Responsabilità professionale in ambito ortopedico e contenzioso in tema di chirurgia ortopedica.
I. L’infezione periprotesica è la complicazione più temibile, poiché la superficie metallica dell’impianto costituisce un terreno ideale
per la crescita dei batteri al riparo delle difese immunitarie dell’organismo. Secondo recenti statistiche, la frequenza di questo tipo di complicanza si aggira ad oggi mediamente tra lo 0,5-1 % 23 dei casi trattati, questo anche in presenza di un’asepsi ottimale, di una procedura chirurgica corretta e di una profilassi antibiotica adeguata. In passato questo tipo di complicanza era statisticamente molto più elevata essendo compresa tra il 7 – 11% dei casi trattati. 24 25
Il diabete mellito e le condizioni di immunodeficienza comportano un rischio significativamente maggiore. Sebbene la maggior parte delle infezioni si presenti nell’immediato post – operatorio, esiste la possibilità che un’infezione si manifesti anche a distanza di anni. Il verificarsi di tale complicanza passa quasi sempre attraverso una ripresa chirurgica rappresentata da un intervento di pulizia se si interviene precocemente (nelle ultime settimane dall’impianto) ma che può anche consistere in una
49 sostituzione della protesi se l’infezione è cronicizzata ed in via eccezionale anche nell’amputazione. L’infezione quindi rappresenta un frequente motivo di rivalsa nei confronti della struttura e dell’operatore in quanto motivo di insuccesso dell’intervento nell’ottica di una possibile contaminazione in un ambiente chirurgico ospedaliero. Quando parliamo di infezione periprotesica ci riferiamo quindi a quelle infezioni contratte in ambiente ospedaliero e che comprendono varie entità nosologiche e segnatamente sono infezioni insorte nel corso di un ricovero ospedaliero, non manifeste clinicamente nè in incubazione al momento dell’ingresso e che si rendono evidenti o già durante il ricovero o eventualmente in un periodo successivo alla dimissione, ma comunque causalmente riferibili, per tempo di incubazione, agente eziologico e modalità di realizzazione al ricovero medesimo. Le infezioni ospedaliere rappresentano uno dei problemi più rilevanti della medicina moderna sia per la loro frequenza che per le caratteristiche del fenomeno, in quanto, seppur prevenibili con l’adozione di scrupolose e sempre più avanzate misure precauzionali, risultano non eliminabili in modo definitivo, costituendo pertanto un rischio o per meglio dire un’alea tipica indissolubilmente connessa con l’attività sanitaria ed in particolar modo connessa con l’attività chirurgica ortopedica. Numerosi programmi di sorveglianza e controllo del fenomeno nonché protocolli sanitari e linee guida sempre più specifici sono stati emanati da organizzazioni internazionali e governi nazionali, in particolare, a partire dagli anni ’70. I dati emergenti dalla letteratura mondiale dimostrano che è possibile, soprattutto attraverso scrupolose misure precauzionali, prevenire
50 essenzialmente le infezioni nosocomiali, intervenendo sulla qualità assistenziale del sistema sanitario, fino a stimare che le infezioni ospedaliere potenzialmente prevenibili rappresentano il 30% circa di quelle insorte comprendendo anche le infezioni periprotesiche. Si rileva, proprio in materia di infezioni nosocomiali la tendenza della giurisprudenza al superamento di possibili ostacoli alla tutela risarcitoria del danneggiato, connessi ad aspetti problematici, tipici del giudizio in materia di responsabilità medica, quali quelli relativi alla distribuzione ed all’assolvimento dell’onere probatorio, alla determinazione del soggetto imputabile, alla difficoltà dell’accertamento del nesso causale, alla problematicità della valutazione della colpa e della rilevazione di opportuni standard di riferimento, alla quantificazione del danno iatrogeno. Si ricorda che, secondo orientamento giurisprudenziale, è ormai da imputare immediatamente alla struttura ospedaliera ogni manchevolezza strutturale che abbia causato un danno, prescindendo dalla condotta del singolo sanitario che comunque sarà sottoposto a verifica causale. Di fronte alla mancata individuazione di elementi di colpa da parte dei sanitari infatti l’unica figura cui può essere attribuibile il mancato assolvimento del patto sociale rimane la struttura sanitaria. Le linee guida hanno trovato costante e pratica attenzione stante il persistere e l’evidenza del fenomeno e rappresentano fondamentali ed ineludibili indicazioni clinico – scientifiche che sostanziano comportamenti idonei alla prevenzione delle infezioni ospedaliere. La dottrina che si è occupata della materia tende oggigiorno a ricondurre la questione della responsabilità da infezioni nosocomiali all’interno di quella più generale del rischio organizzativo della struttura
51 attraverso il ricorso a categorie di matrice comparatistica quali quelle dei cosiddetti obblighi strumentali, delle obbligazioni di sicurezza e dei doveri di protezione considerate accedenti al rapporto contrattuale stipulato. La tendenza all’inquadramento della responsabilità (della struttura o del medico) in materia di infezioni nosocomiali all’interno di quella contrattuale è confermata dalla giurisprudenza più recente, che suole ricondurre in tale ambito le fattispecie in esame, facendo unicamente riferimento a precedenti giurisprudenziali conformi in materia di responsabilità medica e limitandosi, in alcuni casi, ad esplicitare la nota regola probatoria, che vuole attribuito in capo all’attore il solo onere di provare la sussistenza del contratto, il nesso di causa ed il danno( consistente nell’aggravamento delle condizioni di salute), ma non la negligenza del convenuto, gravando viceversa su quest’ultimo l’onere di provare la non imputabilità dell’adempimento. La responsabilità contrattuale del chirurgo per le infezioni nosocomiali suole invece, per lo più, essere ricondotta alla nota teoria dell’obligazione (senza prestazione) che richiede ormai un diffuso e consolidato accoglimento da parte dei giudici di merito e di legittimità. Il convenuto è rappresentato dalla struttura presso la quale è avvenuto il ricovero, alla quale viene addebitata una responsabilità. In alcune sentenze la responsabilità per l’insorgenza o sviluppo delle infezioni viene addebitata in via esclusiva al professionista, ma essa è di norma posta in relazione a specifiche competenze degli specialisti intervenuti per l’idonea progettazione od esecuzione dell’intervento, della profilassi antibiotica o l’omessa diagnosi e tempestiva cura delle infezioni in atto. Trattasi comunque oramai di sentenze datate e che non
52 riguardano la fattispecie. In ordine all’insorgenza delle infezioni si devono infatti considerare le evidenti difficoltà sotto il profilo probatorio, della ricostruzione in termini precisi dell’eziologia dell’infezione generata, sovente, da microorganismi diffusi e di origine incerta. Per quanto concerne infine il profilo temporale dell’insorgenza di tali patologie, si osserva che le infezioni nosocomiali possono manifestarsi sia durante il ricovero che in seguito alle dimissioni, in un periodo del tutto variabile relativamente alle patologie. La ricorrenza del rapporto di casualità non può essere esclusa in base al mero rilievo di margini di relatività, a fronte di un serio e rigoroso criterio di probabilità scientifica, specie qualora manchi la prova della preesistenza, concomitanza o sopravvenienza di altri fattori determinanti. Tra gli elementi specifici tenuti, talora, presenti dalla giurisprudenza, al fine di avvalorare il giudizio di accertamento della sussistenza del nesso causale, più ricorrente è rappresentato dalla corrispondenza sotto il profilo cronologico, tra il momento di manifestazione dell’infezione ed il periodo di ricovero. D’altra parte si rileva che la prova della carenza di negligenza del convenuto, medico o struttura, ben raramente appare decisiva ai fini dell’esonero della responsabilità, posto che, una volta accertato il nesso causale eziologico tra il ricovero o l’intervento sanitario e l’infezione, ne consegue quasi automaticamente, anche il giudizio sulla negligenza. In dottrina si è cercato di individuare in modo sistematico i possibili standard di riferimento della condotta del medico in relazione alle infezioni nosocomiali (in particolare con riferimento all’ipotesi ricorrente di quelle contratte a seguito di operazioni chirurgiche) con la cognizione dei possibili profili di
53 negligenza addebitabili in relazione alle diverse fasi in cui l’attività medica è coinvolta, vale a dire quella pre – operatoria, operatoria e post operatoria. Nella fase antecedente l’operazione, in particolare, si è evidenziata la responsabilità del medico per l’omissione dei dovuti controlli sulle condizioni igenico – ambientali e degli strumenti da utilizzare, nonché per l’inadempimento dei doveri di segnalazione, informazione ed egualmente anche astenzione nel caso di carenze igeniche e strutturali che incrementino il rischio infettivo. Nel corso dell’operazione si è rilevata l’importanza, oltre che del controllo degli strumenti, anche della adozione di tutti gli accorgimenti idonei a ridurre il rischio infettivo ( quali ad esempio l’inserimento di drenaggi e di lavaggi intra – operatori ripetuti) nonché dell’attenzione specifica agli errori tipici, quale ad esempio la dimenticanza di strumenti chirurgici o altri materiali estranei all’interno del corpo del paziente. Particolare importanza riveste infine ai fini del giudizio sulla responsabilità, l’adozione da parte dei sanitari delle appropriate misure profilattiche nella fase successiva all’operazione, tenendo anche conto del particolare stato di debilitazione del paziente. Inoltre come nelle altre fattispecie di responsabilità medica è stata prospettata la possibile imputazione al medico o alla struttura per i doveri informativi in relazione al rischio infettivo connesso al trattamento terapeutico tale da costituire un autonomo fattore di responsabilità a carico del convenuto. In conclusione si rileva, anche in relazione alla valutazione della condotta, un atteggiamento incline al rafforzamento della tutela della posizione del paziente danneggiato, che si manifesta da un lato nella tendenza ad adottare modelli di inquadramento che consentono di prescindere
54 dall’esame puntuale di profili di negligenza, una volta accertata la natura nosocomiale dell’infezione, dall’altro nell’ampliamento del novero dei doveri ai quali sono sottoposti medico e struttura. Mentre in alcuni casi infatti l’esimente viene fatta coincidere con la prova del diligente adempimento della prestazione da parte della struttura o del medico convenuti, in altri casi a quest’ultimi viene richiesta, ai fini dell’esonero da giudizio di responsabilità, la prova positiva di un fattore esterno imprevisto e imprevedibile quale causa non imputabile. Ulteriore riscontro dell’atteggiamento giurisprudenziale sopra evidenziato è dato dalla costante negazione dell’applicabilità della disciplina dettata dall’art.2236 c.c. alla fattispecie delle infezioni nosocomiali. Tale orientamento, peraltro in linea con la tendenza alla progressiva erosione dell’ambito applicativo dell’art. 2236 c.c. in materia di responsabilità medica, si caratterizza, con riferimento alla fattispecie delle infezioni nosocomiali per il modo esplicito con il quale sin dalle sentenze più datate, è da sempre stata negata la riferibilità di tale disciplina alle ipotesi delle infezioni nosocomiali. In altri casi la mancata applicazione dell’art. 2236 c.c. viene fatta discendere dal consolidato orientamento che nega la riferibilità della disciplina dettata da tale norma alle ipotesi di negligenza e di imprudenza, alle quali solitamente si riconducono i casi in cui è addebitata ai sanitari l’omissione di indagini opportune o la messa in atto di adeguate terapie profilattiche in relazione all’insorgenza delle infezioni. Al giudizio di esclusione dell’applicabilità dell’art.2236 c.c. consegue, non solo la valutazione della condotta secondo il parametro ordinario della colpevolezza, ma anche la persistenza in capo al convenuto dell’onere di dimostrare la non imputabilità del
55 danno, secondo le regole ordinarie discendenti dall’inquadramento della fattispecie all’interno del modello della responsabilità contrattuale.
II. La lussazione e la sub – lussazione, consistono nella dislocazione