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L’indice di distanza

Per approfondire il tema della distanza dei mercati di sbocco per le esportazioni agroa- limentari dell’Italia è stato qui utilizzato il database GeoDist (Mayer e Zignago, 2005) che offre dati omogenei sulle distanze tra Paesi, generalmente utilizzate nei cosiddetti gravity

models (De Benedictis e Salvatici, 2011). Il data base ha il vantaggio di rendere le distanze

confrontabili in modo coerente e omogeneo, tenendo conto della struttura policentrica di molti dei 225 Stati presi in considerazione e quindi dando un certo peso anche alle distanze interne (Cepii, 2011). Il data base tiene conto delle distanza tra due Paesi sulla base delle distanze bilaterali tra le principali città dei due Paesi considerati, ognuna di esse ponderate per la quota detenuta dalla singola città sulla popolazione complessiva del Paese di appartenenza (Head e Mayer, 2002).

La distanza dei mercati di sbocco delle esportazioni agroalimentari italiane in riferimento alle prime 50 destinazioni è stata pesata per la loro quota sul totale delle esportazioni agroa- limentari del nostro Paese. Va tenuto presente che le prime 50 destinazioni raggiungono una copertura del totale superiore al 90% in tutti i bienni considerati.

In questo modo, si è ottenuto un indice della distanza D delle esportazioni (o di disper- sione) così calcolato:

DIJ = ΣdIJ*xIJ/XI

in cui d è la distanza tra l’Italia e i primi 50 Paesi di destinazione dei prodotti esportati dal- l’Italia (I), x è il valore delle esportazioni italiane verso il Paese J e X è il totale delle espor- tazioni agroalimentari italiane (date come somma dei valori delle prime 50 destinazioni).

L’indice ha valore positivo se il Paese per cui si calcola effettua delle esportazioni e ha particolare significato se letto in progressione nel tempo o se confrontato tra categorie di pro- dotti diversi.

L’andamento dell’indice di distanza per l’Italia è riportato nella figura 3.5; posto a 100 il suo valore nel biennio 1996/97, esso raggiunge il suo massimo

Figura 3.5 - Indice di distanza delle esportazioni agroalimentari italiane (1996/97 = 100) 106,0 105,0 104,0 103,0 102,0 101,0 100,0 99,0 98,0 97,0 1996/97 2000/01 2005/06 2010/11

Dall’andamento dell’indice, si ha una conferma di quanto già evidenziato, in modo più descrittivo, nel capitolo 2, e cioè una tendenza riconosciuta alla prossimità e alla gravitazione come determinanti dell’orientamento commer- ciale agroalimentare, anche se negli ultimi anni si assiste ad una riduzione della concentrazione delle vendite all’estero.

In sostanza, dall’indice si evidenzia come, a partire dalla seconda metà del decennio scorso si sia verificata una contrazione delle distanza coperta dalle merci agroalimentare italiane. Ciò può essere dovuto sia alla perdita di impor- tanza di partner geograficamente lontani, o anche, di converso, all’aumento del peso di partner relativamente più vicini. Quest’ultimo è certamente il caso dei Paesi dell’Est europeo, che hanno visto incrementare molto il loro ruolo di acquirenti di prodotti italiani a seguito dell’ingresso nell’Ue. Tuttavia, può es- sere anche legato al fatto che nel tempo è avvenuta una sostituzione di partner “distanti” i cui flussi di acquisto dall’Italia hanno pesi molto diversi (ad esem- pio, i Paesi americani, inclusi gli Usa, la cui incidenza nell’indice di distanza si è molto ridotta, rispetto a nuovi partner quali Cina e Corea, il cui peso sulle vendite italiane è ancora piuttosto modesto).

Allo stesso modo è stato calcolato l’indice D per i prodotti del made in Italy agroalimentare (30 voci). Il risultato del calcolo dell’indice per questo sot- toinsieme di prodotti è presentato nella figura 3.6.

La somiglianza tra le due figure non deve stupire, e anzi conferma il fatto che la maggior parte delle esportazioni italiane agroalimentari coincidano con

Figura 3.6 - Indice di distanza delle esportazioni del made in Italy agroalimentare (1996/97 =100) 106,0 107,0 105,0 104,0 103,0 102,0 101,0 100,0 99,0 98,0 97,0 1996/97 2000/01 2005/06 2010/11

quelle del made in Italy. Tuttavia, va sottolineato come, in entrambi i casi, vi siano movimenti molto interessanti nei partner commerciali del nostro Paese. Ad esempio, i dati mostrano l’importanza crescente di molti dei Paesi dell’Est Europa, nuovi Stati membri dell’Ue, come mercati di sbocco (Antimiani, De Filippis e Henke, 2006; Antimiani et al. 2012), che entrano progressivamente tra le prime 50 destinazioni ma con quote di mercato, tutto sommato, ancora modeste, mentre tendono a fuoriuscire Paesi più distanti, quali quelli africani e del Sud America (come, ad esempio, l’Argentina). Altre destinazioni “di- stanti” che, al contrario, mostrano quote di mercato piccole ma molto dinami- che sono la Cina, il Sud Africa e la Corea. Un eventuale aumento in futuro delle quote di questi Paesi comporterà un aumento sensibile dell’indice di di- stanza per le esportazioni italiane.

Interessante è anche il confronto tra i due set di valori assoluti di distanze (tabella 3.5). Esso ci dice innanzitutto come la distanza per le esportazioni dei prodotti del made in Italy sia maggiore rispetto al complesso dei prodotti agroa- limentari. In media, tale maggiore dimensione è del 13%. Ciò si presta a diverse interpretazioni: in primo luogo i prodotti del made in Italy hanno una più vasta platea di clienti nel mondo rispetto a prodotti meno riconoscibili; inoltre, trat- tandosi in gran parte di prodotti trasformati, riescono a viaggiare su più lunghe distanze con una minore incidenza dei costi di trasporto sui costi complessivi.

in Italy sono più elevate rispetto ai prodotti alimentari nel complesso. Inoltre, si evince che complessivamente la distanza delle esportazioni del made in Italy aumenta del 2,4%, contro l’1,8% del totale agroalimentare. Nonostante, dun- que, andamenti simili nella dinamica degli indici del totale agroalimentare e dei prodotti made in Italy, si conferma una maggiore capacità dei prodotti tipici ita- liani di accedere a mercati più distanti e di mantenere comunque quote più ampie, anche in fase di contrazione della distanza.

Tabella 3.5 - Indici di distanza (valori assoluti e variazioni %)

Totale agroalimentare Totale made in Italy

1996/97 227.799 255.536 2000/01 235.574 263.195 2005/06 240.341 269.852 2010/11 231.816 261.732 2001/01-1996/97 3,4 3,0 2005/06-2000/01 2,0 2,5 2010/11-2005/06 -3,5 -3,0 2010/11-1996/97 1,8 2,4

3.4. G

LI INDICI DI SOPHISTICATION

Nelle pagine seguenti si analizza la complessità degli scambi agroalimen- tari attraverso una famiglia di indicatori che misurano il livello di sophistica- tion di ogni bene esportato e di ogni Paese esportatore: i cosiddetti indici Prody ed Expy (Lall et al., 2006; Hausman et al., 2007).

Con il concetto di sophistication si designa un insieme di caratteristiche in- corporate nei beni, quali la tecnologia, il design, i diversi attributi di qualità e il grado di diversificazione, dalle quali dipende in larga parte il tipo di con- correnza che si instaura sul mercato e il livello di redditività. Nell’ipotesi alla base dell’uso di questi indicatori, tali caratteristiche sono correlate al livello del reddito pro capite dei Paesi esportatori. In particolare, questi indicatori de- scrivono in modo sintetico ed efficace il tipo di mercato nel quale un Paese si trova a competere per un dato prodotto e, quindi, indirettamente, le sue poten- zialità in termini di capacità di remunerazione delle risorse impiegate nel pro- cesso produttivo.

I vantaggi principali che derivano dall’utilizzo di questi indicatori consi- stono nella facilità di reperimento dei dati necessari alla loro costruzione, nella semplicità di calcolo e interpretazione, nella capacità di sintetizzare efficace- mente una grande mole di informazioni attraverso la determinazione di gra-

duatorie e tendenze evolutive (Di Maio e Tamagni, 2008; Hausman et al., 2007; Kamakura, 2007).

L’idea sottostante è che un Paese ad alto Pil, per definizione, è nell’insieme in grado di remunerare meglio le risorse impiegate nei diversi processi pro- duttivi e, dunque, anche in quelli che generano prodotti offerti sui mercati in- ternazionali. Dunque, l’indice Prody associato ad ogni bene esportato fornisce, indirettamente, una indicazione sintetica del suo livello di sophistication. Inol- tre, l’indice fornisce informazioni sul tipo di Paesi che esportano un dato bene e, quindi, sul tipo di concorrenza che il prodotto incontra sui mercati interna- zionali (Lall et al., 2006).

Il livello di sophistication di un prodotto o di un paniere di prodotti espor- tati da un Paese è visto come uno degli elementi da cui può dipendere la sua capacità esportativa, ovvero la sua collocazione internazionale. Naturalmente, alcune determinanti fondamentali dei flussi commerciali non vengono catturate dalla misura della sophistication. Ad esempio, tra i fattori che contribuiscono a determinare i flussi commerciali e la competitività di un Paese sui mercati mondiali vanno ricordati il ruolo delle risorse naturali, della dotazione di ca- pitale sia fisico che umano, dei costi di trasporto, della tecnologia, delle infra- strutture, della qualità delle istituzioni e del contesto sociale, della presenza di economie di scala e di esternalità localizzative, delle esternalità generate da reti di imprese e altro ancora. La misura della sophistication, quindi, presenta alcune limitazioni che rendono necessario il suo uso in modo complementare ad altre misure.

Applicando, come in questo caso, gli indici ad uno specifico settore del commercio internazionale, se ne possono valorizzare le informazioni in ter- mini di collocazione commerciale dei beni esportati. In quest’ottica, è interes- sante guardare alla dinamica temporale degli indici. L’evoluzione della misura del Prody nel corso del tempo, infatti, consente di apprezzare eventuali processi di delocalizzazione geografica del commercio dovuti a cambiamenti nella spe- cializzazione delle esportazioni dei Paesi. Tali cambiamenti, naturalmente, pos- sono a loro volta essere la conseguenza di processi di trasformazione del tessuto produttivo di un dato Paese della più varia natura e dovuti a cause diverse, de- terminabili solo con analisi ad hoc di maggiore dettaglio e approfondimento.

L’altro indice di sophistication qui utilizzato, l’Expy, fornisce un ranking dei Paesi che dà un’indicazione sintetica del livello relativo di sophistication delle sue esportazioni e consente di fare confronti immediati. In particolare, confrontando il livello del reddito pro capite di un Paese con il suo indice Expy e con quelli di Paesi di analogo Pil, si possono trarre indicazioni sull’adegua- tezza della sua specializzazione, ovvero sulla sua capacità di generare valore aggiunto e di sfuggire alla concorrenza di Paesi a più basso reddito che in ge- nere godono, coeteris paribus, di una più intensa competitività di prezzo.

Calcolando la variazione di questo indice si ha una misura di come il posi- zionamento del Paese è cambiato nel tempo. Un Paese le cui esportazioni sono orientate in favore di prodotti con indice di sophistication che si riduce nel tempo è un Paese la cui competitività rischia di essere compromessa da una specializzazione produttiva inadeguata a valorizzare le risorse presenti e vero- similmente andrà incontro ad una crescente concorrenza da parte dei prodotti meno sofisticati di Paesi a più basso reddito, capaci di esercitare una più intensa concorrenza di prezzo.

Questo è proprio quanto sarebbe accaduto per l’Italia, secondo Di Maio e Tamagni (2008), che hanno analizzato l’evoluzione della sophistication delle

esportazioni italiane nell’arco di un ventennio3. Questo tipo di analisi sembra

di particolare interesse anche nel caso dei prodotti agroalimentari in quanto si tratta di mercati ai quali i Paesi a medio-basso reddito hanno avuto negli ultimi anni relativamente maggiore facilità di accesso, entrando nel novero degli esportatori, sia a causa del processo di liberalizzazione che ha interessato que- sti mercati, sia a seguito di una accresciuta capacità produttiva (in senso quan- titativo e qualitativo) di alcuni Paesi emergenti.