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Difesa di una civiltà, pur non trattando nello specifico il tema della difesa dell’arte astratta, rientra comunque nella serie di interventi compiuti da Marchiori a difesa e promozione del movimento artistico che era entrato inaspettatamente nella sua vita a partire dal 1935. Dopo la pubblicazione dell’articolo nel “Polesine Fascista”, si dedicò alla scrittura di diversi interventi riguardanti la libertà d’espressione artistica, e tra questi meritano una citazione quelli pubblicati nella rivista “Corrente”, per i quali ricevette dei sentiti complimenti da Carlo Belli347. L’Anonimo del Novecento, che non aveva mai ceduto «all’inesorabile gioco degli Ojetti», si trovò immerso negli «anni più “difficili” di una polemica»348 che riuscì a fronteggiare a testa alta. Gli anni ’30, non sono da considerarsi un periodo completamente negativo per la storia dell’arte, perché videro una serie di

345 Ibidem. 346 Ibidem.

347 Lettera di Carlo Belli del 7 novembre 1938, AGM di Lendinara. «Bisogna battersi fino

all’utlimo per salvare l’intelligenza italiana che sta per essere sommersa da un’ondata di sterco […] Avanti caro Marchiori, aiutatemi perché siamo in pochi […] Salve e bravo 2 volte per l’articolo su Corrente». L’articolo a cui Carlo Belli si riferisce in questa lettera è Il gelido

intellettuale, pubblicato da Marchiori nell’ottobre del 1938, che può considerarsi come uno dei

tanti esempi della campagna di denuncia intrapresa dall’intellettuale di Lendinara in quegli anni.

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momenti particolarmente segnanti, come la vitale punta del movimento astrattista, uno «dei primi atti della resistenza e della protesta bellica degli artisti italiani»349. Furono anche un periodo bellissimo per Marchiori che, entrato da poco nel gioco della critica, ebbe l’opportunità di approcciarsi a situazioni e personaggi che contribuirono a formare il suo pensiero critico-artistico. Il suo entusiasmo nei confronti del movimento astrattista non si esaurì mai, ma andò piano piano rallentando con il passare del tempo e con la chiusura della stagione non- figurativa presso la Galleria del Milione. Questo lo spronò, verso la fine degli anni ’30, a spostare la sua attenzione dalla città di Milano, a quella lagunare di Venezia alla ricerca di nuovi terreni inesplorati dalla critica. Purtroppo, i suoi progetti, furono stroncati sul nascere nel settembre del 1939 a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, che comportò la sua chiamata alle armi e la sua successiva trasferta in Libia.

«Anni vissuti intensamente con l’illusione di aver creato per il futuro la possibilità di un ben diverso destino. Invece fummo tutti travolti dall’orribile guerra. E anche l’anonimo scomparve nel caos di quelle tragiche vicende, ma per diventare, molto più tardi, “un altro”»350

In modo malinconico e nostalgico, capì che tutte le speranze riposte nella possibilità di un futuro cambiamento si trasformarono, con lo scoppio della guerra, in utopiche illusioni. Il dramma del secondo conflitto mondiale, che sconvolse tutti quanti, censurò ogni tipo di fervore artistico, bloccando per ben sei anni ogni tipo di iniziativa volta in quel senso. Rientrato stabilmente a Lendinara nel 1944, il critico d’arte polesano, ricongiungendosi agli ambienti familiari di casa, riuscì a «riannodare i fili di un discorso artistico brutalmente interrotto e che con sempre maggiore urgenza sentiva di dover riprendere»351. Fu proprio quel

349 G.C.Argan, Introduzione, in La Vernice-Giuseppe Marchiori cinquant’anni di vita nell’arte contemporanea…cit, p.17

350 G.Marchiori, Anonimo del Novecento, catalogo della mostra…cit, p.5

351 N.Gasparetto, L’Anonimo del Novecento. Giuseppe Marchiori dagli esordi all’affermazione nella critica d’arte…cit, pp.198-199

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breve, ma intenso soggiorno nella terra d’origine del polesine, che rinnovò lo spirito di Marchiori, permettendogli di chiudere il capitolo dell’Anonimo del Novecento alla volta di un nuovo cammino che lo avrebbe condotto a portare a termine ciò che aveva bruscamente interrotto con lo scoppio del secondo conflitto mondiale.

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PREMESSA

Questo studio, volgendo verso la sua conclusione, intende continuare l’analisi dell’apporto critico di Giuseppe Marchiori nei confronti dell’astrattismo italiano nell’immediato dopo guerra. A differenza degli anni ’30, dove si impegnò in una serrata militanza per l’affermazione e il riconoscimento degli astrattisti, il suo operare critico negli anni ’40 si focalizzò principalmente sulla riconquista della libertà d’espressione che vide unite, dalla stessa parte, sia le tendenze figurative che non. Con la caduta del fascismo e la morte del Novecentismo, l’astrattismo, non ricevendo più il trattamento a cui era avvezzo negli anni ’30, non fu più oggetto di scandali ed incomprensioni. Preso atto di questa nuova variante, il suo interesse nei confronti della tendenza non-figurativa, non andò assolutamente scemando ma, al contrario, assunse nuove sfumature e venne incanalata nella ricostruzione dell’immagine del panorama artistico italiano. Questa sua volontà, trovò realizzazione nell’esperienza del Fronte Nuovo delle Arti nel quale, per la prima volta nella storia dell’arte del Paese, si riunirono artisti dalle più differenti tendenze rappresentando «il “fatto” più importante dell’arte italiana moderna, dopo il “periodo” metafisico e di “Valori Plastici”»352. Nelle pagine che seguono, si è voluto includere un accenno sulla sua esperienza durante gli anni del conflitto e la sua successiva permanenza a Lendinara insieme al pittore Renato Birolli nel 1944. Questa scelta di percorso, non vuole di certo uscire da quella che è la tematica principale di questo studio ma, anzi, funge da necessaria premessa al fine di individuare il momento esatto della ripresa dei suoi ragionamenti interrotti dalla chiamata alle armi. Non essendo questa la sede adatta per approfondire questi episodi, che meriterebbero una considerazione più attenta, si è voluto solamente riportarne i punti fondamentali funzionali per questo studio. La rinascita del

352 G.Marchiori, Eclissi del Fronte Nuovo delle Arti, in “L’arte moderna”, numero unico, a cura di

B.Alfieri, giugno 1950, ora in Il Fronte nuovo delle Arti, Giorgio Tacchini Editore, Vercelli 1978, p. 42

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panorama artistico italiano, accennata nelle pagine di Esule in Patria e introdotta nei dialoghi con Birolli nel polesine a Ca’ Dolfin, proseguì a Venezia che, a partire dal 1945, divenne «un luogo di incontri, in uno spirito di comune ripresa culturale; un centro vivace di attività artistica, specialmente nel campo dei giovani»353. Dopo la positiva esperienza del Fronte, l’astrattismo fu nuovamente oggetto di accuse che lo portarono, verso la fine degli anni ’40, al vertice di una polemica che lo vide opposto alla tendenza neorealista. Questa vicenda ebbe delle ripercussioni anche sullo stesso Marchiori che lo indusse ad esporsi manifestando, in modo soffuso e pacifico, la sua inclinazione nei confronti della causa astratta. Nonostante a partire dagli anni Sessanta avesse cambiato rotta dedicandosi ad altro, la vera fine di questo studio è rintracciabile nella pubblicazione della prima monografia di Osvaldo Licini nel 1968 e quando, liberando la soffitta di Ca’ Dolfin, l’intellettuale di Lendinara riempì le sale della Galleria Due Torri di Bologna nel 1975 con le sue opere astratte segnando l’ultimo capitolo dell’Anonimo del Novecento.

353 G.Marchiori, Il Fronte Nuovo delle Arti trent’anni dopo, in Il Fronte nuovo delle Arti…cit,

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II) DIALOGO CON L’EUROPA - VERSO

UN’APERTURA INTERNAZIONALE

IV) Il nuovo volto dell’astrattismo italiano