• Non ci sono risultati.

Aspetti topografici della romanizzazione in Sicilia da Taormina a Siracusa

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Aspetti topografici della romanizzazione in Sicilia da Taormina a Siracusa"

Copied!
176
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTODICIVILTÀEFORMEDELSAPERE CORSODILAUREAINARCHEOLOGIA

ASPETTI TOPOGRAFICI DELLA ROMANIZZAZIONE IN SICILIA DA TAORMINA A SIRACUSA

Relatore:

Prof.ssa Simonetta MENCHELLI

Correlatore: Candidata:

Dott. Paolo SANGRISO Fabiana CERASA

(2)

2 INDICE

INRODUZIONE_______________________________________________________________________5

1 INQUADRAMENTO STORICO-POLITICO DELLA SICILIA ORIENTALE COME PROVINCIA ROMANA____________________________________________________________________________7

2 LE CITTÀ E I TERRITORI DELLA SICILIA ORIENTALE DAL III SECOLO A.C. AL I SECOLO D.C.________________________________________________________________________________11 2.1Cenni sulla cartografia della Sicilia___________________________________15

3MESSINA_________________________________________________________________________19 3.1Toponomastica___________________________________________________________20 3.2Impianto urbano_________________________________________________________20 3.2.1 Mura e fortificazioni________________________________________________24 3.2.2 I porti ______________________________________________________________ 26 3.2.3 Evidenze extra-urbane____________________________________________ 27 3.3Viabilità e infrastrutture_______________________________________________28 3.3.1 Lo Stretto ______________-___________________________________________ 30 3.4Attività economiche_____________________________________________________32 3.4.1 Monetazione_______________________________________________________ 37 3.5Archeologia del sacro___________________________________________________39 3.6Istituzioni politiche e cariche pubbliche_____________________________40

4TAORMINA______________________________________________________________________41 4.1Toponomastica___________________________________________________________42

4.2Impianto urbano_________________________________________________________42

(3)

3

4.2.2 Strutture per l’approvvigionamento idrico______________________ 49 4.3Viabilità e infrastrutture_______________________________________________51 4.4Attività economiche_____________________________________________________52

4.4.1 Monetazione_______________________________________________________ 54

4.5Archeologia del sacro___________________________________________________56 4.6Istituzioni politiche e cariche pubbliche_____________________________58

5CATANIA________________________________________________________________________59 5.1Toponomastica__________________________________________________________60 5.2Impianto urbano_________________________________________________________60 5.2.1 Mura e fortificazioni________________________________________________ 73

5.2.2 I porti________________________________________________________________ 75 5.2.3 Strutture per l’approvvigionamento idrico________________________ 77 5.2.4 Evidenze extra-urbane _____________________________________________ 82 5.3Viabilità e infrastrutture_______________________________________________83 5.4Attività economiche ____________________________________________________86

5.4.1Monetazione________________________________________________________88

5.5Archeologia del sacro___________________________________________________90 5.6Istituzioni politiche e cariche pubbliche____________________________93

6SIRACUSA________________________________________________________________________94 6.1Toponomastica __________________________________________________________95 6.2Impianto urbano_________________________________________________________96

6.2.1 Mura e fortificazioni_______________________________________________113

6.2.2 I porti_______________________________________________________________120 6.2.3 Strutture per l’approvvigionamento idrico ______________________122 6.2.4 Evidenze extra-urbane____________________________________________123 6.3Viabilità e infrastrutture______________________________________________125

(4)

4

6.4Attività economiche___________________________________________________127

6.4.1Monetazione ______________________________________________________136

6.5Archeologia del sacro _________________________________________________137 6.6 Istituzioni politiche e cariche pubbliche __________________________140

7.OSSERVAZIONE CONCLUSIVE ___________________________________________________142

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA _____________________________________________________149

(5)

5

INTRODUZIONE

Il presente lavoro è volto ad analizzare la topografia dei territori orientali costieri della Sicilia durante il periodo di intenso contatto col mondo romano dunque, nello specifico, tra il III secolo a.C. e il I secolo d.C.

Ad oggi è completamente abbandonata la tesi sviluppata nei primi anni del ‘900 dallo studioso britannico Haverfield il quale considerava la “romanizzazione” come un processo di civilizzazione dei territori sottomessi a Roma1; agli inizi del 2000 il termine assunse connotazioni completamente diverse, infatti, citando La Torre, “con il termine “romanizzazione” […] si vuole intendere quell’insieme di dinamiche, talvolta contrastanti, che caratterizzano il lento processo attraverso il quale una regione profondamente permeata di cultura greca, aperta ai più vari influssi culturali dall’Occidente punico all’Oriente ellenistico […] si incontra col mondo italico e romano e pian piano si trasforma, mantenendo determinate tradizioni culturali ed artistiche che pure hanno esercitato un ruolo attivo nell’ellenizzazione di Roma stessa”2. La Buscemi nel 2012 tentò di abbandonare il termine, probabilmente ritenuto obsoleto, di “romanizzazione” adottando piuttosto il concetto di processo di contatto e interazione culturale nel mondo romano3. Benché molti studiosi abbiano

tentato di sviscerare il concetto di romanizzazione applicandolo alla Sicilia, manca un’organica presentazione dei cambiamenti topografici che le più importanti città costiere come Messina, Taormina, Catania e Siracusa subirono dopo avere instaurato un rapporto più o meno pacifico con Roma. S’intende dunque comprendere ed analizzare non tanto, come già realizzato nei decenni scorsi, gli aspetti teorici e, a tratti, astratti dell’intervento romano nella Sicilia orientale e dunque del concetto di “romanizzazione”, quanto i cambiamenti effettivi nei vari ambiti topografici. Essendo la topografia una scienza interdisciplinare che si occupa di individuare ed interpretare l’azione dell’uomo sul territorio, la presente tesi analizza le trasformazioni delle suddette città relativamente all’impianto urbano, alla viabilità, alle strutture di approvvigionamento idrico e alle attività economiche.

1 HAVERFIELD 1905, 185-217. 2 LA TORRE 2004, 111. 3 BUSCEMI 2012, 141-151.

(6)

6

Brevi sezioni sono poi dedicate al mutamento dei culti e dei costumi e all’inserimento di nuove o mutate istituzioni politiche e cariche pubbliche. Lo studio prende avvio dalle voci della Bibliografia topografica della

colonizzazione greca in Italia e nelle isole tirreniche, edita da Nenci e Vallet

che, attraverso un’attenta e sistematica analisi delle fonti letterarie, epigrafiche e numismatiche narrano la storia delle grandi città della penisola italica e delle grandi isole oltre che la storia della ricerca archeologica aggiornata a una dozzina d’anni fa. Partire da queste premesse e raccogliere quanti più dati possibili dai più o meno brevi articolati pubblicati, nell’ultimo decennio, su autorevoli riviste archeologiche e storiche, ha rappresentato il gradino successivo per la stesura della tesi. Nonostante le difficoltà interpretative nell’analisi dei dati archeologici, lì dove presenti, abbiamo cercato di ricostruire le trasformazioni subite dai differenti contesti nell’arco di tempo compreso tra il III secolo a.C. e il I secolo d.C.

(7)

7

1 INQUADRAMENTO STORICO-POLITICO DELLA SICILIA ORIENTALE COME PROVINCIA ROMANA

L’ingresso della Sicilia nell’orbita romana si verificò nel momento in cui la popolazione della città di Messina si divise in fazioni opposte che volevano consegnare la città l’una ai Cartaginesi, l’altra a Roma. Il movente delle due grandi potenze fu di certo l’acquisizione della Sicilia e il primato nel Mediterraneo occidentale. Nel 264 a.C. si disputò la cosiddetta Prima Guerra Punica, conseguente all’accettazione della deditio di Messina da parte di Roma. Se inizialmente Gerone, sovrano siracusano, si alleò coi Cartaginesi, a seguito della defezione di molti suoi alleati e volendo conseguire la pace, siglò un trattato con Roma in cui riconobbe l’autorità di quest’ultima sulle città siceliote conquistate. In cambio Roma evitò di attaccare Siracusa, assicurandosi così un appoggio per l’approvvigionamento cerealicolo per i suoi soldati. La Sicilia infatti era particolarmente rinomata per la produzione di cereali e Gerone dedicò particolare attenzione a questa fonte di ricchezza4. A tal proposito si ricorda l’aiuto prestato da Siracusa ai Romani in occasione di una carestia; il sovrano siracusano inviò soccorsi anche a Rodi e in Egitto. Gerone rimase alleato alla repubblica romana anche e soprattutto quando nel 241 a.C. Roma uscì vittoriosa dalla prima guerra punica: in tal modo si concluse l’esperienza punica in Sicilia.

Nel 227 a.C. la Sicilia diventò la prima provincia romana. Gerone II continuò a mantenere la propria sfera di influenza e sovranità nella parte sudorientale della Sicilia. Durante la Seconda Guerra Punica che ebbe inizio nel 218 a.C. Gerone si schierò dalla parte dei Romani. Dopo la morte di Gerone e la nomina di Geronimo, suo nipote, Siracusa cercò di richiamare in Sicilia la potenza cartaginese; questa scelta ebbe breve durata poiché gli oligarchi siracusani congiurarono per uccidere il re e riuscirono nel loro intento facendo estinguere definitivamente la famiglia reale. Il console Appio Claudio Marcello mise Siracusa sotto assedio quando la fazione filo cartaginese dichiarò guerra a Roma. L’esperienza si concluse con il saccheggio di Siracusa e la sua caduta nel 211 a.C. Dunque con le due guerre puniche la Sicilia entrò nell’orbita della potenza romana.

4 DREHER 2010, 77.

(8)

8

L’aiuto che Roma ricevette dall’isola fu basilare non soltanto per la forza di uomini nelle guerre di conquista ma anche per l’approvvigionamento cerealicolo derivante dalla produzione siceliota.

Marcello affidò la Sicilia al pretore M. Cornelio Cetego, poi si recò a Roma per candidarsi al consolato del 210 a.C.; la vittoria all’elezione e la conquista del consolato lo portarono a cedere la Sicilia a M. Valerio Levino5. Costui cercò di riorganizzare la provincia ristabilendo l’ordine nell’isola soprattutto per interessi economici: l’annona di Roma e dell’Italia.

L’ultimo trentennio del III secolo a.C. ha lasciato poche documentazioni. Le città orientali che si trovavano sotto il dominio di Gerone II rimasero illese dopo la prima guerra punica, al contrario di alcune delle città della parte occidentale dell’isola che scomparirono6. A ben vedere nel periodo precedente la seconda guerra punica proprio le città orientali sottomesse a Gerone II furono coinvolte da grande sviluppo economico e culturale7. L’ordinamento stesso delle province assurgerà ad una formalizzazione e compiutezza soltanto successivamente quindi in questa fase poco si conosce; probabilmente la Sicilia dovette pagare un tributo annuale.8 Diventando provincia di Roma nel 241 a.C. la Sicilia non ebbe sovranità e le definizioni giuridiche vennero dettate dalla stessa potenza9. L’autonomia delle città greche della Sicilia però non venne minata dall’installarsi di un nuovo apparato amministrativo dato che i Romani fecero sì che le città siceliote funzionassero come unità amministrative. A ciò va aggiunto che la

lex ieronica, la quale regolava la cessione delle decime come imposta

principale, venne acquisita e presa a modello anche per la provincia romana e dunque inserita nella lex Rupilia del 161 a.C.

Nel corso dei decenni il governo della Sicilia venne affidato ad alcune personalità di spicco che fecero, almeno inizialmente, la storia di questa terra; una di queste fu il governatore Gaio Verre, di cui conosciamo la storia grazie alle Verrine ciceroniane ove viene accusato di scorrettezze e ingiustizie. Da queste lunghe arringhe emerge inoltre il sistema fiscale che i romani applicarono in Sicilia e che, secondo Cicerone, era naturale prosecuzione di quello applicato a suo tempo da Gerone.

5 GABBA VALLET 1980, 416. 6 DIOD., 23-24,1,1. 7 DE SENSI SESTITO 1977, 192-193. 8 FINLEY 1972, 135. 9 DREHER 2010, 89.

(9)

9

Nonostante quest’informazione, di cui è lecito dubitare, poco si sa riguardo il sistema tributario romano in questo periodo se non che esso si basava essenzialmente sul versamento di un decimo del raccolto di grano e su un’imposta sul vino, sulle olive, sulla frutta e sulla verdura10. Il resto del raccolto non era lasciato completamente agli autoctoni ma veniva in parte esportato in Italia o, attraverso una licenza speciale concessa dal senato romano, lì dove era necessario; oltre ciò Roma riscuoteva un dazio del cinque per cento sul valore di tutte le merci in entrata o in uscita da qualsiasi porto siciliano. I siciliani dovevano fornire navi ed equipaggio per una flotta che avesse come scopo la protezione delle zone portuali contro il fenomeno della pirateria. Oltre a queste imposte dettate da Roma, i Siciliani si facevano carico anche di proprie imposte destinate agli edifici pubblici, al culto e ad altre attività e opere destinate al pubblico11.

Con Cesare si ebbe la probabile concessione della cittadinanza o dello ius

Latii alla Sicilia la quale però parteggiò in favore di Sesto Pompeo;

successivamente Ottaviano si approcciò alla Sicilia con avversione proprio a causa delle scelte politiche dell’isola nell’ultimo decennio e decise di fare dell’Egitto il nuovo granaio di Roma12. Attorno al 22-21 a.C., Ottaviano riorganizzò l’isola ponendo i suoi veterani nelle città costiere di

Tauromoenium, Catina, Syracusae, Thermae e Tyndaris13 (Fig. 1).

Dunque mentre Messina nel 36 a.C. era diventata municipium romanum, con Augusto nel 21 a.C. Catania e Siracusa furono elevate allo status di colonia. Nello stesso anno l’imperatore declassò Taormina da proprio quartier generale a semplice colonia romana. Nel primo cinquantennio dell’impero le suddette città godettero dei benefici della propaganda imperiale di benessere e ricchezza subendo numerose ristrutturazioni e ingente monumentalizzazione. Da questo momento in avanti la Sicilia entrerà a far parte completamente dell’impero romano e rimarrà sempre un’importante risorsa per la penisola italica.

10FINLEY 1972, 142.

11FINLEY 1972, 143. 12 Cfr VERA 1996, 31-58. 13 VERA 1996, 31.

(10)

10

(11)

11

2 LE CITTÀ, I TERRITORI E LE GENTI DELLA SICILIA ORIENTALE DAL III SEC. A.C. AL I SEC. D.C.

Da un punto di vista generale è necessario realizzare alcune importanti considerazioni riguardo la situazione in cui versava la Sicilia orientale nel periodo considerato. Nonostante l’arrivo dei Romani sull’isola, si nota chiara continuità nelle città orientali precedentemente sottoposte al dominio geroniano; Siracusa, Catania, Noto, Taormina erano soltanto alcune delle città che intrattenevano rapporti con la Grecia e l’Oriente ellenico14. La centralità geografica e l’intensa attività commerciale marittima ben spiegano la sopravvivenza di alcune delle grandi città costiere.

Nonostante le descrizioni di Cicerone15 e di Strabone16 attestino la graduale scomparsa delle città della costa meridionale della Sicilia si dovrebbe piuttosto parlare di una trasformazione del modo di produzione primario caratterizzato, in questo periodo, dal latifondo coltivato a cerali o per l’allevamento del bestiame ove venne introdotta abbondante manodopera servile. Il suddetto fenomeno si riflette anche nell’edilizia pubblica rara e di limitata importanza proprio nel corso dei secoli II e I a.C17. Sulla scia di questo generale abbandono della monumentalità negli edifici pubblici si genera anche lo scadimento del livello delle necropoli, ad esclusione di quelle dei due centri amministrativi della Sicilia romana: Siracusa e Lilibeo18. Durante le due guerre servili si assistette alla distruzione delle strutture agricole e all’abbandono delle campagne19. La distruzione che la guerra contro Sesto Pompeo aveva portato in Sicilia investì maggiormente le città della costa orientale e settentrionale lasciando profonde lacerazioni, tanto che i primi secoli dell’Impero possono essere considerati come un periodo a tinte fosche per la civiltà urbana della Sicilia20. Tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. si registra una svolta positiva nel popolamento rurale. Con la piena età imperiale non solo gli insediamenti rurali si moltiplicano21 ma anche le città di Siracusa, Messina e Taormina risulteranno le più popolate 14 BEJOR 1983, 357. 15 CIC., Verr. 2,4, passim. 16 STRAB., Geogr. VI 2,5. 17 GABBA VALLET 1980, 375. 18 GABBA VALLET 1980, 378. 19 DIOD., 34-35, 2, 16, passim. 20 GABBA VALLET 1980, 380. 21 BEJOR 1983, 370.

(12)

12

oltre che le prime interessate dalla presenza di molteplici edifici pubblici monumentali. L’epigrafe dei theorodokoi di Delfi (SGDI 2580) che riporta l’itinerario dei Theoroi di Delfi in Sicilia funge da base di studio sullo status di alcune città siciliane sottoposte al dominio romano22 (Fig. 2).

Figura 2 Le tappe sicuramente leggibili ed identificabili dei theorodokoi delfici: 1. Messana, 2. Abaceno, 3. Tindari, 4. Taormina, (5. Etna), 6. Centuripe, 7. Catana, 8. Siracusa, 9. Eloro, (10. Tyrakion), 11. Camarina, (12. Ibla Palikion), (13. Ergezio), (14. Noe), (seguono cinque tappe non

leggibili con sicurezza), 20. Alesa, 21. Terme, 22. Lipari (da BEJOR 1983)

Nella Sicilia repubblicana ciascuna delle poleis vive il suo rapporto di subordinazione a Roma, regolato da trattati, condizioni e status differenti; si può supporre che le civitates foederatae23 e quelle sine foedere immunes ac

liberae24 abbiano goduto di una condizione economica più propizia rispetto alle restanti decumanae e che, tra queste, una qualche forma di privilegio abbiano avuto le 17 che, per decreto del senato Romano, dovevano offrire corone d’oro alla Venere Ericina, in qualche modo accreditate presso il principale santuario dell’isola in epoca repubblicana”25 (Fig. 3).

22 BEJOR 1983, 357.

23 CIC., in Verr., II, 3, 13. 24 ibidem.

(13)

13

Per quanto riguarda l’apparato amministrativo due sono le teorie prevalenti, quella di M. H. Crawford secondo cui fin dal 241 a.C. un cittadino romano cum imperio era presente nella Sicilia occidentale26 e la teoria di E. Gabba che ritiene questo personaggio fosse uno dei quattro quaestores classici insigniti di tale carica nel 267 a.C.27

Figura 3 Le principali città della Sicilia: 1. Messina, 2. Taormina, 3. Naxos, 4. Catania, 5. Lentini, 6. Megara Hyblaea, 7. Siracusa, 8. Akrai, 9. Eloro, 10. Camarina, 11. Gela, 12. Centuripe, 13. Morgantina, 14. Phintias, 15. Agrigento, 16. Heraklea Minoa, 17. Selinunte, 18. Lylibaeum, 19. Trapani, 20. Erice, 21. Segesta, 22. Halyciae, 23. Entella, 24. Iaitai, 25. Palermo, 26. Solunto, 27.

Thermae, 28. Cephaloedion, 29. Halaesa, 30. Erbita, 31. Calacte, 32. Agathyrnum, 33. Alontion, 34. Tindari, 35. Abacaenum, 36. Lipari (da LA TORRE 2004)

Un’annonaria questione è rappresentata dalla presenza romana ed italica sul territorio provinciale siciliano, che risulta collegata a molteplici fattori indagati nel tempo da svariati studiosi. La presenza italica in Sicilia, stando alle notizie delle Verrine ciceroniane, poteva avere come scopi principali lo

26 CRAWFORD 1990, 91-94. 27 GABBA 1990, 65.

(14)

14

stanziamento stabile di legionari e veterani, lo sfruttamento delle risorse economiche, l’esercizio di attività finanziare o il turismo.

Per il periodo precedente al I secolo a.C. le fonti si riducono essenzialmente a tre: Livio raccontò la presenza di Italici a Siracusa che si impadronirono di terre prendendole con la forza ai legittimi proprietari terrieri dopo la conquista della città da parte di Marcello28; una fonte epigrafica con inscritta una dedica ad Halaesa29 da parte di L. Cornelio Scipione

presumibilmente pretore di Sicilia agli inizi del II secolo a.C., da notizia della presenza di un gruppo di Italici interpretati come negotiatores o sfruttatori delle risorse agricole30; Diodoro documentò le rivolte servili siciliane introducendo le figure di proprietari terrieri italici e cavalieri romani31. Tenendo in considerazioni le fonti antiche e realizzando un’attenta analisi socio-economica del periodo in questione pare evidente che la presenza di

negotiatores fosse imprescindibile dato le importanti attività commerciali

che si espletavano dai territori dell’oltremare africano verso la penisola italica di cui la Sicilia rappresentava luogo di scalo intermedio. Secondo Pinzone anche l’invio nell’isola nel 227 a.C. di un pretore era da collegare con la necessità di dirimere questioni penali e civili, che “contrapponevano indigeni ed elementi stranieri tra cui evidentemente anche i cittadini romani e gli italici”.32 Il pretore assegnato alla provincia di Sicilia probabilmente ebbe sede dapprima a Lilybaeum e poi nel palazzo reale di Gerone a Siracusa. Egli ebbe il comando su eventuali truppe di stanza nell’isola e garantì la riscossione di imposte e dazi. La Sicilia fu l’unica provincia con due questori: uno operante a Siracusa e l’altro a Lilybaeum, base navale romana per le operazioni in Africa33.

28 LIV., 29, 1, 16. 29 CIL I2 612. 30 PINZONE 1999, 386-387. 31 DIOD., 34/35, 2-1. 32 PINZONE 1999, 390-393. 33 DREHER 2010, 89.

(15)

15

2.1 Cenni sulla cartografia della Sicilia

La cartografia dell’isola si esplica attraverso diverse tipologie di rappresentazioni. In epoca arcaica la distorsione nei disegni cartografici della Sicilia le conferiva un aspetto oblungo; probabilmente si tenevano in considerazione alcuni punti fermi come il Peloponneso e Creta, cui si affaccia Capo Pachino, e Cartagine, cui era dirimpetto Capo Lilibeo. Lo spazio geografico risultava così circoscritto alla Sicilia con le aree limitrofe. Timostene di Rodi, ammiraglio e geografo del III secolo a.C., nella sua opera

Περὶ λιμένων trattò della Sicilia definendone il profilo un triangolo scaleno.

Nel III secolo a.C. cominciarono ad essere utilizzate forme embrionali di coordinate geografiche; Eratostene di Cirene, matematico, geografo e poeta (III-II secolo a.C.) realizzò una rappresentazione cartografica ponendo la Sicilia tra la penisola italica e il golfo di Cartagine, collocando lo Stretto di Messina sullo stesso meridiano di Roma e Cartagine. Nel II secolo a.C. Polibio si contrappose ad Eratostene ricollegandosi nuovamente alle precedenti tradizioni dei mappamondi circolari; pur non essendo innovativo lo storico greco ha il merito di aver offerto un’immagine ‘triangolare’ della penisola italica. La cartografia fin ora analizzata subirà una rettifica con la descrizione dell’isola da parte del geografo Strabone34 che, fra le altre modifiche apportate alla cartografia precedente, collocò Roma ad occidente rispetto Cartagine e non sullo stesso meridiano35.

Di notevole interesse la rappresentazione della Sicilia della Tabula

Peutingeriana (Fig. 4) , rotolo di pergamena giunto in copia medievale ma

derivato da un archetipo della seconda metà del VI secolo d.C. che rappresentava la viabilità dell’Impero Romano e che aveva come vertici le Colonne d’Ercole e l’estremo Oriente36. La sezione relativa alla rappresentazione della Sicilia nella Tabula ha fornito importanti indicazioni sulla viabilità e, nello specifico, sul cursus publicus nell’isola; è necessario evidentemente considerare la Tabula non come uno strumento che abbia fini storico-geografici bensì descrittivi ed utilitaristici: si può ritenere a tutti gli effetti una rappresentazione topologica.

34 S

TRABO, Geogr., 6, 2, 1. 35 Per un discorso generale cfr. P

RONTERA 2009, 141-147.

36

(16)

16

Figura 4 Particolare della Tabula Peutingeriana raffigurante la Sicilia (da ARLOTTA 2014)

Attraverso linee di colore rosso furono segnalate le vie principali (Figg. 4-5): da Messana a Thermis, di qui fino a Drepanis toccando Solunto, Panormo e Segesta; da Lilybeo attraverso Aquas Labodes, Agrigento, Calvisiana, Hible,

Agris fino a giungere a Syracusis. Da quest’ultima tappa si snoda verso est

fino al disegno della doppia-torre con la scritta laterale Aethna sopra cui si trova il disegno di una montagna (secondo K. Miller si tratta del sistema montuoso dei Peloritani37) e il toponimo Tauromenio. La doppia-torre summenzionata potrebbe essere identificata con Catina38; con 429 icone

presente sulla Tabula l’immagine della doppia torre è la più ricorrente e anche la più difficile da interpretare. Secondo Levi e Levi39 quest’icona venne utilizzata nelle scene rurali e di viaggio nell’iconografia romana e quindi va interpretata inizialmente come simbolo per ville fortificate con torri, le quali costellavano la campagna antica, e successivamente con un significato più generico di luogo di ristoro, una sorta di ricovero\albergo (mansio)40. 37 M ILLER 1917, 396-404. 38 UGGERI 1969, 129. 39 Cfr. LEVI-LEVI 1978. 40 CARLI 2013, 12-13.

(17)

17

Figura 5 Ricostruzione della viabilità della Sicilia tardo-romana secondo la testimonianza della

(18)

18

Secondo Bosio, poi, essendo la Tabula una rappresentazione del cursus

publicus, la vignetta sarebbe solo un punto topografico di riferimento

utilizzato durante il tracciamento della carta41.

Da Catina a Messana non è segnata alcuna strada nonostante il collegamento stradario dovesse essere presente lungo la costa orientale; lo studioso Scibona ha supposto che avrebbe contribuito a questa scelta non soltanto lo schiacciamento della raffigurazione ma anche l’assenza di tappe importanti fra le due località42. Alla luce di ciò vanno lette le lacunosità presenti nella Tabula Peutingeriana: sono segnalate le sole vie interessate dal cursus publicus.

Un percorso stradale compiva il periplo della Sicilia: era chiamato via

Valeria sulla costa nord, via Pompeia sulla costa orientale fino a Messina. Le

strade secondarie collegavano a Agrigento a Panormo, Catania a Thermae Himerae, Gela a Siracusa43. Le direttrici dell’esportazione granaria sono citate da Cicerone: da Enna, epicentro della zona di produzione granaria, i collegamenti avvenivano verso Alesa, Catania e Finziade44. Anche in questo caso è probabile siano le mulattiere già presenti al tempo di Gerone II e utilizzate per il trasporto dei prodotti agricoli verso gli scali marittimi45.

41 BOSIO 1983, 109. 42 SCIBONA 1980, 402. 43 CHEVALLIER 1972, 150. 44 CIC., Verr., III, 5. 45 UGGERI 2004, 25

(19)

19

3MESSINA

La città di Messina fu fondata attorno alla metà dell’VIII secolo a.C. da coloni provenienti dalla città di Calcide e da Cumani46, nell’area ove probabilmente era già presente un abitato siculo. Il regime tirannico insorse a Messina nel V secolo a.C. con la figura di Anassilao, già tiranno di Reggio; alla morte del sovrano nel 476 a.C. successe al trono Micito, il precettore dei figli47. Coinvolta nelle lotte tra Ateniesi e Siracusani48, contro i Cartaginesi49 e poi contro Agatocle50, la città vide sfruttati il proprio porto e le proprie risorse nel corso dei secoli.

Nel 288 a.C. i mercenari campani si diressero a Messina ove vennero ospitati dai cittadini i quali furono uccisi durante la notte. Una volta sposate le loro donne, i mercenari, chiamati Mamertini, occuparono la città51. Nel 264 a.C. venne consegnata dai Mamertini ai Romani52 e ottenne, dopo la fine delle guerre, nel 210 a.C., lo status di civitas libera et foederata, insieme a Taormina. Le fonti ci informano che Messina rappresentò la base militare e navale romana nel corso del III secolo a.C.53

In età repubblicana la città fu teatro degli scontri in atto durante le guerre servili ma gli schiavi, residenti all’interno della città, non si ribellarono perché trattati, da sempre, con liberalità54.

Più avanti, nel 49 a.C., Pompeo si scontrò con la flotta cesariana stanziata nel porto della città. Con Sesto Pompeo Messina diviene la base delle operazioni militari contro la flotta di Ottaviano e venne in seguito saccheggiata dalle truppe di Lepido. Dopo la vittoria di Ottaviano su Sesto Pompeo, nella famosa battaglia di Naucolo del 36 a.C., la città di Messina diverrà un municipium romanum..

46 THUC., 6, 4, 5-6, GULLETTA 2005. 47 DIOD., 11, 48, 2. 48 THUC., 4, 1, 1-4. 49 DIOD., 13, 86, 4; GULLETTA 2005. 50 DIOD., 19, 70, 2. 51 DIOD., 21, 18, 3. 52 POLYB., 1, 11, 4, GULLETTA 2005. 53 POLYB., 1, 21, 4-5; DIOD., 23, 18, 5. 54 OROS.,hist., 5, 6, 4, GULLETTA 2005.

(20)

20

3.1 Toponomastica

La città fu definita Ζάγκλη55, cioè “falce”, per il curvo lido, dai primi abitatori

dell’isola. Nel V secolo a.C., quando la città passò in mano ad Anassilao, tiranno di Reggio, vide cambiato il proprio toponimo in Μεσσήνη56 in onore degli avi del tiranno provenienti dalla Messenia greca. La variante Μεσσάνα compare nella lista dei Thearodokoi delfici del II secolo a.C.57 Il toponimo subì poi alcune trasformazioni nel corso dei secoli, come quando i mercenari campani del tiranno siracusano si impossessarono della città nel 288 a.C. circa e ne mutarono il nome in Μαμερτίνη58 da Ares che nel dialetto

osco dei mercenari aveva nome Mamertos. Già con Cicerone compare il toponimo Messana59 alternato ancora però a civitas Mamertina60. Plinio

riportò nei suoi scritti la latinizzazione Zancle del primigenio toponimo greco ma anche l’etnico Messenius61.

3.2 Impianto urbano

La città di Messina è situata all’estremità nord-orientale dell’isola sullo stretto omonimo che la separa dalla penisola italica mentre ad Ovest è circondata dai monti Peloritani. L’area urbana, più o meno espansa nel corso dei secoli, si sviluppò su una breve pianura di natura alluvionale (Fig. 6). Sebbene la frequentazione del sito risalga al Neolitico, i primi impianti urbani strutturati di cui si abbia notizia si inseriscono nel periodo che va dall’ VIII secolo a.C. al V secolo a.C. Lo studio di alcuni quartieri rinvenuti ha mostrato un tessuto urbano caratterizzato da una pluralità di fasi costruttive62. Ciò che emerge dallo studio di questi contesti, nonostante la scarsità di dati, è la presenza di un impianto urbano regolare caratterizzato da stretti stenopoi che incorniciavano edifici abitativi. L’estensione dell’abitato, nel corso del V secolo a.C., subì una contrazione palesata dalle attestazioni archeologiche e dallo studio delle necropoli dell’area.

55 HDT.,6,23-24;STRABO,6,1,1;DIOD., 4, 85, 1, GULLETTA 2005. 56 DIOD., 13, 4, 2.

57 IG, IV,1504,24, GULLETTA 2005. 58 DIOD., 14, 100, 5.

59 CIC., Verr., 2, 1, 27; 2, 13. 60 CIC., Verr., 2, 2, 13.

61 PLIN., n.h., 3, 91, GULLETTA 2005. 62 BACCI 2002, 9-14.

(21)

21

Agli inizi del IV secolo a.C. l’abitato (Figg. 6-7) di sviluppò vero O e verso N lasciando parte della pianura alluvionale occupata da un quartiere artigianale, sicuramente attivo nel pieno III secolo a.C., e da una necropoli63. In età ellenistica, nel momento storico che vedeva la città sotto il controllo dei Mamertini, pare che Messina godette di un periodo di prosperità a causa di una migliore pianificazione urbana, di innovazioni nel campo dell’edilizia e di crescita delle attività artigianali. Le evidenze archeologiche sottese a questa teoria sono l’espansione dell’abitato e delle necropoli ed il fiorire di attività produttive64.

Nel periodo “romano” della città, l’abitato, più ridotto rispetto all’epoca precedente, sembrò concentrarsi nell’areale della baia del porto sottolineando l’importanza, per la potenza romana, dell’area portuale e dello Stretto. L’ingresso alla baia avveniva grazie ad una torre faro sormontata da una statua di Nettuno: nei denari di Sesto Pompeo è presente tale raffigurazione65. In età imperiale l’abitato si estese oltre il torrente Portalegni (Fig. 6). Gli edifici più importanti furono concentrati nel quartiere ove oggi sorge il Municipio. Al di sotto di questo edificio sono stati ritrovati resti di una cavea in calcestruzzo e di un portico realizzato con pilastri di laterizio66; un’interpretazione di questo complesso è quella di luogo del Foro del municipium romano67.

Purtroppo la storia della ricerca archeologia nella città di Messina è stata funestata, nel corso dei secoli, da cataclismi naturali, bombardamenti durante il conflitto mondiale, veloce e incurante espansione urbanistica a discapito dei reperti archeologici e infine, ma non meno importante e determinante, l’inadeguatezza della metodologia di scavo archeologico e della registrazioni dei dati stratigrafici. Tutte queste contingenze hanno reso difficoltoso l’approccio alla topografia e alla storia archeologica della città; quando, a partire dagli anni ’40 del Novecento, cominciarono ad essere realizzati scavi scientificamente validi l’interesse si concentrò prevalentemente sulle aree necropolari.

63 BACCI 2005, 258-259.

64 MASTELLONI 2005, 275-292. 65 MASTELLONI 1997, 101-105. 66 D’AMICO-RAVESI 2002, n° 14. 67 BACCI 2005, 263.

(22)

22

Figura 7 Insediamento urbano di età ellenistico-romana (da BACCI,2005) Figura 6 Messina,

carta archeologica (da BACCI ,2005)

(23)

23

Griffo, attorno agli anni ’40, ebbe il merito di mettere ordine in una serie di ritrovamenti archeologici realizzati tra gli anni ’20 e ’30 del secolo scorso nei pressi degli Orti della Maddalena ove era stata scoperta l’esistenza di una grande necropoli; grazie al suo lavoro i materiali ceramici sono stati datati dal III secolo a.C. in avanti68. L’Università e la Soprintendenza di Messina affidò alla Fondazione Lerici, nel 1960, una campagna di prospezioni archeologiche proprio nell’area degli Orti della Maddalena: i risultati mostrarono la presenza di strutture riferibili a sepolture e quindi confermarono le teorie elaborate decenni prima.

Molto scarni, dunque, sono i dati provenienti dagli scavi archeologici circa il periodo repubblicano di Messina: il cosiddetto “portico” nella zona del Municipio, la cavea e le strutture locate sotto l’attuale Duomo, gli ambienti sotto l’ex piazza Centonze69, un pavimento in cocciopesto decorato con tessere in via Cavour70. Di grande interesse è il deposito di abbondanti materiali ceramici e in particolare frammenti d’anfore rodie e italiche di III secolo a.C. rinvenuti durante gli scavi del 1976 nei pressi di via La Farina – via La Maddalena.

68 GRIFFO 1942, 66-91.

69 D’AMICO-RAVESI 2002, n° 33. 70 D’AMICO-RAVESI 2002, n° 20.

(24)

24

Figura 8 Mura mamertine (da ORSI 1916) 3.2.1 Mura e fortificazioni

Stando a quanto affermano le fonti letterarie antiche furono i pirati a dotare la città di mura71, già considerate in rovina al tempo di Diodoro72.

In età ellenistica Messina dovette essere difesa a nord da una cinta muraria con duplice funzione: militare e d’argine (contro le piene del torrente Portalegni). Il muro era realizzato con paramenti in grandi conci e sembra inglobare al suo interno la moderna via dell’Università, via Garibaldi e il corso Vittorio Emanuele73. Nel 1915, conseguentemente alla campagna di scavi archeologici, fu riconosciuto, in un’area

che comprendeva la

vecchia via dell’Università e la chiesa di S. Agata dei Minoriti, un lungo tratto di un muro di fortificazione della città ellenistica74 (Fig. 8).

Alla fine degli anni ’80 del secolo scorso, in via S. Marta, fu individuato un altro segmento murario in blocchi isodomi di calcare locale, in parte ad

emplekton, datato tra la

fine del IV e il III secolo a.C.75 (Fig. 9). 71 PAUS., 4, 23, 7, GULLETTA 2005. 72 DIOD., 19, 65, 2. 73 ORSI 1916, 201-205. 74 Cfr. ORSI 1916, 121-218. 75 SCIBONA 2001, 51-56.

(25)

25

Relativamente poco si conosce dell’apparato murario difensivo nella zona meridionale della città (Fig. 10).

Le fonti letterarie antiche menzionarono un akra, identificato non senza problematicità con l’acropoli di Monte Piselli, “la cui occupazione da parte di una guarnigione cartaginese osteggiata da una parte dei cittadini fu causa scatenante dell’intervento romano e dell’inizio della guerra”76.

76 BACCI 2005, 262.

Figura 9 Messina. Mura di cinta presso via S. Marta (da BACCI 2005)

Figura 10Messina. Insediamento ellenistico-romano. Tracciato murario in evidenza (da BACCI 2005, modificata)

(26)

26 3.2.2 I porti

Nella tradizione letteraria la realizzazione del porto sulla costa messinese sembra essere legata alla presenza dei pirati sul territorio. Essi dotarono la città non soltanto di mura ma anche di un porto (Fig. 11) che rappresentò la loro base per le razzie77. Secondo altre fonti fu Orione a costruire per il re Zanclo un magnifico porto78. Il porto sullo stretto assunse una funzionalità duplice in epoca romana: militare e commerciale (vd § 3.4 Attività economiche). Dati archeologici sulla struttura portuale sono ancora poco noti; si suppone l’esistenza di una torre faro sormontata dalla statua di Nettuno79.

Figura 11 Porto di Messina. Mappa storica (da CALLEJO Y ANGULO 1750)

77 PAUS., 4, 23, 7, GULLETTA 2005. 78 DIOD., 4, 85, 4.

(27)

27 3.2.3 Evidenze extra-urbane

Di grande importanza per la ricchezza di risorse agricole e capacità difensiva, dovette essere l’area collinare a sud-ovest della città. All’epoca ellenistica sembra appartenere una cisterna all’aperto e una serie di terrazzamenti indagati tra il 1991 e il 1992 il località S. Anna80.

Nei pressi del Monte Ciccia sono stati individuati resti di una struttura a secco e materiali sparsi appartenenti ad un periodo compreso tra la fine del IV secolo a.C. e gli inizi del III secolo a.C.81

Lungo la via Pompeia (vd § 3.3 Viabilità e infrastrutture) furono individuati due insediamenti, l’uno, di carattere agricolo-artigianale datato al III secolo a.C., lungo la moderna via Catania82 (Fig. 12), l’altro, presumibilmente una

statio o una mansio di età imperiale, in contrada Pistunina83.

80 BACCI 2005,270. 81 ibidem.

82 BONANNO 2001, 201-203. 83 BACCI 2005, 271-272.

(28)

28

3.3 Viabilità e infrastrutture

L’impianto viario subì trasformazioni dovute alla logistica e alla strategia dei Romani che, una volta sbarcati sull’isola, dovettero muoversi contro i Cartaginesi. Si assistette, dunque, alla messa in opera della via Valeria che, a quanto riporta Strabone84, congiungeva Messina a Lilibeo. Quest’opera pubblica risale con ogni probabilità al momento in cui il console Marco Valerio Levino era attivo in Sicilia85 (210-209 a.C.). L’importanza di quest’asse stradale era certamente legata alla sua peculiarità di collegamento primario verso la zona Ovest dell’isola oltre che tratto viario costellato da alcuni scali per la spedizione del grano86. La traiettoria di questa direttrice è stata ipotizzata dagli studiosi negli anni precedenti: doveva partire da Capo Peloro, raggiungere Messina, valicare i Peloritani e giungere alle località di Divia o Fondaco, probabilmente luoghi di sosta, per poi spingersi verso l’ovest dell’isola87 (Fig. 13).

Figura 13 Sicilia nord-orientale. Principali direttrici viarie di età romana (da BURGIO 2005)

84 STRAB., Geogr., VI, 2, 1 (266C). 85 GABBA 1996, 71-85.

86 UGGERI 2004, 22. 87 BURGIO 2005, 207.

(29)

29

La Via Pompeia, invece, partiva dal Traiectus e si snodava lungo la linea di costa fino a giungere a Siracusa; questa via, in età bizantina, venne identificata con l’appellativo di “dromo”88, poi Dromo Grande ed oggi via Consola Valeria89. Il tracciato della via Pompeia (Fig. 14) è stato definito dall’antitesi alla Via Valeria90 e quindi si snodava verso Sud sulla costa

ionica. La denominazione di questa via era presumibilmente collegata al nome di Pompeo Magno che ne una ristrutturazione voluta attorno all’82 a.C. Si hanno infine notizie di un vecchio ponte sul fiume Akesines che conservava le fondazioni di età romana91, così resistente da rimanere ancora in situ in epoca araba e far sì che venisse dato al fiume il nome Alcantara: “ponte”92.

Figura 14 Sicilia. Tracciato evidenziato della Via Pompeia (da WILSON 1990,

modificata) 88BACCI 2005, 271. 89 BURGIO 2005, 211. 90 CIC., Verr., V 66, 169. 91 RIZZO 1894, 89 e s. 92 BURGIO 2005, 213.

(30)

30 3.3.1 Lo Stretto

Già presente nell’opera omerica, lo stretto di Messina ha da sempre suscitato l’interesse di storici e geografi, uno stretto lembo di mare di circa 3 chilometri che separa la Sicilia dalla penisola italica e che è luogo di confluenza dei mari Ionio e Tirreno (Fig. 15). La navigazione commerciale antica fra i suddetti mari si può ritenere di pertinenza dell’intera costa orientale dell’isola e, probabilmente, il fenomeno delle correnti alterne di cui parla Strabone93 fu utilizzato proprio per tale tipo di attività commerciale94.

Figura 15 Ortofoto dello Stretto di Messina (da www.sitr.regione.sicilia.it)

Nel periodo in cui Roma conquistava nuovi luoghi e si muoveva contro la forza punica, lo Stretto ebbe funzione strategica poiché considerato prolungamento della terraferma e dunque supporto nella lotto contro Cartagine95. Di fatti venne poi utilizzata la navigazione attraverso lo stretto su zattere stabilmente galleggianti, grazie alla presenza di doli fra le travi, per trasportare il primo bottino di guerra a Roma96.

93 STRABO, Geogr., 1, 3, 11.

94 PRONTERA 2005,32-38. 95 GUZZO 2005, 41.

(31)

31

Lo sbarco delle legioni romane sull’isola avveniva in località ad Traiectum, a nord dell’attuale Messina; da qui attraverso la via Valeria97 a ovest o la via

Pompeia98 a sud potevano raggiungere rispettivamente Palermo o Catania e

Siracusa99. Si può notare come l’aggettivo fretentis, il quale fa la sua comparsa in diverse epigrafi, e ha come significato “dello Stretto”, sembra potersi ricollegare alla legio X fretensis risalente presumibilmente all’epoca della lotta di Antonio e Ottaviano contro Sesto Pompeo. Simbolo presente nel vessillo della legione era il toro, segno zodiacale sacro a Venere progenitrice della gens Iulia100. Di grande interesse il relitto presso Capo

Rasocolmo identificato come una delle navi da guerra di Sesto Pompeo incendiate e affondate dai pirati, proprio durante il cosiddetto bellum

piraticum, durante la battaglia di Milazzo nel 36 a.C. contro la flotta guidata

da Agrippa101.

La presenza di socii navales siciliani, di cui tratta Livio102, sembra essere attestata dal ritrovamento sull’isola dell’iscrizione alesina incisa su un blocco di marna argillosa di Caninius Niger. Questo personaggio è stato identificato con il titolo di praefectum socium in navibus longis, cioè il comandante di reparti di socii imbarcati su navi da guerra103.

Nonostante l’importanza di questo sottile lembo di mare, una sorta di timor sacro sembrò impedire lo svilupparsi di un’attività ingegneristica volta a colmare il divario tra l’isola e il continente con la creazione di un ponte104. Lo Stretto rappresentò sempre un confine, un luogo sede di mostri marini cui la mitologia diede nome Scilla e Cariddi105.

97 STRAB., Geogr., VI, 266.

98 CIC., Verr., V, 169. 99 SALMERI 1992, 9-28. 100 BITTO 2005, 100. 101 GIANFROTTA 2005, 151. 102 LIV., 43, 12, 9. 103 FERONE 2007, 393-398. 104 GUZZO 2005, 42. 105 OV., fast, 4, 499, GULLETTA 2005.

(32)

32

3.4 Attività economiche

Messina possedeva un territorio coltivabile abbastanza ridotto e basava la propria ricchezza essenzialmente sulle attività commerciali marittime106 o ancora sulla pesca e relativa industria. Il porto era dunque l’emblema commerciale, ma anche militare, della città; esso rappresentava punto di approdo a livello locale o passaggio pressoché inevitabile nelle grandi rotte commerciali del Mediterraneo: qui giungevano le navi dirette verso Roma o l’Occidente provenienti dall’Oriente107. Quanto detto sottintende la presenza di strutture commerciali apposite e ancora di mercanti stranieri in

loco: Italici, Romani, Egiziani e mercanti orientali108. Il ritrovamento di ceppi d’ancora di piombo in area messinese, in uso durante l’età ellenistica e romana, mette in evidenza il transito di imbarcazioni nelle coste prospicienti la città di Messina109. Inoltre la presenza di testimonianze epigrafiche contenenti i nomi di commercianti di origine orientale testimonierebbe le relazioni tra il Mediterraneo orientale e la città di Messina110. Riguardo l’attività agricola si può ricordare essenzialmente il pregiato vino Mamertino111, per lo più destinato al commercio privato112. Attraverso l’analisi delle anfore Keay LII, prodotte nelle città prospicienti lo Stretto113, ampiamente diffuse nell’area calabra e sicula ed esportate a Roma e nel Mediterraneo, si comprende la vitalità della produzione agricola e, in particolare, vinaria di questa zona della Sicilia114. Oltretutto bisogna tener presente che il grano, in età repubblicana, veniva venduto dalla città proprio alla caput mundi115. Famosi per la pesca del pesce spada, per le anguille e per la lampreda116, gli zanclei di Messina si specializzarono poi nella salatura del pesce e nella lavorazione del tonno. La ricerca di Ollà nel territorio di Milazzo, oggi comune della metropoli messinese, ha evidenziato la presenza di uno stabilimento di epoca imperiale specializzato nella salatura del tonno costituto da almeno sei bacini e da un deposito di 106 PINZONE 2002, 111-125. 107 DE SALVO 2002, 365-378 . 108 PINZONE 2005, 95. 109 GIANFROTTA 2005, 147 . 110 COLUMBA 1906,293. 111 STRABO, Geogr., 6, 2, 3. 112 PANELLA 1981, 55-80. 113 BASILE 1994, 25. 114 DE SALVO 2003, 272. 115PINZONE 2005, 95. 116 NENCI-VALLET 1992, 10.

(33)

33

anfore Dressel 21 e 22117. La pesca del pesce spada avveniva presumibilmente per mezzo di piccole imbarcazioni, fino a poco tempo fa utilizzate e chiamate luntri, derivante dal nome antico lintres118.

Resti di fornaci ritrovate nel corso di campagne di scavo realizzate nella città di Messina hanno permesso la formulazione di ipotesi di diffusione delle attività artigianali e di presenza di fabbriche di ceramica e mattoni119. Nello specifico, da scavi in corrispondenza dell’attuale Via dei Mille e della Casa dello Studente, sono stati ritrovati resti di fornaci e discariche che dimostrano l’esistenza di una produzione di ceramica a vernice nera, di ceramica ‘rossa interna’ e di ceramica da cucina databile tra il III secolo a.C. e il II secolo d.C.120 Inoltre è attestato il rinvenimento, prevalentemente in contesti funerari, di ceramica sovra dipinta dello “stile Gnathia” di produzione eolinana. L’insieme di tutte queste produzioni sarebbe ascrivibile alle cosiddette “officine dello Stretto” attive in età ellenistico repubblicana tra Reggio e Messina121. Nel 1993 la Soprintendenza di Messina affidò alla Cooperativa Poseidon una campagna di scavi nell’insenatura della Cala dei Liparoti sulla costa del territorio di Milazzo: sono stati ritrovati frammenti di anfore romane che trasportavano vino, olio, zolfo e allume. Tali contenitori sono ascrivibili a differenti tipologie databili tra il I secolo a.C. e il V secolo d.C.122 (Figg. 16-17).

117 OLLÀ 2009, 253-270. 118 GIANFROTTA 2005, 156. 119TIGANO 1999-2001, 177-183. 120 DE SALVO 2005, 177. 121 SPIGO 2002, 65-69. 122 DE SALVO 2005, 172-173.

Figura 17 Milazzo. Frammento di anfora da Cala dei Liparoti IV- V secolo d.C. (da TIGANO 1997)

Figura 16 Milazzo. Anfora da Cala dei Liparoti I secolo d.C. (da TIGANO 1997)

(34)

34

L’importanza di Messina e dello Stretto come luoghi atti al commercio è testimoniata quindi dai relitti ritrovati sui fondali in maniera sporadica e casuale o più scientifica e programmata. Esempio di quest’ultimo approccio fu la sfortunata spedizione dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma, negli anni ’70, volta al rinvenimento di un relitto presso Secca di Capistello, nella costa orientale di Lipari; durante le operazioni di recupero dei resti due archeologi tedeschi persero la vita e i lavori passarono in mano all’Institute of Nautical Archaeology.

Il carico fu datato tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C. e constava di più di un centinaio di anfore greco-italiche con nomi greci impressi sulle anse e indicanti la fabbricazione123 (Fig. 18)

Figura 18 Anfore greco-italiche del relitto di Capistello (Museo Archeologico Luigi Bernabò Brea di Lipari)

Un recente studio che combina le conoscenze petrografiche e archeologiche ha messo in luce la probabile presenza di officine ceramiche nel territorio messinese, soprattutto nell’area dello stretto; le anfore qui prodotte presentavano un impasto contenente derivati di rocce metamorfiche acide e\o sabbia quarzitica e derivati del quarzo correlati con il Flysch

(35)

35

(formazione sedimentaria sin-orogenetica) numidico che si estende nella Sicilia settentrionale. Molteplici sono le tipologie all’interno di questo gruppo di anfore, i più conosciuti sono probabilmente il tipo Keay LII e il tipo Crypta Balbi 2. Nell’area dello Stretto di Messina sono stati rinvenuti 12 frammenti di anfore che hanno permesso di elaborare l’ipotesi della presenza, soprattutto dall’età romana in poi, di numerose officine specializzate nella produzione di questa tipologia di contenitori124.

Tra le produzioni del territorio messinese si annovera quella di tegole e mattoni recanti il bollo ΜΑΜΕΡΤΙΝΟΥΜ in grafia greca ma lingua osca prodotti dalla civitas Mamertina a partire dalla metà del III secolo a.C.125 (Fig. 19).

Figura 19 Messina. Museo Regionale. Bollo su mattone, da Messina, provenienza ignota (da BITTO 2001)

Circa un decennio fa alcuni studi hanno messo in evidenza la realtà del commercio di lucerne con l’Africa da parte della città di Messina; tale dato è motivato dalla scoperta di un bollo di lucerna : C(ai) Iuni(i) Drac(o---), appartenente ad una fabbrica individuata in Tunisia126.

Il trasporto marittimo del marmo, soprattutto per la presenza dello Stretto, acquisì una grande importanza nel passato della città di Messina. Numerose furono le navi che non portarono a termine il loro percorso dal Mediterraneo orientale alla penisola italica naufragando nei pressi dello

124 FRANCO-CAPELLI 2014, 345-348. 125 BITTO 2005, 109.

(36)

36

Stretto. Datati ad età imperiali sono i carichi di due imbarcazioni ritrovate rispettivamente al largo di Giardini Naxos, contenente marmi asiatici, e di Capo Taormina, con un carico composto, tra le altre merci, da colonne e blocchi di pietra127.

Tra i rinvenimenti sporadici si annoverano alcuni ceppi di piombo, in uso durante l’età ellenistica e romana, recanti iscrizioni in latino o greco che davano informazioni sull’armatore della nave oppure erano menzioni alla divinità protettrice della navigazione. Un grande ceppo di piombo recante su uno dei bracci l’iscrizione latina VESTA, è stato rinvenuto a Capo Vaticano; si tratta presumibilmente di una nave da guerra romana della flotta militare di Miseno128 (Fig. 20).

127 GIANFROTTA 2005, 153.

128 GIANFROTTA 2005, 148.

(37)

37 3.4.2 Monetazione

La città di Zancle cominciò a coniare monete alla fine del VI secolo a.C. utilizzando i tradizionali tipi del delfino e della falce.

A partire dal III secolo a.C., con la presenza dei Mamertini, furono battuti nominali sui quali predomina il tipo della testa di Ares con il toro cozzante, poi con l’aquila su fulmine e con la Nike stante. La caratteristica di queste emissioni fu la presenza del nome della divinità sulla moneta e la loro composizione prettamente bronzea129. Dal 241 al 216 a.C. furono coniate monete più leggere con i tipo della testa di Apollo e Artemide e\o con la testa di Eralce e l’aquila su fulmine.

Alla fine del III secolo a.C. le monete presentano tutte i segni di valore facendo riferimento ad un’unità prima sestantale poi semionciale. I tipi più comuni, in questo caso, sono quelli di Ares\Atena, Zeus\guerriero

promachos, Apollo\Nike130.

L’ultima fase delle emissioni mamertine va dal 200 a.C. al 35 a.C. e consta di sette serie realizzate con piedi ponderali differenti: uno più pesante nella prima serie, un altro vicino allo standard onciale romano e uno assimilabile a quello della riduzione semionciale del sistema romano131.

Roma iniziò a battere moneta in Sicilia a partire dal III secolo a.C. (Figg. 21-22). Dalla zecca siceliota furono prodotti quadranti fusi con la prora di nave a rovescio datati al 216 a.C. (Fig. 23). Tra il 214 e il 212 a.C. furono coniate frazioni di bronzo con il tipo della prora o di un toro che schiaccia un serpente e il quadrinato d’argento (Fig. 24). Dal 211 a.C. in poi furono emessi bronzi, denarii e frazioni di monete d’oro. Il simbolo della spiga che identifica la Sicilia si ritrova in ciascuna di queste emissioni132 (Figg. 22-24). Il parere di Breglia sulla politica monetaria di Roma nei confronti della Sicilia era di “non intervento”, cioè Roma non imponeva il proprio sistema ma rendeva possibile la circolazione locale della moneta romana accanto alle monete della città. Solo successivamente al II secolo a.C. la moneta romana sostituì il nominale locale133.

129 POLOSA 2005, 130. 130 HILL 1903, 184. 131 POLOSA 2005, 132. 132 POLOSA 2005, 135-137. 133 BREGLIA 1949-1950,24-25.

(38)

38

Figura 21 Roma, Repubblica, zecca di Messana, AE, litra, testa di Minerva a s. ROMANO; / aquila retrospiciente a d. (da CRAWFORD 1974)

Figura 22 Roma, Repubblica, zecca di Sicilia, AR, denario, testa elmata di Roma a d.; dietro, segno del valore X / Dioscuri a cavallo a d.; sotto, spiga e ROMA (da CRAWFORD

1974)

Figura 23 Roma, Repubblica, zecca di Sicilia, AE, semiasse, testa di Saturno a d.; dietro, segno del valore s / prora di nave a d.; sopra, spiga e ROMA; sotto, segno del valore S (da CRAWFORD 1974)

Figura 24 Roma, Repubblica, zecca di Sicilia, AE, quadrante, testa di Eracle a c.; dietro, segno del valore / toro che schiaccia un serprente a d.; in esergo, ROMA; sopra, spiga e segno del valore ( da CRAWFORD 1974)

(39)

39

3.5 Archeologia del sacro

Tra le feste religiose più interessanti dell’antica città di Messina va annoverata quella pertinente all’area dello stretto omonino; durante questa festa venivano inviati a Reggio trenta fanciulli con un precettore e un’auleta134. Se tale celebrazione fu mantenuta anche sotto l’epoca romana non è dato saperlo; nelle fonti letterarie ed epigrafiche si fa menzione di un culto probabilmente riferimento ad Afrodite135, dea protettrice della navigazione, sostituita, in età successivamente dalla dea egizia Iside; secondo il Columba addirittura il vascello argenteo portato in processione attraverso la città durante la celebrazione del Corpus Domini andrebbe ricondotto alla processione iliaca136. In età ellenistica assunse un ruolo importante come protettore della città il dio medico Asclepio, approdato a Roma nel III secolo a.C. circa ed attestato a Messina nel II-I secolo a.C. e in età imperiale attraverso due inscrizioni137.

Noto alle fonti è anche il culto del dio del mare sotto la cui ala protettrice si pose lo stesso Sesto Pompeo, Neptunius dux138.

Relativamente gli usi funerari, per il periodo romano si registra il ricorrere di specifiche fosse sepolcrali che tendono ad allinearsi lungo la stessa direttrice e la divisione in lotti con recinti sepolcrali139.

134 PAUS., 5, 25, 2. 135 CIC., Verr., 2, 4, 4. 136 COLUMBA 1906, 293. 137 GASPARRO 2005, 440. 138 PINZONE 2005, 92. 139 BACCI 2005, 268.

(40)

40

3.6 Istituzioni politiche e cariche pubbliche

Cicerone nelle celebri orazioni contro il governatore Verre introdusse il termine di magistratum senatumque Mamertinum140; magistratum fu

interpretato da Goldsberry141 come uno dei due meddices. Allo stesso modo interpreta il termine senator riportato ancora una volta dall’Arpinate proprio come meddix142. Tali ipotesi si basano anche sullo studio di

un’iscrizione, dedica ad Apollo, in dialetto osco e lettere greche, da parte di due meddices, cioè magistrati di città di lingua osca prima del I secolo a.C.143 Le iscrizioni di epoca imperiale riportano l’esistenza di uno scriba

publicus144 ed una flaminica divae Augustae145, sorta di sacerdotessa.

140 CIC., Verr., 2, 5, 44. 141 GOLDSBERRY 1973, 667-670. 142 CIC., Verr., 2, 5, 45. 143GOLDSBERRY 1973, 668. 144 CIL, X, 6979, GULLETTA 2005. 145 CIL, X, 6978, GULLETTA 2005.

(41)

41

4TAORMINA

La città di Taormina si sviluppa su una collina a 206 m s.l.m. su un terrazzo del monte Tauro, alle pendici dei monti Peloritani. Secondo Diodoro popolazioni sicule si raccolsero sul monte Tauro dando vita all’abitato di

Tauromenium. Successivamente, attorno alla metà dell’VIII secolo a.C., i

Calcidesi sbarcarono sulle coste siciliane e fondarono la colonia di Naxos; quando nel 403 a.C. Naxos venne distrutta da Dionigi molti fuggirono verso

Tauromenium. Un’altra versione è quella fornita da Strabone il quale

sostiene che furono i Nassi e gli Zanclei a fondare la città. Una ricostruzione recente della fondazione di Taormina è stata proposta da Arena sulla base delle fonti letterarie epigrafiche e numismatiche: agli inizi del IV secolo a.C. i Siculi si trasferirono sul monte Tauro realizzando un primo stanziamento, successivamente si stanziò un phrourion di mercenari di Dionisio I e, solo nella seconda metà del IV secolo a.C., Taormina acquisisce lo statuto di

polis146. Nel corso della sua storia Taormina venne sottomessa al potere di

Siracusa e dei suoi tiranni fino a quando nel 212 a.C. divenne una delle tre

Civitates foederatae147. Tauromenion concluse con Roma un trattato di

allenza (foedus)148 dopo la distruzione, da parte di Marcello, dei quartieri di

Tycha e di Neapolis e l’espugnazione di Siracusa. Tra il 134 e il 132 a.C.

Taormina fu partecipe della guerra servile finendo per essere roccaforte degli schiavi insorti contro il console Sesto Pompilio che strinse d’assedio la città e infine riuscì a conquistarla. Secondo le fonti letterarie fu in quella occasione che il console Rupilio richiamò le città di Taormina ed Enna e recriminò loro l’appoggio alla rivolta servile149. Poco meno di un secolo dopo fu coinvolta nello scontro tra Sesto Pompeo e Ottaviano parteggiando per il primo che fece di Taormina il proprio quartier generale150. La conseguente disfatta di Ottaviano avvenne proprio all’interno della baia di Taormina151. Dopo la vittoria Augusto decise di inviare, nel 21 a.C., una colonia di militari romani a ripopolare la città e optò per la scelta di declassare Taormina al semplice ruolo di colonia152.

146 ARENA 2008, 93-114.

147 CIC., Verr.,II, 3, 6, 13.

148 APP., bell. Sic., 5, GULLETTA 2011. 149 DIOD., 34/35, 2, 20-21.

150 DIO CASS., 49, 50, 1, GULLETTA 2011. 151 OROS.,5,18,27,GULLETTA 2011. 152 STRABO, 6, 2, 6.

Riferimenti

Documenti correlati

Prossimo alla corona del dissesto(privo di lesioni Interno zona di arrivo dissesto (privo di lesioni). Possibile influenza della corona di dissesto Bersagli privi di

2 TSLS estimation method based on the Yang and Manning ’ s probabilistic model 2.1 Yang and Manning’s probabilistic model To consider the randomness in the fatigue crack growth

– The COVID-19 pandemic de- mands a reassessment of head and neck on- cology treatment paradigms by posing several challenges for oncology services, with unprece- dented pressure

The validation campaign has been conducted over SSO with di↵erent altitudes, eccentricities and LTAN. The system has proven to be robust also to di↵erent attitude injection

Piattaforma e passerella in legno con accesso in acqua. Accesso alla battigia tramite sentiero. Il percorso per accesso al mare deve essere assistito o facilitato per dissesto

La cultura e la tradizione inglese dei giardini si manife- sta a Taormina in diversi impianti, uniti da un comune deno- minatore sia nell'aspetto stilistico, sia in quello

Per quanto riguarda la stima dell’errore ciclico sono state effettuate delle prove sui dati relativi allo schema di Hobart in quanto dispone di misure dalla stazione 1 e dalla

Le dolorose esperienze delle ripetute e “periodiche” catastrofi, che fanno del nostro paese un’area ad elevato rischio permanente, propongono in termini drammatici l’esigenza