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L’importanza del sistema dei controlli interni: la figura del

Nel documento COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA (pagine 70-200)

La presente parte della relazione è incentrata sulle modifiche norma-tive di riforma introdotte agli articoli 18 e 19 del D.Lgs 81/08 (Art. 18

comma 1, lettera b-bis e Art.19 comma 1, lettera a) con il Decreto Legge 21 ottobre 2021 n° 146 e successiva Legge di conversione 17 dicembre 2021 n° 215.

Tutte le modifiche normative introdotte con i suddetti atti legislativi sono state sollecitate dalla Commissione parlamentare d’inchiesta e si inseriscono nel principale obiettivo di riduzione degli infortuni e delle malattie professionali, attraverso la normazione e l’elaborazione di migliori prassi organizzative in materia di informazione, formazione, assistenza e vigilanza sia interna alle aziende, sia amministrativa da parte degli Enti ispettivi esterni.

I principi generali riguardanti gli obblighi di prevenzione e protezione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali trovano il loro primo fondamento giuridico nelle norme del Libro V del Codice Civile che regolamenta il lavoro nell’impresa.

Tra tali norme, quelle che maggiormente plasmano la materia della sicurezza sul lavoro, anche sotto il profilo penale, sono quelle che defini-scono le figure di imprenditore (art. 2082): di piccolo imprenditore (art.

2083); di prestatore di lavoro subordinato (art. 2094); di direzione e gerarchia nell’impresa (art. 2086); di diligenza del prestatore di lavoro (art.

2104); e, naturalmente, la tutela delle condizioni di lavoro (art. 2087).

Alla luce delle disposizioni contenute negli articoli sopra richiamati, l’assetto complessivo logico giuridico, di riferimento per le attività di lavoro svolte nell’impresa, è il seguente:

“l’imprenditore è il capo dell’impresa e da lui dipendono gerarchi-camente i suoi collaboratori” (art. 2086); il prestatore di lavoro subordinato

“deve osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende” (art. 2104); e, conseguenzialmente, “l’impren-ditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono neces-sarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro” (art. 2087).

Quest’ultima norma, in particolare, si configura come principio fon-damentale di riferimento dell’obbligo giuridico generale di tutela delle condizioni di lavoro e dei prestatori di lavoro subordinati, obbligo di cui sono destinatari l’imprenditore e i suoi collaboratori, che lo stesso impren-ditore ha inquadrato in posizione gerarchica di sovraordinazione rispetto a tutti i lavoratori subordinati.

È proprio l’esercizio legittimo del cosiddetto potere direttivo, detenuto dall’imprenditore e dai suoi collaboratori, posti in posizione gerarchica di sovraordinazione, che comporta come conseguenza giuridica che essi siano anche i destinatari, ciascuno secondo le loro rispettive attribuzioni e competenze, degli obblighi giuridici di tutela dell’integrità fisica dei lavoratori.

Infatti, poiché il potere direttivo esercitato dall’imprenditore e dai suoi collaboratori sovraordinati si estrinseca nel potere di impartire ai lavoratori

“disposizioni per l’esecuzione e la disciplina del lavoro” (art. 2104), una delle conseguenze possibili derivanti dall’esercizio di tale potere è anche

quella di esporre i lavoratori medesimi ad un indebito rischio di infortunio o di malattia professionale.

È questa la ragione per cui, esercitando un potere che può esporre a rischi di infortunio o di malattia professionale, l’imprenditore, o chi per esso, ha il corrispondente obbligo giuridico di esercitare il suo potere direttivo nel rispetto di tutta la legislazione prevenzionistica, al fine di non causare danni da lavoro con comandi propositivi errati o non impedendo comportamenti lavorativi pericolosi (art.40, 1°e 2°comma C.P.).

Per tale motivo, i lavoratori sono considerati i principali beneficiari(72) della obbligatoria normativa antinfortunistica e di prevenzione delle ma-lattie professionali e, conseguentemente, coloro che in azienda esercitano il potere direttivo sono considerati i principali destinatari(73) dei medesimi obblighi di sicurezza.

Ma, per quanto riguarda l’art. 2087, va detto, inoltre, che tale disposizione codicistica si evidenzia anche per essere una norma di chiusura dell’ordinamento giuridico prevenzionistico, in quanto “introduce a carico del datore di lavoro un dovere di prevenzione generale con contenuto atipico, che si aggiunge alla dettagliata e tipizzata disciplina...” legale di sicurezza sul lavoro. Di modo che, in presenza di una specifica regola-mentazione di legge di sicurezza, prevale quest’ultima, mentre, in assenza di una specifica regolamentazione, subentra a chiusura dell’ordinamento giuridico l’obbligo generale dell’art. 2087, il quale prevede come già detto misure atipiche ad hoc commisurate alla “particolarità del lavoro, all’e-sperienza e alla tecnica”.

In altri termini, misure ad hoc idonee a prevenire i rischi specifici dell’attività svolta (particolarità del lavoro), che tengano conto di espe-rienze dannose precedenti relative alla medesima attività (esperienza) e, infine, che tengano conto della normazione di buona tecnica (tecnica) anche se non contenute in una norma di legge.

Di tal che, anche in mancanza di una precisa e dettagliata disciplina legale di sicurezza, relativa ad una particolare fattispecie lavorativa, l’im-prenditore è comunque “tenuto a adottare...le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”

(art. 2087).

Entrando nello specifico dei soggetti destinatari degli obblighi giuridici di sicurezza sul lavoro, il Decreto Legislativo n° 81 del 9 aprile 2008, ha ribadito il tradizionale assetto dei poteri e delle posizioni di garanzia nei confronti dell’attuazione degli obblighi di prevenzione e protezione contro gli infortuni sul lavoro e contro le malattie professionali.

(72) In merito alla nozione e all’estensione della figura di beneficiario della normativa di sicurezza si veda Giuseppe De Falco, « I beneficiari delle norme di sicurezza » in « Quaderni di argomenti di diritti del lavoro, 5, problemi della sicurezza nei luoghi di lavoro, CEDAM, 2003 »

(73) Con riferimento ai soggetti destinatari si vedano; Gino Scartozzi, « il datore di lavoro nel settore privato e pubblico »; Angela Bruno « Il datore di lavoro nelle pubbliche amministra-zioni »; Francesca Romana Grasso « I dirigenti »; Raoul Barsanti « I preposti »; in Mattia Persiani e Michele Lepore « il nuovo diritto della sicurezza sul lavoro, capitolo III, sezz. I,II, III,IV, UTET Giuridica 2012 »

Infatti, il quadro tradizionale dell’assetto dei poteri e delle posizioni di garanzia, individuate nella normativa vigente, vede ancora le tre tradizionali figure di datore di lavoro, di dirigente e di preposto, che erano già presenti in tutta la legislazione trascorsa, a partire dai primi Testi Unici degli anni 50.(74)

Ovviamente, però, riguardo a questo tema, le successive evoluzioni storiche della normativa in materia, pur mantenendo, come detto sopra, il tradizionale assetto dei destinatari degli obblighi di prevenzione, hanno perfezionato il quadro degli obblighi, delle funzioni e delle competenze di ciascuno dei tre soggetti sopra indicati.

Inoltre, il succedersi delle tappe evolutive delle leggi è stato accom-pagnato da uno sviluppo sempre più attento e preciso della giurisprudenza di legittimità in materia di ruoli funzioni e responsabilità penali.

Fondamentalmente, alla figura del datore di lavoro corrispondono le responsabilità derivanti dalle scelte gestionali di fondo che, se errate o mancanti, possono comportare conseguenti responsabilità penali ai sensi dell’art. 40 del Codice Penale.

Alla figura del dirigente corrispondono le responsabilità derivanti dall’organizzazione delle attività lavorative impostate secondo le scelte gestionali prese dai datori di lavoro.

Infine, alla figura del preposto corrispondono le responsabilità deri-vanti dall’attività di vigilanza rispetto alla corretta esecuzione, o meno, delle prestazioni lavorative e rispetto al controllo del mantenimento della regolarità e non pericolosità di ambienti di lavoro, macchine e attrezzature.

Come già detto, tale impostazione logico-giuridica è rimasta immutata, nella sostanza, fin dai primi decreti degli anni 50.

Difatti, l’art. 4 del DPR 547 del 1955, il primo Testo Unico della sicurezza italiana, recitava: “i datori di lavoro, i dirigenti ed i preposti che eserciscono, dirigono o sovraintendono alle attività indicate all’art. 1 devono, nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze: a) attuare le misure di sicurezze previste dal presente Decreto; b) rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono esposti e portare a loro conoscenza le norme essenziali di prevenzione...; c) disporre ed esigere che i singoli lavoratori osservino le norme di sicurezza ed usino i mezzi di protezione messi a loro disposizione.”

Come si evince nettamente dal testo dell’art. 4 sopra citato, le tre figure tipiche della sovraordinazione gerarchica, destinatarie degli obblighi giuridici di sicurezza, sono i datori di lavoro, i quali eserciscono l’attività dell’impresa (operano le scelte gestionali di fondo); i dirigenti i quali devo dirigere le attività dell’impresa (pongono in essere la concreta organizza-zione delle attività di lavoro); i preposti i quali devono sovraintendere (vigilare personalmente sul corretto stato di ambienti e attrezzature e sui corretti comportamenti di prevenzione e protezione da parte dei lavoratori).

(74) Maria Antonia Garzia – Mario Palazzi, osservatorio sulla giurisprudenza di legittimità in materia di art. 2087 Codice Civile in « Quaderni di argomenti di diritto del lavoro », 5 (cit.) DPR 547/55; DPR 303/56; Decreto Legislativo 626/94; il Decreto Legislativo 81/08; Decreto Legislativo 106/09 e da ultimo il Decreto Legge 21 ottobre 2021 n° 146 e successiva Legge di conversione del 17 dicembre 2021, n° 215

Il descritto impianto generale logico-giuridico, con cui il legislatore attribuisce compiti e funzioni obbligatorie in materia di sicurezza sul lavoro ai datori di lavoro, ai dirigenti ed ai preposti, corrisponde esattamente all’impianto gestionale ed organizzativo che gli imprenditori normalmente implementano nelle loro attività lavorative al fine del raggiungimento degli obiettivi produttivi.

Infatti, per il raggiungimento dei fini produttivi, i datori di lavoro effettuano scelte gestionali di fondo, i dirigenti impartiscono direttive generali e organizzative per lo svolgimento delle attività, i preposti so-vraintendono personalmente alle attività di lavoro e vigilano affinché le attività produttive si svolgano nel rispetto di quanto stabilito dalle scelte gestionali di fondo e dalle direttive generali organizzative.

Da ultimo, deve essere sottolineato che mentre le prime due funzioni descritte, tipicamente svolte dai datori di lavoro e dai dirigenti, si distin-guono dalle funzioni tipiche dei preposti, per essere connotate da autonomia decisionale, le attività di vigilanza di questi ultimi si caratterizzano per la mancanza dell’autonomia decisionale, poiché essi devono esclusivamente vigilare sul rispetto delle disposizioni autonomamente impartite da datori di lavoro e dirigenti.

Al contrario, le tre figure sopra descritte sono accomunate dall’essere tutte posizioni funzionali che operano nell’ambito di poteri di sovraordi-nazione gerarchica rispetto ai lavoratori.

Infatti, i datori di lavoro gestiscono, i dirigenti dirigono e organizzano, i preposti sovraintendono e vigilano.

Il Decreto Legge del 21 ottobre 2021 n.146 e la successiva Legge di conversione del 17 dicembre 2021 n.215, recante la normativa di riforma complessiva del Decreto Legislativo 81/08 in materia di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori, ha introdotto nuovi e importanti istituti volti al miglioramento complessivo della performance della sicurezza sul lavoro in Italia.

Anche con riferimento alla sovrintendenza e vigilanza effettuata dai preposti la citata legge ha introdotto innovazioni che meritano attenzione.

Innanzitutto, si configura certamente come un nuovo obbligo quello stabilito dal comma 1, lettera b-bis art. 18 del Decreto Legislativo 81/08 modificato dalla legge di riforma.

Secondo tale nuovo comma, il datore di lavoro o i dirigenti sono tenuti, tra l’altro, ad “individuare il preposto o i preposti per l’effettuazione dell’attività di vigilanza di cui all’art. 19. I contratti e gli accordi collettivi di lavoro possono stabilire l’emolumento spettante al preposto per lo svolgimento delle attività di cui al precedente periodo. Il preposto non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività”

(art. 18 comma 1, lett. b-bis).

Tale nuovo obbligo si configura anche come reato contravvenzionale a carico del datore di lavoro e del dirigente, previsto e punito, dal novellato art. 55 del Decreto Legislativo 81/08, con l’arresto da 2 a 4 mesi o con l’ammenda da 1.500 a 6.000 euro.

L’obbligo penalmente rilevante di individuare il preposto o i preposti si evidenzia come una novità assoluta rispetto a tutta la precedente normativa di sicurezza sul lavoro.

Infatti, tutte le precedenti regolamentazioni, in materia, pur ponendo in capo al preposto obblighi di sovraintendenza e vigilanza, non prevedevano, comunque, anche l’obbligo in capo al datore di lavoro di individuare espressamente la figura o le figure dei preposti.

Il Decreto Legislativo 81/08, prima dell’attuale riforma, si era limitato a stabilire semplicemente l’obbligo per i preposti di frequenza di “appositi corsi di formazione” secondo le previsioni dell’art. 37, obbligo che per altro è rimasto confermato, ma è stato ulteriormente regolamentato in quanto, in aggiunta, la legge di riforma ha stabilito che la formazione dei preposti deve

“essere svolta interamente in presenza e deve essere ripetuta con cadenza almeno biennale e comunque ogni qualvolta ciò sia reso necessario in ragione dell’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi” (art. 37 comma 7-ter del D.Lgs 81/08 riformato).

Al riguardo, l’obbligatoria modalità “in presenza” deve essere con-siderata validamente attuata, alternativamente, sia come presenza fisica sia come video conferenza sincrona.

Infatti, l’elemento caratterizzante della formazione in presenza, ri-spetto alla formazione e-learning, è la possibilità, di cui dispone il discente, di avere un rapporto diretto con il docente e poter interloquire con lui in tempo reale, essendo ininfluente, ai fini del rispetto della norma che parla solo di “presenza”, se tale l’interlocuzione in tempo reale venga realizzata in presenza fisica o in video conferenza sincrona.

Il nuovo obbligo di individuazione del preposto o dei preposti intro-dotto dalla legge di riforma, sopra citato, potrà condurre, almeno per le motivazioni suddette, alla fine della diffusissima prassi aziendale organiz-zativa, portata avanti negli ultimi 30 anni, di non individuare formalmente il preposto o i preposti, ma nella migliore delle ipotesi di limitarsi semplicemente a formarli secondo i dettami del art. 37 del D.Lgs 81/08.

Tale prassi organizzativa aziendale si è tradotta, negli anni, nella copiosa giurisprudenza di merito e di legittimità che ha molto spesso inserito nel novero dei condannati per i delitti di omicidio o lesioni personali colpose, in materia di sicurezza sul lavoro, i cosiddetti “preposti di fatto”.(75)(5)

La figura del “preposto di fatto” deve essere fatta risalire ad un orientamento costante e consolidato della Corte di Cassazione di applica-zione del “principio dell’effettività”.

Secondo questo principio giurisprudenziale, che trova particolare applicazione alle cosiddette norme di ordine pubblico, che riguardano beni costituzionalmente garantiti, come ad esempio la tutela dell’integrità

psico-(75) Tra le sentenze più recenti che hanno attribuito responsabilità per danni da lavoro ai

« preposti di fatto » segnaliamo: Cass.Pen.Sez. VI, 15 ottobre 2013 n° 44482; Cass.Pen.Sez. VI, 13 febbraio 2014 n° 9699; Cass.Pen.Sez. IV, 23 febbraio 2016 n° 40033; Cass.Pen., Sez IV, 3 marzo 2016 n° 8872; Cass.Pen.Sez. IV, 10 aprile 2017 n° 18090; Cass.Pen.Sez. IV, 30 aprile 2018 n° 18677; Cass. Pen.Sez. VI, 25 maggio 2018 n° 40890; Cass.Pen.Sez. IV, 19 aprile 2019 n°

17202; Cass.Pen.Sez. IV, 13 gennaio 2021 n° 1096; Cass.Pen.Sez. IV, 5 ottobre 2018 n° 49373

fisica dei lavoratori, in mancanza di investiture formali dei preposti per la sicurezza, si deve fare riferimento alle funzioni di preposto nella sostanza svolte a fini produttivi.

Pertanto, molte sentenze emesse a partire dagli anni 60, e via via sempre più numerose, hanno stabilito in maniera tralatizia che anche l’individuazione dei preposti, come per i dirigenti, va compiuta “non tanto in relazione alla qualifica rivestita nell’ambito dell’organizzazione azien-dale ed imprenditoriale quanto, soprattutto, con riferimento alle reali mansioni esercitate che importino le assunzioni di fatto delle responsabilità per ricoprire una posizione di supremazia tale da porli in condizioni di dirigere l’attività lavorativa di lavoratori soggetti ai loro ordini...in so-stanza il preposto può essere chiunque in una formazione per quanto piccola di lavoratori esplichi le funzioni di capo squadra”.(76)

Questo principio giurisprudenziale, come è noto, è stato nel 2009 anche regolamentato legislativamente con l’inserimento dell’art. 299 nel Decreto Legislativo 81/08, articolo che reca la rubrica di “esercizio di fatto di poteri direttivi” e che così recita: “le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all’art. 2 comma 1, lettere b) (datori di lavoro), d) (dirigenti) ed e) (preposti) gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti”.

È agevole notare che l’orientamento diffusissimo e consolidato in giurisprudenza dell’attribuzione “ai preposti di fatto” di responsabilità penali, per danni da lavoro e per omessa vigilanza, sia dipeso proprio dalla assenza di un obbligo di nomina formale dei preposti per la sicurezza, pur in concomitante presenza di preposti che sovraintendevano alle attività produttive.

La contraddizione organizzativa di preposti che vigilano per la pro-duzione ma non anche per la sicurezza, dovuta alla mancanza di un obbligo di legge di nomina, da un lato ha sicuramente indebolito l’attività di vigilanza e sovrintendenza per la sicurezza e, dall’altro, ha esposto penal-mente i preposti di fatto a causa della loro scarsa consapevolezza di dover effettuare la vigilanza anche sulla sicurezza oltre che sulla qualità e sui risultati produttivi.

Pertanto, a seguito della recente riforma operata dalla Legge 215 del 2021, che ha introdotto l’obbligo di individuazione dei preposti, verrà con ogni probabilità dismessa progressivamente la prassi aziendale organizza-tiva di lasciare la vigilanza in mano a preposti di fatto poco consapevoli, con prevedibili miglioramenti della performance delle attività di vigilanza svolte all’interno delle aziende e, quindi, della conseguente ed auspicabile diminuzione del numero e della gravità degli infortuni.

In conclusione, va detto che la rilevanza anche in sede penale contravvenzionale del citato obbligo di individuazione del preposto o dei preposti, rende opportuno che tale individuazione debba avvenire con un atto scritto, che rimanga quindi tracciato, non foss’altro a fini probatori

(76) Cass. Pen 6 luglio 1988, n. 7999...

dell’avvenuto adempimento dell’obbligo da parte del datore di lavoro o del dirigente.

Infatti, nell’ipotesi in cui nell’ambito di una vicenda processuale relativa a danni da lavoro dovesse essere rilevata, tra le altre cause, anche quella di una mancata attività di vigilanza, in assenza di un atto tracciato di individuazione formale del preposto, sarebbe altamente probabile far risalire a carico dei dirigenti o del datore di lavoro sia l’attribuzione della responsabilità contravvenzionale per la mancata nomina del preposto, sia l’attribuzione della responsabilità per il conseguente delitto di lesioni o di omicidio colposo di cui agli artt. 589 e 590 del Codice Penale.

Il rinnovato art. 19, rubricato come “obblighi del preposto”, contiene due importanti novità rispetto all’art. 19 del D.Lgs 81/08, precedentemente vigente prima della riforma.

In particolare, è stata modificata la lettera a) del comma 1 ed è stata aggiunta una nuova lettera f-bis).

Il nuovo testo della lettera a) del comma 1, recita: “Sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di rilevazione di non conformità comportamentali in ordine alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza, In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza della inosservanza, interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti”.

La nuova lettera f-bis), aggiunta ex novo, recita “in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, se necessario, interrompere temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e dirigente le non conformità rilevate”.

Per quanto concerne il nuovo testo della lettera a) del comma 1, le grandi novità rispetto al vecchio testo consistono nell’aver introdotto, tra gli obblighi di vigilanza e di sovrintendenza, l’intervento diretto del preposto sul lavoratore per fargli “modificare il comportamento non conforme, fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza” e “l’interruzione” da parte del preposto “dell’attività del lavoratore, in caso di mancata attuazione delle disposizioni a lui impartite o di persistenza della inosservanza”

Analogamente, anche la nuova lettera f-bis), aggiunta ex novo, richiede al preposto da un lato un comportamento proattivo e se necessario interruttivo con riferimento alle “deficienze dei mezzi e delle attrezzature e di ogni condizione di pericolo”, e dall’altro di adempiere all’obbligo aggiuntivo di “segnalare tempestivamente al datore di lavoro e dirigente le non conformità rilevate” ai fini di un loro intervento risolutivo.

Ovviamente, sia le non conformità comportamentali rilevate sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature devono essere state oggetto della formazione specifica ricevuta dal preposto (art. 1, lettera g).

La riforma introdotta dalla legge n° 215/2021, che ha modificato il tipo di intervento richiesto dal legislatore al preposto nel caso che rilevi delle

La riforma introdotta dalla legge n° 215/2021, che ha modificato il tipo di intervento richiesto dal legislatore al preposto nel caso che rilevi delle

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