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L’immobilismo dell’organizzazione femminile comunista fino al III Congresso Provinciale del partito: il ricambio nel Comitato Federale.

il faticoso cammino per la realizzazione del partito nuovo al femminile (1950 – 1953)

1. L’immobilismo dell’organizzazione femminile comunista fino al III Congresso Provinciale del partito: il ricambio nel Comitato Federale.

Con la fine del “regno” di Teresa Donati e Gabriella Peloso, Laura Masella è l’unica donna a dirigere la commissione femminile del partito e dell’UDI: la Donati aveva lasciato il partito in seguito alla scomunica di Pio XII, Gabriella Peloso, invece, nel 1950 si stava preparando al concorso magistrale e, perciò, aveva abbandonato la dirigenza del PCI al femminile1.

Dal 1950, la pasionaria di Itri diventa ufficialmente rivoluzionaria di professione, la sua militanza nel partito e il suo metodo d’insegnamento «provocano un’inchiesta da parte dell’ispettorato di Formia della Scuola Elementare, inchiesta che finisce in chiamate presso l’ispettorato e minacce di sospensione»2. Laura Masella, nonostante i pregiudizi della gente del suo paese, non si arrende, infatti, secondo quanto afferma nella sua biografia, smette di insegnare e si dedica completamente al lavoro di partito con l’incarico di responsabile della sezione femminile3. La sua scelta viene ostacolata dalla famiglia:

«[…] mia madre non era d’accordo, […] perché aveva avuto una

un’esperienza brutta: […] mio zio, l’unico fratello di mia madre, […], fu pugnalato dai fascisti: si prese 40 pugnalate […] ridotto in fin di vita. […]

1 Cfr. intervista da noi effettuata a Gabriella Peloso il giorno 18.04.2008.

2 ASLt, PCI – Fed. Latina, SERIE 5: Note e cartelle biografiche di alcuni militanti (28.09.1944 –

27.02.1962), b. 7, UA 8: cartella biografica di Laura Masella (11.05.1948 – 10.04.1956), Biografia della compagna Laura Masella.

quindi, allora già aveva un’esperienza, […], di una persona cara, che era entrata nel vivo della politica. Quindi non voleva che pure io entrassi…»4

Alla dolorosa esperienza di sua madre si intreccia anche il motivo più propriamente tradizionale, che relegava la donna al di fuori degli spazi pubblici. La madre di Laura non condivideva, infatti, la scelta della figlia, a differenza di molte madri di militanti, che hanno sostenuto le loro figlie in politica5:

«“tu sei insegnante elementare” – tieni conto che era il periodo

in cui le donne insegnanti erano poche […] eravamo dei privilegiati rispetto alla grande massa di gente che non andava per niente a scuola […]»6.

Come insegnante, Laura Masella poteva distinguersi all’interno della società, ma, alla fine, la giovane pasionaria «punterà i piedi», appoggiata dal fratello del padre, anch’egli comunista.

Dal 1950, la campagna per la pace diventa una delle attività principali del partito: dopo la tragedia della II guerra mondiale, la paura del ritorno di un nuovo conflitto era «qualcosa che giaceva nel subconscio collettivo di popolazioni in cui era ancora impresso il ricordo vivo della guerra»7. Nel 1949 la firma di adesione dell’Italia al Patto Atlantico, ossia al sistema di difesa occidentale, presagiva l’eventualità di un prossimo conflitto. Nel gennaio 1950 a Modena, la polizia sparava davanti ai cancelli delle Fonderie Riunite, provocando sei morti: si scatenano, pertanto, una serie di scioperi in tutta Italia. Il 25 giugno lo scoppio della guerra di Corea sanziona definitivamente la

4 Intervista da noi effettuata a Laura Masella il giorno 26.05.2008.

5 Cfr. a proposito le testimonianze di Miriam e Simona MAFAI, in E. SCROPPO, Donna, privato

e politico, cit., pp. 134–159. La madre della fiorentina Albertina Pistolesi «svolgeva un’essenziale

funzione di sostegno alla figlia nella gestione della vita domestica. E il sostegno materiale esprimeva anche una condivisione della scelta politica», S. SALVATICI – A. SCATTIGNO, In una stagione

diversa, cit., p. 20. Anche Leda Colombini dice che sua madre è stata molto vicina ai figli, mettendoli in

guardia dal pericolo, cfr. F. PIVA, Storia di Leda, cit., p. 63. La madre della comunista Pina Re seguiva il marito nelle riunioni politiche, in questo senso «viene meno, però, lo stereotipo che descrive le donne, […], ridotte al gineceo nel completo disinteresse per la politica […]», D. MIGLIUCCI, Il caso di

Giuseppina Re, cit., p. 2.

6 Intervista da noi effettuata a Laura Masella il giorno 26.05.2008.

7 A. GUISO, La colomba e la spada. “Lotta per la pace” e antiamericanismo nella politica del

Partito Comunista Italiano (1949 - 1954), Rubbettino, Soveria Mannelli, 2006, p. 296. Si veda anche, a

proposito, V. FOA – M. MAFAI – A. RECHLIN, Il silenzio dei comunisti, Einaudi, Torino, 2002, pp. 27–78.

divisione del mondo e, al contempo, una frattura definitiva nel contesto nazionale8. Il conflitto coreano avrà un peso decisivo, infatti se fino al 25 giugno le firme raccolte erano state appena 4 milioni, nel giro di un solo mese supereranno i 149.

Anche la Federazione del PCI della provincia di Latina si impegna a tutto campo sul fronte della pace. I successi della lotta per la pace in provincia di Latina sono documentati anche sul «Quaderno dell’Attivista», nel quale Aldo D’Alessio, allora Responsabile della Commissione Stampa e Propaganda della Federazione, sottolineava che fino a qualche mese prima «esisteva […] un disorientamento generale circa le forme concrete da dare per contribuire a questa grande lotta», successivamente, a Terracina, la sezione del partito «elaborò un piccolo piano di lavoro consistente nell’organizzare una serie di comizi di quartiere che furono preparati con la diffusione casa per casa di volantini che illustravano le ragioni dei comizi di quartiere. […] A Sezze 6000 persone hanno partecipato al grande comizio di chiusura (40% donne) e al grande corteo […]»10. In questa occasione la questura proibisce di accendere i falò, per timore che si brucino i granai. Le misure di prevenzione e repressione adottate da Scelba hanno una sua eco anche in provincia. In provincia di Latina vengono raccolte 21.171 firme contro il Patto Atlantico e 75.000 per la messa al bando delle armi atomiche11.

Nel 1950, nelle campagne per la raccolta delle firme contro il Patto Atlantico e quelle per l’Appello di Stoccolma, per l’interdizione dell’uso delle armi atomiche, il PCI pontino comincia ad acquisire una maggiore incisività: più armonico appare il binomio “interno-esterno”, “partito-società”12. In occasione del III Congresso

8 Per Guiso «la “lotta per la pace” era destinata, pertanto, ad acquisire un elemento nuovo rispetto

alla fase precedente. Con la campagna per l’Appello di Stoccolma veniva messo in atto un tentativo sistematico e organizzato di conquistare il dominio della morale e del giudizio», A. GUISO, La colomba e

la spada, cit., p. 263.

9 Cfr. G. GOZZINI – R. MARTINELLI, Storia del Partito comunista italiano, vol. VII, cit., p.

174.

10 A. D’ALESSIO, Il lavoro del Partito nella lotta per la pace, in «Quaderno dell’Attivista», n. 14,

01.05.1950, p. 18. Si veda anche D. PETTI, Il Partito Comunista Italiano nella Provincia di Latina, cit., pp. 133-134. Cfr. La lotta per la pace in provincia, in «L’Unità Cronaca del Lazio», 14.02.1950, p. (ill.le); Cinquemila persone a Sezze acclamano i 5 punti di pace, ivi, 10.03.1950, p. (ill.le).

11 Cfr. D. PETTI, Il Partito Comunista Italiano nella Provincia di Latina, cit., pp. 139-140. 12 I numerosi articoli apparsi sulla stampa di partito mettono in evidenza il maggiore collegamento

del partito comunista pontino con la società. Si rimanda a proposito a Comitati per la pace sorgono in

ogni paese, in «L’Unità del Lazio», 15.02.1950, p. (ill.le); In tutti i ceti delle campagne unanimi adesioni contro l’atomica, ivi, 25.06.1950, p. (ill.le). Anche le lotte per il lavoro rappresentano un segnale

significativo di una maggiore risonanza sociale del partito in provincia. Si veda almeno, tra i numerosi articoli, Seicento pescatori di Terracina chiedono gli assegni familiari, ivi, 10.02.1950, p. (ill.le);

Provinciale del partito viene registrato questo profondo cambiamento, quando Severino Spaccatrosi afferma che il problema della pace e della guerra aveva assunto una dimensione di massa, ma allo stesso tempo, il segretario del PCI pontino mette in luce le deficienze del partito, che, in occasione delle campagne per la pace, non era riuscito a costituire efficienti comitati nei centri abitati. L’assenza della mobilitazione femminile all’interno delle organizzazioni di massa viene addebitata al settarismo dei “compagni”, che, chiusi nel loro maschilismo, non comprendono ancora che, senza le donne, non è ipotizzabile la nascita del “partito nuovo”13.

Laura Masella, , alla riunione del Comitato Federale del 28 marzo 1950, aveva denunciato questa difetto all’interno del partito, sollevando «il problema della comprensione della importanza del lavoro femminile da parte del Partito. Laddove i compagni della sezione comprendono ciò, qualcosa si fa. (es. Priverno, dove sono andate 40 donne, dove s’è formato il direttivo femminile […]). Invece i compagni di Cori, di Fondi, sottovalutano questo problema. Particolarmente, per es. il compagno Di Biasio, di Fondi, il quale afferma non essere necessaria l’organizzazione femminile in quanto le donne sono con noi»14. I “compagni”, pur riconoscendo l’importanza della questione femminile, non ne vedono fino in fondo la peculiarità e l’autonomia15. A questo proposito, la necessità di collegare l’organizzazione femminile con i problemi generali del partito era stata rivendicata dalla pasionaria di Itri, che, infatti, sosteneva l’importanza di far comprendere alle donne il piano della Camera del Lavoro unitamente ai problemi specificatamente femminili (come ad esempio il lavatoio pubblico)16.

(ill.le); I lavoratori si opporranno alle misure anticostituzionali, ivi, 28.03.1950, p. (ill.le); Prosegue

compatto lo sciopero dei braccianti agricoli a Terracina, ivi, 06.05.1950, p. (ill.le).

13 Cfr. Relazione del Comitato Federale al III Congresso del Partito, in Archivio Privato Aldo

D’Alessio, pp. 5- 6.

14 IG, APC, Fed. di Latina, mf. 0327, Verbale riunione del C.F. del giorno 28.3.1950, p. 2503. 15 Cfr. M. STRAZZA, Amiche e compagne, cit., p. 45. In Basilicata, l’autore riscontra un notevole

aumento della attività delle donne comuniste, nel periodo delle lotte per la terra del 1950 (cfr. pp. 91-95). Sull’assenza di autonomia del movimento femminile, Camilla Ravera ricorda che dal dopoguerra «ci fu un periodo di arresto […]. Sopravvenne una tremenda reazione […] ma vi fu un difetto, […], perché non riuscimmo a mantenere vivo quel movimento femminile che noi stessi avevamo creato, […]. Non si parlò più delle condizioni della donna e della sua storia attraverso le varie società», C. RAVERA, in E. SCROPPO, Donne, privato e politico, cit., p. 27. Per Teresa Noce, invece, la responsabilità è in gran parte delle donne che «non hanno lottato e non lottano abbastanza come donne. Ascoltano sempre quel che dicono gli uomini», T. NOCE, ivi, p. 43.

16 Cfr. IG, APC, Fed. di Latina, mf. 0327, Verbale riunione del C.F. del giorno 28.3.1950, p. 2503.

Laura Masella, nelle sue testimonianze, ci ha confessato la grande difficoltà per le comuniste a partecipare attivamente alla vita del partito. Era una ricerca incessante di farsi accettare dai propri “compagni” come donne nuove, capaci di apportare un notevole contributo alla costruzione del partito17.

Anche in questo periodo, come nel precedente, manca una documentazione sia della sezione provinciale femminile che dell’UDI: è un periodo di transizione per le donne comuniste di Latina. Dal 1948 la commissione femminile non è un organismo autorevole di direzione politica «più che di carriere femminili interne al partito si può parlare dei percorsi politici»18. Fino al III Congresso Provinciale del partito sono assenti personalità femminili che possano segnare la vita del PCI e dell’UDI: “voci” ed identità femminili continuano a rimanere nell’oblio.

In questo anno gli uomini e le donne del partito non dialogano: ad eccezione di qualche breve intervento di Laura Masella, non esiste contraddittorio tra il “volto” maschile e femminile del partito. I due “volti”, a differenza di qualche anno prima, sono separati, lontani, come due binari paralleli che non si incontrano. Il PCI al femminile, tutto chiuso nella realtà interna del partito, non stabilisce un collegamento con la società. Il movimento femminile pontino, che si identifica esclusivamente in Laura Masella, si mobilita per la campagna per la pace, ma i contenuti, formulati in modo generico, non accennano ai temi dell’emancipazione femminile. Laura Masella, in occasione del III Convegno dei Quadri, il 20 agosto 1950, dà voce a questo problema:

«L’apporto delle donne alla campagna contro la bomba atomica è mancato perché i compagni non hanno, non saputo, ma voluto apprezzarlo. […]. È necessario che i compagni assumano un atteggiamento diverso perché da essi in gran parte dipende la formazione di un buon movimento femminile democratico della provincia»19.

all’interno delle vicende del Paese: l’emancipazione della donna non poteva essere estrapolata dalle vicende del PCI, cfr. A. SERONI, Donne comuniste, cit., p. 15.

17 Cfr. intervista da noi effettuata a Laura Masella il giorno 25.03.2008. 18 T. SILVESTRINI, Trasformare la società, cit., p. 248.

19 ASLt, PCI – Fed. Latina, SERIE 12: Attività diverse (14.04.1947-14.01.1960), b. 16, UA 4: I-II-

III Convegno dei Quadri (05.02.1950- 20.08.1950), Contributo del movimento femminile, relazione allegata al verbale del III Convegno dei Quadri, 20.08.1950, pp. 6-7. Cfr., a proposito, La raccolta di firme contro l’atomica e il “Mese della Stampa comunista”, in «L’Unità del Lazio», 25.08.1950, p.

(ill.le). Le donne comuniste di Frosinone indicono il Convegno femminile provinciale per il 28 agosto: la lotta per la pace sarà tra i temi più discussi, cfr. La lotta delle donne comuniste per la pace e contro la

Dai “compagni” “dipende” la formazione di un buon movimento femminile: le donne non hanno la forza per poter costruire da sole il partito nuovo. La stessa Laura, nell’intervista, denuncia questo stato di subalternità che viveva all’epoca nei confronti dei suoi “compagni”:

« […] io ho sempre pensato che [un uomo] […] fosse più ben

accetto agli altri che non una donna. Invece non è vero. […] Se dovessi tornare indietro, questo mio atteggiamento lo cambierei con l’esperienza di oggi. […] una volta incontrai, […], Ingrao, […] non riuscivo a spiccicare una parola, proprio a parlare! […] Non mi farei più… come dire… condizionare da queste cose»20 .

Se Gabriella Peloso e Maria D’Ammizio non hanno percepito il maschilismo dei compagni, né avuto soggezione nei loro confronti, Laura Masella, al contrario, era consapevole della subalternità culturale della donna e oggi rilegge con occhi diversi quell’esperienza. Secondo Sandro Bellassai «alla base di tali atteggiamenti complessivi, […], è anche un senso comune abbastanza diffuso per il quale l’inferiorità “costituzionale” del cosiddetto sesso debole rappresenta qualcosa di immutabile, sia intellettualmente che politicamente. Lo scetticismo non privo di misoginia dei compagni si riflette dunque, com’è ovvio, sul piano organizzativo, generando una situazione in cui perfino nelle realtà locali più “avanzate” lo sviluppo dei quadri femminili è quasi inconsistente […]»21. Era difficile essere “compagna” nel PCI, per questo motivo, probabilmente, era scarsa l’adesione femminile al partito.

Poche sono le comuniste impegnate nella campagna per la pace: tra le carte dell’Archivio della Federazione del PCI pontino, scorrono i nomi delle “compagne” Rolla, Redetti e Zonca, identità a noi sconosciute. Secondo la relazione di Severino Spaccatrosi indirizzata alla Scuola Centrale Femminile, le “compagne” «hanno dimostrato un grande spirito di sacrificio, una forte volontà […]», ma, sempre secondo il segretario della Federazione, esse «hanno adoperato un metodo che non si è dimostrato il più adatto: si sono mobilitate loro, ma non altrettanto sono riuscite a

20 Intervista da noi effettuata a Laura Masella il giorno 08.04.2008.

21 S. BELLASSAI, Mascolinità e relazioni di genere nella cultura politica comunista (1947 –

mobilitare i compagni»22; diverso il comportamento della compagna Zonca, che, al contrario, a Gaeta, ha lavorato con larghezza di vedute, mobilitando i compagni e la popolazione. In conclusione il lavoro delle compagne ha lasciato un segno, ma dopo la loro partenza nulla si è concretizzato23.

A parte queste sporadiche attività in occasione della campagna per la pace, poco è stato fatto dalle pasionarie in questo periodo. A Sezze, come abbiamo visto precedentemente, era stata chiusa la sezione femminile del partito, che “risorge” nel ‘50. È accorato l’appello della sua responsabile (di cui non conosciamo il nome, poiché il documento è senza firma): chiede ai compagni di partito «collaborazione e […] aiuto», prega «che le loro mogli si iscrivano nel nostro movimento perché voi o compagni non potete fare una vera lotta senza noi donne. Compagni bisogna far sì che la lotta sia unita […] così possiamo vincere la lotta che il nostro partito a [sic] intrapresa»24. Il Segretario nazionale più volte si era raccomandato affinché il lavoro femminile fosse parte integrante ed essenziale del lavoro del PCI25. Prime destinatarie di questo progetto sono le mogli dei “compagni”: spesso l’attaccamento femminile ai valori religiosi poteva essere di ostacolo all’adesione al partito comunista, anche se nel caso di donne coniugate, l’influenza politica del coniuge poteva mitigare l’influenza della Chiesa e della religione26. Sovente le mogli venivano iscritte al partito dai mariti senza che loro ne fossero a conoscenza. Laura Masella critica questo atteggiamento, perché la donna doveva essere pienamente consapevole della scelta di militare in una formazione27. Questi problemi erano legati alla difficoltà per la donna a conciliare lavoro domestico e di partito:

«[…] organizzare la vita familiare e rapportarla con l’impegno

politico era più difficile per loro che magari per me. […] le donne sono

22 ASLt, PCI – Fed. Latina, SERIE 4: Carteggio (01.05.1946 – 26.03.1960), b. 6, UA 1: Carteggio

con gli organi di partito ed altri enti (28.02.1948 – 26.03.1960), 03.08.1950, p. 1.

23 Cfr. ibidem. Nel “Nota bene” Spaccatrosi trascrive numericamente le firme raccolte: 3500 a

Priverno, 6000 a Sezze, 4200 a Gaeta (cfr. p. 2).

24 ASLt, PCI – Fed. Latina, SERIE 1: Congressi (05.09.1945 -10.01.1960), b. 1, UA 3: Congressi

di sezione e III Congresso Provinciale per l’VIII Congresso Nazionale (20.10.1950 -17.12.1950), sottof.

1: Congressi di sezione (21.11.1950 – 12.12.1950), ms, s.d. (presumibilmente ottobre-novembre 1950).

25 Cfr. P. TOGLIATTI, La presenza di questa grande forza di donne organizzata nel partito

comunista è già un elemento di trasformazione e rinnovamento della società italiana, (Discorso

pronunciato alla II Conferenza Nazionale delle donne comuniste, Roma, 23 ottobre 1955), in ID.,

L’emancipazione femminile, cit., p. 134.

26 Cfr. M. DOGAN, Le donne italiane tra cattolicesimo e marxismo, cit., p. 488. 27 Cfr. intervista da noi effettuata a Laura Masella il giorno 26.05.2008.

state tante, […] parlo delle “meteore”, […] si sono impegnate, hanno lavorato per un anno, due, tre mesi, quattro mesi, poi sono rientrate nel loro [ruolo]»28.

Non è affatto inverosimile, poiché il marito comunista aveva una visione alquanto tradizionale dei rapporti familiari. Lo studioso Adriano Ballone ha riflettuto ampiamente su questa contraddizione, mettendo in luce la discrasia tra l’appoggio del militante comunista a temi emancipazionisti e il rapporto di dominio/sudditanza della moglie nel contesto familiare29.

Nel 1948 il PCI al femminile pontino rappresentava il 5% del totale degli iscritti, il 7% nel ’49, circa il 6% nell’aprile del ’50, nel settembre dello stesso anno raggiunge poco più del 10%. Il graduale aumento avvenuto tra il 1948 e il 1949 viene interrotto nell’aprile 1950, per riprendere nel settembre del 1950. Il tesseramento femminile, dunque, dal 1947 subisce un decremento, aumentando paradossalmente in occasione della scomunica papale: nonostante il relativo aumento nel 1950, le tesserate non raggiungono le cifre del settembre 1946 (594)30. Al contrario, a livello nazionale si registra un aumento delle iscrizioni femminili al PCI dal 1949 al 195031.

Se non riusciamo a ricostruire le iscritte comune per comune, in compenso siamo a conoscenza della loro composizione sociale: nel 1949 il 100% delle comuniste sono casalinghe32, pari al 6,7% del totale degli iscritti, rispetto all’11% del resto d’Italia: in questo caso il “ceto” delle casalinghe comuniste pontine è al di sotto della media nazionale. La variazione nel 1950 è minima: circa il 98% delle iscritte sono casalinghe,

28 Intervista da noi effettuata a Laura Masella il giorno 08.04.2008.

29 Cfr. A. BALLONE, Il militante comunista torinese (1945-1955) fabbrica, società, politica: una

prima ricognizione, in A. AGOSTI (a cura di), I muscoli della storia. Militanti e organizzazioni operaie a Torino 1945 – 1955, Franco Angeli, Milano, 1987, p. 99. Sulla famiglia comunista si veda anche S.

BELLASSAI, Mutamento ed emancipazione, cit., pp. 223–226.

30 Per i dati, si veda la Tabella 10, in Appendice Prima allegata al presente lavoro. Nell’aprile del

1950, le tesserate al PCI in provincia di Latina sono poste per ultime nella classifica regionale: le iscritte in provincia di Frosinone sono 670, 509 a Rieti, 18015 a Roma, 1805 a Viterbo, cfr. IG, APC, FM, mf. 233, pacco 13, Commissione Centrale Femminile (1949 – 1954), Donne tesserate al partito: Lazio. Agli inizi degli anni ‘50 si rinuncia al tesseramento nell’organizzazione di massa, viene data la preferenza ad una ricerca di adesioni massicce e saltuarie, cfr. AA.VV, La presenza sociale del PCI e della DC, Il Mulino, Bologna, 1968, p. 230.

31 Cfr. S. LUNADEI - L. MOTTI, A scuola di politica, cit., p. 152; A. VITTORIA, Storia del PCI,

cit., p. 70. Nella realtà torinese, nonostante la presenza femminile sia molto più consistente, si registra un decremento delle iscritte al partito dal 1947, cfr., R. JODICE, Appendice: la Federazione torinese del PCI

e la Camera Confederale del Lavoro in cifre, in A. AGOSTI (a cura di), I muscoli della storia, cit., p.

267.

32 Cfr. ASLt, PCI – Fed. Latina, SERIE 6: Tesseramento (30.09.1946 – 23.01.1959), b. 8, UA 5:

il 2% sono operaie33. Nelle Note indicative la dirigenza comunista pontina, pur non essendo a conoscenza con esattezza della composizione sociale della popolazione femminile della provincia, annota che la maggior parte delle donne è formata da casalinghe, legate però all’economia agricola: tra queste sono computati alcuni gruppi di raccoglitrici di olive e di lavoratrici stagionali34. Se il PCI al femminile non riesce a catalizzare gli strati intermedi, anche il PCI al maschile non riesce a costruire il partito nuovo: formato da lavoratori della terra e da operai impiegati nell’edilizia, scarsa è la