VENETO ~ Belluno, Treviso, Vicenza
TREVISO 39 struire: uno è il dipinto di Francesco Dominici, La Processione dell’Annunziata, conservato presso
la sacrestia del duomo; le altre sono alcune calcografie edite tra il 1697 e il 1753 e ripubblicate in BASSO(1992, tavv. 83, 85-86, pp. 104-106).
Il duomo odierno è frutto dei lavori piuttosto recenti, intrapresi tra la fine del XVIII se- colo e il 1836, durante i quali l’intera struttura dell’edificio venne pesantemente rivisitata: al- l’interno, su progetto di Giordano Riccati, pur mantenendo l’assetto a tre navate precedente, la copertura lignea a due falde fu sostituita da un sistema più complesso di archi a tutto sesto e campate, sorretti da massicci pilastri, su cui furono impostati, a copertura della navata cen- trale, i due tiburi a pianta quadrata e i tre a pianta circolare (su cui furono costruite le cupo- le). Il presbiterio e le profonde cappelle laterali (tra le quali quella meridionale, o Malchio- stro, custodisce la Pala dell’Annunziata di Tiziano), terminanti con absidi semicircolari, ven- nero architettonicamente adeguate all’intera nuova visione del complesso e arricchite da af- freschi. All’esterno, la facciata fu completamente rifatta nel 1836 con l’elevazione, in luogo del porticato preesistente, di un pronao esastilo a capitelli ionici, preceduto da un’ampia sca- linata trilatera, sopra il quale insiste il timpano.
Il battistero di San Giovanni ha origini non meno difficili da definire: data la sua colloca- zione, su di uno zoccolo quadrilatero artificiale, potrebbe forse essere sorto sul basamento di un preesistente tempio romano allineato con il limite nord del cardo massimo, secondo una ipotesi avanzata da RENUCCI (RENUCCI 1980, p. 263 e nota 2 a p. 296). L’edificio, seppure non nella forma e nell’aspetto oggi conosciuti (quest’ultimo frutto, peraltro, di un recupero filologico moderno), molto probabilmente esisteva già nel secolo VIII, quando il vescovo Tiziano vi ripose le reliquie dei ss. Fiorenzo e Vindemiale recuperate in Corsica (cfr. infra scheda n. 7), ma non aveva funzioni battesimali e forse, anzi, funse da luogo di culto princi- pale per breve tempo, tra l’XI e il XII secolo, in luogo della cattedrale di San Pietro ancora in fabbrica (MANZATO 1991, p. 416). Il battistero, ad aula unica chiusa ad oriente da tre absi- di, era internamente affrescato, come permettono di dedurre i pochi frammenti superstiti presenti nelle due absidiole laterali, databili al secolo XIII. L’esterno in laterizi rossi è artico- lato in una serie di alte lesene doppiamente aggettanti, superiormente collegate da doppi ar- chetti pensili, mentre una cornice di mattoni posti a dente di sega segna lungo tutto il peri- metro la distinzione tra il corpo della costruzione e la sua copertura. La facciata è alleggerita, oltre che dalle lesene, da una piccola trifora, posta in corrispondenza dell’ingresso, nella qua- le è ripreso, seppure in dimensioni ridotte, il motivo espresso dagli archetti pensili.
7. CATTEDRALE DI S. PIETRO E BATTISTERO DI S. GIOVANNI BATTISTA. Iscrizione con conferma di reliquie dei ss. Fiorenzo e Vendemmiale (sec. XI: 1025-1030)
Iscrizione su urna recante la conferma di reliquie dei ss. Fiorenzo e Vindemiale.
L’urna reliquiario fu distrutta a seguito del bombardamento di Treviso avvenuto il 7 aprile 1944 (MICHIELI 1988, p. 55), ma già prima di quella data il reperto si trovava extra si- tum. La prima collocazione di cui si ha notizia era nel battistero di San Giovanni Battista (collocazione che ha lasciato suggerire una datazione al secolo IX dell’intero manufatto: CO- LETTI 1911, p. 52) dalla quale, nel secolo XI, il vescovo Rotari la avrebbe fatta spostare nella cripta del Duomo (Reg. lat. 497, c. 77r; Catalogus [1493], lib. IV, cap. CXVI), e più precisa- mente nel 1025 secondo Netto - Campagner (NETTO - CAMPAGNER 1956, p. 7), i quali iden- tificano in questo saggio (pp. 11-12) la cripta del 1100 come il « secondo Duomo ». Secondo Azzoni Avogaro (1760, p. 265) il sarcofago venne portato nella cappella della Santissima Tri- nità, rivolta ad oriente nello stesso Duomo, senza purtroppo specificare l’anno. Nel 1616, come documenta Burchelati (1616, I, p. 219), l’iscrizione si poteva leggere « Ad capellam cla- thratam in arca marmorea in arae titulum ». Nel 1815 l’arca, ormai priva delle reliquie fin dal 1712 (AASS, Maii, I, p. 270; AZZONI AVOGARO 1760, p. 266) fu inserita in una delle pareti
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esterne del battistero di San Giovanni, sotto un rilievo funebre di origine tardoromana nel quale erroneamente, ma per antica tradizione, si riteneva fossero raffigurati i due santi (CO- LETTI 1911 e, in particolare, circa le notizie sullo spostamento avvenuto all’inizio dell’Otto- cento, p. 52). Più precisamente secondo Fapanni (FAPANNI ms. 1355, I, p. 231), l’avello si trovava « nel mezzo della facciata in cor[nu] evang[eli] dell’altare maggiore, sulla parete della Chiesa », quindi sulla facciata esterna della chiesa di San Giovanni, sul lato destro della porta, dalla parte dell’odierna Calmaggiore. Nel 1935, durante i lavori di restauro di San Giovanni, l’urna venne recuperata, liberata dal muro, separata dall’edicola e posta su due sostegni in marmo non pertinenti nel piccolo cortile dietro l’abside della stesso battistero (NETTO - CAMPAGNER 1956, nota 6 a p. 42; MICHIELI 1988, p. 55), dove rimasero fino al 1944.
L’iscrizione era posta sulla fronte di un’urna parallelepipeda, in pietra comune « mase- gno » (COLETTI 1911, p. 52) e poi specificata come « trachite » (COLETTI 1935, p. 225, n. 426; NETTO - CAMPAGNER 1956, n. 6 a p. 42). Il cofanetto di cm 110 x 39 x 44 (COLETTI 1935, p. 225, n. 426) risulta mutilo dell’angolo superiore sinistro e privo del coperchio.
Lo specchio epigrafico di corredo era piatto, incassato e delimitato da cornice composta da listelli.
Il testo, disposto su tre righe ben allineate, è eseguito in maiuscola, con solco triangolare, for- se ritoccato con oro (AZZONI AVOGARO 1760, p. 267 riferisce « lettere d’oro antichissime ») con intrusioni della minuscola (la lettera Q in particolare). Si notino le lettere A, priva di traversa nel- la seconda riga, O a mandorla. Presenti le abbreviazioni L(i); R (um); Q(ue); le abbreviazioni EPOR per ep(iscop)or(um), e L(is) sono segnalate con tratto orizzontale sulle lettere.
Presenti distinguenti in forma di punto a separare le singole parole o abbreviazioni, posto a mezza riga (cinque occorrenze). Il Cicogna (CICOGNA 1831, p. 70), riproduce anche due punti (una sola occorrenza) tra le lettere CF e ES di confessorum.
Ultima ricognizione: 1938.
Copie manoscritte: SCOTI(ca. 1730), carte sciolte tra pp. 54 e 55; CICOGNA1831, p. 70.
Disegni manoscritti o stampati: AZZONIAVOGARO1760, p. 263, a stampa; FAPANNIms. 1355, I, p. 231.
Edizioni: BURCHELATI1616, I, p. 219; UGHELLI, V, col. 490; AASS 1737, Maii, t. I, sub die II, p. 270; CAP- PELLETI1854, X, pp. 602-603; COLETTI1911, p. 52 e foto parziale a p. 48; MARCHESAN1923, II, p. 354; COLETTI
1935, p. 225; MICHIELI1938, p. 28 e foto; SARTORETTO1969, p. 21; MICHIELI1988, p. 55.
Riproduzioni: ASFTV, fondo Fini, s. n.
Rel(i)q(uiae) s(an)c¯(t)or(um) c¯(on)fes(sorum) atq(ue) ep¯(iscop)or(um) Floren-
tii et Vindemial(is).
1. COLETTIReliquie.
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