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Le incerte notizie su Tiziano vescovo di Treviso provengono solo da un praeceptum di re

VENETO ~ Belluno, Treviso, Vicenza

TREVISO 41 Le incerte notizie su Tiziano vescovo di Treviso provengono solo da un praeceptum di re

Liutprando, datato 743, e dalla relazione che lo stesso Tiziano avrebbe steso circa il rinveni- mento delle reliquie di Fiorenzo e Vindemiale e la loro traslazione a Treviso. Lanzoni (LAN- ZONI 1927, II, p. 903) lo collocò approssimativamente nel secolo VIII, contro la cronologia settecentesca che lo situava nel V. Più di recente, Sartoretto (1969, pp. 21-22) situa l’episco- pato di Tiziano tra il 740 e il 750.

Il documento del 743 è controverso: falso per Paschini (1946, pp. 145-169), è invece au- tentico per Cessi (CESSI 1951, pp. 68-70). Brühl (CDL, nr. 16, pp. 70-72) lo ritiene un falso databile al secolo XI, contenente peraltro notizie storiche antiche credibili; per una sostan- ziale attendibilità delle informazioni in esso contenute si sono espressi anche Picard (PICARD 1988, pp. 429-430 e 469) e Castagnetti (CASTAGNETTI 1990, pp. 158-160). Dal praeceptum si evince solo che Tiziano « Tarvisianus episcopus necnon Patavensis » (è controverso il tema del- l’eventuale abbandono di Padova da parte del suo vescovo dopo la conquista longobarda del 602-603 – Origo, p. 43, ll. 23-28 e p. 76, ll. 17-18 – e del passaggio della diocesi sotto il controllo della sede trevigiana – Pauli HL, IV, 24 – : a favore di quest’ipotesi, GASPAROTTO 1960 e, soprattutto, CESSI 1951, p. 71 e nota 1; contra invece PASCHINI 1946, pp. 152-154 e, più recentemente, LA ROCCA 1994, p. 549 e TILATTI 1997, pp. XVIII-XIX e pp. 23-24) era intervenuto alla corte del re a Pavia dove si doveva dirimere una controversia sorta tra il ve- scovo Massimo di Ceneda e il patriarca di Aquileia, Callisto, per alcuni territori appartenuti all’antica diocesi di Oderzo e per il diritto di Ceneda di definirsi erede della sede opitergina.

Nella relazione della translatio (conservata in copia, probabilmente interpolata, del secolo XI, Reg. lat. 497, cc.75r–77v; edizione negli AASS, Maii, I, sub die II) lo stesso Tiziano (ovvero chi effettivamente stese il testo a suo nome) afferma di essersi recato in Corsica e di aver appreso da alcuni abitanti del luogo dove si trovavano le reliquie di Fiorenzo e di Vin- demiale, che egli si affrettò a portare a Treviso e a riporre in basilica sancti Iohanni Baptiste (la figura storica di Tiziano quale autore della relazione è stata sostanzialmente negata da Gian Domenico Gordini – in BSS, XII: coll. 1194-1195, s. v. « Vindemiale » –, seguito dal GUAL- DO 1971, p. 160; in senso opposto si pronuncia FEDALTO 1979, pp. 108-109). Nella memoria ci si limita a dire che le spoglie furono poste « in locis venerabilibus », senza precisare ulterior- mente la natura dell’urna (o forse delle due urne distinte) in cui esse trovarono sistemazione. Non è in alcun modo possibile stabilire quindi se l’urna di cui è rimasta memoria sia stata quella originale della metà del secolo VIII.

Circa la presenza a Treviso delle reliquie dei due santi, è opportuno ricordare che essi furono quasi certamente tra i primi patroni della chiesa trevigiana: i loro nomi sono ricordati già alla seconda metà del secolo XIII nel calendario premesso al Necrologium, c. 3r e, spessis- simo, sin dalle prime visite pastorali della fine del secolo XVI. I resti dei due santi, ridotti quasi in polvere, sono ora conservati in tre ampolle cilindriche presso il Duomo di Treviso, nel primo altare della navata laterale meridionale, dedicato al beato Enrico da Bolzano.

Della figura di Fiorenzo non si sa pressoché nulla, anche se labili tracce toponomastiche potrebbero indurre a ritenere che il suo apostolato e la sua sepoltura abbiano effettivamente avuto luogo nella Corsica nordoccidentale (ASCARI 1942, pp. 21-25; GIUSTINIANI 1993, pp. 60, 62 e 66-74. Si noti soltanto che « Florentianus episcopus » è ricordato in Victoris Hist. pers., III, 18, mentre la NPCA, Prov. Proconsularis elenca tra gli esiliati da Unerico in Corsica nell’anno 484 d.C. un « Florentinus Uticensis », n. 22, e un « Florentius Seminensis », n. 42).

Vindemiale, invece, può vantare notizie più dettagliate: egli può essere identificato con il ve- scovo africano amico di Eugenio di Cartagine, esiliato dal re vandalo ariano Unerico nel 484, esule anche in Corsica. Vittore di Vita non nomina Vindemiale, pur scrivendo ampiamente di Eugenio (su cui cfr. anche MANDOUZE 1982, pp. 362-365, Eugenius 2). Si sa, tuttavia, che Vinde- miale era vescovo di Capsa (ora Gafsa, in Tunisia), secondo quanto riferiscono in PSM, III, 7 e in NPCA, Prov. Byz., nr. 60. La versione della persecuzione dei cattolici africani offerta da Gre- gorii Turonensis (Hist. Franc., II, 3) parla di Vindemiale sostenendo che egli, oppostosi a Unerico assieme ad Eugenio, non sarebbe stato esiliato, ma avrebbe conosciuto il martirio nel 484 (« san-

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ctum vero Vindemialem gladio percuti praecepit [Hunericus rex] »). Sull’intera questione e, in particola- re, sull’opera di Tiziano, cfr. DALLE CARBONARE1999.

(MDC) 8. CATTEDRALE DI S. PIETRO E BATTISTERO DI S. GIOVANNI BATTISTA.

Iscrizione commemorativa. (sec. XII: 1141)

Il vescovo Gregorio e il visdomino Valperto nell’anno 1141 fanno eseguire la nuova pavi- mentazione della cattedrale di Treviso ad opera di Uberto con il contributo dei Trevigiani.

Iscrizione rinvenuta durante i lavori di rifacimento del coro della Cattedrale nel 1739, nuovamente ricoperta, venne successivamente letta nel 1854 (BAILO 1894-95, p. 149).

Pavimento musivo occultato, composto di tasselli policromi, di dimensioni ignote, pro- babilmente ancora in situ. Secondo una ipotesi ricostruttiva della pianta del duomo romanico di Carraro (CARRARO 1990-1991, tav. XII) il mosaico doveva pavimentare il presbiterio del- l’antico edificio per una superficie di m 10 (lunghezza) x 6 (larghezza), corrispondente all’o- dierno presbiterio, nell’area compresa tra l’altare maggiore e la scalea che conduce alla navata centrale.

Specchio epigrafico di corredo le cui misure sono sconosciute, riquadrato da una cornice composta di blocchetti di porfido e di « verde antico » (BAILO 1894-95, p. 150).

La descrizione di Bailo relativa al pavimento musivo riferisce un mosaico ad « ondulazio- ni tassellate di nero su bianco », racchiuso dalla iscrizione per tre lati su quattro; un fram- mento di tale mosaico si trova, ora, al Museo Civico di Treviso. L’intera composizione, ed anche l’iscrizione, erano contornati da una « fascia [...] di larghi quadrelli di porfido e verde antico », come ricorda per testimonianza diretta il Bailo (BAILO 1894-95, p. 150).

Il testo, realizzato con tasselli neri su sfondo bianco, era disposto su di un’unica riga che correva parallelamente alle due pareti laterali del presbiterio ed al limite di questo, rivolto verso la navata centrale; presentava una lacuna su quest’ultimo lato. La sola registrazione to- pografica dell’iscrizione è quella di Azzoni Avogaro (AZZONI AVOGARO 1754, c. 209).

Ultima ricognizione: 1854 (probabile).

Copie manoscritte: SCOTI (ca. 1730), c. 408; AZZONI AVOGARO 1754, cc. 145-146 e c. 209; FAPANNI ms.

1355, I, p. 27.

Edizioni: MURATORI, Antiquitates, II, col. 364; FURIETTI 1752, p. 91; FEDERICI1803, I, pp. 4 e 159; AGNOLET- TI1897, I, p. 146; MARCHESAN1923, II, p. 317; COLETTI1926, p. 28; MANZATO1991, p. 444, nota 11; TRAMON- TIN1991a, p. 364.

Altri studi: BETTINI1967, p. 30. CARRARO1990-1991, tav. XII.

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