gruppi che giungevano in Brasile erano composti maggiormente da rifugiati

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politici a seguito dei moti del 1820-182166, tra cui abbiamo Giuseppe Garibaldi. Oltre a questi esuli, si aggiunsero anche dei prigionieri provenienti dal Regno delle due Sicilie inviati in Brasile per colonizzare delle terre, e dei lavoratori provenienti dal Regno di Sardegna, intorno agli anni Cinquanta dell’Ottocento, per la costruzione di strade nella città di Rio de Janeiro e della prima ferrovia brasiliana, che collegava questa città a Petrópolis.

Come illustrato da Angelo Trento (2002)67, si possono distinguere varie fasi nel processo di migrazione italiana: essa si rivelò molto intensa nella sua fase iniziale, cioè tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, durante la quale i cittadini della Penisola caratterizzarono il 60% degli immigrati in Brasile. Successivamente i numeri diminuirono a seguito di una denuncia da parte dello Stato italiano alle condizioni nelle quali lavoravano i connazionali, considerati “schiavi bianchi”, inasprite dalla crisi di sovrapproduzione del caffè. A contribuire alla diminuzione di arrivi italiani in Brasile vi fu anche, negli anni Venti, l’introduzione da parte di questo governo del regime delle quote. Tra le due guerre, i numeri continuarono a diminuire e solo dopo il 1946 la partenze degli italiani per il Brasile registrarono una sensibile ripresa, anche se la politica nazionalista attuata da Vargas durante il suo secondo mandato arrestò notevolmente il flusso migratorio verso questo Paese nei primi anni Cinquanta.

Il primo gruppo consistente di abitanti della Penisola che si recò in Brasile verso la fine dell’Ottocento proveniva dal Nord Italia: possiamo notare che la regione settentrionale con la maggior percentuale di emigranti fu il Veneto (54%), seguito da Lombardia (33%) Trentino Alto Adige (7%) e Friuli Venezia Giulia (4,5%)68. Si trattava di famiglie di contadini, con un basso livello di alfabetizzazione, che partivano soprattutto dalle province venete di Vicenza, Belluno, Treviso, Padova e Verona.

Il Veneto fu la regione che apportò il maggior numero di immigrati in quanto fu la zona più colpita dalla crisi che affliggeva l’intera penisola dopo l’Unità, mentre gli italiani di origine lombarda furono meno numerosi grazie anche al fatto che Milano stava diventando un polo industriale che attraeva manodopera. Molti immigrati trentini

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LICATA, Delfina. Italiani nel Paese verde-oro. Percorsi migratori in Brasile ieri e oggi. Perugia, Tau, 2013, p. 22.

67TRENTO, Angelo, “In Brasile”. In: : BEVILACQUA, Piero, DE CLEMENTI, Andreina,

FRANZINA, Emilio, Storia dell’emigrazione Italiana, Arrivi, vol.II, Roma, Donzelli, 2002, pp. 5-6.

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MASSAROTTO RAOUIK, Francesca, Brasile Per Sempre. Donne di venete in Rio Grande do Sul, Treviso, Piazza, 2001, p. 13.

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invece non figurarono come cittadini provenienti dall’Italia in quanto in quegli anni gli abitanti dell’attuale regione erano considerati austriaci. Gli immigrati veneti e quelli provenienti dal resto del Nord Italia scelsero prevalentemente ambienti rurali come luogo di lavoro, infatti la maggior parte iniziò a lavorare nelle fazendas di caffè e nelle colonie agricole, soprattutto negli Stati di São Paulo, Espírito Santo, Rio Grande do Sul e Santa Catarina.

Il flusso successivo che si verificò nei primi anni del XX secolo riguardò invece i cittadini provenienti dalle regioni meridionali italiane, in particolare la Calabria; gli italiani provenienti dal Sud Italia, a differenza di quelli provenienti dal nord, scelsero in misura maggiore ambienti urbani come luogo di lavoro e residenza, infatti campani, lucani e calabresi esercitavano solitamente le professioni di venditori ambulanti, facchini, cocchieri e lustrascarpe.

Si può dire che questa è una distinzione generale tra i gruppi di provenienza e i lavori esercitati, perché se viene compiuta un’analisi dettagliata si evidenzia una certa mobilità per quanto riguarda le professioni svolte; spesso anche gli italiani del Nord erano presenti con attività nell’ambiente urbano, infatti i piemontesi lavoravano come sterratori e in generale un buon numero di artigiani proveniva dall’Italia settentrionale.

Le principali mete brasiliane per gli italiani furono quindi gli Stati di São Paulo, Espírito Santo, Rio Grande do Sul e Santa Catarina, anche se molte altre regioni furono caratterizzate da una presenza importante di immigrati provenienti dalla Penisola; si tratta di Minas Gerais, Paraná e la città di Rio de Janeiro. I cittadini italiani in partenza per il Brasile salpavano dal porto di Genova, e giungevano a Rio de Janeiro, se erano diretti verso la regione di Rio Grande do Sul, oppure approdavano nel porto di Santos, se erano diretti a São Paulo. Se volessimo indicare in modo più dettagliato la distribuzione degli immigrati italiani in queste aree, possiamo dire che nella prima decade del Novecento a São Paulo si trovavano più di un milione di abitanti provenienti dalla Penisola, mentre a Rio Grande do Sul ne erano presenti circa 100.000, 30.000 a Santa Catarina, 50.000 a Espírito Santo, 25.000 a Minas Gerais e 18.000 a Paraná69.

Come si può notare, gli italiani si insediarono maggiormente nel sud-est del Paese, anche se non mancarono gruppi che giunsero anche fino a nord. Quest’area era appunto

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PILATTI BALHANA, Altiva, “Italiani nel Paraná”. In: La popolazione di origine italiana in Brasile, Torino, Fondazione Giovanni Agnelli, 1987, p. 311.

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una zona poco favorevole poiché non presentava un clima adatto per la pratica di un’eventuale attività agricola di matrice europea, oltre ad essere caratterizzata da particolari condizioni economiche e sociali.

Le due istituzioni principali che diressero la politica immigratoria nello Stato Brasiliano, cioè la Società centrale di immigrazione e la Società promotrice dell’immigrazione condizionarono molto la modalità di insediamento degli immigrati italiani nelle aree dove gli arrivi erano più massicci, ovvero Rio Grande do Sul e São Paulo70. Il primo ente aveva sede a Rio de Janeiro e fu creato nel 1883; esso tentava di ostacolare l’entrata massiccia di immigrati nel Paese e tendeva ad una selezione, al fine di garantire la nascita di una media proprietà contadina ed eliminare la vecchia oligarchia latifondista; la Società centrale di immigrazione era responsabile della formazione delle colonie a sud del Brasile. La seconda istituzione, cioè la Società promotrice dell’immigrazione sorse invece a São Paulo tre anni dopo, nel 1886. Questa, al contrario, puntava ad ottenere un flusso ininterrotto di immigrati che lavorassero nelle varie fazendas; come si può capire, questa istituzione difendeva gli interessi dei caffeicoltori paulisti.

Alla nascita della Repubblica nel 1889 vi fu il decentramento di alcune funzioni dal Governo Centrale a livello federale, e i finanziamenti necessari ad attrarre gli immigrati diventarono parte della politica dei singoli Stati; nel periodo tra 1894 e 1907 lo Stato di São Paulo fu l’area che riuscì ad attrarre il flusso migratorio più consistente, essendo una delle regioni più ricche con i fondi adeguati per sovvenzionare gli immigrati. Fu così che la seconda politica immigratoria, che aveva l’obiettivo di introdurre forza lavoro nelle fazendas prevalse; è però interessante affermare che il primo tipo di politica immigratoria, nonostante non fosse predominante, continuava ad essere seguita, per questo motivo non si arrestò la crescita delle colonie nelle zone meridionali e soprattutto nell’area di Rio Grande do Sul.

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