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Documenti

Montaggio, giochi di gruppo,

Dal verbale della riunio­ ne dei Gruppi UNRRA-CA- SAS di Ancona e Forlì e delle rap presentan ze dei Gruppi di Bologna e Me­ stre, tenutasi a Rimini nei giorni 1-2 marzo 1956:

«Ordine del giorno: 1) Tecnica del montag­ gio; esperimento con il libro ” La Capanna dello Zio Tom ” .

2) Giochi di gruppo e studio del loro contenuto pe­ dagogico (con esempi pra­ tici).

3) Esercitazioni prati­ che di cine-club ».

« Il Gruppo di Ancona presenta il proprio esperi­ mento di montaggio, effet­ tuato sul libro ” La Capan­ na dello Zio Tom ” . Vengo­ no date innanzi tutto brevi notizie sul libro e sull’auto- re, inquadrati nell’epoca storica e nell’ambiente in cui la vicenda si svolge. Poi si passa a una esposizione riassuntiva del contenuto del romanzo.

In seno al gruppo sorge una discussione circa tali premesse al montaggio, e si è d’accordo sulla opportuni­ tà di ampliare la parte sto­ rica, di eliminare il rias­ sunto della vicenda e di fare invece un elenco completo dei personaggi e del ruolo che coprono nella trama del romanzo.

L’A.S. Menotti dà lettura di una prima parte del

mon-cine-club

taggio, al termine della qua­ le si dà luogo alla discus­ sione. Tutti sono d’accordo nel rilevare che la lettura di tale montaggio supera di troppo il limite di tempo ri­ tenuto opportuno (massimo 55’). Si discute allora se, in casi del genere, sia preferi­ bile ridurre, a costo di mol­ ti tagli, il montaggio entro il limite detto (anche sacri­ ficando episodi e personag­ gi), oppure presentarlo in due sedute. Poiché il mon­ taggio deve essere soprat­ tutto uno strumento di in­ vito alla lettura, si è con­ cordi nel preferire la prima soluzione, poiché è meglio non soddisfare compieta- mente l’interesse e la curio­ sità dei lettori anziché ri­ schiare di stancarli con una lettura prolungata.

Si discuterà più avanti sui criteri da tenere presen­ ti nell’effettuare i tagli.

Viene osservato come so­ vente non vengano sufficen- temente messi in risalto i rapporti intercorrenti fra i vari personaggi, cosicché si corre il rischio di imbattersi in incoerenze che compro­ mettono il filo conduttore del montaggio. E’ bene per­ ciò chiarirli maggiormente, soprattutto quando si ri­ prendono personaggi abban­ donati da tempo o se ne in­ troducono dei nuovi. Altri­ menti è meglio eliminare del tutto tali personaggi.

Qualcuno fa il punto sul problema razziale trattato

nel libro in discussione. Lo atteggiamento del popolo americano verso i negri quale risulta da tale trat­ tazione e le considerazioni inevitabili in proposito pos­ sono dare facilmente adito ad una identificazione (per quanto gratuita) dell’Ame­ rica schiavista e razzista con l’America del capitali­ smo imperialistico quale è presentata dalla polemica politico-sociale particolar­ mente viva nei paesi del centro e del nord Italia, con conseguenze facilmente in­ tuibili.

Sorge allora una discus­ sione su quale debba essere in generale l’atteggiamento dell’Assistente Sociale nei confronti degli argomenti scottanti che a volte scatu­ riscono dalla presentazione di un libro o in altre circo­ stanze. Deve evitarli o deve affrontarli e approfondirli? Più volte ci si è trovati in questa alternativa ed ognuno ha risolto il pro­ blema come gli è parso più opportuno. Ma tutti riten­ gono importante, ai fimi anche di una coerenza che non può che giovare alla fisionomia dell’Ente, stabi­ lire dei punti fondamentali cui attenersi in casi del ge­ nere.

Si cerca prima di tutto di chiarire con esattezza la funzione dell’Assistente So­ ciale. L’azione che esso svol­ ge non è diretta a modifi­ care le strutture esistenti, ma ad educare le coscienze e a migliorare i rapporti

Documentari

titolo: Timidezza

durata: minuti 22 passo: mm. 16 parlato in : francese

ente che lo distribuisce: Ambasciata del Canadà modalità per la distribuzione : gratuita

soggetto : le cause della timidezza e il modo di combatterla. 11 bambino timido a casa e a scuola. Come agisce sul bambino timido il contegno degli adulti. Importanza dei maestri e dei genitori: La vita di gruppo aiuta a vincere la timidezza se il bambino è sostenuto nel suo inserimento nella vita collettiva. utilizzazione: a) in quali ambienti, per quali categorie ed età

Per adulti: in ambienti interessati ai problemi della psicologia infantile; in preparazione a corsi di psicologia in scuole di servizio sociale o a corsi di orientamento dei genitori in Centri Sociali.

b) spunti didattici e riferimenti:

Suggerimenti sul modo di trattare i bambini per maestri e assistenti sociali che si occupano di lavoro di gruppo nei C. S. o comunque vengono a contatto con bambini e ragazzi. Riferimenti ad altri documentari : « Bannis imaginaires ».

osservazioni : Buona la fotografia - si potrebbe far seguire al documentario un commento più completo.

Documentari

titolo: Petit monde à deux ou troia ans durata: minuti 21 passo: mm. 16 parlato in : francese

ente che lo distribuisce: Ambasciata del Canadà modalità per la distribuzione : gratuita

soggetto : comportamento dei bambini dai due ai tre anni nell’ambiente familiare e atteggiamento de* genitori nei loro confronti.

utilizzazione: a) in quali ambienti e per quali categorie ed età

In ambienti interessati ai problemi dell’infanzia, in Centri Sociali urbani, in Scuole di Servizio Sociale, etc.

b) spunti didattici e riferimenti:

Adatto come preparazione a conversazioni in corsi di educazione degli adulti, a lezioni di psicologia sull’età evolutiva, visite a istituti di ricovero per l’infanzia, centri di

igiene mentale, etc.

osservazioni: colore e fotografia buoni. Colonna sonora chiara. Documentario semplice e piano, mette ottimamente in rilievo l’ importanza dell’ atteggiamento dei genitori per un sano e sicuro inserimento del

umani nell’ambito di dette strutture. Esso deve limi­ tarsi a dare agli individui i mezzi di affrontare i pro­ blemi in maniera sana ed obbiettiva. Deve quindi la­ sciare libero campo alla di­ scussione (purché ordinata e regolata) dei problemi sud­

detti, evitando però di trarne delle conclusioni. L’A. S. ha a sua disposizione mezzi tecnici che danno una fisio­ nomia ben definita alla sua attività. Sta al suo tatto ed al suo intuito saperne usare opportunamente, in maniera da essere considerato una persona al servizio della co­ munità e al di fuori di ogni influenza politica.

Un A.S. pone in discus­ sione il problema dei rap­ porti con le autorità politi­ che. Si è concordi nell’affer- mare che la collaborazione con dette autorità è possi­ bile qualora non implichi un determinato atteggiamento da parte dell’A. S. e si rife­ risca alla soluzione di pro­ blemi locali o comunque di interesse generale.

Esaurito questo argomen­ to, il dott. Volponi interviene chiedendo come e con quali risultati si riesce nella pra­ tica ad integrare in modo logico e costruttivo l’attività dell’educazione degli adulti (intesa come lavoro di grup­ po) con l ’ assistenza fami­ liare, la quale appare ancora sovente necessaria nella maggior parte dei Villaggi del CASAS.

Si è d’accordo nel conve­ nire che essa è tuttora indi­ spensabile. D ’ altra parte l’A. S., oltre a poter conci­ liare i due tipi di attività, può spesso servirsi proficua­ mente del lavoro di gruppo per completare il tratta­ mento di alcuni casi indivi­ duali. E’ infatti ampiamente sperimentata l’efficacia te­ rapeutica del gruppo nei confronti di persone che pre­ sentino anomalie del com­ portamento o difficoltà di integrazione sociale.

Si riprende in esame il montaggio de « La Capanna dello zio Tom ».

Terminata la lettura, si continua la discussione te­ nendo presenti i seguenti punti :

1) Chiarezza: la lettura spezzettata del libro non deve dare adito a confusione o a false interpretazioni.

2) Durata : non si deve abusare della capacità di at­ tenzione dell’uditorio.

3) Spunti: occorre met­ tere in rilievo i motivi di in­ teresse che il libro può su­ scitare.

4) Cicli culturali'. l’A. S. deve curare il suo aggiorna­ mento sugli aspetti comple­ mentari del problema umano che il romanzo presenta al­ l’attenzione dell’uditorio.

L’A. S. Menotti illustra la tecnica da lui usata nella preparazione del montaggi. Si è preoccupato anzitutto di crearsi un filo conduttore, di mettere a fuoco i proble­ mi e di presentare i perso­ naggi. A questo proposito si osserva che troppa parte è stata data alla descrizione fisica dei personaggi. Ciò non è molto opportuno, per­ ché si deve cercare di abi­ tuare gli ascoltatori ad im­ pegnare la propria fanta­ sia oltre che la propria at­ tenzione. Lo scopo del mon­ taggio non è la conoscenza del libro in sé, che ne esce sempre sminuito, quanto il rieducare i lettori a prefe­

rire il libro ad altre forme di apprendimento più facili, come cinema e fumetti.

E’ quindi di fondamentale importanza evitare uno de­ gli inconvenienti principali dei fumetti che consiste ap­ punto nell’indurre la fan­ tasia dei lettori ad uno stato di passività.

Segue una lunga discus­ sione sul problema se sia possibile o meno stabilire una vera e propria « tecni­ ca del montaggio », comun­ que utilizzabile. Tenuto pre­ sente che non è possibile

trarre delle conclusioni ge­ nerali da una esperienza così limitata come è quella dei clubs di lettura allo stato attuale, si conclude tuttavia che uno dei criteri fonda- mentali del montaggio dovrà essere quello di procedere ai tagli in funzione del tipo di libro su cui si lavora, in ma­ niera da rispettarne il si­ gnificato e il valore essen­ ziali (per esempio: non eli­ minare le parti descrittive

di un libro quando queste costituiscono il pregio este­ tico principale del libro stesso).

Comunque si conclude che è importante, in linea gene­ rale, tenere presenti i se­ guenti punti:

1) Presentazione nomina­ le dei personaggi (magari scrivendone i nomi su una lavagna), specialmente se sono numerosi.

2) Rispetto della trama (in funzione dell’ambiente e dei personaggi principali).

3) Rispetto di quelle parti che, pur non essendo neces­ sarie alla chiarezza della trama, lo sono alla chiarezza dello spirito del libro.

Si passa a discutere il tipo di libri adatti ad espe­ rimenti di club di lettura nelle nostre zone.

« La Capanna dello zio Tom » è stato scelto per il suo contenuto umano e per il suo significato sociale e storico. Per la scelta dei libri in generale si consiglia una preventiva opera di son­ daggio presso le comunità interessate con la lettura di novelle. E’ poi necessario che, quando si inizia un club di lettura, si sia precedente- mente svolto un lavoro di gruppo atto a delineare la fisionomia e gli interessi di dette comunità. Sarebbe im­ portante evitare che il nu­ mero alto degli uditori vada a discapito della omogeneità del gruppo.

Sarebbe ancora importan­ te, ai fini di una maggiore efficacia di esperimenti del genere, stabilire un piano di

collaborazione con i respon­ sabili dei Centri di Lettura, là dove tali Centri esistono.

A proposito di collabora­ zione il Capo Sei-vizio So­ ciale sottolinea l’importanza della collaborazione con tutte quelle organizzazioni che sono interessate più o meno direttamente alla educazio­ ne degli adulti. Dalle riser­ ve e considerazioni espresse in proposito da alcuni A.S. si rileva come il problema di tale collaborazione possa essere efficacemente affron­ tato solo se studiato nei suoi aspetti locali.

Si passa a discutere dei cicli culturali e della loro utilizzazione. Nel caso spe­ cifico de « La Capanna dello Tom » la documentazione complementare riguarda la vita dei negri in America vista nei diversi aspetti : storico-sociale (origini dello schiavismo in America; ra­ gioni psicologiche ed econo­ miche del razzismo ecc.), let­ terario (opere letterarie e teatrali ispirate allo schiavi­ smo), musicale (i blues: mu­ sica pre-jazzistica e spiri­ tuals; il mercato di schiavi di New Orleans; la nascita del jazz; audizione di alcune tra le sue espressioni più si­ gnificative).

Quanto alla utilizzazione dei cicli culturali, ci si ac­ corda sull’opinione che sia opportuno presentarli dopo che il montaggio del libro abbia messo a fuoco la vi­ cenda umana ed abbia posto tutti i problemi relativi. Il libro verrebbe così a costi­ tuire il « centro di inte­ resse » su cui imperniare una più ampia ricerca cul­ turale. Un A.S. obbietta che la presentazione storica sa­ rebbe più opportuno farla prima del montaggio, almeno in grandi linee, assieme alle indicazioni geografiche. Que­ sto per inquadrare meglio la vicenda ed aiutare l’atten­ zione degli uditori. Si rico­ nosce l’opportunità di quan­ to sopra.

Si studia la possibilità di iniziare un lavoro di colla­ borazione fra i Gruppi rap­ presentati per la prepara­ zione di un determinato nu­ mero di montaggi completi delle ricerche complemen­ tari. Si pensa di scegliere libri di diverso tipo e di provare il montaggio a ciclo nei vari Centri Sociali, il che, oltre ad essere un mezzo di esperimento dei montaggi stessi, potrà costituire un mezzo di sondaggio della preparazione e dei gusti delle varie comunità. Si ri­ mettono gli accordi defini­ tivi ad ulteriori contatti.

La sera del Io marzo si sperimentano alcuni giochi di gruppo presentati da as­ sistenti che hanno parte­ cipato a suo tempo a corsi residenziali. Si discute poi sull’importanza psicologica, oltre che ricreativa, di tali giochi, particolarmente atti a favorire una buona inte­ grazione in seno a un grup­ po anche da parte degli ele­ menti psichicamente più bloccati.

Il giorno 2 marzo si passa agli esperimenti di cine­ club.

Si dà visione della pelli­ cola di F. Capra « E’ arri­ vata la felicità » e di alcuni documentari della Enciclo­ pedia Cinematografica « Co­ noscere » : uno sui costumi lucani, uno sulla « camor­ ra » napoletana, uno di ca­ rattere scientifico sulla fun­ zione clorofilliana.

Segue la discussione sulla funzione del cine-club e sui modi di utilizzazione relati­ vi. Si parte dal presupposto che gli odierni mezzi di dif­ fusione non sono strumenti di educazione ma di vera e propria aggressione e ridu­ cono lo spettatore (o lettore) ad uno stato di passività quasi completa. Il cinema, così come lo subisce il pub­ blico, è un mezzo qualsiasi di evasione (circa come un

tempo lo era l’osteria) che non dà adito a un qual­ siasi atteggiamento attivo del pensiero individuale. L’operaio, il contadino inur­ bato vanno al cinema per dimenticare i limiti della loro vita quotidiana e si fanno del cinema stesso un mito che accettano senza alcuna riserva critica.

Questo spiega il successo dei films falsi ed irreali, frutto di una produzione che si prefigge scopi unicamente commerciali.

Il compito del cine-club è quindi appunto quello di inquadrare il fenomeno cine­ matografico nella sua realtà

(spiegazione della organiz­ zazione cinematografica co­ me complesso industriale, in

cui sono impegnati anche uomini che svolgono i com­ piti più modesti) e di susci­ tare negli spettatori un mi­ nimo di interrogativi per quanto riguarda la storia del film, il soggetto, la sce­ neggiatura, i personaggi, il regista e, infine, il successo stesso del film. Allenare in­ somma i cervelli a ritrovare in sé gli spunti critici la­ tenti.

Si discutono in partico­ lare i documentari sui co­ stumi lucani, sulla camorra e gli argomenti di infor­ mazione che vi si possono agganciare (storia della Lu­ cania, ragioni della soprav­ vivenza del folklore, storia del regno di Napoli ecc.). Quanto al documentario sulla funzione clorofilliana, è opinione generale che il tema vi sia trattato con certa aridità e che questo possa pregiudicare il succes­ so del documentario stesso.

In generale è un buon metodo quello di iniziare la discussione di una pellicola rievocandone la proiezione con domande, riprendendone alcuni punti e riorganizzan­ dola nella mente dello spet­

tatore, il quale avrà così i mezzi per partecipare alla discussione stessa. E’ neces­ saria da parte dell’A.S. o del collaboratore che attua il cine-club un’ampia docu­

mentazione preventiva sul­ la pellicola e spunti di di­ scussione inerenti. Non sono da sottovalutare le difficol­ tà che tale documentazione

Convegno sui Centri Sociali

« Ha avuto luogo a Pa­ lazzo nei giorni 23 e 24 giu­ gno un Convegno sui Centri Sociali promosso dalla costi­ tuenda Federazione Italiana Centri Sociali.

Nei tre temi all’ordine del giorno si volevano esami­ nare i rapporti del Centro Sociale con l’urbanistica, con la cultura popolare e con le amministrazioni lo­ cali. Il terzo tema in parti­ colare doveva essere svolto in preparazione del Conve­ gno della Federazione Inter­ nazionale dei Centri Sociali che avrà luogo a Berlino al­ la fine del corrente luglio e che verterà appunto su questo argomento.

Il relatore per il primo tema, Orlandini (UNRRA- CASAS), ha sottolineato i problemi che si creano con la formazione dei nuovi quartieri, alla periferia del­ le grandi città, nei villaggi e nelle zone rurali. L’affan­ nosa opera di ricostruzione iniziata nel dopoguerra ha creato agglomerati residen­ ziali spesso irrazionali, che la speculazione edilizia, la mancanza di pianificazione urbanistica, la lontananza dei centri urbani fa asso­ migliare a enormi « dormi­ tori » privi dei più elemen­ tari sei-vizi (scuole, asili, ambulatori, farmacie, ecc.). In tali complessi urbanistici, viene inserito il cosidetto Centro Sociale, formato da alcuni locali, che in molti casi assume funzioni

assi-comporta e la necessità di disporre in proposito di una adeguata attrezzatura (sa­ rebbe necessaria in ogni Centro Sociale una enciclo­ pedia).

Anche in questo campo si ritiene sia possibile un la­ voro di collaborazione e di

scambi fra i vari assistenti e fra i Gruppi stessi ».

stenziali, sia perché in esso trovano ospitalità i pubblici servizi (come scuole e ambu­ latori) che non hanno una loro sede, sia perché il nuo­ vo quartiere è spesso quar­ tiere « popolare », reputato bisognoso e magari effetti­ vamente bisognoso di assi­ stenza.

E’ contro questa configu­ razione del Centro Sociale che si deve combattere. Il Centro Sociale non deve essere concepito in funzione di zone depresse, ma avvici­ narsi al concetto del seftle- ment inglese, che significa centro di vita comunitaria per un nuovo insediamento edilizio, al servizio dell’inse­ diamento stesso. I piani ur­ banistici devono quindi sa­ per localizzare l’edificio del Centro Sociale nello spazio dove naturalmente si svolge la vita di relazione. Fun­ zione essenziale del Centro è infatti la trasformazione della collettività in comu­ nità, intesa non come rap­ porti di vicinato o come vita in comune degli abitanti del­ lo stesso quartiere, ma come confluenza volontaria di rap­ porti sociali per individuare problemi e interessi comuni e promuovere le soluzioni.

Gli interventi al termine della relazione hanno ulte­ riormente chiarito, anche criticandoli, alcuni concetti esposti. Il Centro Sociale assume necessariamente ca­ ratteristiche diverse a se­

conda dell’ambiente sociale in cui opera. In zone de­ presse è inevitabile che di­ venti un erogatore di assi­ stenza; in zone di immigra­ zione dovrà affrontare il problema della convivenza di gruppi diversi e del loro inserimento nel nuovo am­ biente, e così via. Quasi sempre però la maggiore difficoltà è alla base: perché si dà una casa alle persone, senza riflettere che esse so­ no quasi sempre prive di tutte le condizioni che nor­ malmente portano la gente a conquistarsela. Si crea così una sovrastruttura ap­ parente di benessere cui non corrisponde la realtà eco­ nomica e sociale, e il Centro Sociale cerca di organizzare la comunità sull’unico deno­ minatore comune del pos­ sesso di un’abitazione.

Sul secondo tema (edu­ cazione degli adulti) ha parlato Buzzi dell’IICC Ca-

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