Capitolo 3. From stage to canvas: nascita di un’icona
3.2 Verso la morte per acqua: Ophelia in the mind’s eye”
3.2.1 In-flussi frances
Il dipinto di Millais divenne archetipo e modello per le successive raffigurazioni della morte di Ofelia sia in ambito inglese che francese. Nina Auerbach coglie la connessione tra le Ofelie vittoriane e quelle francesi:
For the Victorians, Ophelia had secret and seditious French connections. In the 1820s, French Romantics made of her a cult figure embodying their own
563 K. Rhodes, ivi p. 97.
564 Ivi, p. 112.
565 F. Fiorentino, Icone culturali d’Europa, p. 10.
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turbulent hopes; for Berlioz, Hugo, and Delacroix, Ophelia swelled into a magic symbol of an erotic and aesthetic awakening567.
Ofelia era uno dei temi preferiti di Delacroix insieme ad Amleto, figura nella quale il pittore si identificava. Nel 1825 durante un suo soggiorno a Londra egli aveva avuto modo di approfondire la conoscenza dei testi di Shakespeare. In circa vent’anni, dal 1835 al 1853, Delacroix si dedicò alla raffigurazione della morte di Ofelia sia sotto forma di disegni, di oli su tela e di litografie (quattro in tutto568). Le sue eroine, rappresentate nel momento di transizione tra vita e morte, danno un’idea di movimento che invece manca all’immobile Ofelia di Millais. Delacroix sembra essersi ispirato a un disegno di Füssli del 1770 per cercare di rappresentare il movimento, la plasticità e il “momento pregnante”.
Figura 13 Henri Füssli. La morte di Ofelia. 1770-78. Disegno acquerellato su carta. Londra, British Museum (Roman Album).
567 N. Auerbach, Romantic Imprisonment: Women and Other Glorified Outcasts, New York,
1985, p. 282.
568 Per un riferimento dettagliato sulle quattro versioni di Ofelia di Delacroix, in relazione
alla collocazione attuale dei dipinti, le dimensioni e la tecnica usata, si veda J.- R. Soubiran, “Ophélie, une image emblématique de la noyade dans la peinture francaise et anglaise du XIX siecle, su romantisme au symbolisme”, F. Chavauld (sous la direction de)
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Nel disegno di Füssli Ofelia occupa diagonalmente l’indefinito spazio compositivo. Il movimento dell’abito sotto la spinta dell’acqua si ritrova anche in Delacroix, così come la raffigurazione dei seni scoperti della fanciulla che rivelano una carica erotica. Anche se non si è certi dell’influsso di Füssli su Delacroix non si può tuttavia non cogliere il medesimo riferimento ad una concezione “romantica” di Ofelia. Alcuni critici hanno avanzato anche l’idea che il pittore francese possa essere stato influenzato da un’illustrazione di Robert Smirke apparsa in the picturesque beauties of Shakespeare tra il 1783 e il 1787 Altri ipotesti letterari francesi potrebbero aver influito sulla configurazione della morte per acqua di Delacroix: la nouvelle Heloise di Rousseau, e il dipinto La mort de Virginie del 1789 ispirato al romanzo Paul et Virginie di Bernardin de Saint-Pierre del 1787569.
Il suicidio di Ofelia rappresentato da Delacroix, secondo Alena Marchwinski, potrebbe essere interpretato come nuova riproposizione dell’antico mito della metamorfosi. L’Ofelia di Delacroix rappresenterebbe una sorta di mito della nascita di Venere: la fanciulla si purifica attraverso la morte per acqua. Ci sembra invece di poter cogliere non tanto una simbologia di rinascita e purificazione quanto il dinamismo di un’eroina in lotta contro un destino che tende a trascinarla via ingiustamente dalla storia (e dal dramma) e a farla scomparire senza nemmeno un gorgo, come aveva scritto Coleridge570. L’Ofelia di Delacroix muore ‘romanticamente’, perché si fonde con la natura e con l’acqua, il suo elemento precipuo; ma proprio nella morte trova “the negation of everything belonging to individual life: man’s transformation into non- existence, non-volition, into a passive element in nature”571.
569 Cfr A. Marchwinski, “The Romantic Suicide and the Artists”, Gazette des Beaux Arts,
VI, tomo 6, Febbraio 1987, p. 69; E. G. Dotson, “English Shakespeare Illustration and Eugene Delacroix”, in Essays in honor of Walter Friedlander, New York, 1965, pp. 40-61.
570 “She becomes a fairy island and after a brief vagrancy sinks almost without an eddy”
S. T. Coleridge, The literary remains, vol. II, cit., p. 228.
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In questo quadro si coglie la duplice allusione di Delacroix a un’Ofelia romantica che lotta contro le sue passioni e pulsioni (erotiche?), rappresentate dalla corrente, per poi cedere “romanticamente”. Nessun testo critico d’arte consultato per questo capitolo sembra aver notato l’autoreferenzialità di Delacroix: la sua Ofelia che resiste alle correnti, e mostra tutta la sua femminilità tramite uno dei seni scoperti, sembrerebbe riecheggiare un’altra figura femminile di un ben più celebre dipinto eseguito dal pittore nel 1830, ossia “La libertà che guida il popolo”. Non è questo il contesto per analizzare le affinità formali tra i due dipinti; sembra invece necessario osservare le affinità tematiche tra le due figure femminili. La sinuosità della bandiera francese che sventola in aria rievoca le correnti del fiume che trascinano Ofelia; anche la veste bianca di Marianna e la luce che converge su di lei si può rintracciare nei successivi dipinti di Ofelia. Sembrerebbe, dunque, che Delacroix riconosca in Ofelia un’eroina romantica al pari della Marianna di Francia.
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Figura 14 Eugène Delacroix, La
mort d’Ophélie,1838.Grisaille. Neue
Pinakothek. Monaco
Figura 15 Eugène Delacroix, La
mort d’Ophélie, 1843 litografia Folger
Apparentemente simili, le tre rappresentazioni di Ofelia eseguite da Delacroix mostrano differenze significative in termini di uso del colore e del rapporto tra il corpo e lo spazio che lo circonda - tutti elementi tecnici su cui non potremo soffermarci nel dettaglio ma che servono a cogliere il significato simbolico di ciascuna raffigurazione.
La prima Ofelia del 1838, sembra essere un’appendice del paesaggio che la circonda; i suoi contorni sono sfumati e i colori sono spenti come quelli della natura di cui la fanciulla sembra “romanticamente” far parte. La seconda rappresentazione, una litografia del 1843 rappresenta un’eroina con il seno seminudo, come in quella precedente, ma il fuoco del quadro non è più il paesaggio, bensì il corpo di Ofelia; il suo volto, ben più delineato nei contorni, mostra la sofferenza di una donna che lotta contro una corrente più impetuosa di quella raffigurata nel precedente dipinto. È proprio l’impeto dell’acqua ad alimentare la tensione drammatica della scena.
Il terzo olio su tela, che è un’immagine rovesciata della litografia precedente, mostra un ulteriore sviluppo rispetto ai precedenti: qui l’eroina conquista lo spazio visivo del quadro. L’ambiente che la circonda è ormai messo in secondo piano. Ofelia non sembra nemmeno più farne parte. Ciò che aumenta la drammaticità è la contorsione del suo corpo, illuminato rispetto all’oscurità che lo circonda, e l’arrendevolezza con cui la giovane si abbandona alla furia dell’acqua e al tormento interiore. La nuova dimensione psicologia che emerge da questo dipinto trasforma l’annegamento in una morte interiorizzata, vissuta in prima persona dall’eroina e, insieme a lei, da chi l’osserva mentre si abbandona al destino fatale. Come scrisse Baudelaire Ofelia è una delle “femmes d’intimité (…) qui portent dans les yeux un secret douloureux. (…) Secondo il poeta simbolista francese, Delacroix è l’artista che più degli altri è in grado di esprimere “la femme moderne (…) dans sa manifestation héroïque, dans le sens infernal ou divin”1.
1 C. Baudelaire, “Exposition universelle de 1855”, Ecrits sur L’Art, Livre de Poche I, pp.
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Figura 16 Eugène Delacroix, La mort d’Ophélie, 1844, olio su tela. Musée du Louvre, Paris.
Le Ofelie romantiche ispirate a Delacroix sono senza dubbio il rilievo in bronzo del corpo di Ofelia scolpito da August Préault nel 1843 (oggi conservato al Musée D’Orsay di Parigi) e l’Ofelia di Cabanel del 1883. Il basso rilievo di Préault sintetizza i due elementi precipui della storia di Ofelia: la morte per acqua, e la follia. Lo scultore contorce il corpo dell’eroina alludendo sia alla furia delle acque sia alla follia che sconquassa l’interiorità della fanciulla. Il suo corpo inarcato e raffigurato dall’alto evoca anche una sessualità femminile sottomessa. Il quadro di Cabanel del 1883, sebbene di impianto simile al precedente di Delacroix, indugia però sulla sensualità passiva e imperturbabile dell’eroina che pacatamente si abbandona alle acque morte.
I numerosi dipinti di Ofelia eseguiti da pittori francesi dalla seconda metà dell’Ottocento in poi furono influenzati anche dal moltiplicarsi delle traduzioni dell’Amleto nel corso del secolo, e dal successo delle performance. Esposta al Salon de Paris nello stesso anno in cui Millais e Hughes esponevano le loro rispettive Ofelie, nel 1852, la fanciulla dipinta da Leopolde Burthe mostra un’Ofelia colta in un sonno di morte. Il corpo della fanciulla sospeso sull’acqua forma una linea retta parallela al quadro e contribuisce a creare un’immagine di fissità e immobilità, tanto
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del corpo quanto dell’acqua, che differisce notevolmente dal movimento del quadro di Delacroix. Significativamente la fanciulla ha gli occhi chiusi, come se stesse dormendo un eterno sonno di morte. Anche Sarah Bernhardt, attrice francese di grande successo che interpretò il ruolo di Amleto nel 1889 oltre a quello di Ofelia, e anche fine artista, scolpì un basso rilievo in bronzo dell’eroina shakespeariana che sembrerebbe ispirato a Delacroix. L’Ofelia scolpita dall’attrice francese si fonde con le acque mortali: i suoi capelli si confondono con le acque che circondano il volto della fanciulla; come in Delacroix uno dei due seni è lasciato scoperto e la bocca rimane allusivamente aperta mentre gli occhi chiusi dell’eroina rimandano all’immagine della “sleeping beauty”.
Gli ultimi due esempi francesi mostrano un’Ofelia completamente de-corporizzata in cui non troneggia più il corpo erotizzato ma la dissoluzione stessa di esso.
Figura 17 Georges-Jules-Victor Clairin, Ofelia tra i cardi.
L’Ofelia di Clairin che vediamo qui raffigurata non sembra nemmeno più possedere sembianze umane; i fiori che le cingono la testa sembrano alghe, e il corpo sembra giacere sul fondo delle acque, in una dimensione onirica.
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Le due Ofelie di Odillon Redon che prendiamo in esame si collocano già all’inizio del ventesimo secolo. Il primo pastello ora alla National Gallery di Londra mostra in primo piano e al centro del disegno i fiori di Ofelia, mentre in basso a destra si intravede il suo pallido e sfumato profilo. Il tratto delicato, l’assenza dei contorni e del corpo suggeriscono un senso di dissoluzione, una progressiva ma lenta scomparsa dalla vita.
Figura 18 Odilon Redon Ophélie parmi les fleurs. ca. 1905-1908, Pastello su carta, National Gallery, Londra.
Anche il secondo dipinto di Ofelia del 1908, ora parte della collezione Woodner di New York, mostra un sonno eterno di morte. In quest’olio su cartone il profilo ben delineato della fanciulla contrasta con i contorni astratti: i fiori sovrastano Ofelia, e sembrano accompagnarla in questa dolce immersione nella morte. A differenza del pastello precedente, i colori sono più accesi, non solo quelli dei fiori ma anche l’azzurro dell’acqua che diventa qui elemento precipuo del quadro. L’astrazione e l’indeterminatezza del dipinto è la traduzione pittorica che Redon dona alla sfuggevolezza di Ofelia. Non si tratta più di un’eroina in lotta contro il suo destino, ma di una giovane che sfugge al realismo iconografico per abbracciare la dissolvenza e l’impenetrabilità della sua stessa storia. La
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spalla nuda costituisce l’unico residuo di una corporeità ormai svanita: non più il corpo è oggetto dello sguardo, ma la percezione dell’indefinitezza onirica, mitica, inafferrabile di Ofelia.
Figura 19 Odillon Redon. Ophélie. 1908 ca; Olio su cartone. Collezione Woodner, New York.
Come scrive Barthes nella sua opera che celebra il mito e la mitologia, il contenuto mitico altro non è che “condensation informe, instable, nébuleuse”2; è un sapere confuso, costituito da “associations molles, illimitées” (ibid.). Ofelia si trasforma in mito iconografico nel momento in cui si de-corporizza e vaporizza, e diventa soggetto di riappropriazione. In quanto mito, o parola rubata e restituita3, Ofelia viene espropriata dalla sua dimensione d’origine, quella testuale, e investita di un processo di risignificazione che passa attraverso codici espressivi, spazi storici, geografici e culture diversi. Pur cristallizzato nell’immobilità dell’immagine, il personaggio continua a fluire in altri media, a migrare in altri contesti rifertilizzandosi e risignificandosi. Nel processo di
2 R. Barthes, Mythologies, Seuil, Points, 1970 (1957), p. 204. 3 R. Barthes, Miti d’oggi, Einaudi, Torino, 1974 [1957], p. 207.
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risignificazione, Ofelia si inscrive in nuovi codici di convenzione della rappresentazione del corpo femminile, diventando ora simbolo della passività femminile, ora della sottomissione, ora della follia, o della morte ero(t)ica. Ma nel contesto romantico francese, Ofelia è anche simbolo di una tensione verso l’emancipazione, verso quell’immaterialità che sottrae al corpo la sua fisicità e che trasforma il personaggio in uno spettro – un altro fantasma dramma che torna, ancora oggi, a suggestionare artisti e scrittori. Ofelia si configura, nelle arti visive, a teatro e nel testo shakespeariano, come una figura spettrale: l’inafferrabilità della sua storia, che si avverte inizialmente nelle prime battute, poi nella follia, e infine nella morte, stimola l’artista, il critico, il regista e lo scrittore, a ri- costruire per lei una storia.