dall’art.2428 c.c.
2.1 Le informazioni di carattere generale
2.1.1 L’analisi fedele, equilibrata ed esauriente della situazione della società e dell’andamento e del risultato di gestione
2.1.1.1 Gli indicator
Il comma 2 dell’art. 2428 c.c., come riportato nel paragrafo precedente, richiede esplicitamente che vengano utilizzati e riportati nella relazione sulla gestione gli indicatori, sia finanziari che non, necessari ad una corretta comprensione della situazione della società e dell’andamento e del risultato della gestione. Tali indicatori quindi assumono il compito di collegare i riferimenti quantitativi ai principali aggregati di bilancio con le relative dinamiche createsi negli esercizi precedenti al fine unico della verifica dell’esistenza o meno di condizioni di equilibrio patrimoniale, finanziario ed economico.56
Guardando alla qualità informativa della relazione sulla gestione, l’utilizzo di tali indici ed il loro commento hanno un ingente ruolo informativo per i portatori di interesse societari poiché favoriscono la conoscenza e l’interpretazione dell’andamento della gestione sia in ambito economico che finanziaria e permettono di far emergere le cause determinanti i risultati di bilancio in esso riportati.
Il legislatore non ha dato specifiche disposizioni riguardo alla scelta della tipologia e della quantità degli indici da includere nella relazione sulla gestione lasciando scelta discrezionale ai redattori del documento e alla loro volontà comunicativa; sarà quindi compito degli amministratori stabilire le misure di performance ritenute più opportune ai fini di una compiuta illustrazione della situazione sociale, sempre tenendo conto del settore in cui opera, delle caratteristiche e delle dimensioni specifiche dell’impresa in analisi57.
55 Condini Marcello e Bonafini Michela, La relazione sulla gestione fra nuovi indicatori e nuove informazioni richiesti
dal comma 1 bis dell’art. 2428 c.c., in Le Società, n.7/2009, pag.827.
56 Menicucci Elisa in La relazione sulla Gestione nel reporting delle imprese: un percorso di lettura e di indagine
ispirato dai principi IAS/IFRS, Franco Angeli, Milano, 2012, pag. 113 ribadisce infatti che: “Come noto, nella dottrina economico-‐aziendale e nella prassi contabile italiana gli indici, intesi come quozienti o margini di natura contabile, sono ritenuti i primari strumenti utilizzabili dall’analista per l’interpretazione dei dati di bilancio e per l’analisi delle condizioni di equilibrio patrimoniale, finanziario ed economico della gestione aziendale.”
57 Riguardo la tendenza delle aziende all’inserimento di indicatori all’interno della relazione sulla gestione il ricercatore
Gli indicatori possono innanzitutto essere distinti in indicatori quantitativi e indicatori qualitativo-descrittivi. L’indicatore quantitativo è rappresentato da un valore numerico sintetico, un indice, un margine o una serie storica, mentre l’indicatore qualitativo va a narrare gli aspetti gestionali operativi che richiedono una descrizione qualitativa58, come
ad esempio quelli inerenti a tematiche ambientali e sociali. Per aumentare la capacità informativa insita negli indicatori è fondamentale l’inserimento dell’aspetto evolutivo- temporale degli stessi, ossia gli indicatori devono essere relativi ad almeno due esercizi consecutivi ed in particolare a quello di chiusura d’esercizio e a quello precedente. Tale caratteristica permette la comparazione con gli andamenti trascorsi e lo studio delle cause degli scostamenti intervenuti in un arco temporale maggiore al singolo esercizio e la comparazione con la situazione delle altre società concorrenti59.
Se si cerca comunque di distinguere i vari indicatori esistenti in due macro-categorie è possibile discernere le due principali categorie di indicatori da inserire nella relazione:
• Gli indicatori di risultato finanziari;
• Gli indicatori non finanziari ma pertinenti all’attività specifica d’impresa.
campione casuale di 100 società industriali e di servizi quotate nella Borsa di Milano, riportata nell’articolo Gli
indicatori di performance nella relazione sulla gestione, in Amministrazione & Finanza, n.5/2010, pag.76, i cui risultati della ricerca evidenziano “uno scarno utilizzo in sede di comunicazione economico-‐finanziaria dei dati richiesti dall’art.2428 c.c.. Gli indicatori più diffusi risultano essere dati reperibili anche attraverso altre fonti (ad esempio i dati di Borsa) oppure ricavabili dall’utente del rapporto annuale […] Poco utilizzati gli indicatori, soprattutto non finanziari, che discutono le potenzialità competitive dell’azienda. […] In un contesto normativo che consente elevata flessibilità ai redattori è verosimile ipotizzare che i disincentivi alla comunicazione esterna delle informazioni abbiano prevalso sull’impulso del legislatore e sulle proposte della prassi. Gli indicatori di performance possono certamente segnalare le potenzialità reddituali e finanziarie prospettiche, riducendo l’asimmetria informativa tra management e stakeholder esterni, ma la loro diffusione può comportare costi competitivi molto elevati per l’emittente. Essi inoltre possono consentire una valutazione più attenta da parte degli azionisti dell’operato del management, che può risultare quindi disincentivato alla loro diffusione.”
58 Avi Maria Silvia, in La relazione sulla gestione obbligatoria ma inutile oppure sostanziale “quarto elemento” del
bilancio?, in Il fisco, n.7/2014, pag.628, specifica che: “Gli indicatori “non finanziari pertinenti all’attività specifica della società” riguardano invece i vari indici che misurano efficienza, sviluppo, produttività, innovazione, rapporti con la clientela, posizionamento strategico e/o di mercato, ecc.”
59 Salvadeo S. e Tedeschi G. in Analisi di bilancio: gli indicatori finanziari della relazione sulla gestione, in Bilancio e
reddito d’impresa, n.7/2010, pag. 32, specificano che “Una comparazione degli andamenti nel tempo della società è fondamentale per due ordini di lettura: una per esaminare gli andamenti e le tendenze della società nel suo dinamico andamento, l’altra per confrontare gli andamenti e la struttura della società con gli andamenti di altre società concorrenti operanti sul mercato nel medesimo settore.”
2.1.1.1.1 Gli indicatori finanziari
Il legislatore nazionale richiede specificatamente nel testo del comma 2 dell’art. 2428 c.c. l’inserimento, nella relazione sulla gestione, di indicatori finanziari. Andando in primis ad analizzare il termine “finanziari” utilizzato nella norma, si apre subito una contestazione alla traduzione del termine “financial” adottata dallo stesso legislatore nel recepimento delle indicazioni inserite nella Direttiva comunitaria. Il termine “finanziario”, infatti, va considerato in senso ampio senza andare a precludere agli amministratori sociali la possibilità di inserire nella relazione indicatori a carattere patrimoniale ed economico che se analizzati congiuntamente risultano in grado di rappresentare in modo fedele, equilibrato ed esauriente la stato di salute della gestione sociale nei vari e complementari aspetti che la caratterizzano60. Gli indicatori finanziari, dunque, vanno intesi come
“indicatori di tipo quantitativo estrapolabili dalla contabilità generale, vale a dire valori di sintesi calcolati sui dati di bilancio e che, sotto forma di margini ed indici, sono utilizzati nell’ambito dell’ “analisi di bilancio”. 61 A causa della loro derivazione proprio dalla
contabilità generale, però, va evidenziato che attraverso la stessa relazione sulla gestione vanno messi a conoscenza degli utilizzatori esterni i seguenti aspetti informativi:
• La descrizione dei criteri utilizzati per la rielaborazione dei dati contabili; • Il metodo di calcolo adottato per la quantificazione degli indicatori; • L’esposizione dei valori degli indicatori nel periodo considerato; • La spiegazione dei risultati degli indicatori.
Le richieste informative appena elencate permettono una comprensione più oggettiva dell’analisi svolta e dunque una maggior affidabilità data al ruolo informativo insito della relazione sulla gestione. Questa richiesta di oggettività interpretativa degli indicatori nasce dalla soggettività degli studi condotti dalla dottrina, infatti, come evidenziato dalla Avi, “mettendo a confronto più studiosi, spesso si nota che ad un medesimo indice sono attribuiti nomi diversi o, al contrario, più ratios completamente differenti fra loro sono identificati con il medesimo acronimo. Va da sé che tali indicatori assumano significati diversi a seconda della modalità di costruzione del quoziente, con la ovvia conseguenza che
60 Anche il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili precisa nel suo documento del 14
gennaio 2009, intitolato La relazione sulla gestione dei bilanci d’esercizio alla luce delle novità introdotte dal D.Lgs. 32/2007, ha precisato che “Il termine “indicatori finanziari” è, …, utilizzato in modo improprio dal legislatore e si ritiene che, più correttamente, esso comprenda gli indicatori desumibili dalla contabilità generale, atti a illustrare in modo più completo la situazione aziendale.”
associare ad un acronimo un risultato, in assenza di specifiche su come l’indice è stato determinato, può rivelarsi un’operazione inutile o, addirittura, pericolosamente fuorviante.”62 In tali situazioni, purtroppo frequenti nella prassi63, si vanno così a delineare
problematiche comunicative tra impresa e portatori di interesse che portano con sé conseguenze negative per la società stessa e la sua credibilità nel mondo del mercato. Un altro ostacolo da superare per evitare una distorsiva interpretazione dei valori degli indici è data dalla possibile incorrettezza nella creazione degli aggregati utilizzati per la costruzione degli indici stessi. Essendo gli indici finanziari strettamente correlati ai valori presenti in bilancio, una rilevazione errata di una posta è alla base di risultati d’indice fuorvianti in quanto totalmente privi di significato.
Essendo la norma sprovvista di riferimenti specifici è intervenuto il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (d’ora in poi CNDCEC), con il già citato documento datato 14 gennaio 2009, a fornire una base interpretativa della norma ai fini attuativi della stessa.
Secondo quanto riportato in tale documento il primo passaggio da svolgere in sede di costruzione degli indici da fornire nella relazione sulla gestione, quindi, consiste nella riclassificazione64 degli schemi di bilancio in modo da evidenziare gli aggregati necessari
alle esigenze dell’analisi e, come base interpretativa, il documento del CNDCEC ha proposto la seguente riclassificazione omogenea degli schemi di bilancio in modo tale da rendere possibile il confronto tra società operanti nello stesso settore. Per il conto economico è stato suggerito il criterio di riclassificazione funzionale o della pertinenza gestionale, il quale deve essere riportato nella relazione sulla gestione obbligatoriamente
62 Avi Maria Silvia, in La relazione sulla gestione obbligatoria ma inutile oppure sostanziale “quarto elemento” del
bilancio?, in Il fisco, n.7/2014, pag.629.
63 Avi Maria Silvia, in La relazione sulla gestione obbligatoria ma inutile oppure sostanziale “quarto elemento” del
bilancio?, in Il fisco, n.7/2014, pag.632, afferma che: “Sebbene le affermazioni apodittiche possano sempre essere smentite, chi scrive ritiene di poter affermare che almeno il 95% delle società, pur esplicitando nella relazione sulla gestione indicatori di varia natura, non fornisce la chiave interpretativa degli stessi, ossia non divulga né i criteri di calcolo degli indicatori né tantomeno le basi dottrinali riclassificatorie in cui tali indici affondano le proprie radici logiche e di calcolo, quindi molto spesso gli indicatori forniti sono di difficile interpretazione in quanto risulta assente la base teorica su cui tali valori sono determinati.”
64 Avi Maria Silvia in Il bilancio: utilità e limiti, in Analisi del merito di credito, a cura di Biffis Paolo, Avi Maria Silvia,
Tagliavini Giulio, Zen Francesco, EIF-‐e.book, Venezia, 2014, pag.93 ha infatti specificato che: “È noto che il bilancio, output della contabilità generale, se non adeguatamente rielaborato, impedisce di formulare qualsiasi giudizio sulle condizioni aziendali; ma solo un’adeguata riaggregazione dei valori rilevanti in SP e CE secondo un ordine causale, seguito dalla identificazione di validi indicatori performance, consentono di sviluppare un’analisi affidabile e coerente sulla situazione economico-‐finanziaria.”
solo dalle società di grandi dimensioni65. Tale tipologia di riclassificazione del conto
economico civilistico permette di individuare per ciascun’area di operatività aziendale la propria parte di risultato d’esercizio generato. Lo schema risultante da tale riclassificazione sarà il seguente: