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imparare dal lavoro e attraverso il lavoro: gli oggetti di apprendimento

2. la formazione

2.1. Una formazione personale che passa attraverso la Formazione Professionale

2.1.2. imparare dal lavoro e attraverso il lavoro: gli oggetti di apprendimento

dimento per svolgere in modo più efficace il lavoro stesso, ma un apprendimento

che, attraverso l’esperienza lavorativa, arricchisce significativamente i soggetti in

formazione. Per cogliere questo è importante soffermarsi innanzitutto su che cosa

gli intervistati dichiarano di aver imparato nel contesto della Formazione Professio-

nale. Tutti i partecipanti dichiarano di aver imparato a lavorare, ma non solo. È sin-

golare che praticamente tutti sottolineino, a più riprese, come, nella loro esperienza

di cFP, formazione personale e Formazione Professionale si siano intrecciate inti-

mamente. Vediamo alcuni esempi a questo riguardo:

oltre alla crescita professionale, il cFP ci ha permesso una crescita anche a livello perso- nale e umano. Stando insieme giorno dopo giorno, passando diverse ore insieme, affron- tando le varie problematiche che riguardavano la stampa, crescevo, come credo che av- venga in tutti i settori. i miei insegnanti per me sono stati come dei genitori: mi hanno in- segnato non solo quello che so a livello lavorativo, ma hanno contribuito anche alla mia crescita umana. nel loro interagire con noi erano importanti la sincerità e l’onestà. Ave- vano sempre un rapporto diretto, affrontavano tutti i problemi che ci potevano essere in questo settore, senza trascurare mai la parte umana, perché è questo che aiuta a crescere […]. Mi sono trovato bene con tutti i formatori, da quelli di teoria a quelli di pratica. con il prof. c. passavamo molte ore, sia in laboratorio che nella formazione più generale. Mi è rimasto impresso perché ci faceva delle lezioni a trecentosessanta gradi, che spaziavano dai processi lavorativi alla fisica e alla chimica (intct20);

del cFP ho ricordi positivi: oltre che formarmi professionalmente, sono stato formato anche umanamente, perché il cFP è una scuola con certi principi, che uno poi si porta dentro per tutta la vita. Punti fermi dell’insegnamento salesiano sono l’educazione, la puntualità, i valori […]. Ringrazio i salesiani per questa formazione e per l’educazione che mi hanno dato […]. Al cFP, prima di tutto, ho imparato il lavoro; entravo in un mondo sconosciuto e là mi hanno dato gli strumenti per muovermi; poi, grazie ai labora- tori, cominci a fare esperienza, a capire tante cose, a conoscere come funziona il mondo del lavoro; ti rendi conto ad esempio che i soldi te li sudi, che nessuno ti regala niente, se non lo meriti. i nostri insegnanti ci preparavano a questo, ad affrontare il mondo del la- voro nella maniera giusta. ci preparavano anche sulla parte meccanica: alla fine sapevi come erano fatte le macchine che usavi (intct25);

al cFP ho imparato l’educazione, ho imparato a rispettare le regole: ai professori non ti permettevi di rispondere, perché, se lo facevi, il professore ti dava anche una manata e tu te ne stavi zitto. la pulizia delle macchine, ad esempio, l’ho imparata a scuola; tutti i ve- nerdì si puliva la macchina e tu dovevi pulirla al meglio e dovevi anche pulire per terra; ho cercato di portare anche qua in azienda il rispetto dell’attrezzatura, la pulizia e l’edu- cazione (intFoss3).

Formazione personale e Formazione Professionale non sono aree diverse e

giustapposte, ma dimensioni integrate di uno stesso complesso processo di appren-

dimento. i saperi personali sono inestricabilmente legati a quelli professionali e,

proprio attraverso il lavoro, è possibile apprendere anche ciò che aiuta a crescere

come persone e che, nelle varie testimonianze, viene variamente declinato soprat-

tutto in termini di valori. non si tratta però di semplici spolveratine di valori, ma di

valori incarnati e tradotti in comportamenti lavorativi e relazionali ispirati a onestà,

sincerità, trasparenza, rispetto, ecc. (su questo, cfr. anche Rose, 2004). Proviamo a

considerare in modo più specifico i tipi di apprendimento che vengono nominati

dai nostri intervistati.

a) l’apprendimento di saperi intrecciati alla pratica

Molti partecipanti dichiarano di aver percepito gli apprendimenti maturati nel-

l’esperienza del cFP – anche quelli più generali – come intimamente connessi alla

pratica. È come dire che hanno potuto scoprire che ogni pratica lavorativa implica

diversi saperi, di carattere tecnico, ma anche scientifico e tecnologico:

dal punto di vista della formazione scientifica ho imparato diverse cose, ma certo ho fatto ben altro in altri contesti; invece le capacità manuali, ma anche la programmazione base del Plc, piuttosto che il montaggio, la realizzazione di circuiti elettrici ecc., sono cose che non ti vengono insegnate all’università, almeno non in quelle italiane; all’iTiS stesso, dove sono andato per conseguire il diploma, erano aspetti trattati ma non applicati alle ultime tecnologie, mentre qui al cFP queste tecnologie al passo con i tempi erano già disponibili. Su questi aspetti ero più aggiornato quando facevo il cFP che non quando fa- cevo il Politecnico; ad un mio amico che si è laureato con me, adesso stanno insegnando a programmare il Plc; lui non era capace di farlo, avendo studiato al liceo e poi al Poli- tecnico, mentre io ho fatto questo già dieci anni fa (intFoss4).

l. (intFoss4), che in seguito avrà modo di laurearsi in ingegneria, afferma di

aver potuto approfondire al cFP saperi di carattere tecnologico che a quel livello

non avrebbe avvicinato nemmeno all’Università. il problema di molti allievi di

cFP, ieri come oggi, è che non sempre riescono ad attribuire lo statuto di “sapere”

a ciò che apprendono in quel contesto. Al cFP, infatti, si tratta di avvicinarsi in par-

ticolare ai saperi che sono incorporati nella o implicati dalla pratica lavorativa. Ve-

dremo più avanti di che genere di saperi si tratti, affrontando la questione di come

tali saperi possono essere acquisiti.

b) l’apprendimento di un metodo

Molti partecipanti dichiarano di aver imparato ad imparare, di aver quindi svi-

luppato, oltre ai saperi dichiarativi e procedurali, consistenti saperi metodologici:

dell’esperienza vissuta al cFP mi è rimasta una sensazione piacevole. il ricordo più vivo che ho è di quando abbiamo incominciato a comporre, degli errori tipografici che facevo allora; adesso la tipografia è superata, la tecnologia è cambiata. Al cFP ho appreso sicu- ramente un lavoro, anche se oggi tutto è cambiato e quello che ho imparato allora serve poco […]. il cFP mi ha comunque dato le basi per cominciare a lavorare; non conoscevo niente di questo lavoro e lì ho avuto le basi pratiche per incominciare farlo; ma ho rice- vuto anche una buona preparazione teorica. A volte, mi sono confrontato con alcune per- sone che hanno appreso il lavoro sul campo, senza aver frequentato scuole specifiche, e ho notato che non conoscevano diversi aspetti tecnici riguardanti il funzionamento delle

macchine, cose che io ho appreso al cFP, in tecnologia […]; ho imparato un lavoro ma soprattutto una metodologia (intct26);

più che le conoscenze spicciole, che si imparano più che altro sul campo, al cFP ti inse- gnano una visione globale di ciò che è quel tipo di attività; poi il resto ognuno se lo gua- dagna sul campo, momento per momento. Ai giovani che vengono da me a dirmi che le cose che fanno sono difficili, complicate, rispondo che niente lo è; sono cose che anche altri hanno fatto e che quindi possono fare anche loro, però dico anche che ogni giorno si devono formare perché usciranno nuove tecnologie e, per tenersi al passo con i tempi, ci si deve aggiornare continuamente. Praticamente al cFP ho imparato non solo la materia, ma anche un metodo, ho imparato ad accogliere le sfide e a superarle. il mio modo di es- sere è nato qui, con l’aiuto degli altri; […] ho iniziato con la lima, ma ogni cosa che ho visto fare l’ho osservata sempre con attenzione e poi sono riuscita a rifarla (intct7); al cFP ho imparato di tutto, per prima cosa come affrontare i problemi che la vita ci ri- serva e la buona educazione […]; ho appreso un mestiere; grazie al cFP sono diventato un bravo tornitore, anche se quello era un lavoro che non avevo mai fatto prima; mi ba- stava una sola spiegazione dell’insegnante per procedere senza difficoltà nell’aggiu- staggio. in effetti, già da piccolo, mi piaceva montare e smontare; mio nonno ha sempre lavorato in campagna e già da allora capivo che la meccanica era molto legata alla cam- pagna, ai mezzi agricoli; ora riesco a fare di tutto, anche in altri ambiti […]; ma ho impa- rato anche che non è sufficiente conoscere il mestiere, ci vuole anche la buona volontà di continuare a imparare (intct9);

il cFP per me è stato una scuola utile; mi ha dato l’input per avventurarmi in questo me- stiere […]; è chiaro che poi, con il tempo, le macchine cambiano, la tecnologia si ag- giorna e ci vuole molta conoscenza informatica in più; da quando sono uscito dal cFP, le cose sono cambiate parecchio, ma, se non avessi avuto quelle basi, non penso che sarei riuscito ad imparare (intct24);

al cFP ho imparato un mestiere, […] ho imparato a realizzare impianti elettrici di tipo ci- vile e industriale, ho imparato le basi del mestiere, ma anche la tecnica per sviluppare un procedimento logico, che è sempre necessario (intFoss4).

il confronto che P. (intct26) istituisce tra la sua esperienza e quella di chi ap-

prende solo al lavoro, senza poter usufruire di quello spazio di formalizzazione dei

saperi dell’esperienza che è la Formazione Professionale, è indicativo del fatto che

siamo ben distanti da una visione solo funzionale dei processi di lavoro. ciò che

conta non è l’apprendimento del corretto funzionamento delle procedure, ma lo svi-

luppo consapevole di un metodo di lavoro che consenta di evolvere continuamente

e di dare il proprio contributo originale ai processi. Anche gli altri ex-allievi di cui

abbiamo riportato sopra le testimonianze affermano di aver appreso al cFP un me-

todo che li aiuta ad impostare e ad affrontare i problemi, non solo quelli lavorativi,

e ad imparare continuamente.

c) lo sviluppo di competenze personali

Tutte le competenze sono personali, almeno nel senso che si rendono visibili

nella persona competente. Abbiamo già ricordato come i nostri ex-allievi dichiarino

di aver sviluppato, cioè di aver fatto proprie, specifiche competenze professionali.

l’esperienza del cFP ha però consentito loro di sviluppare anche delle competenze

personali, sociali e relazionali, che potremmo chiamare trasversali e che oggi si ri-

trovano dentro come “tesoro prezioso”:

nel bene e nel male, i salesiani mi hanno messo in mano un mestiere, ma, oltre al me- stiere, al cFP, ho imparato a vivere, ad avere pazienza, ad ascoltare gli altri, a stare in so- cietà. Poi, con l’età e con l’esperienza, si acquisisce sempre di più […]. Grazie al loro in- segnamento, vedo che ho un tesoro nelle mani, oltre al mestiere; oggi, col metodo che ho appreso, riesco a portare i giovani dove voglio […], riesco a far breccia nella mente dei ragazzi (intct14);

dal punto di vista umano, al cFP, eravamo confrontati con tante realtà: c’erano ragazzi messi veramente male a livello familiare e c’erano ragazzi più fortunati. io, ad esempio, mi sono iscritto lì perché mi piaceva la meccanica e poi perché avevo un parente prete che mi ha indirizzato. il confronto con altre provenienze sociali mi ha aiutato ad apprez- zare molte cose: mi ha fatto diventare più tollerante verso il prossimo, mi ha fatto capire che non sempre il colpevole delle inefficienze è il soggetto e che i problemi a volte di- pendono dalla famiglia ecc. (intct5);

ho imparato tanto al cFP: prima di tutto, ho appreso un metodo di studio, ma poi ho im- parato anche che nella vita ci vuole chiarezza […] e, quando dico “chiarezza”, intendo che ognuno deve prendersi la responsabilità delle proprie azioni […]; ho confermato quelle che erano le mie basi religiose; ho imparato che bisogna essere uniti per andare avanti; ho imparato a rispettare le idee degli altri. ho imparato anche a lottare, nei mo- menti di difficoltà, come quelli che stiamo attraversando oggi, a non lasciarmi andare, a essere sereno, perché, solo se si è sereni, si può arrivare ad una soluzione. i salesiani mi hanno insegnato tutto questo e penso non sia poco (intct10);

vengo da un’infanzia non facilissima; non vorrei dilungarmi su questo, sono cose perso- nali, sepolte negli archivi, però alle elementari e alle medie non ho avuto un rapporto idilliaco con i compagni di scuola; quindi essere arrivato qui, in una realtà nuova, costi- tuiva per me una sfida; sotto questo punto di vista è andata bene, perché mi sono inte- grato con i miei compagni di corso e anche con gli altri ragazzi del convitto, fermo re- stando che non sono una persona che lega moltissimo e mi ci vuole un po’ di tempo per abituarmi alla compagnia. Dal punto di vista umano, l’esperienza mi è servita per darmi una certa consapevolezza del fatto che potevo riuscire ad avere rapporti sociali diversi da quelli che avevo avuto fino ad allora. questa cosa mi è servita […] come palestra per ri- uscire a superare un problema di tipo psicologico (intFoss4);

partivo alle cinque dal mio paese per arrivare al cFP; alle otto e un quarto della mattina dovevamo essere tutti dentro; […] la cosa bella è che qui entravi alle otto della mattina e uscivi alle cinque del pomeriggio […]. era una formazione completa, sia a livello sco- lastico che a livello umano. Abbiamo fatto qui le prime feste, i primi giochi, il primo teatro. non parliamo poi dello sport, in particolare la palla a volo; abbiamo fatto anche una squadra che giocava in prima categoria; […] facevamo il torneo delle classi, […] le olimpiadi, addirittura […]. l’aspetto più importante è stata l’amicizia, lo stare in gruppo, la solidarietà verso la gente. eravamo in una classe di ventisette, ventotto per- sone, eravamo in parecchi! eravamo tutti da fuori Forlì. la mattina eravamo tutti in- sieme. Soprattutto abbiamo sperimentato la solidarietà, l’amicizia, l’unione, la forza di stare insieme, di combattere insieme; nel settantadue, abbiamo fatto anche i primi scio- peri (intFo1);

i salesiani, oltre a insegnarci le loro discipline, ci hanno trasmesso il rispetto verso il prossimo. hanno contribuito alla nostra crescita personale: i salesiani, oltre al lavoro, ci insegnavano dei valori […]. in questi anni, parlando con clienti, mi è capitato di sentirmi

chiedere se avevo frequentato delle scuole salesiane; evidentemente qualcosa del loro modo di essere è rimasto in me, forse le buone maniere, il modo di rapportarci con le persone, di socializzare (intct26).

nel cFP molti partecipanti hanno sperimentato che la condivisione di un’espe-

rienza di lavoro, ma anche di altri momenti, come il gioco e lo sport, in quel carat-

teristico mix che ripetutamente viene sottolineato come tipico dei cFP salesiani,

crea legami e solidarietà e aiuta a far proprio un certo sentimento dell’esistenza,

che porta a relazionarsi in modo positivo con gli altri, anche sperimentando la pos-

sibilità di rapporti diversi da quelli ai quali si era abituati, a sviluppare compren-

sione reciproca, resilienza nei confronti delle situazioni difficili – il “non lasciarsi

andare” di cui parla P. (intct10) – e senso di responsabilità per sé e per gli altri. in-

somma, al cFP, i nostri ex-allievi hanno imparato a diventare adulti, cioè appunto

ad essere in grado di assumersi delle responsabilità e di offrire il proprio contributo

alla costruzione di un tessuto relazionale e sociale più giusto e solidale.

d) l’apprendimento del gusto di un lavoro ben fatto

Molti partecipanti affermano che già al cFP hanno potuto maturare un atteg-

giamento positivo nei confronti del lavoro, una specie di gusto o di passione asso-

ciati al lavoro, che per molti hanno rappresentato anche la via di accesso al gusto di

imparare:

ricordo il periodo del cFP come uno dei più belli della mia vita, anche perché a quell’età cominci a socializzare con i compagni e con l’ambiente che ti circonda. Mi ricordo che si lavorava perché c’era la gioia e la soddisfazione di fare un bel lavoro e si operava con impegno e disciplina. c’erano i momenti di svago, facevamo anche delle gite o delle scampagnate; c’era il momento del lavoro ma anche il momento ludico e questo mix mi è sempre piaciuto […]. nei tre anni di cFP, oltre ad aver imparato come si lavorava con le macchine, ho capito come fare bene i vari lavori, perché un ambiente come quello ti por- tava a fare le cose sempre al meglio. Prima facevi i lavori con la lima, poi con i macchi- nari, però riuscire a fare bene un lavoro era, ed è, un orgoglio, una gratificazione morale guadagnata sul campo. Se faccio buoni lavori, la gente usufruisce del mio servizio e parla bene di me. Personalmente uno deve dare il massimo, con la collaborazione degli altri, affinché il lavoro sia sempre migliore […]. Alcuni pensano che il nostro sia un la- voro in cui ci si sporca le mani, ma non ci si dovrebbe preoccupare di questo; il lavoro, a qualsiasi livello, è importante farlo bene; la gente deve sapere che c’è qualcuno che sa fare bene quel lavoro e che diventa punto di riferimento (intct16);

i lavoratori che collaborano con me sono ragazzi sempre sorridenti, che vengono a lavo- rare contenti; il lavoro dev’essere gioia e questo io l’ho imparato dai salesiani (intct29); ho il ricordo di tre anni bellissimi, […] lavoravamo molto in officina, avevamo diciotto o venti ore alla settimana di laboratorio; sono stati anni creativi, in cui ho imparato tante cose. Mi sono subito appassionato […]. Particolarmente importante è stato il laboratorio, ma anche il resto; importantissimi sono stati il disegno, la tecnologia, la matematica; mi appassionava un po’ tutto […]. Al cFP ho imparato prima di tutto le basi di un mestiere; non è a scuola che si impara ad essere un buon meccanico, però è a scuola che apprendi le basi; poi quello che ho imparato al cFP è uno stile di vita: la serietà. Arrivavo a scuola alle sette e mezzo del mattino, mi portava mio padre, andavo via alle sei e quaranta di sera; stavo tutto il giorno qui; c’erano rapporti profondi con gli insegnanti che mi hanno

trasmesso uno stile di lavoro: la professionalità e la passione. ho un bellissimo ricordo di loro e ricordo anche il buon rapporto che avevo con i miei compagni di classe: eravamo una bella classe, abbastanza vivace, gente che lavorava, amici (intBra4);

per imparare un mestiere, questo ti deve piacere; se ti piace, allora riesci e vai avanti; al- meno, per noi è stato così. Abbiamo degli amici, ex compagni, che fanno tutt’altro, forse perché a loro questo mestiere non piaceva o forse semplicemente perché venivano qua soltanto perché si studiava poco e c’era molta pratica. il nostro settore è bello e ampio, non si finisce mai di imparare; questo è quello che diciamo sempre ai ragazzi che ven- gono nella nostra azienda a lavorare e questo è quello che dicevano a noi i nostri profes- sori (intct19).

Al cFP gli ex-allievi che hanno partecipato alla ricerca affermano di aver im-

parato a fare le cose con piacere, ma soprattutto a farle bene. come ci ricorda S.

(intct16), nel brano riportato sopra, il gusto di un lavoro ben fatto non è esterno al

lavoro, all’insegna del detto “prima il dovere e dopo il piacere”, ma intrinseco al la-

voro stesso e assume una consistenza etica, non solo nel senso che fa provare

quella sorta di “gratificazione morale” di cui parla sempre S., ma anche nel senso

che diventa occasione di costruzione del bene comune e accresce il capitale sociale

della collettività (è questo il senso delle parole di S. che richiama l’importanza che

la gente avverta che quel lavoro è un servizio)

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. È proprio questo gusto che ali-

menta la voglia di fare, dà una qualità diversa al lavoro che si fa e spinge a riflet-

tere e a ricercare soluzioni ai problemi che si incontrano. È come dire che al cFP i

nostri ex-allievi hanno imparato che la dignità di ogni lavoro passa innanzitutto

dall’atteggiamento con cui ciascuno lo affronta.