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INDUSTRIA IN SENSO STRETTO

Nel documento Consuntivo 2013 (.pdf 1.4mb) (pagine 118-138)

La struttura del settore. L’industria in senso stretto (estrattiva, manifatturiera, energetica,) dell’Emilia-Romagna si articolava a fine 2013 su quasi 48.000 imprese attive (11,5 per cento del totale del Registro delle imprese), in gran parte manifatturiere (96,9 per cento del totale) e su un'occupazione valutata, secondo l’indagine sulle forze di lavoro, in circa 508.000 addetti, di cui circa 458.000 alle dipendenze, equivalenti al 26,2 per cento del totale degli occupati (20,2 per cento in Italia).

Figura 7.1 – Produzione industriale dell’Emilia-Romagna. Periodo primo trimestre 1989 – quarto trimestre 2013. Variazioni percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

‐20,0 

‐15,0 

‐10,0 

‐5,0  0,0  5,0  10,0  15,0 

I.89 IV.89 III.90 II.91 I.92 IV.92 III.93 II.94 I.95 IV.95 III.96 II.97 I.98 IV.98 III.99 II.2000 I.2001 IV.2001 III.2002 II.2003 I.2004 IV.2004 III.2005 II.2006 I.2007 IV.2007 III.2008 II.2009 I.2010 IV.2010 III.2011 II (*) I.2013 IV.2013

Fonte: elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia e statistica Unioncamere Emilia-Romagna.

Secondo Prometeia, il valore aggiunto del 2013 è ammontato, a valori correnti, a 31 miliardi e 250 milioni di euro, con un contributo alla formazione del valore aggiunto ai prezzi di base totale, equivalente al 24,6 per cento (18,3 per cento in Italia). Nel 2013 l’export è ammontato a circa 49 miliardi e 696 milioni di euro, equivalenti al 13,2 per cento del totale nazionale.

Un altro connotato del settore è rappresentato dalla forte diffusione delle imprese artigiane. A fine 2013 quelle attive erano 30.811 sulle circa 331.000 del Paese, prevalentemente concentrate nella fabbricazione e lavorazione di prodotti in metallo (escluse le macchine), alimentari e di prodotti della moda. L’incidenza dell’artigianato sul totale delle imprese è stata del 64,3 per cento, più elevata del valore medio nazionale del 61,6 per cento.

L’evoluzione del reddito. Secondo lo scenario di Unioncamere Emilia-Romagna-Prometeia divulgato a fine maggio, nel 2013 il valore aggiunto ai prezzi di base è diminuito in termini reali del 2,5 per cento nei confronti dell’anno precedente, in misura tuttavia più attenuata rispetto all’andamento del 2012 (-3,6 per cento). E’ da evidenziare che il perdurare della recessione ha allontanato il ritorno, quanto meno, ai livelli pre-crisi del 2007. Secondo le previsioni dello scenario di Unioncamere Emilia-Romagna-Prometeia, nemmeno nel 2016 l’industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna riuscirà a colmare il gap imposto dalla crisi, registrando un calo reale rispetto al 2007, piuttosto pesante (-7,9 per cento), ma inferiore a quanto previsto per il Paese (-13,3 per cento).

Secondo l’indagine della Banca d’Italia condotta su di un campione di imprese manifatturiere con almeno 20 addetti, il 24 per cento delle imprese ha chiuso il 2013 in perdita, in termini meno accesi rispetto al 2012 (30 per cento). Il 61 per cento delle imprese ha invece riportato un utile, in leggero miglioramento rispetto a un anno prima (60 per cento).

L’andamento congiunturale. Nel 2013 le indagini congiunturali condotte dal sistema camerale nelle imprese fino a 500 dipendenti hanno registrato, per tutto il corso dell’anno, una situazione negativa, che è tuttavia apparsa in attenuazione con il trascorrere dei mesi. L’output dell’industria in senso stretto è pertanto apparso inferiore ai magri volumi del 2009, quando la crisi dovuta ai mutui statunitensi ad alto rischio provocò una straordinaria caduta della produzione pari al 14,1 per cento46.

Tavola 7.1 – Industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna. Periodo 2003-2013.

Mesi di produzione

Grado di Ordinativi Ordinativi assicurati

Produzione utilizzo Fatturato totali esteri Esportazioni dal portaf.

Anni Var.% su impianti Var.% Var.% su Var.% su Var.% ordini

anno preced. in % anno preced. anno preced. anno preced. anno preced. (mesi)

2003 -1,6 - -1,9 -2,1 - -0,3 3,1

2004 -0,5 - -0,4 -0,5 - 1,3 3,2

2005 -0,9 - -0,5 -0,8 - 1,0 3,2

2006 2,3 - 2,7 2,5 - 3,4 3,3

2007 2,1 - 2,2 2,1 - 3,5 3,8

2008 -1,5 - -1,0 -1,9 - 1,3 3,5

2009 -14,1 - -14,3 -14,4 - -7,9 1,8

2010 1,7 - 1,8 2,0 - 2,9 2,4

2011 1,9 - 1,9 1,4 3,1 3,4 2,1

2012 -4,3 79,7 -4,3 -4,8 2,1 1,9 1,9

2013 -2,7 79,8 -2,8 -3,3 2,0 1,8 1,8

Fonte: Indagine congiunturale del sistema camerale. Imprese fino a 500 dipendenti.

Secondo l’indagine della Banca d’Italia inerente le imprese manifatturiere con almeno 20 addetti, il 30 per cento di esse ha chiuso il 2012 in perdita (21 per cento nel 2011), a fronte del 60 cento che ha invece riportato un utile (64 per cento nel 2011).

La produzione. La produzione è apparsa in diminuzione per tutto il corso dell’anno, con un’intensità che è tuttavia apparsa progressivamente più attenuata. Le variazioni trimestrali sono state riassunte da una diminuzione media annua del 2,7 per cento rispetto all’anno precedente (-3,4 per cento in Italia), che ha ulteriormente depresso il volume della produzione, apparso al di sotto dei bassi livelli del 2009.

Il calo della produzione non ha risparmiato alcun settore, anche se occorre evidenziare che ognuno di essi ha registrato diminuzioni annuali più contenute rispetto a quelle riscontrate nel 2012. I cali più intensi hanno riguardato le industrie dei metalli (-4,2 per cento), nelle quali è diffusa la sub-fornitura, e le industrie del legno e mobili (-5,3 per cento). Su quest’ultimo settore può avere pesato la perdurante crisi dell’industria delle costruzioni, poiché è assai diffusa la produzione di materiali per l’edilizia quali porte, infissi, serramenti, ecc..

I cali relativamente più contenuti hanno riguardato l’industria alimentare, che ha registrato un calo dell’1,4 per cento, a conferma della maggiore impermeabilità ai cicli, e la meccanica, elettricità e mezzi di trasporto (-1,6 per cento). Secondo quanto riportato nel rapporto congiunturale della Banca d’Italia, la produzione di prosciutto di Parma è aumentata dello 0,7 per cento, recuperando sul calo dello 0,6 dell’anno precedente, mentre quella di Parmigiano Reggiano del comprensorio localizzato

46 I dati relativi al 2012 non sono comprensivi delle imprese situate nei comuni colpiti dal terremoto del 20 e 29 maggio 2012.

nelle province di Bologna, Mantova, Modena, Parma e Reggio Emilia è diminuita dello 0,8 per cento, dopo l’aumento del 2,3 per cento del 2012.

In una fase di risveglio della domanda estera il settore meccanico si è trovato a essere meno svantaggiato in virtù della spiccata propensione all’internazionalizzazione. E’ da notare che questo settore è stato il solo che nel quarto trimestre ha registrato un aumento tendenziale, seppure contenuto, della produzione (+0,4 per cento), interrompendo una fase negativa di sette trimestri.

Negli altri ambiti settoriali il sistema moda ha ridotto la produzione del 3,5 per cento, raffreddando la caduta rispetto al 2012 (-7,2 per cento). Nell’eterogeneo gruppo delle “altre industrie”, che comprende fra le altre le industrie chimiche e ceramiche, la diminuzione annuale si è attestata al 2,6, dimezzando il calo del 2012.

Ogni classe dimensionale ha accusato un calo della produzione, con un’intensità che anche in questo caso è andata tuttavia in calando nel corso dei trimestri.

La piccola dimensione fino a nove dipendenti ha chiuso il 2013 con la flessione più elevata tra le classi dimensionali (-4,0 per cento), che ha ulteriormente abbassato il livello della produzione, dopo la pesante caduta patita nel 2009. Questa situazione dal sapore nuovamente recessivo – nel 2012 c’è stata una flessione del 6,2 per cento - è da imputare al maggiore sbilanciamento verso il mercato interno, penalizzato dalla crisi dei consumi e alla conseguente scarsa apertura al commercio estero, che non ha permesso di cogliere le opportunità offerte dal miglioramento della congiuntura internazionale. La media impresa, da dieci a quarantanove dipendenti, ha chiuso il 2013 con un bilancio produttivo segnato da una diminuzione del 2,8 per cento, che si è aggiunta alla diminuzione del 4,5 per cento rilevata nel 2012. Le grandi imprese da 50 a 500 dipendenti hanno mostrato una relativa maggiore tenuta, con un calo produttivo del 2,0 per cento, ma anche in questo caso il 2013 ha bissato il negativo andamento del 2012 (-3,4 per cento) sia pure in termini meno accesi. A limitare le perdite sono state le opportunità offerte dalla ripresa della domanda estera, in virtù dell’elevata propensione al commercio estero.

Tavola 7.2 – Produzione dei settori dell’industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna. Variazione percentuale sull’anno precedente. Periodo 2003 – 2013.

Tessili, Meccaniche, Totale

Alimentari abbiglia- elettriche Altre industria

Industrie dei e mento Legno e mezzi di industrie in senso

Anni metalli bevande cuoio, calzature e mobili trasporto manifattur. stretto

2003 -3,0 0,2 -6,9 -0,9 -0,8 -0,3 -1,6

2004 0,5 -0,7 -7,2 3,5 0,3 -0,1 -0,5

2005 -1,6 -0,4 -5,4 -0,6 0,8 -1,0 -0,9

2006 4,3 1,2 1,1 -0,4 2,5 1,5 2,3

2007 2,7 1,2 -0,6 0,6 3,6 0,9 2,1

2008 -2,5 0,8 -3,5 -2,6 -0,5 -2,6 -1,5

2009 -23,7 -1,1 -11,4 -13,9 -15,1 -11,6 -14,1

2010 2,7 -0,4 -2,2 0,4 3,1 0,8 1,7

2011 3,7 0,8 -0,5 -3,1 3,4 -0,4 1,9

2012 -5,6 -2,9 -7,2 -8,6 -2,0 -5,4 -4,3

2013 -4,2 -1,4 -3,5 -5,3 -1,6 -2,6 -2,7

Fonte: Indagine congiunturale del sistema camerale. Imprese fino a 500 dipendenti.

Il grado di utilizzo degli impianti. Il quesito riguardante il grado di utilizzo degli impianti è stato reintrodotto nel primo trimestre 2012. Nel 2013 il valore medio annuo si è attestato al 79,8 per cento, replicando nella sostanza il valore dell’anno precedente.

Tra i settori di attività, la capacità produttiva più elevata, pari all’82,7 per cento, ha riguardato le industrie alimentari, assieme alle industrie meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto (81,3 per cento), vale a dire i due settori che hanno accusato i cali più ridotti della produzione. Di contro, il

rapporto più contenuto ha interessato le industrie del legno e mobili (70,1 per cento), che sono quelle che hanno accusato la diminuzione più consistente della produzione.

La correlazione tra bassa capacità produttiva e cali maggiori del volume della produzione è emersa anche sotto l’aspetto delle classi dimensionali. E’ stata la piccola dimensione, segnata dal più elevato calo della produzione (-4,0 per cento), a far registrare il più basso grado di utilizzo degli impianti (78,8 per cento).

Il fatturato. Come osservato per la produzione, le vendite si sono indebolite con un’intensità che è andata tuttavia in calando nel corso dell’anno. Il fatturato è diminuito su base annua del 2,8 per cento rispetto all’anno precedente (-5,7 per cento in Italia) e anche in questo caso c’è stato un ulteriore abbassamento del già magro livello del 2009, quando si registrò una flessione del 14,3 per cento.

Sotto l’aspetto settoriale, vale esattamente quanto osservato per la produzione. Le flessioni più pronunciate hanno riguardato le industrie dei metalli (-4,5 per cento) e del legno e mobili (-5,8 per cento). Quelle meno consistenti hanno riguardato le industrie alimentari (-0,6 per cento) e meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto (-2,0 per cento). Ogni settore ha registrato una situazione meno negativa rispetto a quella del 2012, fermo restando un livello di vendite che è apparso, per tutti i settori, inferiore a quello del “disastrato” 2009.

Secondo dati provvisori di Confindustria Ceramica, ripresi dal rapporto economico regionale della Banca d’Italia, le vendite di piastrelle, le cui unità produttive sono concentrate nelle province di Modena e Reggio Emilia, sono aumentate del 3,0 per cento in termini nominali. L’incremento ha riguardato solo la componente estera (5,6) a fronte di un ulteriore calo sul mercato italiano.

L’evoluzione del fatturato per dimensione d’impresa ha ricalcato l’andamento descritto in precedenza in merito alla produzione, nel senso che l’intensità della diminuzione delle vendite è apparsa inversamente proporzionale alla dimensione delle imprese. Quelle piccole fino a 9 dipendenti hanno registrato il calo del fatturato più pronunciato (-4,1 per cento), che ha comportato un output ancora più contenuto di quello del 2009. Le medie imprese, da 10 a 49 dipendenti, hanno diminuito il proprio fatturato in misura meno sostenuta rispetto alle piccole imprese (-3,2 per cento) e anche in questo caso è da sottolineare l’ulteriore abbassamento dei già magri livelli del 2009.

Nelle imprese da 50 a 500 dipendenti è stata rilevata la diminuzione più contenuta del fatturato, pari al 2,0 per cento, meno evidente rispetto a quanto rilevato nel 2012 (-3,2 per cento), ma anch’essa causa dell’aggravamento della pesante situazione maturata nel 2009.

Un altro contributo all’analisi dell’evoluzione del fatturato viene dall’indagine congiunturale dell’Osservatorio sulle micro e piccole imprese “Trender”. Sotto tale aspetto il fatturato totale dell’industria manifatturiera è apparso in diminuzione in ogni trimestre determinando un calo annuale del 4,6 per cento, in leggera accelerazione sulla diminuzione del 4,0 per cento rilevata nel 2012. E’ pertanto emersa una tendenza negativa in sintonia con quanto indicato dall’indagine del sistema camerale.

Secondo l’indagine svolta dalla Banca d’Italia su un campione d’imprese manifatturiere con almeno 20 addetti, il fatturato è rimasto invariato rispetto all’anno precedente, dopo la flessione del 2012.

Per il Nord Est c’è stato un incremento dello 0,8 per cento, per l’Italia dello 0,4 per cento.

Gli ordini totali. Alla diminuzione di produzione e vendite non è stata estranea la domanda. Il 2013 si è chiuso con una flessione degli ordini complessivi pari al 3,3 per cento rispetto all’anno precedente (-6,1 per cento nel Paese). Il tono della caduta è andato attenuandosi nel corso dei trimestri, ricalcando quanto descritto per produzione e vendite. Resta tuttavia un andamento negativo che, sommato a quello del 2012 (-4,8 per cento), ha reso ancora più critico il quadro degli ordinativi. Alla luce della ripresa della domanda estera, è stato il mercato interno a deprimere gli ordini totali, penalizzando i settori a esso più orientati.

L’andamento settoriale non ha fatto che riproporre, nella sostanza, quanto commentato in merito a produzione e fatturato. Anche in questo caso l’andamento relativamente meno negativo è venuto dalle industrie meccaniche, elettriche e mezzi di trasporto, che sono quelle più orientate al commercio estero (-2,2 per cento), e alimentari (-1,3 per cento) a conferma, se mai ve ne fosse

bisogno, della loro “impermeabilità” ai cicli sia positivi che negativi. Le situazioni più critiche sono state vissute dalle industrie dei metalli (-4,8 per cento) e del legno e mobili, i cui ordini sono scesi del 6,5 per cento. Come descritto in precedenza, la perdurante crisi dell’industria delle costruzioni, in un settore dove sono presenti numerose imprese dedite alla fabbricazione di serramenti, infissi, ecc. per l’edilizia, è alla base di questa situazione. L’eterogeneo gruppo delle “altre industrie” che comprende, tra gli altri, i comparti ceramico, chimico, carta-stampa-editoria e gomma-materie plastiche, ha visto scendere gli ordinativi del 3,2 per cento, mentre più ampia è stata la diminuzione delle industrie della moda, pari al 4,2 per cento. In entrambi i casi c’è stata tuttavia una situazione relativamente meno pesante rispetto a quella del 2012, segnata da flessioni rispettivamente pari al 5,2 e 8,0 per cento.

In termini di classi dimensionali, ci si riallaccia a quanto osservato per produzione e fatturato, nel senso che l’intensità della diminuzione degli ordini è apparsa inversamente proporzionale alla dimensione delle imprese. Le piccole imprese, da 1 a 9 dipendenti, hanno accusato la flessione più elevata, pari al 4,7 per cento, che ha ulteriormente depresso il livello degli ordinativi, minato dalla pesante diminuzione del 2009 (-14,6 per cento). In una fase di risveglio della domanda estera, la scarsa propensione all’export tipica della piccola impresa diventa uno svantaggio, acuito dal basso profilo del mercato interno. Nelle medie imprese da 10 a 49 dipendenti la situazione è apparsa relativamente meno critica, ma in termini comunque importanti (-4,0 per cento) e tali da appesantire la negativa evoluzione del 2012. Le grandi imprese, da 50 a 500 dipendenti, che sono quelle maggiormente orientate al commercio estero, hanno beneficiato delle opportunità offerte dalla crescita degli scambi internazionali, limitando il calo degli ordini al 2,1 per cento, ma anche in questo caso si è acuita la pesante frattura del 2009, quando venne registrata una flessione prossima al 13 per cento.

Gli ordini esteri. In uno scenario di leggera accelerazione del commercio internazionale di beni e servizi, gli ordini dall’estero (la variabile è stata introdotta nel 2011) sono cresciuti del 2,0 per cento (+0,8 per cento in Italia), a fronte della flessione del 3,3 per cento degli ordini totali. La domanda estera è andata in crescendo dal secondo trimestre, dopo la battuta d’arresto dei primi tre mesi (-1,5 per cento), accompagnando il rallentamento della caduta produttiva. Dall’incrocio tra l’evoluzione degli ordini totali e quelli esteri ne discende, come accennato in precedenza, che è stato il mercato interno a esprimere l’esito più deludente, traducendo i cali dei consumi sia delle famiglie che della Pubblica amministrazione. Come descritto in precedenza, a soffrire maggiormente della crisi del mercato interno sono state le industrie meno orientate alla internazionalizzazione, soprattutto quelle piccole.

Gli ordini dall’estero sono apparsi in crescita nella totalità dei settori. Gli aumenti più consistenti hanno interessato le industrie della moda (+3,0 per cento) e le “altre industrie (+2,7 per cento), mentre più sfumati sono apparsi gli incrementi dei rimanenti settori, soprattutto le industrie dei metalli (+1,1 per cento). E’ da notare che la maggioranza dei settori ha evidenziato un andamento più dinamico rispetto al 2012, con l’unica eccezione delle industrie meccaniche, elettriche e mezzi di trasporto, la cui crescita è stata frenata dal negativo andamento del primo trimestre.

Ogni classe dimensionale ha evidenziato una crescita della domanda estera. Le imprese più strutturate, da 50 a 500 dipendenti, hanno fatto registrare l’aumento più sostenuto (+2,4 per cento), replicando quanto emerso nel 2012. Nelle piccole imprese fino a nove dipendenti l’incremento si è attestato al 2,0 per cento, in accelerazione rispetto all’esito del 2012 (+1,3 per cento). Non altrettanto è avvenuto delle medie imprese, il cui aumento dell’1,3 per cento è apparso più contenuto rispetto all’anno precedente (+1,7 per cento).

Le esportazioni. All’aumento degli ordini dall’estero si è associato un analogo andamento dell’export. Alla crescita dell’1,9 per cento riscontrata nel 2012, è seguito un incremento sostanzialmente dello stesso tenore (+1,8 per cento). Analogamente a quanto avvenuto per gli ordini esteri, le esportazioni sono andate in crescendo dal secondo trimestre, dopo avere scontato, nei primi tre mesi, una diminuzione tendenziale dell’1,5.

In Italia, secondo l’indagine del sistema camerale, l’incremento dell’export è apparso più contenuto (+1,4 per cento), in rallentamento rispetto all’evoluzione del 2012 (+4,9 per cento).

Tutti i settori di attività hanno contribuito alla crescita generale delle esportazioni. Gli aumenti più sostenuti hanno riguardato le industrie della moda (+3,6 per cento) e le “altre industrie” (+3,0 per cento), replicando l’andamento degli ordinativi esteri. Gli incrementi più contenuti sono stati a carico del sistema metalmeccanico. Le industrie dei metalli, che comprendono lavori in sub fornitura, hanno accresciuto l’export di appena lo 0,5 per cento, a causa della difficile situazione vissuta nei primi sei mesi, segnati da un calo dell’1,7 per cento. Nelle industrie meccaniche, elettriche e mezzi di trasporto la crescita delle esportazioni si è attestata all’1,2 per cento, in rallentamento rispetto all’evoluzione del 2012 (+2,7 per cento). Tale andamento è dipeso dal riflusso del primo trimestre (-3,1 per cento).

Ogni classe dimensionale ha concorso all’aumento generale dell’export. Come osservato per gli ordini esteri, l’aumento relativamente più sostenuto, pari al 2,1 per cento, ha riguardato le imprese strutturalmente più orientate al commercio estero, da 50 a 500 dipendenti, che erano quelle che nel 2009 avevano maggiormente risentito della caduta del commercio internazionale. Nel 2012 l’incremento era apparso un po’ più elevato (+2,2 per cento).

Nelle piccole imprese, da 1 a 9 dipendenti, è stata registrata una crescita dell’1,7 per cento, ma in questo caso c’è stata un’accelerazione rispetto all’andamento del 2012 (+1,1 per cento). Nelle medie imprese, da 10 a 49 dipendenti, il 2013 si è chiuso con un incremento dell’1,2 per cento, più contenuto rispetto a quanto avvenuto nell’anno precedente (+1,7 per cento). E da notare che le crescite rilevate nel quadriennio 2010-2013 sono riuscite a recuperare, in ogni classe dimensionale, sulla flessione del 2009.

Il quadro offerto da Trender relativo alle micro e piccole imprese è apparso molto più positivo, con una crescita del fatturato estero pari al 47,9 per cento, che ha brillantemente recuperato sulla flessione 18,6 per cento registrata nel 2012.

Le vendite all'estero dell’industria in senso stretto desunte dai dati Istat, pari a circa 49 miliardi e 696 milioni di euro – i dati si riferiscono all’universo delle imprese - sono apparse in crescita (+2,8 per cento), ma in misura leggermente più contenuta rispetto all’evoluzione del 2012 (+3,0 per cento). Nonostante il rallentamento, in contro tendenza rispetto a quanto avvenuto nel Paese (-0,2 per cento), è da evidenziare che i ricavi derivanti dalle esportazioni hanno superato del 9,5 per cento l’importo del 2007, quando la crisi nata dai mutui statunitensi ad alto rischio non si era ancora manifestata in tutta la sua gravità. Nel solo ambito metalmeccanico, che ha rappresentato circa il 56 per cento del totale dell’export, la crescita è stata del 2,7 per cento, quasi coincidente con l’aumento dell’industria in senso stretto. Rispetto al 2012 c’è stata un’accelerazione che ha tratto origine dalla vivacità della voce più consistente, a elevato contenuto tecnologico, costituita dai “macchinari e apparecchiature non classificate altrove” (30,5 per cento dell’export emiliano-romagnolo). Nel 2013 la crescita è stata del 4,0 per cento, a fronte del moderato incremento rilevato nel 2012 (+1,0 per cento). Nei prodotti alimentari-bevande-tabacco e della moda gli aumenti si sono attestati rispettivamente al 6,7 e 3,7 per cento, in entrambi i casi in frenata, soprattutto i prodotti della moda, rispetto all’evoluzione del 2012. Hanno invece ripreso fiato, dopo la debole crescita del 2012 (+0,8 per cento), gli “altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi”, nei quali è compreso il comparto ceramico (+5,4 per cento). Non sono mancate le note negative, come nel caso delle

“industrie del legno e prodotti in legno e sughero (esclusi i mobili); articoli in paglia e materiali da intreccio” (-1,1 per cento), dei prodotti della “stampa e riproduzione supporti registrati” (-12,9 per cento), chimici (-1,6 per cento) e farmaceutici (-6,0 per cento).

Il periodo di produzione assicurato dal portafoglio ordini. Nel 2013 si è attestato sotto i due mesi, in leggero calo rispetto al 2012. Prima della crisi del 2009 si avevano livelli stabilmente superiori ai tre mesi. In Italia è stato registrato un valore leggermente più contenuto (1,8) e anche in questo caso su livelli inferiori a quelli precedenti la crisi.

L’erosione di questa variabile rientra a pieno titolo nella fase recessiva vissuta dall’industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna.

L’occupazione.

L’indagine sulle forze di lavoro. Il perdurare della recessione ha avuto effetti negativi sull’occupazione, che sarebbero stati maggiori se non si fosse ricorso agli ammortizzatori sociali.

La rilevazione continua Istat sulle forze di lavoro ha registrato nel 2013 una flessione degli occupati dell’industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna pari al 2,4 per cento - in termini assoluti è

La rilevazione continua Istat sulle forze di lavoro ha registrato nel 2013 una flessione degli occupati dell’industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna pari al 2,4 per cento - in termini assoluti è

Nel documento Consuntivo 2013 (.pdf 1.4mb) (pagine 118-138)

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