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Come sottolineato in precedenza, tale misura di performance aggiustata per il rischio prevede il confronto tra rendimento del fondo e il tasso privo di rischio preso come riferimento nel mercato considerato. Solitamente è un tasso d’interesse bancario o il rendimento che viene associato a titoli di stato a brevissima durata di paesi considerati affidabili (esempio: Tresury Bond USA a tre mesi) .

Essendo molto semplice da computare, l’indice di Sharpe è stato fin dalle sue origini (1964) molto utilizzato in letteratura. In tal sede, si fa tuttavia riferimento a tre articoli ritenuti significativi per capire l’evoluzione del fenomeno degli strumenti etici nel tempo, il primo datato a metà anni novanta (1995), il secondo a metà anni duemila (2006) e l’ultimo più recente (2010) che prevede una rivisitazione di quanto detto nell’elaborato di Hamilton, Jo e Statman (1993). In Mallin, Saadouni e Briston (1995), gli autori prendono in considerazione dal

database Finstat l’intera popolazione di fondi etici presente in Inghilterra tra il 1986 e il 1993 (29 fondi) e a ciascuno di questi abbinano un fondo non etico omogeneo per età e dimensione. Per entrambe le categorie ne calcolano i rendimenti mensili sulla base dei prezzi di chiusura aggiustati forniti da Datastream e ne calcolano l’indice di Sharpe, prendendo come tasso di riferimento privo di rischio il Three-month Treasury Bill.

Ciò che emerge dall’analisi dei risultati è che solo in 14 casi su 29 i fondi etici hanno sovraperformato i rispettivi fondi tradizionali e quindi si può concludere che, con l’utilizzo di tale misura, non si rilevano significative differenze tra le due categorie di fondi.

La medesima analisi è stata svolta anche utilizzando l’indice di Treynor e l’alfa di Jensen (CAPM uni-fattoriale) ed il risultato ha confermato la precedente conclusione.

Allo stesso risultato sono giunti anche Benson, Brailsford e Humphrey (2006), i quali, analizzando le performance di 185 fondi socialmente responsabili americani tra il 1994 e il 2003 non hanno riscontrato significative differenze con i fondi tradizionali abbinati secondo la già citata “matched pair analysis”, tranne che per l’anno 2003. Questi ultimi hanno anche confrontato il diverso costo a cui il sottoscrittore è sottoposto (tassazione e spese di gestione) nel caso in cui decida di scegliere un investimento piuttosto che l’altro, ma anche in tale caso non sono emerse divergenze significative.

Questi risultati possono essere letti alla luce di quelli che si ottengono dall’applicazione del modello CAPM multi-fattoriale che verrà meglio esplicitato in seguito: non trovando sostanziali differenze nell’industry allocation così come nell’abilità del gestore di selezionare i titoli migliori all’interno di ogni settore (α di Jensen), si può affermare che le due categorie di fondi trattati hanno caratteristiche simili e pertanto è facile aspettarsi che anche le loro performance lo siano.

In Chang e Witte (2010), i due economisti sono invece pervenuti ad un differente risultato rispetto alla letteratura passata.

Nell’analisi svolta, i due autori hanno considerato i fondi etici disponibili sul mercato americano nel periodo che va dal 1993 al 2008 (Morningstar, 31 Marzo

2008) suddividendoli nelle seguenti quattro categorie: Domestic Stock Funds, International Stock Funds, Balanced Funds e Fixed-Income Funds. A loro volta, queste ultime sono state suddivise rispettivamente in sei, due, cinque e tre sottocategorie (tabella 4.1).

Tabella 4.1: Numero di fondi disponibili sul mercato americano

(periodo: 1993-2008)

Fonte: Chang e Witte (2010)

Come si nota dalla tabella, inoltre, i dati sono stati suddivisi in quattro sottoperiodi relativi agli ultimi 3, 5, 10 e 15 anni e per ognuno di essi si è abbinato il corrispondente insieme di fondi comuni d’investimento complessivamente disponibili sul mercato. Per esempio, considerando gli ultimi 3 anni il numero di fondi SRI disponibili sul mercato era 184 su un numero complessivo di fondi comuni d’investimento pari a 11913.

Ciò che è emerso dal calcolo dell’indice di Sharpe è che, in media, i fondi SRI hanno sottoperformato quelli tradizionali e che quindi alla responsabilità sociale

sembra debba essere associato un costo, in termini di riduzione di performance.

Questo risultato, contrario a quanto detto generalmente in letteratura, può essere spiegato dal fatto che, le classiche misure di performance, come l’indice di Sharpe e l’alfa di Jensen, non considerano tutta una serie di elementi, quali i costi di gestione, la tassazione, la movimentazione di portafoglio che, a parità del rischio, possono incidere sulla performance stessa del fondo. I fondi etici, infatti, hanno il vantaggio di essere caratterizzati da più bassi “Expense Ratio”, “Turnover Ratio” e “Tax Cost Ratio” così come da un minor rischio, ma ciò, spesso, si traduce in un minor rendimento e quindi in una misura di performance che assume valori inferiori.

Tuttavia, se si analizzano i risultati per singola categoria di fondo, si nota come essi siano eterogenei: mentre i fondi azionari domestici esibiscono un indice di Sharpe sempre inferiore rispetto ai fondi tradizionali, i fondi a reddito fisso ne presentano in media uno più elevato; nel mezzo si stabiliscono i fondi azionari internazionali che, come conferma anche la letteratura passata (Bauer e al., 2005), non mostrano significative differenze di performance rispetto ai fondi tradizionali.

La tabella 4.2 mostra in sintesi quanto esposto in questo paragrafo.

Tabella 4.2: Risultati ottenuti con l’indice di Sharpe

ARTICOLO DATI TASSO PRIVO DI RISCHIO

RISULTATI ALTRI RISULTATI Mallin, Saaudoni, Briston (1995) UK 1986-1993 Three-month Treasury Bill

SR* fondi SRI NON

SIGNIFICATIVAMENTE ≠

SR fondi non SRI Benson, Brailsford,

Humphrey(2006)

USA 1994-2003

SR fondi SRI NON

SIGNIFICATIVAMENTE ≠

dal punto di vista statistico SR fondi non SRI tranne nel 2003

Non ci sono differenze significative neanche a livello di tassazione e spese di gestione (2003) Chang e Witte (2010)→rivisitazione Hamilton, Jo e Statman (1993) USA 1993-2008

Performance fondi SRI < Performance fondi non SRI →Investire nella responsabilità sociale ha un costo

-SRFs più bassi Expense Ratio, Turnover Ratio, Tax Cost Ratio rispetto fondi convenzionali

ARTICOLO DATI TASSO PRIVO DI RISCHIO

RISULTATI ALTRI RISULTATI -Non c’è omogeneità nei costi legati agli investimenti socialmente responsabili SR* = Sharpe Ratio

Come precisato nel capitolo 2, ciò che differenza l’indice di Treynor dall’indice di Sharpe è il valore che viene posto al denominatore, il quale non rappresenta più la volatilità complessiva associata al rendimento del fondo ma solo quella legata al rischio sistematico o di mercato. L’importanza di quest’ultima tipologia di rischio è emersa in particolare nell’ultima crisi finanziaria (2008) e ha mostrato come l’effetto contagio non possa essere trascurato, poiché è una possibile fonte di fallimenti e di perdite di dimensioni enormi.

Come anticipato precedentemente, l’analisi condotta da Mallin, Saadouini e Briston (1995) attraverso l’utilizzo dell’indice di Treynor ha portato alle stesse conclusioni rispetto al caso in cui è stato applicato l’indice di Sharpe, ossia che non vi sono significative divergenze nei valori di performance associati ai fondi socialmente responsabili e a quelli che non lo sono. Una possibile spiegazione di ciò può derivare dagli elementi comuni che questi due indicatori contengono (rendimento del fondo, tasso privo di rischio, rischio di mercato).

Nell’analisi condotta, non sono stati trovati ulteriori lavori significativi in letteratura che utilizzassero tale misura di performance e pertanto, dopo aver riportato la tabella 4.3, si passa alla trattazione della misura di performance aggiustata per il rischio successiva.

Tabella 4.3: Risultati ottenuti con l’indice di Treynor

ARTICOLO DATI TASSO PRIVO DI RISCHIO

RISULTATI ALTRI RISULTATI Mallin, Saaudoni, Briston (1995) UK 1986-1993 Three-monthTreasury Bill

TR* fondi SRI non

significativamente ≠TR fondi non SRI