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94 P RONTERA 2005, 32-38 95 G UZZO 2005, 41.

4.2 Impianto urbano

La topografia dell’antica città di Taormina è, ancora oggi, conosciuta solo in parte. Purtroppo sono assenti quasi del tutto materiali di scavo o

153 DIOD., 14, 59, 1-2.

154 CIC., Att., 16, 11, 7; PLIN.,n.h., 3, 88. 155 OV., fast., 4, 475, GULLETTA 2011. 156 Itin. Anton. Aug., 87, GULLETTA 2011. 157 CIC., Verr., II, 3, 6, 13; PLIN., n.h., 2, 219. 158 CIC.,Verr., II, 5, 64, 165.

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monumenti indagati archeologicamente che possano con certezza attribuirsi ad un periodo antecedente il III secolo a.C.159 certamente l’abitato di età ellenistica dovette essere più esteso rispetto a quello di epoca medioevale in cui le pendici della collina del Castello non erano più urbanizzate (Fig. 25). Probabilmente l’impianto originario della città era di schema regolare con terrazzamenti paralleli, ricavati mediante il taglio delle pendici meridionali delle colline del Castello e del Teatro, e muri di contenimento160.

Tra i monumenti realizzati in età romana vi è la cosiddetta Naumachia di Taormina che era stata realizzata nella zona centrale della città (Fig. 30.5). Nonostante il nome attribuito a questo edificio, incerta è la sua funzionalità nonché il periodo esatto della sua costruzione. I resti del monumento sono costituiti da un’imponente struttura muraria in nucleo di cementizio e paramento in laterizi con un lunghissima facciata ad arcate (Figg. 26; 29). A fronte di ciò è stato ipotizzato che le nicchie dovessero contenere statue o un ciclo scultoreo161. A tal proposito si menziona il ritrovamento di una statua di marmo pario interpretata come la personificazione del dio Apollo e risalente al I secolo a.C.162 Probabilmente la costruzione insistette su un edificio pre-esistente poi riutilizzato come basamento. Lungo tutta la fronte vi è una gradinata composta da due gradini di blocchi squadrati di calcare locale. Secondo Campagna e La Torre l’edificio inglobato nella costruzione di età imperiale

159 CAMPAGNA 2011, 17. 160 LENTINI 2005, 314.

161 CAMPAGNA-LA TORRE 2008, 140; CAMPAGNA 2011, 20. 162 COARELLI-TORELLI 1984, 363.

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era una stoà ellenistica (Figg. 27-28) e i Romani avrebbero poi, probabilmente in età augustea, realizzato questo imponente terrazzamento con la facciata monumentale, abbellita dalla presenza di un ciclo scultoreo, che fu in parte adibita a cisterna e in parte a ninfeo163.

163 Cfr. CAMPAGNA -LA TORRE 2008, 115-146.

Figura 27 Particolare del crepidoma del portico ellenistico sul quale si imposta il muro in laterizi della cosiddetta Naumachia di età imperiale (da CAMPAGNA 2011)

Figura 29 Particolare del Portico della cd. Naumachia (da CAMPAGNA 2011)

Figura 28 Estremità meridionale della Naumachia; in primo piano i gradini del crepidoma dell'avancorpo sud del portico ellenistico (da CAMPAGNA 2011)

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Figura 30 Planimetria del centro di Taormina: 1 e 2. assi viari antichi in corrispondenza dell'attuale corso Umberto I e della via Teatro Greco; 3: area dell'agorà (piazza Vittorio Emanuele II); 4: tempio ellenistico nell'area della chiesa di Santa Caterina; 5: cd. Naumachia (da CAMPAGNA 2011)

In posizione dominante sul crinale della collina che da esso prende il nome si staglia il Teatro realizzato nel III secolo a.C. (Fig. 31). Con la sua cavea di circa 109 m di diametro, venne identificato grazie ai resti di muro a blocchi isodomi inglobati nella struttura della scena e grazie ad alcuni sedili con iscrizione. Alla tarda età ellenistica sono datati i resti di un piccolo edificio sacro posto alla sommità della cavea; lo stesso subì un allargamento agli inizi del II secolo d.C. 164 Sotto gli imperatori Traiano e Adriano prese avvio una ristrutturazione che coinvolse la struttura in toto165. Il teatro si presenta come un edificio scenico rettangolare (Fig. 32) con due ampie sale di accesso all’orchestra; una cavea divisa in nove settore (Fig. 33) e un doppio portico in laterizio con colonne di granito e copertura a volta166

164 LENTINI 2005, 318.

165 WILSON 19902, 80-82. 166 SEAR 1996, 58-64; 64-72.

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Figura 31 Teatro di Taormina (foto da

www.comune.taormina.me.it, 2015)

Figura 33 Cavea del teatro di

Taormina ( foto da

www.comune.taormina.me.it, 2015)

Figura 32 Taormina. Particolare della scena con le tre aperture e

le colonne (foto da

www.comune.taormina.me.it, 2015)

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La scena conserva i due hospitalia e dovette essere decorato da marmi e pietre colorate di importazione167 anche se la ricostruzione oggi visionabile è frutto di restauri ottocenteschi168. Lo studioso Sear, attraverso l’analisi del prospetto scenico (Fig. 32), riconobbe due fasi costruttive: l’una, più arcuata,di età traianea-adrianea, l’altra, più orientale e rettilinea, di età severiana169. Poche informazioni danno gli esigui resti di età augustea sia pertinenti all’edificio che all’apparato statuario del teatro. Ad aggravare la situazione relativamente allo studio dell’apparato più antico dell’edificio teatrale concorrono le trasformazioni che lo stesso subì attorno al II e III secolo d.C. quando divenne un’arena170.

L’attuale piazza Vittorio Emanuele II nella zona settentrionale della città di Taormina pare conservi i resti dell’antica agorà poi foro romano (Fig. 26.3). La piazza antica, così come quella moderna, venne a situarsi all’incrocio dei due assi urbani ortogonali oggi conosciuti come Corso Umberto e via del Teatro. Lo spazio pubblico ebbe lunga vita fino almeno all’VIII secolo d.C. quando vi si impiantò sopra un’area cimiteriale171. Con la conversione a foro, in età romana, e nello specifico con la deduzione della colonia, l’area subì alcune trasformazioni come la realizzazione di una porta d’ingresso e di un muro di recinzione orientale172. Nonostante la conversione da agorà a foro lo spazio dovette mantenere le stesse funzioni politiche amministrative; a dimostrazione di tale tesi è il ritrovamento, nelle adiacenze della piazza, di frammenti di un calendario romano databile al 21-20 a.C. e di una lista coeva di magistrati della colonia: tutti elementi probabilmente infissi su di un muro del foro173.

Nelle adiacenze dell’agorà, sotto la Caserma dei Carabinieri, è stato rinvenuto un edificio a peristilio scoperto con due grandi basi di statue con dedica iscritta del damos ton Tauromenitan che sembrerebbe documentare il carattere pubblico dell’edificio (Fig. 34). Cronologicamente attribuito al III secolo a.C. alcuni studiosi hanno voluto identificare questo edificio come il

bouleuterion della città174 mentre altri ritengono fallace tale ipotesi175. 167 PENSABENE 1999, 214-226. 168 BERNABÒ BREA 2000, 76. 169 SEAR 1996, 47-54. 170 LENTINI 2005, 321. 171LENTINI 2005,321;BACCI 1980-1981,742-744. 172 WILSON 1990, 50. 173 WILSON 1990, 35. 174 BACCI 1980-1981, 739-741. 175 LENTINI 2005,322.

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Un edificio su tre livelli e con resti di peristilio sul terrazzamento inferiore, è stato scoperto nel 1969 sulle pendici meridionali della collina del Teatro176 (Fig. 35). La struttura sembre- rebbe collocarsi cronolo- gicamente tra il III e il II secolo a.C. ed identificarsi con il ginnasio della città177; Campagna espresse i propri dubbi sulla funzione dell’edificio poiché ritenne il peristilio di dimensioni piuttosto modeste quindi più consone ad una dimora privata che non alla palestra d’un ginnasio178. Nell’area si rinvennero frammenti di intonaco con brevi iscrizioni in

greco con nome

dell’autore e riassunto dell’opera grazie ai quali sono stati riconosciuti i

lemmata degli storici

Callistene di Olinto, Q. Fabio Pittore e Filisto di Siracusa179. 176 PELAGATTI 1997, 256-261. 177LENTINI 2005,324. 178 CAMPAGNA 2009, 210. 179 MANGANARO 1976.

Figura 34 Taormina. Grandi basi di statue scoperte nell'edificio ellenistico di carattere pubblico dell'agorà (da LENTINI 2005)

Figura 35 Taormina. Resti del peristilio del ginnasio (II sec. a.C.) (da LENTINI 2005)

49 4.2.1 Mura e fortificazioni

Le fonti letterarie narrarono che Pompeo si occupò di fortificare i passi montuosi intorno a Taormina180. Tuttavia così come per la pianta topografica della città anche per lo sviluppo della cinta muraria si hanno così poche notizie e pervengono altrettanti miseri lacerti murari che ci si può affidare a descrizioni più antiche a cui non venne, nel tempo, aggiunto nulla di rilevante. In particolare per la parte settentrionale del tracciato murario si è rilevato l’utilizzo di una tecnica costruttiva che gli studiosi hanno attribuito ad età ellenistica e che includerebbe nel suo percorso un’ampia parte della Collina del Teatro181. A testimonianza di questa datazione sono i resti di abitazioni datati al III-II secolo a.C. ritrovati nelle zone limitrofe comprese dai lacerti murari182.

4.2.3 Strutture per l’approvvigionamento idrico

Due sono gli acquedotti noti a Taormina: uno, di cui rimane in superficie sulla strada che conduce a Castelmola un tubo di terracotta incastonato nel calcestruzzo, partiva dalla sorgente di Petralia a 250 m s.l.m. circa e si sviluppava per circa 2 km a nord ovest di Taormina183 e probabilmente riforniva il serbatoio\bacino idrico romano di Taormina e la Piscina Mirabilis; il secondo acquedotto, di cui rimangono sostanziali frammenti, si allacciava a tre abbondanti fonti nei pressi del Torrente Letojanni a nord di Taormina e portava rifornimento idrico alla zona nord orientale di Taormina e probabilmente al bagno pubblico romano chiamato dagli antiquari La Zecca184. Lo specus di questo secondo acquedotto era realizzato in opus signinum ed era largo 1,5 metri con copertura a volte abbastanza spesso, invece la struttura del ponte presentava un nucleo in opera cementizia con paramento in laterizi. La data di realizzazione dell’acquedotto è ancora incerta; secondo alcuni studiosi la costruzione della struttura sarebbe da accomunare con quella del bagno pubblico romano e quindi andrebbe inserita in età traianea o antonina185.

180 APP.,BC.,5,11,103,GULLETTA 2011. 181 KARLSSON 1992, 88. 182 BACCI 1980-1981, 744-745. 183 RIZZO 1928, 347. 184 BRIGANTI et al., 1989, 109. 185 WILSON 2000, 19-20.

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Tra le strutture idriche si annoverano alcune strutture di drenaggio dell’acqua al fine di non appesantire i pendii e dunque evitarne l’erosione durante periodi di ingenti piogge. Tali strutture, tre canali di scarico realizzati in pietra l’uno adiacente all’altro, sono state individuate presso via Bagnoli Croce sulla collina adiacente il gymnasium ellenistico (Fig. 36).

A Taormina si conserva intatto l’esempio di cisterna romana di età augustea localizzata sotto il locale La Giara presso Vico la Floresta nelle vicinanze dell’attuale Villa Comunale. Si tratta di un camera rettangolare suddivisa in due parti simmetriche da una parete ad archi centrale longitudinale e coperte ciascuna con una volta a botte186 (Fig. 37).

186 WILSON 2000, 15-21.

Figura 36 Taormina, via Bagnoli Croce, tre canali di scarico in pietro nei pressi del gymnasium ellenistico (da Wilson 2000)

Figura 37 Taormina. Cisterna romana sotto il locale La Giara (da WILSON

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4.3 Viabilità e infrastrutture

Relativamente alla viabilità urbana interna di Taormina rimangono tracce di due assi viari ortogonali rispondenti alle attuali vie denominate Corso Umberto, il quale in epoca romana corrispondeva al decumanus, e Via del Teatro187. Negli anni ’30 anche un’arteria est-ovest parallela a quella del Teatro fu individuata in corrispondenza con la scoperta dei resti del ginnasio sulle pendici meridionali della collina del Teatro188.

Una grande direttrice, la via Pompeia, che dal Traiectus giungeva a Siracusa raggiungeva come punto intermedio Taormina (vd. Messina § 3.3 Viabilità e

infrastrutture).

A sud di Taormina, a rappresentare un guado del fiume Alcantara (arabo al-

Qantarah, cioè “ponte” per antonomasia)189, venne realizzato un ponte con fondazioni di età romana oggi visibili nella parte inferiore dei piloni del ponte moderno presso la SP 7i190 tra Taormina e Calatabiano (Fig. 38).

187 BACCI 1980-1981, 738.

188 RIZZO 1928, 303-304. 189 CARACAUSI 1994, 31. 190 UGGERI 2004, 88.

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4.4 Attività economiche

Alcuni relitti trovati al largo di Giardini Naxos e di Capo Taormina hanno messo in luce il trasporto marittimo del marmo attraverso lo Stretto; nel primo caso sono stati rinvenuti marmi asiatici del II sec. d.C., nel secondo caso il carico era costituito da colonne e blocchi di pietra di età imperiale191. Questa zona era già stata individuata da Strabone192 come luogo in cui si riversavano i relitti delle navi. Al di là della puntualizzazione del geografo greco è indubbio che Giardini costituisse, in antico, un riparo per le imbarcazioni193. Famosa era anche la pescosità delle acque prospicienti la città di Taormina194.

Anfore vinarie con nome del produttore o del destinatario sono state rinvenute a Pompei con l’iscrizione tauromenitanum195. In effetti, nelle fonti

letterarie antiche, era nota per la sua importanza la produzione del vino dei colli tauromenitani196, come conferma la produzione di anfore vinarie dall’età ellenistica al tardo antico. Un recente studio ha combinato le analisi petrologiche e archeometriche di impasti ceramici ritrovati lungo la costa orientale della Sicilia; un gruppo di frammenti ceramici è stato attribuito all’area di Naxos per la presenza di inclusi derivanti da rocce metamorfiche acide, da mettere in relazione con il basamento peloritano, commisti a componenti vulcanici etnei. Da questo centro produttivo derivano vari contenitori a fondo piatto di differenti forme conosciuti come Ostia II, tipo 523, tipo di S. Alessio, Palatino Est 1; lo studio di Franco Capelli definisce queste anfore Naxos Early Roman Type (=Ostia II, tipo 523) e Anfora di Naxos a fondo piatto forma 1. Questi tipi sono stati prodotti tra il I e il II secolo d.C.197 (Fig. 39). 191 GIANFROTTA 2005,153. 192 STRABO, VI, 2, 3. 193 DE SALVO 2005, 168.. 194 IUV., 5, 93, GULLETTA 2011. 195 PACE 1958, 400. 196 PLIN., n.h., 14, 25. 197 FRANCO-CAPELLI 2014, 346-348.

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Figura 39 Anfore: 1. Ostia II, 523; 2. Anfora tipo Sant'Alessio; 3. Anfora simile al tipo S.Alessio; 4. Anfora tipo Larunchi, scarto di produzione dall'area produttiva di Naxos; 5.

Anfora tipo Spinella, scarto di produzione dall'area produttiva di Naxos; 6. Anfora Palatino Est 1; 7. Tipo Keay 52 (non in scala) (da FRANCO-CAPELLI 2014)

54 4.4.1 Monetazione

Le prime monete attribuite all’attività di coniazione di Taormina risalgono al IV secolo a.C. e sono state battute, secondo alcuni studiosi come il Polosa, per volontà dei mercenari residenti in città; tali monete presentano l’immagine di un volto femminile di profilo198.

Certa è la suddivisione tra monetazione di età preagatoclea che procedette dalle origini sino al 305 a.C. e d’età postagatoclea sino al periodo romano199. Dopo la prima fase si registra una breve interruzione dell’attività di coniazione che riprese, agli inizi del III secolo a.C., con maggiore vigore tanto da divenire una delle zecche più importanti della Sicilia orientale. Nel periodo che va dal 275 al 210 a.C. le emissioni di monete bronzee, argentee e auree di Taormina mostrarono una certa autonomia rispetto alla produzione siracusana sotto Ierone II200. I tipi più frequenti in questo periodo erano quelli rappresentanti pegaso e la testa di Atena (Fig. 40), Eracle, ,Eracle e il toro cozzante (Fig. 41), Apollo e il tripode (Fig. 42); se alla fine del III secolo a.C. ricompaiono i tipi della testa di Atena e pegaso, agli inizi del II secolo a.C. figuravano i tipi di Zeus e l’aquila (Fig. 43), la testa di Dioniso e Artemide stante201 (Fig. 44).

Figura 40 Statere d'argento 265-263 a.C.: testa di Atena con elmo corinzio a s.; dietro la nuca HP; bordo di puntini / Pegaso alato a d.; intorno ΤΑΥΡΟΜΕΝΙΤΑΝ; in basso, stella ad otto raggi (da

CAMPANA 2002) 198POLOSA 2000, 49-59. 199 CONSOLO LANGHER 1967, 63-165. 200 CARBÉ 1995, 303-331. 201 PUGLISI 2009, 336-340.

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Figura 41 Litra 270-273 a.C.: testa barbuta di Eracle a s.; bordo a puntini / Toro cozzante a d. su linea di esergo; sopra ΤΑΥΡΟΜΕΝΙΤΑΝ; bordo a puntini (da CAMPANA 2002)

Figura 42 Emilitra 265-263 a.C.: testa laureata di Apollo a s.; bordo di puntini / Tripode a d.; a sinistra ΤΑΥΡΟ e a destra ΜΕΝΙΤΑΝ; bordo di puntini (da CAMPANA 2002)

Figura 43 Quadrans 210-200 a.C.: testa laureata di Zeus a s.; grappolo d'uva; bordo a puntini / Aquila a d. ad ali aperte su fulmine; a sinistra III; bordo di puntini (da CAMPANA 2002)

Figura 44 Emilitra 200-150 a.C.: testa giovanile di Dioniso a destra, con corona di edera; bordo di puntini / Artemide stante a sinistra con patera; basso, cane; in basso a sinistra, cane volto a

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4.5 Archeologia del sacro

Nella seconda metà del Novecento sono stati ritrovati resti di un tempio periptero inglobati per lo più nelle fondazioni della Chiesa di Santa Caterina, che apre su Piazza Vittorio Emanuele II (Fig. 30.4; Figg. 45-47)).

Alcuni elementi del geison in calcare sono stati collocati cronologicamente alla metà del III secolo a.C.202 Non vi sono elementi per identificare la divinità venerata nel tempio ma l’ubicazione così prossima alla piazza centrale fornisce una testimonianza dell’importanza dell’edificio203. Successivamente attorno al II secolo d.C. si installò un odeon204 (Fig. 46).

202 VON SYDOW 1984, 347-348. 203 LENTINI 2005, 324.

204 CAMPAGNA 2011, 17.

Figura 45 L'area archeologica del tempio ellenistico e della chiesa di Santa Caterina. Veduta da Nord-Ovest (da CAMPAGNA 2011)

Figura 46 Pianta schematica del complesso ellenistico e dell'odeon alle spalle della chiesa di S. Caterina (da CAMPAGNA 2011)

Figura 47 Veduta delle strutture conservate del tempio ellenistico (da CAMPAGNA 2011)

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Nel settore settentrionale della città, oggi inglobato nella piccola chiesa di S. Pancrazio, si trovava il santuario di Isis e Serapis di epoca ellenistica (Fig. 48). Il tempio distilo in antis si ergeva su alto podio ed è datato tra la fine del III e gli inizi del II secolo a.C.205 L’attribuzione alle divinità orientali206 egizie è resa certa dal ritrovamento di due iscrizioni, l’una in greco del II secolo a.C.207, l’altra in latino del I-II secolo d.C.208 Il ritrovamento, nell’area antistante la chiesa, di una statua di II secolo d.C. in marmo raffigurante una giovane sacerdotessa sembra confermare le tesi suddette, oltre ad essere l’attestazione di un’iconografia rara209.

205 WILSON 1990, 105; CAMPAGNA 2011, 18. 206 SFAMENI GASPARRO 1973, nn. 192-193. 207 IG XIV, 433, BATTISTONI 2011. 208 CIL X, 6889, BATTISTONI 2011. 209 BONACASA 1964, 100.

Figura 48 Taormina. Resti del tempio di Iside e Serapide inglobati nelle mura della Chiesa di S. Pancrazio (da PFUNTNER 2013)

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4.6 Istituzioni politiche e cariche pubbliche

In due documenti epigrafici tardi sono riportate le cariche di duoviri,

quaestores, e vico magistri210. A livello istituzionale si tratta di cariche

riferibili ad un contesto coloniale o municipale latino.

La cosiddetta stele degli strateghi211 documentò di anno in anno le coppie di strateghi in carica; Antonetti pose l’inizio della registrazione degli strateghi nel 270 a.C.212, di contro Manganaro la pose nel 241 a.C.213 ed identificò una coppia di strateghi con una di duoviri. Di grande interesse anche la stele con i fasti degli aediles collegata, secondo Ruck, al gruppo di quelli calendariali214. 210 MANGANARO 1964,38-68. 211 IG XIV 421, BATTISTONI 2011. 212 ANTONETTI 1983, 11-20. 213 MANGANARO 19882, 155-190. 214 RUCK 1996, 271-280.

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5CATANIA

La città di Catania fu fondata nel 729-728 a.C. da coloni calcidesi provenienti da Naxos guidati dall’ecista Evarco215. Secondo le fonti, tre secoli dopo la fondazione, Gerone ripopolò Catania inviando nella città più di 5000 uomini proveniente dal Peloponneso e da Siracusa216. Le vicende storiche di Catania, agli inizi del V secolo a.C., furono legate a quelle ateniesi relative alla spedizione in Sicilia al fine di contrastare lo strapotere siracusano217. Successivamente, quando i Cartaginesi tentarono di impadronirsi della parte orientale della Sicilia scontrandosi con Dionisio tiranno di Siracusa, Catania si configurò come campo di battaglia218; a partire dalla fine del IV secolo a.C. la città sicula si alleò con i Cartaginesi contro Agatocle.

Con la conquista da parte del console M. Valerio Messalla nel 263 a.C.219 Catania entrò nell’orbita della potenza romana come civitas decumana220,

dunque gli abitanti erano tenuti a pagare le decime che i publicani prendevano in appalto. A Roma giunse il bottino successivo alla conquista della città, tra gli altri oggetti preziosi M. Valerio Messalla portò a Roma l’orologio solare poi collocato sui Rostra.

Durante le guerre servili Catania venne occupata dagli schiavi ribelli e solo nel 132 a.C. venne liberata dal console Rupilius. Nel corso del II secolo a.C. la potente attività eruttiva dell’Etna causò innumerevoli danni nel territorio catanese tanto che il Senato condonò ai catanesi i tributi per dieci anni221. Fu teatro, come altre città della costa, della lotta tra Ottaviano e Sesto Pompeo. Nel corso del I secolo a.C. Catania subì estorsioni sotto la pretura di Verre ma registrò anche una ripresa sociale e commerciale.

Nel 21 a.C. Augusto rese la città colonia romana, inviò nuovi abitanti per popolarla e la dotò di meravigliosi edifici pubblici222.

215 THUC., 6, 3, 3; STRABO, 6, 2, 2, SAVALLI 2005. 216 DIOD., 11, 49, 1-3. 217 THUC., 6, 20; 6, 50-51. 218 DIOD., 14, 59, 3-4. 219 EUTR., 2, 1, SAVALLI 2005. 220 CIC., Verr., 2, 3, 103. 221 MANGANARO 1996,49. 222 STRABO, 6, 2, 3.

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5.1 Toponomastica

Nel momento in cui i coloni calcidesi occuparono la città, le diedero il nome di Kατάvη223. Vari sono stati i significati dati a questo toponimo, la teoria più

immediata si basa essenzialmente sul nome come composto di due termini greci associati al fine di rendere immediatamente riconoscibile la città attraverso la sua posizione geografica: Katà Aitnen cioè ai piedi dell’Etna224. Un’altra supposizione, riportata da Plutarco nella Vita di Dione225, è che

derivi da Katàne, termine siculo, che ha il significato di “grattugia” dovuto alla conformazione discontinua e poco regolare del sottosuolo costituito da roccia lavica. Quando il siracusano Ierone I conquistò la città nel 476 a.C. e ne deportò a Lentini gli abitanti, la chiamò Áitna. Si propende anche per il termine latino Catìna che richiamerebbe alla conformazione della città simile ad un “bacino”. Quest’ultimo toponimo venne conferito alla città dopo l’arrivo dei Romani nel suo territorio durante la prima guerra punica.

5.2 Impianto urbano

La città di Catania sorge alle pendici del Monte Etna ed è lambita dal mar Ionio su cui si volge con il golfo che dalla città stessa prende il nome (Fig. 49). Il territorio urbano è per lo più pianeggiante e diventa scosceso nei pressi del vulcano. L’Oasi del Simeto, che prende il nome dal fiume che l’attraversa, è la parte pianeggiante più vicina alle coste e i campi limitrofi sono tra i più densamente coltivati.

L’estensione della città romana è difficilmente determinabile data l’assenza dei resti delle antiche mura. Tuttavia si evince la città si sviluppasse su una parte più alta, presumibilmente sito della colonizzazione più antica, e una

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