4. Applicazione protocollo metodologico
6.3 Implicazioni per la pratica professionale
L’analisi degli articoli ha messo in evidenza notevoli implicazioni correlate alla professione infermieristica, in particolare l’esigenza di approfondimenti rispetto la conoscenza e la gestione della compassion fatigue.
In questo lavoro di tesi si è deciso di affrontare una tematica incentrata principalmente sull’infermiere in ambito ospedaliero, ma che al contempo risulta essere rilevante anche per il paziente. Come è stato evidenziato più volte, l’esposizione ricorrente a eventi dolorosi come il decesso di un paziente, può portare l’infermiere a provare stanchezza e depressione, fino ad arrivare ad una condizione in cui si ha una ridotta capacità di sopportare la sofferenza altrui. Questa circostanza implica un distacco empatico dal paziente, che risulta essere una caratteristica disfunzionale per la professione infermieristica. Inoltre, si è osservato che questa condizione denominata compassion fatigue ha importanti ripercussioni sulla salute psicofisica dell’infermiere. Pertanto è fondamentale preservare e implementare il benessere dell’infermiere, al fine di permettere che esso possa ricoprire al meglio le considerevoli responsabilità che caratterizzano la professione infermieristica e garantire ai propri pazienti cure di qualità. Di seguito verrà citato il codice deontologico dell’infermiere relativo alla pratica professionale e sarà correlato alle implicazioni della compassion fatigue.
L’infermiere dimostra di possedere valori professionali quali il rispetto, la comprensione, la compassione, la fiducia e l’integrità. L’infermiere assume la responsabilità personale e risponde dell’assistenza infermieristica che svolge; deve inoltre mantenere aggiornata la propria competenza attraverso la formazione permanente. L’infermiere mantiene uno standard di salute personale in modo da non compromettere la capacità di prestare assistenza. L’infermiere è consapevole delle conseguenze del suo operato sulla salute (International Council of Nurses, 2012).
Queste norme di condotta deontologica provengono da tre capitoli, dei quattro che costituiscono il codice deontologico dell’infermiere, questi sono: gli infermieri e le persone, gli infermieri e la pratica, gli infermieri e la professione (International Council of Nurses, 2012). Ciò evidenzia che la compassion fatigue è una condizione per la quale occorre investire risorse per il benessere dell’infermiere e del paziente. L’infermiere deve essere in grado di riconoscere le proprie vulnerabilità e le proprie emozioni, di conseguenza deve poter capire quando si trova in una condizione di disagio emotivo. Pertanto è importante che il professionista si renda conto dell’importanza della propria salute, al fine di salvaguardare se stesso e chi lo circonda.
E' auspicabile un’attenzione particolare all'esposizione ad eventi significativi per la propria salute psicofisica che avvengono nel corso della propria carriera lavorativa. Tale attenzione deve essere posta nel corso della formazione infermieristica, post-laurea e durante tutta la carriera lavorativa, considerando le possibili conseguenze negative generate da tali eventi. Come esposto nel capitolo “2. Quadro teorico”, la morte di un paziente è un evento significativo che può generare condizioni di disagio emotivo come la compassion fatigue. Lo sviluppo e l’attuazione di strategie di coping, permettono di prevenire, minimizzare ed eliminare le ripercussioni negative che questa circostanza comporta. Due studi analizzati nella presente revisione bibliografica, hanno mostrato quanto sia rilevante realizzare seminari formativi, rivolti agli operatori sanitari, riguardo al tema della compassion fatigue. Dai risultati emersi si è potuto evincere che la conoscenza dell’esistenza di una condizione simile, dei rispettivi sintomi ed interventi da attuare per farvi fronte, permette all’infermiere di essere autoconsapevole e di conseguenza di essere in grado di avvertire se sta vivendo situazioni di disagio emotivo. La consapevolezza dell’eventualità che l’infermiere possa sperimentare malessere, consente di essere maggiormente vigile rispetto alle proprie emozioni e dunque di riconoscere la necessità di dover chiedere supporto o semplicemente di prendersi del tempo per se stessi ed attuare le strategie di coping, apprese durante i momenti di formazione. Pertanto nello studio eseguito da Meadors et al. (2008), in seguito al seminario formativo i partecipanti affermano di avere una maggiore consapevolezza rispetto alla compassion fatigue e di disporre delle risorse necessarie per prevenire e minimizzare tale condizione, se si dovesse presentare in futuro. Inoltre i partecipanti riferiscono che la maggiore consapevolezza permette loro di sentirsi generalmente più rilassati (Meadors & Lamson, 2008). Questo sottolinea che, talvolta, la semplice conoscenza della realtà, permette di essere più diligenti verso se stessi e gli altri.
Pertanto tutte le ripercussioni che la compassion fatigue può generare (ansia, depressione, fatica cronica, isolamento, abbandono della professione) sono prevedibili o limitabili attraverso la formazione degli infermieri e la presa in carico da parte delle strutture ospedaliere. L’intento sarebbe di ottenere da quest’ultime la possibilità di eseguire dei seminari formativi che permettano di conoscere la condizione di compassion fatigue e le relative risorse di coping a cui bisogna attenersi in caso di disagio.
Ho pensato fosse opportuno aggiungere le competenze professionali specifiche del profilo dell’infermiere, che si acquisiscono con l’ottenimento del Bachelor of Science in Cure Infermieristiche presso la SUPSI, e di analizzarle in correlazione alla compassion fatigue.
Ruolo di esperto in cure infermieristiche: Come esperti in cure infermieristiche, gli infermieri sono responsabili, all’interno del sistema sanitario, del loro agire professionale e delle relative decisioni e valutazioni (SUPSI DSAN, 2011).
L’infermiere deve essere responsabile di se stesso e lavorare soltanto se le condizioni psicofisiche lo permettono. Per far sì che possa sempre fornire cure di elevata qualità, è importante che il professionista, in circostanze di tensione e sofferenza, abbia la possibilità di prendersi del tempo per se stesso e riflettere sulle proprie emozioni, al fine di poter attuare le strategie che meglio ritiene adeguate per affrontare la situazione.
Ruolo di comunicatore: Come comunicatori, gli infermieri permettono lo sviluppo di rapporti di fiducia nel proprio contesto e trasmettono informazioni in maniera mirata
(SUPSI DSAN, 2011).
Come potuto constatare, il supporto dei colleghi risulta essere una notevole risorsa di coping in momenti di disagio emotivo. Pertanto è fondamentale sviluppare rapporti di fiducia con i propri colleghi, al fine di poter condividere le proprie esperienze e trovare supporto nei momenti più delicati.
Ruolo di membro di un gruppo di lavoro: Come membri di gruppi di lavoro, gli infermieri partecipano in modo efficace ed efficiente a gruppi interdisciplinari e interprofessionali (SUPSI DSAN, 2011).
Come membro di un gruppo è importante assumersi la responsabilità del proprio operato. Pertanto provare benessere psicofisico permette di essere coerenti tra quello che si percepisce e quello che si esercita, nel rispetto dei pazienti e dei propri colleghi di lavoro.
Ruolo di manager: Come manager gli infermieri si fanno carico della direzione specialistica, contribuiscono all’efficacia dell’organizzazione e sviluppano la propria carriera professionale (SUPSI DSAN, 2011).
È opportuno che i professionisti continuino a formarsi nel corso della propria carriera attraverso programmi di promozione e prevenzione della salute, al fine di accrescere le proprie conoscenze e perseguire il benessere personale e di chi gli sta intorno.
Ruolo di promotore della salute (Health Advocate): Come promotori della salute, gli infermieri si basano in maniera responsabile sulla proprie conoscenze di esperti e sfruttano la loro influenza nell’interesse della salute e della qualità di vita dei pazienti/clienti e della società nel suo insieme (SUPSI DSAN, 2011).
È fondamentale che l’infermiere, attraverso l’introspezione, possa prendere contatto con le proprie sensazioni, al fine di prendersi cura di sé e mantenere l’attenzione empatica che permette di curare l’altro e di conseguenza di promuovere, mantenere e perseguire la salute dei propri pazienti.
Ruolo di apprendente e insegnante: Come apprendenti e insegnanti gli infermieri si impegnano per l’apprendimento permanente basato sulla pratica riflessiva e per lo sviluppo, la trasmissione e l’applicazione del sapere basato su prove di efficacia (SUPSI DSAN, 2011).
Il dolore che sperimenta il professionista d’innanzi a condizioni di sofferenza dei propri pazienti è un tema che non riceve particolare attenzione nel corso della formazione infermieristica e soprattutto in seguito all’ottenimento della laurea. L’infermiere ha il compito di interessarsi a questa tematica, ed è dunque opportuno che solleciti i responsabili sul posto di lavoro affinché si occupino del fenomeno e provvedano a fornire condizioni tali da permettere ai professionisti di formarsi e aggiornarsi sulla condizione di compassion fatigue, al fine di ovviarla. Inoltre come ruolo d’insegnante, l’infermiere che dispone di conoscenze, è in grado di trasmettere il proprio sapere al prossimo.
Ruolo legato all’appartenenza professionale: Come appartenenti alla loro categoria professionale, gli infermieri si impegnano per la salute e la qualità di vita delle singole persone e della società. Si vincolano all’etica professionale e alla cura della
propria salute (SUPSI DSAN, 2011).
Questa competenza gioca un ruolo centrale nella prevenzione della compassion fatigue, poiché permette al professionista di mantenere un senso di responsabilità verso se stesso e conseguentemente verso la propria professione, contribuendo così al mantenimento e allo sviluppo della salute individuale e collettiva.
7. Conclusioni
Rispondere alla domanda di ricerca che mi sono posta all’inizio di questo lavoro di tesi “Quali sono le strategie di coping che l’infermiere può attuare di fronte all’insorgenza della condizione di compassion fatigue, venutasi a creare in seguito alla ripetuta esposizione a dolore e morte di pazienti in ambito ospedaliero”, ora risulta fattibile. I risultati ottenuti dall’analisi degli studi scientifici selezionati sono positivi, tuttavia non bisogna dimenticare che sono presenti dei limiti e sarebbero opportuni ulteriori sviluppi della ricerca.
Gli obiettivi di ricerca prefissati inizialmente “incrementare le mie conoscenze rispetto all’evento morte ed alle conseguenze psicofisiche che causa sull’individuo”, “comprendere in che modo il decesso del paziente possa costituire un evento stressante per l’infermiere e capire in che modo si possa instaurare una condizione di disagio psicologico come la compassion fatigue”, “approfondire il tema della compassion fatigue e analizzare le strategie di coping per farvi fronte”, “crescere dal punto di vista personale per poter alimentare il mio benessere psicofisico, la motivazione professionale e la qualità delle cure prestate nel mio futuro lavorativo come infermiera professionista”, sono stati raggiunti.
Durante la ricerca ho potuto verificare che l’esposizione ricorrente all’evento morte determina nell’infermiere sensazioni di sofferenza. Tuttavia il professionista tende a reprimere il proprio dolore, poiché il decesso di un paziente viene considerato componente naturale del lavoro infermieristico. La sofferenza soggettiva in concomitanza con l’attitudine dell’infermiere a non voler riconoscere le proprie emozioni, può far scaturire una condizione di disagio psicofisico che porta il professionista verso un’attitudine di incapacità empatica e di carenza di cure compassionevoli verso i propri pazienti. Pertanto l’infermiere si ritrova inabile a sopportare la sofferenza altrui, determinando così la condizione di compassion fatigue (Boyle, 2011). Attraverso la revisione bibliografica, ho potuto riconoscere l’importanza di sviluppare risorse interne che permettono di incrementare la resistenza personale, al fine di poter fronteggiare eventi che generano sofferenza emotiva. La semplice applicazione di determinate strategie di coping ha permesso ai professionisti della cura di affrontare condizioni di estremo disagio emotivo, venutesi a creare a contatto con la sofferenza altrui. Inoltre il singolo intervento di formazione volto a trattare il tema della compassion fatigue, ha consentito ai professionisti della cura, di acquisire consapevolezza rispetto all’eventualità di provare disagio emotivo all’interno del proprio ambiente di lavoro. Altresì ha permesso agli infermieri di apprendere l’importanza di essere consapevoli delle proprie emozioni e di prendere contatto con il proprio stato emotivo, al fine di riconoscere quando è il momento di usufruire delle proprie risorse di coping per mantenere e accrescere il proprio benessere psicofisico e di conseguenza anche quello di chi gli sta accanto.