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Le “madri” e i “padri” del PCI pontino: questione femminile…

la difficile gestazione del partito nuovo al femminile in provincia di Latina (1944 – 1949).

2. Le “madri” e i “padri” del PCI pontino: questione femminile…

28 maggio 1944: è la liberazione della provincia di Littoria. Se una guerra è finita, un’altra è ancora in corso nel nord per la liberazione dell’Italia dal nazifascismo. I due eserciti occupanti hanno lasciato le tristi “orme” del loro passaggio. La miseria rappresenta il fosco quadro dalle tinte macabre, dove neri fantasmi si aggirano alla ricerca di qualcosa per sfamare, alleviare il dolore delle proprie famiglie. È la triste “fotografia” di una guerra “totale”. Mentre il duce continua la sua battaglia, con la costituzione della Repubblica di Salò, sintesi degli ideali fascisti, ormai spenti, svuotati dei loro antichi ardori, la prediletta “provincia del duce”, combinazione dell’arte e della cultura fascista, crolla miserevolmente nelle mani dell’Alleato vincitore63.

I neoricostituiti partiti politici si riuniscono nel Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), che non è «garanzia e presidio di una rinnovata visione politica sorretta

60 A proposito, il segretario della neo-costituita sezione di Fondi, nel 1944, scrive che «un torpore

generale si impossessò degli abitanti della zona e l’odio per il fascismo diffusissimo tra le masse agricole locali non riuscì mai a trovare sfogo in un’azione politica organizzata per la totale assenza di elementi dirigenti attivi […]. Anche durante i mesi dell’occupazione tedesca a Fondi è mancata una organizzazione politica vera e propria. È mancata anche totalmente l’attività partigiana all’infuori della resistenza passiva […]», Istituto Gramsci - Roma, Archivio Partito Comunista Italiano, Fondo Federazioni Laziali –

Federazione di Latina, (da ora IG, APC, Fed. Laziali – Latina), mf. 062, Federazione Provinciale di Vittoria (ex Littoria), Sezione di Fondi, s.d. (presumibilmente estate 1944), senza firma, p. 1030.

61 Cfr. D. PETTI, Il Partito Comunista italiano nella Provincia di Latina, cit., p. 47. 62 Sono parole di N. SPANO, in E. SCROPPO, Donne, privato e politico, cit., p. 76.

63 Cfr. A. FOLCHI, La fine di Littoria, cit., pp. 164 e segg. Il governo riprende il potere dello Stato

dall’impegno antifascista […]»64: il CLN, infatti, era formato in maggioranza da uomini che, in precedenza, avevano indossato la camicia nera65.

La “restaurazione prefettizia”, in questo territorio, svuota i contenuti democratici, innovatori del CLN. Antonio Parisella, a proposito, individua nel territorio pontino una situazione diversa dalla realtà centro-settentrionale: se nel Nord è il CLN a nominare i prefetti, nel meridione la Prefettura «preesiste» rispetto al CLN, nominando sindaci e commissari66: nella Provincia di Latina, sembrano prevalere gli elementi di continuità su quelli di rinnovamento e rottura rispetto al passato. Non è un caso, infatti, che ben 14 amministratori comunali su 30 nominati dal Governo alleato siano stati ex podestà, esclusi il sindaco comunista Carlo Velletri di Sezze e Cristoforo Milita a Cori67.

E mentre Togliatti da Salerno lancia la sfida del partito nuovo, del partito di massa, di tutto il popolo, secondo il quale uomini e donne avrebbero dovuto costruire la “democrazia progressiva”, interclassista68, il 1944 è un anno di transizione vorticoso e faticoso per il Partito Comunista Italiano della Provincia di Vittoria69. Sorgono le sezioni, contemporaneamente alla fatica di rimettere insieme le speranze dei compagni per la costruzione del partito, in un luogo segnato dalla guerra e dalla dittatura. La resistenza alla costruzione del partito nuovo, in provincia di Latina, è testimoniata dalla

64 Ivi, p. 215.

65 Si veda, a proposito, la testimonianza del Sindaco di Norma, Achille Bellomo, ivi, p. 192. 66 Cfr. A. PARISELLA, Ceto dirigente e sistema politico in provincia di Latina, in V. COTESTA

(a cura di), Società e politica in provincia di Latina 1934-1984, con Presentazione di A. Signore, CIRCE, Latina, 1987, pp. 59-60; L. LA PENNA, La provincia di Latina, cit., p. 19.

67 Cfr. D. PETTI, Il Partito Comunista Italiano nella Provincia di Latina, cit., p. 58.

68 Sul partito nuovo si veda almeno P. SPRIANO, Storia del partito comunista italiano, cit., pp.

386-419; G. MAMMARELLA, Il Partito Comunista Italiano, cit., pp. 15-24; G. GALLI, Storia del PCI:

Livorno 1921, Rimini 1991, Kaos, Milano, 1993; G. GOZZINI, R. MARTINELLI, Storia del Partito Comunista Italiano, vol. VI. Il partito nuovo dalla liberazione al 18 aprile, Einaudi, Torino, 1995; R.

GUALTIERI (a cura di), Il PCI nell’Italia Repubblicana 1943 –1991, con Prefazione di G. Vacca, Carocci, Roma, 2001; A. DE ANGELIS; I comunisti e il partito, Carocci, Roma, 2002; A.GUERRA ,

Comunismi e comunisti. Dalla svolta di Togliatti e Stalin del 1944 al crollo del comunismo democratico,

Dedalo, Bari, 2005; A. VITTORIA, Storia del PCI: 1921 – 1991, Carocci, Roma, 2006. Sulla figura di Palmiro Togliatti, si rimanda a E. RAGIONIERI, Palmiro Togliatti: una biografia politica ed

intellettuale, Editori Riuniti, Roma, 1976 (I ediz. 1966); P. SPRIANO: Il compagno Ercoli: Togliatti segretario dell’Internazionale, Editori Riuniti, Roma, 1980; L. CANFORA, Un ribelle in cerca di libertà: profilo di Palmiro Togliatti, Sellerio, Palermo, 1988; G. VACCA, Togliatti sconosciuto, Editori Riuniti,

Roma, 1991; A. AGOSTI, Palmiro Togliatti, UTET, Torino, 1996; R. GUALTIERI – C. SPAGNOLO – E. TAVIANI (a cura di), Togliatti nel suo tempo, Carocci, Roma, 2007; S. CRUCIANI, L’immagine di

Palmiro Togliatti nel comunismo italiano, in «Memoria e ricerca», n. 34, maggio-giugno 2010, pp. 129-

152.

69 L’appellativo “Vittoria”, invece di “Littoria”, viene dato dal primo segretario della Federazione

di Latina, Ignazio Raimondo e sta a significare “Vittoria di Roma”, il trionfo della democrazia contro la dittatura. Per tutto il 1945 “Federazione di Vittoria” è impressa su timbri e carta stampata del partito, cfr. D. PETTI, Il partito comunista italiano nella Provincia di Latina, cit., p. 54.

diffusione in molti comuni del Movimento Comunista d’Italia, noto come “Bandiera Rossa”, molto attivo durante la lotta di liberazione romana, contrario alla elaborazione del partito nuovo, fortemente classista e radicato nel progetto rivoluzionario della dittatura del proletariato70.

Secondo il progetto di Togliatti, il partito nuovo faceva delle donne soggetto attivo ed indispensabile per la costruzione della democrazia. Quali implicazioni aveva nella provincia di Latina? Se nel centro-nord, le “vecchie compagne” della clandestinità stavano combattendo per la liberazione dell’Italia, unite a “nuove compagne”, maturate politicamente sotto il fascismo, nella provincia di Littoria, invece, nel 1944, le “compagne” si riducono a sporadici nomi, scritti in qualche documento di archivio, tramandato ai posteri, senza che ne siano tracciate biografie, storie di vita e progetti71. La storia del partito comunista in provincia sembra iniziare come “storia degli uomini”, anche se stentata, confusa, ma storia degli uomini.

Il partito nuovo non può, però, prescindere dal fatto che sia nato anche come un partito “delle” e “per” le donne, che hanno attivamente partecipato alla lotta di liberazione. Avulse dalla vita sociale, acquisiscono ora un nuovo ruolo politico. Come conciliare, dunque, questo presupposto fondamentale con la storia di una Resistenza impossibile? Sarà questo “vuoto” formativo dell’esperienza del PCI pontino maschile e femminile a definirne e a caratterizzarne il “DNA” di questi anni del dopoguerra. Trova conferma la scelta, nel dicembre 1944, di assumere a istruttore della Federazione di “Vittoria”, Guglielmo Nencini, certaldese e della moglie, Teresa Calonaci, come responsabile della sezione femminile del partito: staffetta partigiana, aveva guidato le donne comuniste nella clandestinità72. La direzione del partito mette alla guida delle

70 Cfr. ivi, pp. 61-64.

71 Cfr. IG, APC, Fed. Laziali – Latina, mf. 062, documento del 22.08.1944, a firma di Lucio

Lombardo Radice, p. 1041 nel quale si accenna alla presenza delle compagne Lusana ed Elena Sciotti, senza che ci sia alcuna indicazione biografica.

72 Predecessore di G. Nencini è stato Ignazio Raimondo, barese, classe 1903, tipografo. La nomina

di Raimondo a segretario della Federazione di Latina era «una decisione calata dall’alto in una situazione ancora approssimativa. Sui Monti Lepini i vecchi compagni del ’21 faticano a riconoscere questo segretario che non ha partecipato alla stagione delle occupazioni delle terre né alle giunte rosse, tutto sommato un forestiero, come forestieri devono apparire ai contadini dei Monti Lepini la quasi totalità degli abitanti di Littoria», D. PETTI, Il Partito Comunista Italiano nella Provincia di Latina, cit., pp. 56- 57. G. Nencini nasce a Certaldo nel 1896 da una famiglia di contadini. Protagonista delle prime battaglie socialiste, aderisce al PCI nel 1921. Emigrato in Francia durante la dittatura fascista, sarà confinato a Ponza, fino a quando con sua moglie Teresa, parteciperà alla lotta partigiana in Toscana. Teresa Calonaci, prima di entrare nel partito comunista, era stata segretaria della sezione femminile socialista, con la nascita del PCI, nel 1921, diventa segretaria del gruppo femminile del partito. I due coniugi l’11 marzo

compagne e dei compagni del PCI pontino un uomo e una donna che hanno vissuto le dure prove della clandestinità, che conoscono la resistenza, in quanto con la resistenza «vi è la consapevolezza di essere per la prima volta fra coloro che stanno diventando i protagonisti della storia»73, tanto più vale per le donne, soggetti da secoli esclusi dagli eventi. I coniugi Nencini sono infatti i vecchi “compagni” del ’21: nel 1944-45, in linea generale, alla guida delle federazione vengono posti proprio gli uomini del ’21, che hanno dato prova di fedeltà ed attaccamento al partito74. Nel caso della provincia di Latina, la Direzione del PCI preferisce porre alla guida un quadro non locale, probabilmente perché ancora non riteneva maturo il gruppo dirigente locale75. L’organizzazione femminile comunista pontino ha per la prima volta un nome e una storia: non è una “compagna” che è dentro la vita della società pontina, ma una, che avendo già consumato una esperienza di lotta, ha raggiunto la consapevolezza di essere soggetto politico. A lei va la guida del movimento femminile della provincia.

Già il 23 dicembre del 1944 viene pubblicato il primo documento dell’Unione Donne Italiane della provincia di Littoria. La grande organizzazione di massa doveva essere una grande organizzazione per tutte le donne di ogni fede e di ogni opinione, «senza dare alle sezioni dell’UDI una impronta di succursale del partito comunista e soprattutto cercando di far entrare in queste sezioni il maggior numero possibile di donne lavoratrici»76. Il documento, senza firma, sottolinea l’anonimato sulle identità delle donne che “erano” e “facevano” l’UDI e sta a testimoniare ancora la difficoltà di “fissare” nomi e volti. Le tematiche affrontate si rifanno ai bisogni emergenti della società: richiesta di distribuzione di pane alla popolazione, di latte e marmellata per i bambini, assistenza medica e sanitaria e riapertura degli asili77. Il campo dell’assistenza è la “linfa vitale” dell’UDI: anche se sussistono delle diversificazioni tra Nord e Sud per del ’44 riescono a sfuggire all’arresto, poi l’arrivo a Latina. Sulla vita di Guglielmo Nencini, si veda G. NENCINI, Memoria di un comunista certaldese, La Pietra, Milano, 1983.

73 A. TISO, I comunisti e la questione femminile, cit., p. 62.

74 Cfr. P. SPRIANO, Storia del partito comunista italiano, cit., p. 412.

75 Cfr. la testimonianza di S. VONA, Memorie del Partito comunista in provincia di Latina (1944

– 1964), in A. ATTANASIO – P.G. SOTTORIVA (a cura di), I partiti politici in provincia di Latina, cit.,

p. 42.

76 P. TOGLIATTI, L’emancipazione della donna: un problema centrale del rinnovamento dello

Stato italiano e della società italiana, (Discorso pronunciato alla I Conferenza del PCI, Roma 2–5 giugno

1945), in ID., L’emancipazione femminile, con Prefazione di L. Longo, Editori Riuniti, Roma, 1973 (I ed. 1965), p. 43.

77 Cfr. ASLt, Gab. Pref., b. 186, f. 186/1: Unione Donne Italiane. Riunione – Ordine del giorno

«un diversificarsi della qualità e della coscienza politica dell’intervento […] la motivazione è la stessa, l’attenzione ai bisogni delle donne, dei bambini, delle famiglie è la stessa»78. D’altro canto costituisce sicuramente un elemento di originalità, il fatto che nel territorio pontino l’UDI “sorga a vita nuova”, senza aver fissato le proprie radici nei Gruppi di Difesa della Donna e, perciò, nei valori della Resistenza79.

In occasione della I Conferenza di Organizzazione fondativa, il 17-18-19 febbraio 1945, avviene la prima comparsa ufficiale dell’organizzazione femminile comunista della provincia di Latina. Portavoce è Teresa Calonaci, alla presenza delle compagne Anna Di Capua e Maria Bruno. I temi dell’emancipazione femminile e del diritto della donna ad essere soggetto politico risultano difficilmente comprensibili ai “compagni” del partito, se si considerano le parole di Giovanni Ricci, che non ha fiducia sul voto alle donne, solamente interessate alla famiglia ed estranee alla vita politica80. Cominciano a prefigurarsi i leit motiv più ricorrenti all’interno del partito, attraversato da un “ancestrale” maschilismo..Teresa Calonaci, infatti, «rileva come fra i compagni ci siano molti che non ritengano matura la donna a partecipare alla vita politica e dimostra quale è stata la partecipazione della donna alla lotta di resistenza nella lotta partigiana […]»81, che è il tratto distintivo della conquistata dignità femminile alla politica. Se in linea generale «la formazione delle donne e la loro “crescita” non era incoraggiata dalla “competizione” con i compagni»82, in provincia di Latina si aggiunge la mancanza di un’esperienza formativa, che rende “costituzionalmente” fragile il movimento femminile; ma a ben vedere anche il partito al maschile: i due “volti” sono inscindibilmente intrecciati, sono «come parti di un’arena politica le cui relazioni sono

78 M. MAFAI, L’apprendistato della politica, cit., p. 37.

79 L’Unione Donne Italiane nasce nel settembre 1944, grazie all’adesione di donne del PCI, del

PSIUP, del Pd’A e della Sinistra Cristiana, nella quale vi aderiscono, nelle regioni liberate, i Gruppi di Difesa della Donna. Si veda, a proposito, M. MICHETTI, M. REPETTO, L. VIVIANI , UDI: laboratorio

di politica delle donne, cit., pp. 8-9; P. GABRIELLI , Il “club” delle virtuose, cit., p. 68; ID., La pace e la mimosa, cit., p. 3. Sulla partecipazione di donne contro il caro-vita in provincia di Latina si veda G.

TASCIOTTI, Le lotte contadine nell’Agro Pontino, cit., pp. 25-28; V. COTESTA – M.R. BONACCI,

1943 – 1946, cit., p. 42; A. FOLCHI, La fine di Littoria, cit., pp. 233-235.

80 Cfr. IG, APC, Regioni-Province, Federazione di Latina (da ora IG, APC, Fed. di Latina),

Conferenza d’organizzazione della Federazione Provinciale di Latina: verbale della Conferenza, p. 1278,

a firma di G. Nencini; D. PETTI, Il Partito Comunista Italiano nella provincia di Latina, cit., p. 67.

81 IG, APC, Fed. di Latina, mf. 090, Conferenza d’organizzazione della Federazione Provinciale

di Latina: verbale della Conferenza, p. 1279.

caratterizzate da dominio, subordinazione, collusione e resistenza»83. La denuncia di Guglielmo Nencini sulla debolezza del movimento femminile sia nel partito che nell’UDI è l’espressione di una situazione più generale del PCI a Littoria84.

Il fatto, inoltre, che la donna fosse estranea alla politica, perché portata “fisiologicamente” alla famiglia, secondo le parole del “compagno” Ricci, riflette il clima generale dell’Italia, dove, nel dopoguerra, «la cultura che precede, accompagna e segue la seconda guerra mondiale è segnata da una generale riscoperta della famiglia»85. In questo ambito, difatti, la DC e il PCI, «ingaggiano una competizione serrata per aggiudicarsi il ruolo di “difensori della famiglia” che gli uni prospettano come minacciata dall’ateismo […], gli altri logorata dall’indigenza e oppressa dal pericolo incombente di una guerra atomica»86. Gli antichi e tradizionali valori domestici, gelosamente custoditi nell’ambito privato, vengono ora trasfusi nell’ambito pubblico, trovando nella donna il soggetto privilegiato, l’assistenza, l’ambito in cui realizzarli87.

Il discorso di Teresa Calonaci tocca anche il problema dell’organizzazione femminile: malgrado il lavoro sia stato modesto, sono state create alcune cellule88. L’idea di una commissione femminile e di cellule femminili separate dalla organizzazione maschile del partito era stata lanciata da Togliatti in occasione della assemblea di Napoli, l’8 maggio 1944, proprio per cercare di risolvere l’annosa questione dell’arretratezza femminile nel meridione89. Una delle maggiori oppositrici delle cellule femminili separate era Teresa Noce e, in generale, lo erano le compagne

83 M. ROPER – J. TOSH, cit. in S. BELLASSAI – M. MALATESTA, Introduzione, in ID., (a cura

di), Genere e mascolinità, cit., p. VIII.

84 Cfr. IG, APC, Fed. di Latina, mf. 090, Conferenza d’organizzazione della Federazione

Provinciale di Latina: verbale della Conferenza, p. 1275, a firma di G. Nencini; D. PETTI, Il Partito Comunista Italiano nella provincia di Latina, cit., p. 66.

85 P. GAIOTTI DE BIASE, La donna nella vita sociale e politica della Repubblica, cit., p. 16; C.

DAU NOVELLI, Sorelle d’Italia: casalinghe, impiegate e militanti nel Novecento, con Presentazione di Giorgio Rumi, A.V.E., Roma, 1996, pp. 99-101; A. VENTRONE, La cittadinanza repubblicana, cit., p. 126; M. CASALINI, Le donne della sinistra, cit., p. 13.

86 M. CASALINI, Ritratti di famiglia nell’Italia degli anni Cinquanta, in AA.VV., Le famiglie del

Novecento, Carocci, Roma, 2010, p. 166.

87 Cfr. M. GAVIOLI, “Genere”e militanza politica nel Pci e nell’UDI a Ferrara, cit., p. 72; S.

BELLASSAI, La morale comunista, cit., p. 288. La Casalini dedica un intero saggio alla famiglia comunista; il secondo dopoguerra, ha rappresentato “l’età dell’oro delle famiglie”: nel diario di Marina Sereni, I giorni della nostra vita, «il confine tra pubblico e privato è tanto labile che si finisce con lo smarrire persino il significato dei due termini. I giorni della nostra vita offrono così l’esempio più alto dell’incarnazione della morale comunista tradotta nel linguaggio familiare», M. CASALINI, Famiglie

comuniste: ideologie e vita quotidiana nell’Italia degli anni Cinquanta, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 26.

88 Cfr. IG, APC, Fed. di Latina, mf. 090, Conferenza d’organizzazione della Federazione

Provinciale di Latina: verbale della conferenza, p. 1278, a firma di G. Nencini.

del Nord; nel Sud veniva accettata l’istituzione della cellula femminile, ma era poco praticata: le posizioni di studiosi e militanti, a riguardo, non hanno un giudizio univoco90.

La strategia di Togliatti verso le donne si fondava sul separatismo fra i sessi, questo significava che le donne, per entrare a pieno titolo nella cittadinanza, dovevano fare politica con le donne: se Togliatti «vuole abbattere il muro fra il partito e la gente, la sua strategia “separatista” ne alza un altro: fra donne e uomini»91. L’UDI, quindi, diventava il contenitore della strategia separatista, poiché era «la prima organizzazione femminile di massa, ma soprattutto un organo collaterale del PCI dove le compagne si occuperanno dei problemi femminili»92. L’associazione femminile, secondo l’interpretazione di Fiamma Lussana, doveva diventare il “partito nuovo” delle donne, un’associazione aperta a tutte le donne, con le sue cellule di base: i circoli93. Al contempo Togliatti precisava importanza di non ridurre le cellule femminili «a un organismo che si occupi solo di questioni femminili; […], in tal caso, non avreste un organismo di partito, ma, semmai, una frazione dell’UDI»94. In realtà l’organizzazione separata troverà, in provincia di Latina, difficoltà di realizzazione, come in altre zone dell’Italia meridionale. La Calonaci, infatti, «fa rilevare che mancano compagne che

90 Cfr. M. CASALINI, Le donne della sinistra, cit., p. 128; S. BELLASSAI, La morale comunista,

cit., p. 271. Al contrario, Leda Colombini giudica positivamente le cellule femminili, in quanto solamente la separazione poteva dare l’opportunità alle donne anche comuni di parlare liberamente ei propri problemi, cfr. F. PIVA, Storia di Leda, cit., p. 58. Sulle cellule femminili si veda ISTITUTO DI RICERCHE CARLO CATTANEO, L’Organizzazione partitica del PCI e della DC, Il Mulino, Bologna, 1968: «La cellula femminile rappresenta un tipo di specializzazione per “clientela” […] che è basato sul riconoscimento di alcune differenze di fondo delle iscritte rispetto al resto del partito […]» (p. 126); per Miriam Mafai «la separazione viene ribadita quindi sia come strumento più efficace per giungere alle donne […], sia come mezzo che consente una più attenta conoscenza dei problemi tipici delle masse femminili. Non siamo ancora […] ad una affermazione di autonomia dei problemi e del movimento femminile», M. MAFAI, L’apprendistato della politica, cit., pp. 48-49. Sul funzionamento delle cellule femminili, queste sono le parole di Giorgina Arian Levi: «[...] Le cellule femminili si erano create […] per separare uomini e donne. […] Io ci sono stata dentro, ma confesso che non le ho mai capite. Non rendevano in una città come Torino: forse nella campagna, forse nel Sud avranno svolto una funzione», cit. in Antologia in E. ALESSANDRONE PERONA - A. CASTAGNOLI, 1946-1985. Donne e governo

della città, cit., p. 92.

91 F. LUSSANA, 1944 - 1945: Togliatti la “via italiana” le donne, in F. GIASI - R. GUALTIERI

- S. PONS (a cura di), Pensare la politica, cit., p. 311: «[...] prima si è mogli, madri, figlie di qualcuno. Il mestiere di donna implica dei doveri che non bisogna trascurare. La politica viene dopo. [...] Saranno uguali nei diritti, ma restano diverse nei fatti. [....] prima che cittadine sono donne » (p. 310).

92 Ibidem, in G. BONACCHI – C. DAU NOVELLI (a cura di), Culture politiche e dimensioni del

femminile, cit., pp. 148–149.

93 Cfr. ivi, p. 148.

94 P. TOGLIATTI, L’unione delle donne deve essere unicamente lo strumento di lotta di tutte le

donne per la conquista dei loro diritti e della libertà, (Discorso alle delegate comuniste alla Conferenza

facciano il lavoro fra le masse femminili. Quindi occorre da parte dei compagni trovare delle compagne disposte a divenire delle buone attiviste»95. Le sue affermazioni sono confermate dai documenti di archivio, che mettono in luce l’assenza, per l’anno 1944, di figure femminili, responsabili del lavoro tra le donne.

Il potenziamento dell’organizzazione femminile è demandata ai “compagni” del